47.

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Edoardo

Alice è ancora tra le mie braccia e sta ridendo di gusto per la piazzata che ci ha appena fatto il mio capo da dietro alla porta. Ha le guance in fiamme, le labbra leggermente gonfie e i lunghi capelli scuri piuttosto arruffati: una ciocca le ricade lungo il viso arricciandosi all'altezza della gola e io mi affretto a sistemargliela dietro all'orecchio togliendole il fermaglio che ormai ricade mollemente tra i suoi boccoli.

«Ti ho rovinato l'acconciatura», le dico porgendole il fermaglio e allontanandomi di un passo per togliere un po' della pressione del suo corpo dal mio: se devo uscire a breve, devo calmarmi assolutamente e continuare ad averla così vicina di sicuro non aiuta il mio autocontrollo.

«Io decisamente di più», ribatte Alice prima di portare le sue mani tra i miei capelli cercando di sistemare il casino che sicuramente ha creato mentre me li stringeva poco fa. Se ci penso qualsiasi tentativo di autocontrollo va a farsi benedire tanto che devo iniziare a fare dei respiri un po' più profondi e allontanarmi ancora un po' da lei che subito mi lancia uno sguardo confuso prima di abbassare gli occhi sul cavallo dei miei pantaloni e arrossire immediatamente pinzandosi il labbro inferiore tra i denti; il che non fa che eccitarmi ulteriormente.

«Non farlo», sibilo tra i denti e lei alza subito lo sguardo spalancando gli occhi e rilasciando subito il labbro inferiore. Le sue iridi scure sono quasi liquide mentre mi guarda, «Non farlo a meno che io me ne freghi di Max e di qualsiasi altra cosa e ti trascini a casa e non ti faccia più uscire dalla mia stanza», il mio tono di voce è fin troppo basso e roco tanto che devo schiarirmi la gola.

«E-e se fosse proprio quello che vorrei?», domanda Alice piantando le sue iridi scure nelle mie e lasciandomi completamente a bocca aperta.

«Se fosse proprio quello che voglio?», si riavvicina pericolosamente a me intrecciando le mani dietro alla mia nuca e spingendo il suo bacino contro il mio facendomi inspirare bruscamente. Sono piacevolmente sorpreso da questo suo spirito di iniziativa tanto che non rispondo subito alle sue parole, ma lascio che il suo corpo caldo resti premuto contro al mio. Un brivido mi percorre la spina dorsale e sento tutto il mio sangue rifluire verso il mio basso ventre.

«Non sfidarmi», le rivolgo un sorriso malizioso.

«Non lo sto facendo», mi dice fingendo un'innocenza che in questo momento non le si addice proprio, soprattutto con quello sguardo malizioso con cui mi sta guardando.

Sappiamo entrambi che non possiamo, che Max mi aspetta e che lei non farebbe mai niente per mettermi nei guai, ma tutto ciò non mi impedisce di godermi ancora per qualche secondo le sue labbra che hanno iniziato a posarsi sul mio collo.

Il mio già labile autocontrollo sta vacillando pericolosamente, soprattutto quando mi lascia un bacio appena dietro all'orecchio, un posto che mi ha sempre mandato fuori di testa. Un gemito mi risale lungo la gola e le mie mani aumentano la presa sui suoi fianchi alla quale Alice risponde lasciando un unico bacio sulle mie labbra prima di allontanarsi.

Sento immediatamente la mancanza del calore del suo corpo e rimango un attimo imbalsamato sul posto quando mi rivolge un sorriso, si allontana ancora di qualche passo e si piega per recuperare le scarpe abbandonate sul pavimento per poi voltarsi nuovamente nella mia direzione, «Mi aiuti?», mi domanda alzando un sopracciglio interrogativa e io non posso che annuire, ammaliato dalla sensuale creatura nella quale sembra essersi improvvisamente trasformata Alice.

Non che non sia mozzafiato normalmente, ma di solito è più timida e impacciata e questo suo cambiamento mi fa capire quanto abbia ormai deciso di fidarsi di me, tanto da lasciarsi andare e mostrarmi un lato inedito di lei.

Mi ha decisamente in pugno in questo momento e ne è pienamente consapevole mentre rimane in attesa di un mio gesto. Le sorrido pigro e poi scuoto la testa, raggiungendola e chinandomi ai suoi piedi, «Chi sei tu e cosa ne hai fatto di Alice?», le chiedo aiutandola a infilare le scarpe e guardandola dal basso.

