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Alice

Aurora sta sistemando l'ultimo boccolo sulla mia schiena, lasciata scoperta dalla stoffa leggera del vestito color champagne lungo fino ai miei piedi. Alla fine, dopo una mattinata passata a provare vestiti di qualsiasi forma e colore, abbiamo optato per un vestito in tulle, semplice e lineare, con qualche inserto di pizzo sul decolté e sulle maniche a tre quarti. Sobrio ed elegante sono gli aggettivi che sceglierei per descriverlo o almeno sono calzanti fino a quando non si nota la vertiginosa scollatura che si apre sulla mia schiena, coperta fortunatamente dai miei lunghi capelli scuri, acconciati per l'occasione da Aurora e fermati su un lato da una forcina in tinta con il vestito.

«Ottimo», esclama la mia amica. «Un'ultima passata di lucidalabbra e ci siamo», mi guarda con aria soddisfatta e io le rivolgo un sorriso appena accennato dal momento che sono un fascio di nervi per l'evento a cui parteciperò a breve.

Arianna sbuca dalla porta di camera mia e di Marta, attrezzata per l'occasione a salone di bellezza, e posa ai miei piedi un paio di decolté chiare, non eccessivamente alte e che si sposano perfettamente al vestito. Fortunatamente non le ho dovute comprare perché sono sue e me le impresta volentieri e non posso che esserle grata perché sinceramente mai avrei comprato le trappole mortali che mi aveva proposto Aurora: tacco dodici e una serie di legacci da intrecciare alle caviglie. Se il suo intento era quello di farmi volare di faccia non appena avessi fatto un passo, con quelle scarpe ci sarebbe sicuramente riuscita.

Chiudo i gancetti con dita tremanti e poi mi alzo per fare qualche passo: credo di essere abbastanza stabile, ma pagherei oro per avere le mie scarpe basse in questo momento.

«So a cosa stai pensando: la risposta è no», Aurora punta l'indice verso di me e io alzo gli occhi al cielo facendole una smorfia. «Non ti azzardare nemmeno a propormi quegli orrendi stivaletti da biker che hai oppure una qualsiasi scarpa bassa. Stringi i denti e fai quei due miseri passi che dovrai compiere dal momento che una macchina verrà a prenderti e ti porterà direttamente alla Scala».

Alzo le mani in segno di resa, non volendo nemmeno iniziare una discussione che probabilmente perderei tanto più che alla fine la mia amica sa di avere ragione: Edoardo mi ha detto che il suo capo si è premurato che una macchina venisse a prendermi sotto casa per evitare di farmi prendere la metropolitana fino in Duomo. Le mie proteste sono state ovviamente vane e liquidate con la spiegazione che è stato proprio Max a proporgli la macchina, quindi non avrei dovuto preoccuparmi.

Controllo il cellulare nel caso avessi ricevuto un qualche messaggio dall'autista che però non trovo, ma in compenso noto che mi è arrivato un messaggio da Edoardo che, nonostante reciti un semplice «Non vedo l'ora di vederti», mi fa battere il cuore in maniera erratica e scatena le classiche farfalle allo stomaco. Gli rispondo e poi metto il telefono nella piccola pochette che ho comprato insieme al vestito, minuscola e per niente funzionale, ma ancora una volta ho avuto direttive specifiche dalla mia amica bionda. Nonostante io abbia alzato gli occhi al cielo almeno un miliardo di volte per avermi sottoposta alla tortura di uno shopping lungo e frenetico, non posso che esserle grata per tutto l'aiuto che mi ha dato lei insieme alle mie coinquiline che adesso sono tutte in salotto, sedute sui divani, con un'espressione felice in volto.

Marta, ovviamente, è la prima a rompere il silenzio, «Ali sembri appena uscita da una favola», afferma con trasporto e con gli occhi a cuoricino facendo scorrere lo sguardo lungo tutto il mio vestito facendomi ovviamente sorridere e poi ridere di gusto quando mi chiede di fare una giravolta su me stessa.

