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Edoardo

«Ti andrebbe di ballare?».

La frase rimane sospesa nell'aria. Guardo negli occhi la ragazza che ho di fronte: i suoi occhi scuri mi scrutano di rimando e so per certo che mi ha riconosciuto. Il tempo sembra essersi dilatato improvvisamente. Sto trattenendo il respiro, mi sento agitato. Aspettativa, preoccupazione e un filo di ansia si agitano dentro di me. Un brivido mi percorre le braccia e sento le mani pizzicare, in attesa di poter colmare la distanza che mi separa da Alice.

Le guance le si tingono di una leggera sfumatura rossa e un sorriso timido si apre sul suo volto. Sembra soppesare la richiesta come è ovvio che sia: uno sconosciuto le sta chiedendo di ballare in piazza Duomo, chiunque reagirebbe così. Per quel poco che ho potuto vedere poi non sembra il tipo di ragazza che si butta senza riflettere. Anzi, tutt'altro, mi sembra che ogni cosa che faccia la soppesi attentamente prima di prendere una decisione. Ed è proprio quello che sta facendo ora.

Mi sta studiando, i suoi occhi non lasciano mai il mio viso e riesco a leggere la battaglia che vi imperversa. Dopo un tempo che mi è sembrato infinito, una scintilla le illumina lo sguardo come se fosse giunta a una qualche conclusione. Forse sta cercando una risposta a questa situazione.

Se ripenso al messaggio di una settimana fa, mi viene ancora da ridere. Avevo appena finito il servizio per Swarovski e una notifica su WhatsApp aveva richiamato la mia attenzione. Riconoscendo il numero misterioso che mi aveva mandato la foto di Alice, l'avevo aperto trepidante per poi vedere che conteneva un video.

Alice stava volteggiando per il salotto di quella che penso sia casa sua con una scopa tra le braccia e una canzone sparata in sottofondo. Aveva lo sguardo sognante e felice, ignara che qualcuno la stesse riprendendo. Era bella anche con i lunghi capelli castani arruffati e la tuta larga. La sua voce poi mi aveva fatto stringere una morsa allo stomaco. «È talmente bella che mi viene voglia di uscire per strada e ballare un lento con la prima persona che mi capita a tiro», aveva detto con un sospiro.

Pochi secondi dopo mi era arrivato un altro messaggio. «Se ti proponessi una cosa, ci staresti?».

Avevo capito subito cosa mi avrebbe proposto e avevamo stabilito tutti i dettagli: quale fosse la canzone che c'era in sottofondo, come organizzare la sorpresa. Mi aveva spiegato come avrebbe convito Alice a presentarsi sotto l'albero in piazza Duomo e cosa avrei dovuto fare.

E quindi eccomi qui, una settimana dopo, con il cuore in gola di fronte alla ragazza dallo sguardo intelligente e profondo.

I miei pensieri vengono interrotti dalla sua voce tinta da una nota di esasperazione, «Vorrei proprio sapere quale, tra le mie amiche, è l'artefice di tutto ciò», sbuffa con una risata, scuotendo la testa. Poi mi guarda negli occhi e prende un respiro profondo, «Sì, mi andrebbe di ballare».

Espiro sollevato, sento i muscoli delle spalle sciogliersi e le scocco un sorriso. Gli angoli della bocca di Alice si sollevano di rimando e le tendo una mano aspettando che la afferri.

«Se ti può consolare non lo so nemmeno io, sono giorni che scrivo a una sconosciuta, non si è mai svelata», le dico mentre la avvicino a me. Quando le sue dita affusolate si intrecciano alle mie sento una scossa risalirmi lungo il braccio che mi fa trattenere il respiro. Credo che anche lei se ne sia accorta, ma non si allontana da me.

«Comunque, piacere, mi chiamo Edoardo», le rivolgo un sorriso imbarazzato che ricambia. «Piacere, sono Alice, ma suppongo che questo tu lo sappia già». Le sue guance sembrano ancora più rosse di poco prima mentre annuisco per confermarglielo.

Poso una mano sulla sua schiena per stringerla di più a me e iniziare a fare qualche passo sulle note della canzone.

«Certo che non mi ascoltano mai, avevo detto loro di non contattarti», scuote la testa con un'espressione di finta esasperazione.

Le sorrido comprensivo, «Se ti può consolare, io, al tuo posto, non mi sarei chiamato! Dai, quei volantini erano davvero di cattivo gusto».

Sembra sorpresa nel sentire queste parole, «Non sei tu l'artefice di quell'aborto di idea?».