Le mie mani indugiano sulle sue caviglie per qualche istante e poi si avventurano un po' lungo i polpacci; mi rendo pienamente conto di non riuscire a tenere le mani a bada per troppo tempo.

Alice arrossisce come da manuale alla mia provocazione, ma continua il gioco, «Se n'è andata per un po', fossi in te ne approfitterei», ha uno sguardo malizioso e le guance straordinariamente rosse mentre mi rivolge queste poche parole, indice che, alla fine, l'Alice che conosco e amo non è poi così distante.

«Ah, sì?», la prendo in giro avvicinandomi nuovamente a lei. «Saresti disposta a seguirmi e lasciarmi la possibilità di fare quello che voglio di te?», la fisso negli occhi, famelico e predatore, cercando una qualche esitazione nei suoi occhi e, come pensavo, la trovo, nonostante sia piccola e cerchi di mascherarlo dietro a un sorriso. La cosa mi fa sorridere, sapendo ovviamente quanto perdere la verginità sia un passo importante per lei. Lo è per tutti in realtà, ma per lei deve esserlo in particolare perché significherebbe concedermi totalmente la sua fiducia e, per come è fatta, sicuramente non è per niente una cosa da poco: so che ci sta lavorando e ci sta riuscendo alla grande e quindi non voglio affrettare le cose.

«I-io, in realtà...», sussurra incerta non distogliendo però gli occhi dai miei e il sorriso che ho sulle labbra si apre ancora di più.

«Ali», la richiamo prendendole il viso tra le mani e scuotendo la testa. «Facciamo un'altra volta, che ne dici?», le scocco un bacio a fior di labbra prima di allontanarmi e accarezzarle gli zigomi con i pollici. «Non abbiamo nessuna fretta».

È la pura e semplice verità: non abbiamo e non ho fretta, voglio godermi la cosa senza problemi o ripensamenti da parte sua, voglio che sia per lei un bel momento da vivere e poi da ricordare, come voglio che lo sia per me, anche se credo che sarà quasi scontato perché con lei tutto è straordinario.

«Ma...».

«No, niente ma», la tranquillizzo. «Va bene così».

Annuisce arrossendo ancora un po' e io la bacio per un'ultima volta prima di staccarmi definitivamente da lei, prendere la macchina fotografica all'interno della borsa appoggiata su uno dei divani della stanza, mettermela al collo e dirigermi verso lo specchio per dare davvero una sistemata ai miei capelli.

Ho un nido in testa, i miei capelli sparano in tutte le direzioni e io non posso che ridere di fronte alla mia immagine riflessa nello specchio, «Ci hai dato dentro, eh?».

Faccio un ghigno e lancio uno sguardo dallo specchio in direzione di Alice che è ancora ferma dove l'ho lasciata, ma con gli occhi incatenati alla mia figura. Si avvicina e inizia a sistemarmi i capelli pinzando un labbro inferiore tra i denti, ritrovando la timidezza che la contraddistingue, «Qui la colpa, se è di qualcuno, è decisamente tua», mi lancia uno sguardo da al di sotto delle sue lunghe ciglia, prima di sorridere.

«Non posso darti torto», e le mie mani raggiungono nuovamente la sua schiena scoperta. «Anche se buona parte del lavoro, l'ha fatto questo vestito».

Sorride timida e annuisce nuovamente prima di scuotere la testa, «Aurora ne sarà felice», dice quasi sovrappensiero. «Era questo il suo intento», si pinza nuovamente il labbro inferiore tra i denti e io alzo un sopracciglio interrogativo.

«Ah sì?».

«Sì, e cito testualmente: "sei pronta alla ricerca del vestito che non farà pensare altro a Edoardo se non a quanto non veda l'ora di togliertelo?"».

«Bè, ricordami di ringraziarla appena la vedo», concludo lasciandole un bacio appena sotto all'orecchio.

Alice

Esco dalla Scala volando, mi sento leggera e felice tanto che sto valutando di non salire sulla macchina che mi sta aspettando all'ingresso del teatro, ma decidere di fare qualche passo a piedi, magari fino a Castello e godermi un po' questa serata di Milano.

So che fa freddo ed è gennaio inoltrato, ma non mi importa: non mi importa di sentire un po' di freddo sulle guance, che sono ancora in fiamme per quello che è successo poco fa... dio mio, se ci penso non posso che arrossire per la milionesima volta nella serata e una scarica di elettricità si propaga lungo la spina dorsale tanto da farmi pizzicare le dita e fremere.