«No, meglio di no», interviene prontamente Arianna. «Vorrei evitare che si slogasse una caviglia ancora prima di uscire di casa e mandare in vacca tutto il lavoro di questo pomeriggio».

«Sì, evitiamo una corsa al pronto soccorso che è meglio», le dà man forte Chiara. «E poi», continua lanciandomi uno sguardo furbo. «Dovrà essere in grado di reggersi su entrambe le gambe quando Edoardo le toglierà finalmente di dosso questo vestito e farà home run».

Alzo gli occhi al cielo e scuoto la testa, mentre Marta, alla quale a quanto pare Chiara ha spiegato cosa significasse, si lascia andare a una risata sciocca prima di portarsi le mani al viso e iniziare a tubare come un piccione. Da quando mi hanno costretta a dire qualcosa su quello che è successo con Edoardo, non fanno altro che prendermi in giro bonariamente sulla questione e ormai non fingo nemmeno più che mi dia fastidio, le lascio parlare contente.

«Mi dispiace deludervi, ma stanotte tornerò a casa perché Edoardo dovrà lavorare domani mattina presto, quindi mi vedrete tornare», spiego loro arricciando le labbra mentre loro mi guardano con disappunto.

«Pensala come vuoi», mi dice Aurora e vedo Arianna lanciarle uno sguardo complice. «Ma cara la mia ingenua, quando Edoardo ti vedrà con questo vestito addosso non credo si farà nessun tipo di problema sugli orari di domani».

Ovviamente arrossisco e sto per ribattere, ma il suono del citofono ci distrae: deve essere arrivata la macchina che mi porterà alla Scala quindi mi affretto a infilare il cappotto, salutare le mie amiche e scendere di sotto.

Esco dall'ascensore e rimango stupita dalla mia immagine che si riflette nello specchio all'ingresso: non mi sono guardata allo specchio in casa troppo distratta dalle chiacchiere delle mie amiche e dal cercare di tenere a bada i nervi e quindi adesso che mi vedo non posso che rimanere piacevolmente sorpresa dal mio riflesso e arrossire nel sentirmi più bella di quanto non mi senta di solito. Non ho una grande percezione di me stessa purtroppo, non che mi reputi brutta, ma trovo in me sempre un dettaglio o particolare che non mi va bene: mi sento sempre in difetto, come se mi mancasse sempre qualcosa e a volte mi odio per questo lato del mio carattere, capendo perfettamente quanto sia sciocco non apprezzarsi per qualcosa che in realtà dovrebbe essere amato perché fa parte di te e della persona che sei. 

Ma stasera niente di tutto ciò percorre la mia mente, anzi mi sembra di essere diversa, più sicura di me, più bella anche forse e soprattutto per la luce che ho nello sguardo: al di là del trucco – sobrio, elegante e sui toni dell'oro che mette in risalto il castano delle mie iridi –, i miei occhi sembrano più luminosi e felici del solito e credo che buona parte, se non tutta, sia dovuto al bel ragazzo che mi sta aspettando a teatro.

Sorrido al mio riflesso, esco dal portone e da una macchina nera e lussuosa scende un uomo in giacca e cravatta, «Lei è la signorina Marini?», mi domanda cordiale e io mi affretto ad annuire.

«Ottimo, io sono Marco e sarò il suo autista per la serata», si presenta rivolgendomi un sorriso per poi voltarsi e aprirmi la portiera, in attesa che io salga sull'automobile. Gli sorrido a mia volta e poi rivolgo il mio sguardo all'interno dell'abitacolo: sui sedili scorgo un mazzo di girasoli, piccoli e perfetti, e il mio cuore non può che saltare un battito mentre un brivido piacevole mi scorre lungo la schiena, restando a bocca aperta per l'ennesima dimostrazione dell'attenzione di Edoardo nei miei confronti.

Credo di essere rimasta incantata un po' troppo a lungo perché l'autista si schiarisce la voce facendomi distogliere gli occhi da quei bellissimi fiori. Arrossisco appena e lui mi sorride comprensivo, «Il signor Stigliani si è premurato che tutto fosse perfetto».