Le faccio fare una giravolta per poi riprenderla tra le braccia, «Direi di no! È colpa di quel pazzo del mio coinquilino, che, tra l'altro, hai avuto la fortuna di incontrare in lavanderia!».

Corruga la fronte mentre sembra fare mente locale, una piccola ruga di espressione le si forma in mezzo alle sopracciglia e freno l'impulso di posarci sopra le labbra per appianarla.

Edoardo, controllati!

«Stai parlando per caso di un bizzarro tipo biondo con gli occhi azzurri?», mi chiede mentre sembra ricordare l'episodio. Se ci penso mi verrebbe ancora da picchiare Matteo, nonostante la sua intrusione mi abbia condotto qui. Non vorrei che pensasse che la stessi seguendo o quant'altro, ma non sembra formulare questo pensiero.

«Esattamente e mi scuso davvero per il suo essere importuno», le dico mentre le ultime note della canzone risuonano. La musica sta sfumando per l'ultimo verso e, preso da un coraggio momentaneo, le canticchio le ultime parole della canzone, «Perché tu stasera sei perfetta per me».

Mi rendo conto di aver fatto un passo falso perché arrossisce improvvisamente e la sento irrigidirsi tra le mie braccia.

Non sembra apprezzare i complimenti e infatti farfuglia qualcosa e si discosta di un passo.

Alice

Non mi piacciono i complimenti, non mi sono mai piaciuti. Strano ma vero mi mettono a disagio più che farmi piacere. Ed ecco perché appena il ragazzo della metro, o meglio Edoardo, mi ha cantato l'ultima parte di Perfect mi sono irrigidita come un baccalà.

Devo dire che mi sono stupita di me stessa quando ho accettato di ballare con lui. Di solito non sono una persona particolarmente espansiva nei confronti di chi non conosco e tendo a evitare troppo contatto umano perché mi mette terribilmente a disagio. Una volta che prendo confidenza però sono alla perenne ricerca di coccole e abbracci. Piero dice che sono come un gatto, fin troppo selettiva nella scelta delle persone che possono starmi vicine. Ogni volta fingo di offendermi, ma non posso che dargli ragione.

Credo di aver accettato di avvicinarmi così tanto per la situazione, complice anche la canzone in sottofondo. Da quando l'ho sentita la prima volta ho sognato per giorni di poterla ballare con qualcuno come in una favola d'altri tempi. O forse sono stati gli occhi di Edoardo il motivo principale per cui ho accettato. Erano così limpidi e chiari mentre non lasciavano per nemmeno un istante i miei. La sua postura rigida tradiva aspettativa, impazienza e un pizzico di speranza.

Incrocio lo sguardo di Edoardo che sembra essersi accorto del mio imbarazzo. Assume un'espressione dispiaciuta portandosi una mano dietro alla testa con un pizzico di disagio.

«Hai da fare, stasera?», mi chiede sperando di rimediare.

No, non ho niente da fare stasera, ma non credo di voler accettare. Questo ragazzo mi fa sentire strana, esposta e terribilmente vulnerabile. Una sensazione che non mi piace per niente. Penso a una scusa più che plausibile anche se una fitta di rimorso mi punge lo stomaco. Mi sono sentita come in una bolla per questi pochi minuti, ma adesso che sono tornata alla realtà mi sento in imbarazzo e non so come comportarmi.

Accettare? Non ne sono sicura, alla fine il ragazzo che ho di fronte è un perfetto sconosciuto.

Uno sconosciuto che però ha messo in piedi tutto questo per te!

Rifiutare? Non mi sembra carino, dopo quello che ha organizzato. Però non mi sento molto a mio agio e, quando questo avviene, non sono molto di compagnia.

«Ecco, io, in realtà... cioè», mi ingarbuglio nelle mie stesse parole. Sento il solito calore risalirmi lungo la gola e posarsi sulle mie guance. Mi fermo e prendo un sospiro, «Senti, ti ringrazio davvero per questa bella idea che hai avuto e per aver condiviso con me una mia fantasia, ma devo andare», dico d'un fiato. Il senso di colpa si fa strada in me: questo ragazzo non merita la mia riluttanza e soprattutto non merita una ragazza come me. Una che si tira indietro dopo quello che ha appena fatto.

Edoardo incrocia il mio sguardo e mi sento terribilmente esposta per la milionesima volta nella serata. I suoi occhi chiari sembrano leggermi l'anima, sono penetranti e non sono abituata a essere guardata così. Abbasso i miei e fisso la punta delle scarpe, troppo imbarazzata per sostenere la forza dei suoi.