Sì, devo decisamente fare due passi per sbollire.

Non posso fare a meno di sentirmi ancora su di giri per le sensazioni che ho provato poco fa e, se devo essere sincera, ho accarezzato la possibilità di chiedere a Edoardo di potarmi a casa sua e compiere il passo successivo nella nostra relazione. Dopo la realizzazione a cui sono giunta, infatti, non sono così spaventata all'idea di concedergli il mio corpo dal momento che il mio cuore è già suo e sono irrimediabilmente innamorata di lui.

Lo amo e sono sicura che non mi pentirei della mia scelta, quindi devo confessare che sono rimasta un po' delusa quando mi ha detto che non abbiamo fretta. Per carità, è vero, ma ormai è chiaro come il sole quanto io mi fidi di lui e quanto lo voglia, quindi nonostante abbia apprezzato la sua accortezza, avrei quasi voluto che avesse risposto affermativamente alla mia richiesta.

Scorgo l'autista che mi ha accompagnata qui appoggiato alla macchina, in attesa che lo raggiunga e, quando lo faccio, mi apre lo sportello rivolgendomi un sorriso, «Passato una buona serata?», domanda.

Decisamente sì, porca miseria e io che pensavo che lo spettacolo di stasera sarebbe stata la cosa più bella. Non ho potuto che ricredermi.

«Oltre ogni aspettativa», gli sorrido prima di sporgermi verso il sedile e recuperare il mazzo di girasoli che avevo lasciato in macchina. «Le dispiace se faccio due passi e torno a casa in metropolitana?».

L'uomo corruga la fronte, «È sicura? Fa freddo ed è tardi».

Annuisco e gli sorrido: il freddo in questo momento è l'ultimo dei miei pensieri e delle mie preoccupazioni. Afferro poi il mazzo di girasoli, lo saluto un'ultima volta e mi dirigo a piedi verso il Duomo: attraverso la Galleria Vittorio Emanuele II con calma, godendomi la passeggiata in solitaria. Vista l'ora tarda, infatti, sono poche le persone che la popolano tanto che il riesco a sentire il rimbombo dei miei passi sul marmo del pavimento. La percorro con calma, arrivando poi al Duomo che si staglia imponente nella notte fredda di gennaio.

Ogni volta che passo per di qua mi piace scattare una fotografia, in particolare la sera, quando non c'è praticamente nessuno in giro. Credo di avere una quantità indefinita di questo tipo di fotografie sul cellulare, tutte praticamente uguali e più o meno dalla stessa angolazione, ma ogni volta che lo vedo non posso resistere e scattare una foto. È come se fosse una tradizione, la mia: la prima fotografia di Milano che ho è il Duomo, quando ancora non sapevo che mi sarei trasferita qui e che inizialmente avrei odiato questa città per tutto il caos e la confusione che allora mi sembrava di dover affrontare tutti i giorni.

Chi l'avrebbe mai detto che, una volta inserita nei suoi ritmi e nella sua vita, non avrei più potuto fare a meno di lei? Che non avrei mai pensato di viverci per tanto tempo e invece adesso non riesca a vedere la mia vita se non qui? Che il solo pensiero di dovermi trasferire e cambiare città non solo mi turba, ma mi angoscia a tal punto da farmi sentire una pressione al petto?

I miei occhi abbracciano tutta la piazza dopo che ho riposto il cellulare nella borsa e ovviamente trovano di nuovo il punto in cui Edoardo mi ha chiesto di ballare per la prima volta. Un sorriso mi nasce sulle labbra e le farfalle mi svolazzano prepotentemente nello stomaco e una risata felice e spensierata mi risale lungo la gola.

Edoardo... come poco fa, sento nuovamente caldo se penso a quello che è successo e una morsa piacevole mi stringe lo stomaco.

Dio mio che cosa non ho provato: il cuore mi batteva erratico nella cassa toracica, avevo il respiro corto e le farfalle sbattevano prepotentemente nel mio stomaco; ma al di là del puro piacere fisico, quello che mi ha fatto più tremare le gambe e mancare il fiato è stato il suo sguardo e il modo in cui mi stava guardando al di sotto delle sue lunghe ciglia scure: i suoi occhi verdi erano lucidi come non lo sono mai stati ed erano a tal punto limpidi che potevo quasi leggervi le sensazioni e i sentimenti che stava provando in quel momento e che, sono sicura, fossero esattamente gli stessi che ha visto nei miei occhi. Vi ho letto quel sentimento di cui nessuno dei due ha ancora avuto il coraggio dire ad alta voce, ma di cui ormai credo che entrambi ne siamo più che consapevoli.