A queste parole l'ennesimo sorriso della serata si apre sul mio volto, ringrazio l'autista e salgo sulla macchina prendendo subito il mazzo di girasoli in mano: un piccolo bigliettino è incastrato tra i petali e il cuore mi schizza in gola quando ne leggo il messaggio.

A te, il girasole impazzito di luce più bello di tutti.

Mi pinzo il labbro inferiore tra i denti e lascio cadere la testa sul sedile della macchina rimanendo piacevolmente stupita dal riferimento a Montale e al tatuaggio che marchia il mio collo. Edoardo ancora una volta si dimostra straordinariamente premuroso e attento nei miei confronti e io mi chiedo che cosa abbia fatto per meritarmi una persona come lui.

Sarà per i fiori o per la sua premura o per l'incredibile voglia che ho di vederlo che tutto il nervosismo per la serata si scioglie pian piano lungo tutto il tragitto, durante il quale mi perdo a guardare le luci della città che scorre veloce fuori dal finestrino: passiamo di fronte al Castello Sforzesco, attraversiamo alcune vie laterali del centro fino ad arrivare finalmente in piazza della Scala, gremita di persone eleganti, in attesa di poter entrare all'interno del teatro. Un enorme tappeto rosso è stato sistemato all'ingresso ed è proprio lì che ci fermiamo. L'autista si affretta a scendere, a fare il giro della macchina e ad aprirmi la portiera; mi porge poi una mano e mi rivolge un sorriso, «I fiori può lasciarli in auto e prenderli più tardi, io la aspetterò qui alla fine della serata». Annuisco un po' in trance, leggermente sopraffatta da tutto quello che mi circonda, e poi afferro la mano che mi sta porgendo.

«Il signor Stigliani mi ha detto che la aspetta dentro, lo dovrebbe trovare vicino al guardaroba», mi informa l'autista prima di richiudere la portiera alle mie spalle. «A più tardi», mi congeda poi e io rimango lì ferma facendo un respiro profondo prima di calcare il tappeto rosso fino all'interno del teatro.

Resto a bocca aperta nell'esatto istante in cui entro finalmente nel foyer: tutto è in marmo bianco e la luce fioca dei lampadari brilla su qualsiasi superficie rendendo l'ambiente elegante e sofisticato. Lascio che il mio sguardo abbracci l'intera sala, godendomi il panorama, fino a quando non sento l'abituale formicolio sulla pelle che provo ogni volta che gli occhi di Edoardo si posano su di me. Mi lascio guidare dall'istinto, voltandomi alla mia destra e trovandolo lì, con uno smoking nero, con qualche inserto champagne - come se avesse conosciuto il colore del mio vestito - e la classica macchina fotografica appesa al collo. 

Resto senza fiato nel vederlo così elegante: i suoi capelli scuri, di solito ribelli, sono stati acconciati in modo tale che solo il suo ciuffo castano gli cada sulla fronte, arricciandosi appena al di sopra delle sopracciglia. Un sorriso furbo si apre sulle sue labbra quando i miei occhi incrociano finalmente i suoi dopo avergli fatto praticamente la radiografia, ma non me ne vergogno, anzi. In questo momento vorrei che fossimo soli così da poterlo baciare fino a dimenticarmi come si respira ed è quindi quasi scontato che i miei piedi si muovano da soli nella sua direzione come se fossi Icaro attirato dal Sole mentre i suoi occhi non lasciano nemmeno per un attimo la mia figura.


Edoardo

«Smettila di guardare l'ingresso, se continui diventerai strabico», mi prende in giro Max, come non ha fatto altro da quando abbiamo finito con gli scatti agli attori e ad alcune delle personalità importanti della serata.

