9.

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Edoardo

«Fatti trovare sotto l'albero di Natale di piazza Duomo alle sei e mezza di mercoledì 13 dicembre. Porta tutto quello di cui abbiamo parlato. Farò in modo che Alice sia lì».

Leggo il messaggio e il mio cuore non fa che accelerare i battiti.

Ci siamo.

Alice

«Vuoi un'altra fetta di panettone, cara?», mi chiede gentile Rita, la nonna di Giulia. Un sorriso dolce le adorna il viso mentre mi porge un piattino. Alla fine, abbiamo deciso di fare il pranzo a casa sua. A detta di Giulia "Non vedeva l'ora di conoscerci", dopo tutte le storie che le aveva raccontato su di noi. Storie che hanno una buona dose di disagio.

«No, grazie! Se mangio ancora qualcosa rischio di scoppiare!», rifiuto con un cenno del capo. La guardo assumere un cipiglio dispiaciuto. «Dai, nonna! Non è mica la fine del mondo», la riprende scherzosamente Giulia. Scoppio a ridere: come tutte le nonne, anche quella di Giulia non fa eccezione. Per tutte le nonne del mondo, nessuno mangia mai abbastanza. Da cui nasce l'impulso irrefrenabile di proporre qualsiasi tipo di oggetto commestibile. Rita cerca di difendersi, «Ma se non ha mangiato niente!».

Giulia scoppia a ridere e io la seguo a ruota. Se per "niente" intende i due antipasti, i due risotti e le due fette di panettone, allora sì ha pienamente ragione.

Oggi per pranzo, infatti, ci ha viziato con due risotti diversi, da buona milanese qual è, uno allo zafferano e l'altro al vino rosso perché uno le sembrava poco. A sua discolpa ha detto che ci vogliono energie per preparare gli esami e studiare e a nulla sono valse le richieste di Giulia di ridurre in parte le porzioni.

«La prendo volentieri io la fetta», si inserisce nella conversazione Piero mentre la sua cravatta, per la milionesima volta nella giornata, suona Jingle Bells a tutto volume. Mi chiedo ancora dove sia riuscito a trovarla e chiedo pietà per le mie povere orecchie. Di sicuro il suo oggetto a tema natalizio è il più particolare, ma devo dire che anche gli altri si sono impegnati.

Ludovica e Roberta hanno delle corna da renna abbinate, con tanto di campanellini che suonano ogni volta che fanno il minimo movimento. Giulia e Giovanni, un cappello rosso con il pelo fucsia – un pugno in un occhio – che ha trovato Giovanni a casa sua. Non poteva che essere fucsia il colore, come ha constatato Giulia non appena gliel'ha consegnato. Io invece indosso un cerchietto con un Babbo Natale incastrato nel camino che ha attirato un sacco di sguardi in metropolitana mentre mi dirigevo a casa di Giulia.

Cattivo gusto natalizio a parte, è stata una bellissima giornata all'insegna di cibo e tante risate. Soprattutto stamattina, quando abbiamo dovuto decorare la casa con qualche festone e Giovanni, da buon imbranato qual è, è caduto di sedere trascinando con sé una ghirlanda e riempiendosi di brillantini.

«È l'ora dei regali!», salta su Giovanni lanciandosi sul divano.

«Io non voglio aprire il mio! Non è ancora il giorno giusto, non si fa!», borbotto prendendo posto di fronte al mio amico. Non ho mai aperto un regalo di Natale prima del 25. Per me, tassativamente, i regali si aprono solo il giorno di Natale e mai prima. L'attesa e la curiosità mi hanno sempre permesso di apprezzare di più i miei regali. Nonostante puntualmente sbirci spesso sotto l'albero, non ho mai preso in mano un pacchetto prima del dovuto. Soprattutto perché mia mamma ogni volta mi minaccia di morte.