«Ti prego non scappare anche questa volta», sussurra il ragazzo che ho di fronte alzandomi il mento con due dita. «Vorrei davvero conoscerti meglio, da quando ti ho vista per la prima volta non faccio altro che pensare a te. Sono rimasto colpito come da un fulmine a ciel sereno. Non saprei nemmeno descrivere la sensazione che ho provato quando ti ho vista su quel treno, con gli occhi lucidi e le guance rosse. Eri una sconosciuta, ma ho voluto comunque parlarti per cercare di risollevarti il morale. Quando hai incrociato i miei occhi sono rimasto senza fiato, ma tu non mi hai dato il tempo di dire o aggiungere altro che sei scesa veloce e ti sei mischiata nella folla. Ho provato a cercarti, ho fatto di corsa le scale della stazione pur di riuscire a fermarti e parlarti, ma non ti ho trovata. E poi il giorno dopo quando ti ho vista ferma ai tornelli della metropolitana non ci potevo credere. Tu eri lì, le mani nelle tasche e le guance rosse del giorno prima. Mi hai riconosciuto e sei scappata di nuovo». Il suo sguardo non lascia il mio nemmeno per un secondo e mi sento ipnotizzata dalle sue parole. Una sensazione di calore si spande per tutto il mio corpo e mi batte forte il cuore. Nessuno mi ha mai rivolto delle parole del genere e, soprattutto, non ho mai provato niente di simile. La vicinanza che si è creata non mi disturba come di solito succede. Siamo talmente vicini che sento il suo respiro caldo sulle guance e il suo profumo speziato mi solletica la gola.

Ho la mente completamente sgombra, non riesco a pensare a niente se non alla strana e piacevole sensazione della sua mano calda sul mio viso. Non mi riconosco più, come posso essere così vicina a uno sconosciuto e essere così a mio agio?

Accenna un sorriso di fronte al mio mutismo e continua a parlare, «E poi ti ho vista sulla banchina della metropolitana, avevi uno sguardo sognante. Avrei pagato oro per sapere cosa ti passasse per la testa in quel momento. Quando mi hai notato dall'altra parte e mi hai guardato, ti ho seguita con lo sguardo fino a che non sei sparita in quella galleria e sono rimasto inchiodato lì, pensando a quanto fosse assurdo il fatto che ci fossimo incrociati così tante volte».

Non riesco a formulare nessun pensiero coerente mentre Edoardo accenna una carezza dal mio orecchio al mento. Mi sfiora con leggerezza, quasi avesse paura di rompermi e un piacevole brivido mi percorre la spina dorsale. Non sento nient'altro se non lui, le sue mani su di me. Non esistono più la piazza, le luci e il frenetico via vai della gente intorno a noi. Esiste solo il ragazzo di fronte a me, esistono i suoi occhi verdi e il ciuffo castano che gli cade sulla fronte. Mi avvicino istintivamente. I nostri nasi sono a un soffio e sento i suoi capelli ribelli solleticarmi la fronte. Edoardo socchiude gli occhi, avvicinandosi ulteriormente a me. Nel mio stomaco sta imperversando uno sciame di api. Un fremito mi scuote, mentre il suo pollice continua a tracciare cerchi immaginari sulla mia guancia. Sentirei le sue labbra sulle mie se solo mi avvicinassi ancora. Lui, però, rimane perfettamente immobile e sono contenta che stia lasciando la decisione a me. Il mio corpo mi sta spingendo verso di lui, posso quasi immaginarmi la sensazione delle sue labbra.

Un flash improvviso mi distrae, rompendo la bolla in cui mi trovavo e ritorno bruscamente alla realtà. Mi irrigidisco, rilascio un sospiro che non mi ero resa conto di star trattenendo e mi discosto di un passo riguadagnando lucidità. 


Buon pomeriggio!

Oggi sono particolarmente di buon umore (ovviamente non a causa di QUALCUNO il cui nome inizia per H e finisce per ARRY), ma sono anche terrorizzata per questo capitolo. Finora, è uno dei miei preferiti insieme ad alcuni che arriveranno più avanti e, per questo, spero davvero che vi sia piaciuto.

La sorpresa architettata da Edoardo sembrava funzionare, Alice stava iniziando a sciogliersi un po' e tutto sembrava andare per il meglio. Ma ahimè non può essere tutto così facile con una testa di rapa come la nostra protagonista, sbaglio?

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e mi farebbe davvero piacere sapere cosa ne pensate.

A presto:)

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