Scuoto la testa e sorrido frenando l'impulso di passarmi le mani tra i capelli come faccio ogni volta che sono nervoso perché rischierei di rovinare il lavoro che la parrucchiera di Max ha fatto per sistemarmi i capelli, come il mio capo ha espressamente richiesto. Soprassiedo sul fatto che Max abbia una parrucchiera personale dal momento che è pelato – a cosa gli serva una parrucchiera non mi è chiaro, ma tant'è -: ho smesso di pormi delle domande su di lui ormai tempo fa, quindi non ha nemmeno senso sindacare ulteriormente.

Sono impaziente di vedere Alice, molto, non la vedo da diversi giorni e sento la necessità di baciarla. So che dovrebbe essere praticamente qui dal momento che l'autista ha mandato un messaggio a Max quando sono partiti e quindi non posso che continuare a guardare verso l'ingresso, sperando di vederla presto calcare il tappeto rosso. Spero che le siano piaciuti i fiori che le ho lasciato nella macchina che è andata a prenderla e sinceramente avrei pagato oro per vedere la sua espressione nel momento in cui li avrà visti: avrei voluto vedere il castano dei suoi occhi diventare quasi liquido, come succede ogni volta che qualcosa le piace o la fa emozionare. Spero almeno che la reazione sia stata simile a quella che ha avuto a Parigi, quando ha visto il singolo girasole che le ho portato alla cena; e io non posso che sorridere se penso a come fosse stupita ed emozionata e a quanto fosse bella su quella giostra ai piedi di Sacré-Cœr. Dio mio, sotto quelle luci fioche, era straordinaria e l'istinto di baciarla era stato talmente forte che, se non fosse stato per quello scossone improvviso, non credo che l'avrei lasciata facilmente andare.

Il cellulare del mio capo suona risvegliandomi dal mio sogno ad occhi aperti; Max lo controlla e poi mi lancia uno sguardo, «L'autista mi ha appena informato di aver lasciato la signorina Marini all'ingresso del teatro, dovrebbe arrivare», mi strizza l'occhio e poi alza in maniera equivoca le sopracciglia. «Cerca di tenerlo nei pantaloni quando la vedrai e, mi raccomando, asciuga la bava», mi prende in giro e io non posso che ridere e alzare gli occhi al cielo prima di ringraziarlo ancora una volta per la sua gentile proposta di farla andare a prendere per portarla fino qui.

Max, come al solito, liquida la questione con una scrollata di spalle, come se non fosse gran cosa, e mi dà una pacca sulla schiena. Ho capito che questo suo comportamento è il suo modo indiretto per dirmi che tiene a me, che si sta trovando bene e che sta apprezzando il mio lavoro. Lui, infatti, non è il tipo da complimenti o lodi, però riesce sempre a farti capire che apprezza quello che stai facendo con queste accortezze e io non posso che esserne felice.

«Eccola», esclama Max focalizzando la sua attenzione sulla ragazza alle mie spalle e rivolgendole un ampio sorriso tanto che io non posso che fare ugualmente seguendo lo sguardo del mio capo.

Nel momento esatto in cui i miei occhi si posano sulla sua figura resto senza fiato: sotto al cappotto lasciato leggermente aperto, Alice porta un vestito di stoffa leggera color champagne che le arriva fino alle caviglie. I suoi lunghi capelli scuri sono arricciati e lasciati sciolti lungo le spalle con un solo dettaglio dorato a scostarle il ciuffo e a scoprirle il volto illuminato da un leggerissimo trucco che le mette in risalto i grandi occhi scuri, che in questo momento stanno guardando ammirati la sala. Non mi ha ancora visto e io mi prendo tutto il tempo di questo mondo per osservarla, godendo della sua bellezza che mi fa ribollire il sangue nelle vene.

«Qualcuno chiami la donna delle pulizie, qui prevedo la necessità di uno strofinaccio», borbotta il mio capo, ridendo poi di gusto di fronte alla mia espressione ebete, ma in questo momento non potrebbe importarmi di meno delle sue frecciatine velate perché i miei occhi sono incollati alla figura della ragazza all'ingresso.

Dopo qualche istante, come se sentisse la pressione del mio sguardo su di lei, si volta nella mia direzione e non appena i nostri occhi si incontrano mi rivolge un ampio sorriso e arrossisce appena quando lascia scorrere lo sguardo sulla mia figura.