«E smettila un po' di fare la pentola di fagioli», mi dà una gomitata Piero sedendosi alla mia destra. «Volente o nolente, oggi aprirai come tutti il tuo pacchetto. Anche perché siamo terribilmente curiosi di sapere cosa c'è dentro».

Alzo gli occhi al cielo e lo guardo, «Deduco che non sia tu il mio Babbo Segreto, quindi». Il mio amico fa una smorfia, «Non è quello che ho detto».

Assottiglio lo sguardo ma Piero mantiene un'espressione imperscrutabile, «Non guardarmi così». Mi dà un buffetto sulla guancia e poi si gira verso il resto dei nostri amici.

Una volta che siamo tutti seduti i nostri sguardi incominciano a vagare tra i volti. Non sto più nella pelle, voglio sapere chi è il mio Babbo.

Incrocio gli occhi di Giovanni, un sorriso furbo fa capolino sul suo volto. Mi fa l'occhiolino e io gli sorrido di rimando.

«Non dirmi che sei tu!», scoppio a ridere. «Non ci posso credere!».

Fa una faccia strana, «Non ti fidi del mio buongusto per caso?», mi dice stizzito portandosi una mano sul cuore e guardandomi con un'espressione allibita. Scuoto la testa e gli lancio uno sguardo di traverso, «Ma no! Ti pare? Mi fa solo ridere il fatto che ci siamo fatti il regalo reciprocamente!». Mi alzo prendendo il mio pacchetto in mano per poi raggiungerlo e abbracciarlo. Lui mi stringe di rimando e poi mi esorta ad alzarmi, «Su, dai, alza sto culo e fammi vedere cosa mi ha regalato stronzetta!».

Lo schiaffeggio su una spalla, «Ehi! Modera il linguaggio», lo riprendo. «Non credo che mi chiamerai stronzetta ancora a lungo dopo aver visto cosa ti ho preso!», mi vanto porgendogli la scatola.

Ho incartato il pacco con una lucente carta dorata, con tanto di stelline brillantinate sopra. Una decorazione decisamente vistosa e appariscente, come d'altronde è lo stesso Giovanni.

Ovviamente non poteva che essere dorata!

«Tesoro, lo adoro già solo per la carta», esclama portandosi il pacchetto al petto per poi scuoterlo. «E poi... è enorme! Mi piacciono le cose enormi», ghigna soddisfatto. Gli lancio un altro scappellotto e alzo gli occhi al cielo.

La apre e rimane perplesso. All'interno della scatola, infatti, ho messo parecchia carta e ho incollato il regalo in fondo, cosicché non capisse subito di cosa si tratta. «Perché hai messo tutta questa carta?», si lamenta continuando a buttare fuori i fogli di giornale appallottolati.

«Oh, ma smettila! Continua a cercare, vedrai che ne varrà la pena!», lo riprendo affettuosamente mentre lo guardo continuare a cercare.

Finalmente tocca il pacchetto perché mi guarda in tralice, «Cos'è?».

«Aprilo e lo scoprirai».

Inizia a scartare e appena nota l'inconfondibile scritta dei rossetti, mi squadra come se avessi tre teste. Pianta un urlo e tutti gli altri, che erano intenti a scambiarsi i regali, lo guardano stralunati.

«Ohmiodiooooo, Alice!», dice d'un fiato. «Ma come hai fatto a trovare questo set?», si alza e improvvisa un balletto di gioia a dir poco imbarazzante. Preso dall'euforia, mi tira su dal divano, mi prende in braccio e mi fa fare una giravolta sul posto.

Rido felice, sono davvero contenta di avergli comprato quello che desiderava.

«Meglio che la storia rimanga segreta, se te lo racconto poi ti devo uccidere», dico sibillina. Meglio tralasciare il tipo con la testa piena di brillantini.

«Spero tu non abbia ucciso qualcuno per accaparrarti questo gioiellino», dice sognante accarezzando la scatola come se fosse il più magnifico dei tesori. Mi ricorda un po' Gollum in questo momento.

Il mio tesssoro!