Come ogni volta che penso a questa cosa sento le guance scaldarsi e una risata felice e sciocca mi risale lungo la gola e non posso che scuotere la testa di fronte a questa mia reazione.

Una folata di vento mi scompiglia i capelli e mi fa stringere nel cappotto: nonostante il caldo che sento ancora per tutto il corpo, inizio a percepire il freddo e, controllando l'ora, mi rendo conto che ormai si è fatto davvero tardi e le temperature non posso che essersi abbassate ulteriormente. Scarto quindi l'idea di andare fino a Castello a piedi e mi dirigo verso le scale della metropolitana, ma vengo distratta dalla vibrazione del mio cellullare che mi notifica l'arrivo di una chiamata.

«Pronto?».

«Signorina Marini, sono il suo autista di stasera. È già in metropolitana?», mi domanda. «Spero di no perché è ancora in tempo per sfruttare il passaggio, nel caso non volesse tornare con i mezzi. Il signor Stigliani si è premurato nuovamente che la riaccompagnassi a casa stasera. Quindi se è ancora in giro, io la aspetto dove l'ho lasciata poco fa».

Un sorriso si apre immediatamente sulle mie labbra e non posso che scuotere la testa di fronte all'ennesima dimostrazione di accortezza da parte di Edoardo.

«Certo, la ringrazio», ribatto sincera. «Arrivo subito».

Ripercorro quindi la strada che ho fatto poco fa e sbuco nuovamente in piazza della Scala adesso praticamente deserta dal momento che l'evento è finito da un po'.

Noto la macchina che mi ha accompagnata all'angolo dell'ingresso del teatro e quindi mi affretto a raggiungerla; non faccio però più di qualche metro prima di riconoscere la figura dell'ultima persona che vorrei vedere: Virginia.

La ragazza è vicino a una delle colonne dell'ingresso, sta fumando una sigaretta e ha gli occhi puntati sullo schermo del cellulare: i lunghi capelli rossi acconciati in onde morbide le ricadono dolcemente sulla schiena e sul seno, lasciato abbondantemente – per usare un eufemismo – scoperto dalla profonda scollatura che si apre sul davanti quasi a raggiungere l'ombelico. Il vestito azzurro, dello stesso colore dei suoi occhi, le cade perfettamente lungo tutto il corpo, accarezzando le sue decise e formose curve, in netto contrasto con le mie appena accennate.

Nonostante mi scocci ammetterlo è davvero bellissima e non posso che rendermi conto di quanto fossero perfetti insieme lei e Edoardo e questa realizzazione ovviamente non gioca a favore della mia insicurezza cronica.

E se...

Non ci pensare nemmeno, Edoardo stravede per te! Non tornerebbe mai con Virginia! mi intima una vocina nella mia testa, ma più la guardo mentre mi avvicino alla macchina, più non posso che pensare che insieme sembrano essere appena usciti da una rivista patinata. Cosa che di sicuro non si può dire di me.

Spero con tutta me stessa che non mi veda, che continui a farsi gli affari suoi al cellulare, perché, nonostante mi sia ripromessa di non darle più la soddisfazione di vedermi in difficoltà, non ho voglia di averci a che fare e rovinarmi l'umore alle stelle che ho avuto e che continuo ad avere.

Mi affretto quindi a raggiungere la macchina, senza rivolgerle un altro sguardo, ma non sono così fortunata come credevo perché lei, non appena sente il rumore delle mie scarpe sul marmo dell'ingresso, alza gli occhi di scatto.

«Bene, bene, bene», la sua voce stridula arriva alle mie orecchie facendomi immediatamente fermare e voltare nella sua direzione.

«Ma chi abbiamo qui?», alza un sopracciglio interrogativa facendo l'ultimo tiro alla sua sigaretta prima di lanciarla per terra e schiacciarla con un piede. «Non piangi oggi?».

Mi irrigidisco immediatamente a quelle parole e stringo i pugni di fronte alla sua espressione compiaciuta, ma non mi lascio scalfire dalle sue parole.

«Credo di poter sfruttare le mie lacrime in maniera migliore, piuttosto che sprecarle con te», replico tranquilla con una scrollata di spalle.

Cerco di tenere a bada le emozioni: non voglio che scateni in me una qualche reazione negativa perché altrimenti farei solo il suo gioco ed è l'ultima cosa che voglio fare. La ragazza sembra interdetta da queste parole, come se non si aspettasse una risposta del genere da parte mia, il che è anche comprensibile visto la reazione che ho avuto qualche tempo fa.