Faccio lo stesso con lei non riuscendo a trattenere il sorriso che mi nasce spontaneamente sulle labbra quando i miei occhi cadono sulla sua scollatura, messa in mostra da un leggero strato di pizzo che le stringe il seno e le accarezza morbido la vita...

Dio, in questo momento le correrei incontro, la trascinerei in un luogo appartato e le strapperei il vestito che indossa per posare le mie labbra su ogni centimetro della sua pelle.

«Edoardo», mi dà una spallata Max. «Asciugati la bava per cortesia! Un po' di contegno», scherza nuovamente e io questa volta scoppio a ridere, dal momento che ha pienamente ragione, lanciandogli uno sguardo di finta esasperazione. Si sfrega poi le mani con fare compiaciuto, «Ah, finalmente le parlerò».

Alice si avvicina a me a piccoli passi e non posso che lasciare ancora scorrere lo sguardo su di lei: penso che avrò delle serie difficoltà a tenere le mani a bada questa sera e maledico in parte il lavoro che ci aspetta dopo la rappresentazione perché mi impedirà di potarla a casa mia e toglierle quel dannato vestito di dosso.

«Ciao Edoardo», mi saluta con un sorriso timido e un filo di voce, sistemandosi una ciocca di capelli dietro all'orecchio. Le sorrido a mia volta e faccio per avvicinarmi per scoccarle un bacio sulla guancia e dirle quanto sia dannatamente bella questa sera, ma Max si interpone tra noi allungando una mano per stringere quella di Alice con la sua.

Ho già detto quanto sia inopportuno e impiccione il mio capo? Ecco l'ennesima dimostrazione.

«Oh, finalmente conosco la misteriosa ragazza di Parigi! Piacere io sono Max Cardelli, fotografo di moda nonché capo di Mister-Bavetta-da-quando-ha-posato-gli-occhi-su-di-te-questa-sera», mi lancia uno sguardo di sbieco e io mi do mentalmente una manata in fronte, mentre lui afferra la mano destra di Alice e la racchiude tra le sue. «Finalmente ci conosciamo!». Lei di tutta risposta arrossisce ancora un po', ma poi sfodera un bellissimo sorriso e si presenta a sua volta, «Il piacere è mio, sono Alice Marini».

Max inizia poi a bombardarla di domande e chiederle diverse cose su di lei, curioso di carpire più dettagli possibili sulla sua vita, ma a lei non sembra dispiacere anzi, risponde a tono a tutte le domande che le pone e io rimango stupito dalla sua confidenza in questo momento.

Quindi fai la timida solo con me, eh?

Mentre parla e sorride al mio capo, io non posso fare altro che guardarla e rimanere ancora una volta incantato da lei: i miei occhi sono incollati sul suo viso, sulle sue espressioni e sui gesti delicati che fa con le mani di tanto intanto.

Mi rendo conto che Max ha finito di parlarle solo quando lui e Alice si voltano nella mia direzione, come se fossero in attesa di una mia risposta a una domanda che non ho proprio sentito.

Corrugo la fronte cercando di pensare a come rispondere, ma Max scoppia a ridere, «Sì, va bè Edoardo», mi dà una pacca sulla spalla. «Sei su un altro pianeta in questo momento, ma non ti biasimo», lancia un occhiolino ad Alice, che arrossisce, e poi mi rivolge un sorriso prima di allontanarsi. «Ci vediamo in sala», mi dice e poi rivolge un ultimo sorriso luminoso ad Alice prima di dirigersi verso il tendone che separa il foyer dalla sala.

La ragazza al mio fianco annuisce e poi si volta finalmente nella mia direzione rivolgendomi un sorriso timido prima di pinzare il labbro inferiore tra i denti, cosa che mi fa andare il sangue al cervello e mi spinge ad afferrarle il volto tra le mani e posare finalmente le mie labbra sulle sue.