«Forse», gli faccio l'occhiolino.

Dopo un bacio sulla guancia, mi porge il suo pacchetto, «Ora tocca a te!». È una scatola quadrata, piuttosto piccola. La carta regalo è esilarante e dolce allo stesso tempo: Giovanni ha fatto un collage con alcune nostre foto a dir poco orrende; smorfie e linguacce campeggiano intorno al regalo.

Gli lancio uno sguardo carico d'affetto e lui si stringe nelle spalle, «Forza, aprilo».

Lo scarto e rimango senza parole. Mi ha regalato una macchina fotografica istantanea, quella sulla quale credo di aver sbavato per mesi. L'avevo vista in mano a una ragazza in Duomo un po' di tempo fa e avevo pensato che fosse un'idea romantica avere subito la fotografia in mano. Nessuno infatti le sviluppa più e penso che sia un peccato perché sfogliare l'album dei ricordi è tutta un'altra storia rispetto a scorrere con il dito quelle scattate con il cellulare.

«Ti piace?», domanda speranzoso Giovanni.

«Mi stai chiedendo se mi piace? La adoro! Grazie davvero, Giò», lo abbraccio affettuosa e poi mi alzo richiamando l'attenzione dei miei amici.

«Dai, ragazzi! Tutti in piedi, facciamo una foto!».

La signora Rita si propone come fotografa, «Tesoro, mi sembra di tornare a quando ero giovane! Ne avevo una anche io».

Ci mettiamo in posa e la nonna di Giulia scatta. Una piccola pellicola bianca esce dalla macchina fotografica, la prendo in mano: piano piano i colori si stanno definendo e l'immagine viene a crearsi.

Siamo venuti bene!

Mi vedo già in giro per Milano a immortalare tutto quello che sarà in grado di suscitarmi un'emozione, voglio catturare degli istanti.

Vengo risvegliata dai miei sogni a occhi aperti da Giulia che propone un gioco di società. Anche i miei amici hanno finito di scambiarsi i regali e sono pronti a giocare. Sto per aggiungermi quando sento il mio cellulare suonare, è Marta.

«Ciao Ma!», rispondo cercando di zittire Giovanni che ha iniziato a lamentarsi per le squadre. A quanto pare non vuole stare in squadra con Ludovica perché dice che si distrae facilmente. Parla lui poi! Non fa altro che guardare le fotografie del tipo che gli piace su Instagram.

«Ehi, Ali! Ti disturbo?», chiede senza lasciarmi il tempo di risponderle. «Se hai quasi finito con i tuoi amici, ti andrebbe di andare a vedere l'albero di Natale in Duomo tra circa un'ora? Quest'anno non l'ho ancora visto e mi piacerebbe andarci prima di rinchiudermi in casa per l'esame della settimana prossima».

Come ogni anno, prima di tornare a casa per le vacanze di Natale, io e Marta facciamo un giro in piazza Duomo per vedere l'albero e per comprare qualcosa ai mercatini che vengono allestiti lungo il perimetro della piazza. Di solito lo facciamo a ridosso di Natale, ma visto il suo esame imminente ha deciso di anticipare di un paio di giorni.

«Certo! Per che ora ci vediamo? Ci troviamo direttamente lì?». Non vedo l'ora di comprare una nuova pallina per l'albero. Ogni anno ne compro sempre una nuova che in qualche modo sia in linea con quello che mi succede durante l'anno. So già dove andare a cercarla, sempre nella stessa bancarella a sinistra del Duomo che ogni anno confeziona delle palline nuove, fatte a mano, cosicché nessuna sia identica all'altra.

«Sì, alle sei e mezza puntuale sotto l'albero! Vengono anche Chiara e Arianna! A dopo», conclude chiudendo la telefonata.

Blocco il telefono e mi volto verso i miei amici, «Ragazzi! Io faccio una partita ma per le sei devo uscire perché mi trovo con le mie amiche in Duomo per vedere l'albero. Qualcuno vuole venire?», chiedo mentre li raggiungo al tavolo intorno a cui sono seduti.