«Dici?», domanda scettica e io scrollo nuovamente le spalle. «Io non ne sarei così sicura», ribatte melliflua iniziando a giocare distrattamente con una ciocca di capelli rossi. «Edoardo si renderà conto prima o poi che tu non vali poi così tanto la pena», arriccia le labbra in una smorfia di disgusto mentre lascia correre il suo sguardo lungo la mia figura. I suoi occhi chiari mi provocano un brivido che non ha nulla a che vedere con quelli che provo di solito quando gli occhi di Edoardo fanno lo stesso. «E poi diciamocelo in tutta sincerità: mi hai vista? Chiunque sceglierebbe me, tra noi due».

Le sue parole sono come uno schiaffo a mano aperta sulla mia praticamente inesistente autostima e mi fanno decisamente male, più male di quanto dovrebbero, tanto più che Virginia non è nessuno per me.

Ma è stato decisamente QUALCUNO per Edoardo.

Per un attimo mi assale il dubbio cronico che alla fine dei conti questa cosa potrebbe succedere, magari lui potrebbe capire che alla fine, con tutte le paranoie che ho, con i milioni di dubbi che mi assalgono, non valga così tanto la pena stare con me e potrebbe decidere...

No.

No, mi rifiuto di pensare a una cosa del genere. Per quanto Virginia sia indubbiamente bellissima – decisamente più della sottoscritta – Edoardo non farebbe mai una qualsiasi decisione di questo tipo basandosi solamente sull'aspetto fisico. Mi piace pensare di conoscerlo ormai abbastanza da capire che non è – e mai sarà – quel tipo di persona.

Per tutto il tempo delle mie riflessioni Virginia non ha staccato nemmeno per un attimo i suoi occhi dai miei tanto che sembra rimanere sorpresa dal cambiamento della mia espressione, «È questo quello che ti ripeti tutte le sere prima di andare a dormire?», le chiedo non davvero interessata a una sua risposta. «Perché mentre tu pensi a queste cose, io sono tra le braccia del ragazzo che speri tanto che possa tornare con te», continuo imperterrita. «Sono mie le labbra che bacia, è mia la pelle che le sue mani toccano, è il mio nome quello che pronuncia tra i sospiri, Virginia», prendo fiato. «Non ci sei tu, mai».

Quando finisco il mio discorso resto basita dalla mia reazione e dalle mie parole: sono piacevolmente colpita dal fatto che sia riuscita a tenerle testa e risponderle come meritava.

Dopo un attimo di silenzio, l'espressione di Virginia muta velocemente, dal leggero sconcerto che campeggiava sul suo volto un ghigno si apre sulle sue labbra rosse che si tramuta velocemente in una risata sguaiata, «Oh, tesoro», si porta una mano al petto e l'altra al viso, fingendo di asciugarsi una lacrima. «Continua pure a raccontarti questa filastrocca, se ti fa sentire meglio, ma sappiamo entrambe quale sarà il finale».

Scuoto la testa allibita, non volendo nemmeno più controbattere perché mi rendo conto che sarebbe un po' fare il suo gioco o comunque darle più peso o importanza di quanto non meriti. Può interpretare come vuole questo mio silenzio, non mi interessa, che la pensi come vuole. Non intendo sprecare ancora fiato per una persona come lei, ma qualcuno lo fa al posto mio.

«Certo che lo sappiamo: è scontato», afferma quella voce che ormai riconoscerei tra mille e che mi fa rizzare i capelli sulla nuca e mi fa venire la pelle d'oca ogni volta che la sento. Poco dopo un braccio mi avvolge il bacino e mi fa voltare: l'unica cosa che vedo prima di chiudere gli occhi sono quelli di Edoardo che si spostano velocemente sulle mie labbra prima di colmare la breve distanza che ci separa e darmi un bacio che mi toglie completamente il fiato e mi fa girare la testa.


Buona domenica a tutti!

Nuovo capitolo per voi, dove finalmente Virginia è stata messa al suo posto! Alice non solo le tiene testa, ma riesce anche a zittirla per un po' nonostante la rossa sia un osso duro. Continuerà a rompere le scatole o finalmente avrà capito l'antifona?

Vi auguro una bellissima giornata!

Fatemi sapere che ne pensate, leggo sempre con piacere i vostri commenti!

Un bacio e a presto,

Alice.

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