Il contatto però è effimero e non dura più di pochi secondi perché lei si ritrae poco dopo, «Edoardo», sussurra arrossendo. «Non mi sembra il caso, c'è un sacco di gente importante, tu stai lavorando e...», ma non la lascio finire perché le mie labbra sono nuovamente sulle sue: non me ne potrebbe importare di meno della gente in questo momento, non mi importa se sto lavorando e non mi importa di qualsiasi altra scusa le possa venire in mente: non riesco a stare lontano da lei.

«Allora non avresti dovuto mettere questo vestito se avessi voluto che facessi il bravo», sussurro sulle sue labbra prima di discostarmi appena per guardarla negli occhi. «Dio sei...», fatico a trovare le parole giuste per definirla, di sicuro un solo aggettivo sarebbe riduttivo in questo caso. «Straordinaria».

Alice arrossisce e abbassa lo sguardo, «Anche tu non sei niente male», ribatte con un sorriso compiaciuto mentre le faccio scorrere i pollici sulle guance.

«Tra l'altro grazie per i fiori, sono bellissimi».

«Mai come te questa sera, quello che ho scritto lo penso davvero: sei tu il più bel fiore di tutti», e lo penso davvero, al di là di come sia vestita stasera: Alice ai miei occhi è sempre bella, anche quando è senza un filo di trucco o quando indossa quei suoi occhiali da secchiona.

Alle mie parole sento il suo respiro farsi irregolare e percepisco sotto ai polpastrelli il battito accelerato del suo cuore. Sto per baciarla di nuovo, ma il suono di una campanella richiama improvvisamente l'attenzione di tutti: un signore in livrea rossa esce dal tendone della sala e si schiarisce la voce, «Invito i signori spettatori a entrare in sala, lo spettacolo inizierà a breve», fa un mezzo inchino e rientra da dove è appena uscito.

Peccato, riprenderò a baciarla più tardi, nonostante debba mettere tutta la mia forza di volontà per evitare di trascinarla nella stanza che l'organizzazione ha concesso a me e a Max per la nostra attrezzatura e non lasciarla più uscire.

Mi volto verso Alice, «Vuoi lasciare il cappotto al guardaroba prima di entrare?», le chiedo e lei annuisce dandomi in mano la sua borsa e lasciando cadere il cappotto lungo le spalle prima di sfilarselo, voltarsi e consegnarlo al bancone del guardaroba. Non appena fa questo movimento i miei occhi cadono ovviamente sulla vertiginosa scollatura sulla sua schiena che si chiude appena sopra la curva del sedere. I capelli gliela coprono in parte, ma non abbastanza da non rivelare buona parte di essa.

Cazzo!

Un fremito mi attraversa e credo di avere un'espressione di pura lussuria quando Alice si volta nella mia direzione, arrossendo immediatamente sotto il mio sguardo famelico.

Quando torna verso di me non posso che portare una mano sulla schiena scoperta e lasciar scorrere i polpastrelli lungo la sua spina dorsale, «Se non fosse che Max mi staccherebbe la testa se me ne andassi e tu desideri da tempo vedere quest'opera», le sussurro all'orecchio, lasciando che le mie labbra si scontrino di proposito con il suo lobo tanto che sento la pelle d'oca formarsi sul suo collo. «Ti trascinerei seduta stante fuori di qui, ti porterei a casa mia e non ti farei più uscire dalla camera da letto».

Le lascio un bacio appena sotto all'orecchio facendola rabbrividire prima di condurla all'interno della sala. 

Spero vivamente di riuscire a controllarmi quando saremo al buio.


Buongiorno e buona domenica a tutti!

Finalmente siamo arrivati alla serata alla Scala e devo dire che Aurora aveva ragione: il vestito che ha scelto per l'evento distrae e distrarrà il buon Edoardo per tutta la notte! Farà il bravo e terrà le mani a posto oppure no? Chi lo sa!;)

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e se volete farmi sapere che ne pensate, sappiate che a me fa sempre molto piacere leggervi e leggere i vostri commenti!

Un bacio e a presto,

Alice:)

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