Giovanni sta per dire qualcosa, ma Piero gli tira una gomitata, «No, grazie Ali. Ma l'abbiamo già visto! Tu vai pure tranquilla!».

Corrugo la fronte per la reazione di Piero, ma non riesco a chiedere spiegazioni perché Ludovica mi sollecita a prendere posto e iniziare a giocare a Taboo.

La partita si protrae per una mezz'ora buona tra i tentativi di Giovanni di barare e gli scappellotti di Piero per rimetterlo in riga.

«Ragazzi siete sicuri di non voler venire con me?», chiedo un'ultima volta alzandomi e infilandomi la giacca.

«No, tranquilla! Anzi, divertiti e facci sapere! Mi raccomando», mi fa l'occhiolino Giulia. Lancio uno sguardo agli altri, tutti mi stanno guardando con una strana scintilla negli occhi, come se fossero consapevoli di qualcosa che non so.

«Dai, sbrigati!», mi esorta Piero. «Non devi fare aspettare le tue coinquiline. Ci sentiamo domani».

«Okay», ribatto perplessa, senza capire il perché del loro comportamento. Non so quando divertimento possa esserci nell'andare a vedere l'albero di Natale. Certo è di sicuro bellissimo, ma non mi sembra proprio una cosa da raccontare.

Infilo la sciarpa e le scarpe. Ringrazio ancora una volta la nonna di Giulia che mi apre la porta di casa, «Torna presto a trovarmi cara! È stato un piacere conoscerti», mi stringe in un abbraccio salutandomi affettuosamente.

Scendo le scale, esco e mi dirigo verso la metro. Controllo l'ora sul cellulare e scrivo un messaggio sulla chat delle mie coinquiline per dire che sono partita e dovrei essere a breve in Duomo, ma nessuna mi risponde.

Spero che siano puntuali, non ho molta voglia di aspettarle al freddo.

Ah, certo! Aspetta e spera, Alice!

Dopo poche fermate, arrivo finalmente alla mia e scendo. L'atmosfera è magica: come mi aspettavo, per tutto il perimetro della piazza sono state disposte le solite casette in legno con le classiche cianfrusaglie e dolciumi natalizi. Mi rendo conto di essere in anticipo e colgo l'occasione per guardarmi intorno e iniziare a sbirciare in qualche bancarella. Percorro una parte della piazza e ricontrollo il cellulare per vedere se almeno una delle ragazze mi ha risposto. Niente.

Che strano!

Giungo ai piedi dell'albero e come sempre mi lascia senza fiato. Sarà alto almeno venti metri e una miriade di luci lo illumina rendendolo un punto di riferimento per chiunque entri nella piazza. Qualche turista si ferma a immortalarlo posando le buste dei negozi per avere un'inquadratura migliore. Penso che appena arriveranno le mie amiche potremmo farci fare una foto con la mia nuova macchina fotografica e appenderla in casa.

I miei pensieri vengono improvvisamente interrotti da una melodia familiare che arriva alle mie orecchie. Perfect inizia a risuonare nell'aria e non posso far altro che pensare che una canzone del genere è azzeccatissima per l'atmosfera che si respira. Sono felice, felice per la giornata appena trascorsa, per la bellezza della piazza che mi sta accogliendo e per la musica dolce nell'aria.

Persa tra le nuvole come al solito, sobbalzo quando mi sento toccare una spalla.

Mi volto e un paio di occhi smeraldo, chiari ma profondi come il mare, mi stanno fissando gentili.

«Ti andrebbe di ballare?».


Buon pomeriggio!

Non ho molto da dire questa volta. Spero solo che stiate bene e che non mi vogliate uccidere per la fine del capitolo. Io mi odierei un pochino se fossi in voi, perché vi ho decisamente lasciato sul filo del rasoio.

Spero che questo vi invogli a continuare! E se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate:)

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