1. Rogan

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Il dromedario sussultò e si arrestò alle pendici dell'enorme duna sabbiosa che li sovrastava.

Il cielo era rosso cupo, come se il sole l'avesse bruciato.

L'uomo smontò di sella, tastando concitatamente in cintura, cercando la borraccia. Prese un lungo, lunghissimo sorso.

Si rese conto che l'acqua era calda, sapeva di muffa.

Si rese conto che l'aveva presa tre giorni prima, a quel pozzo, al centro di quel villaggio sperduto in cui non aveva trovato nessuno. Nessun bambino, nessuna donna. Nessun vecchio da condurre via prima che la tempesta giungesse. Solo il silenzio.

Si rese conto che si era sentito completo e felice, al sicuro.

Tossì. La gola gli doleva.

Sbatté le palpebre, cercando in lontananza la fine di quella tela di colori caldi. L'orizzonte tremolava irrequieto e, oltre le allucinazioni della stanchezza, Rogan vide la meta.

I picchi rossi che si stagliavano oltre ogni cosa e ogni immaginazione, che arrivavano a toccare il cielo e lo plasmavano, secondo il volere degli dei.

L'uomo e l'animale proseguirono ancora un'ora, poi si fermarono.

Si rannicchiò a fianco della pancia della bestia, lasciandosi un buco per fissare le stelle e si addormentò.

Quando riaprì gli occhi, ebbe paura. Davanti a lui ondeggiavano figure pallide, stagliate contro il cielo nero privo di astri. Impiegò qualche istante in cui un febbrile terrore lo colse e lo portò ad alzarsi in piedi prima di capire che stava ancora sognando. Infreddolito raccolse le sue cose, svegliò il dromedario e riprese il cammino.

Viaggiare in mezzo al nulla, dava l'idea di attraversare un enorme mare a bordo di una fragile zattera, che oscillava avanti e indietro, avanti e indietro, e si sarebbe potuta ribaltare.

In quei momenti di vuoto, in cui il sole batteva sopra la sua capoccia bianca avvolta nel panno sporco, la sabbia gli vorticava attorno al viso e il paesaggio perdeva senso, dissolvendosi in dune e dune, Rogan cascava irrimediabilmente tra i suoi pensieri. Pensava al fratello e alla rabbia che gli montava dentro. Pensava all'amata, e alla tenerezza, al dispiacere e all'amore che per ella davvero provava. Pensava al vicolo di quella cittadina arroccata sul precipizio sull'oceano, di com'era arrivato fin lì, quali incubi ancora si portava dietro e di come credeva d'aver scorto ciò che si cela oltre la morte quando l'aveva incontrata. La pelle ambrata, gli occhi scuri, che sembravano fondersi col caldo che pareva riflettersi dall'ambiente, dentro di lei. Il sorriso dolce che lo distoglieva dalle curve delicate raccolte nel vestito di seta chiaro.

Aveva scoperto di essersi innamorato solo molti mesi più tardi, quando era già lontana e, di lei gli rimanevano solo le notizie che sentiva in giro: "La principessa farà il suo ingresso a città del sole", oppure, "La principessa celebrerà la festa della notte stellata lontana da casa, in un posto in cui per ogni animale c'è una palma e per ogni palma dodici frutti succosi" e ancora, "La principessa si tratterrà al tempio degli Dei del sole ancora per un po'.

Pensava a come l'avesse seguita, raggiunta e le sue aspettative si fossero infrante, quando al fianco di lei aveva ritrovato il proprio fratello che in una vita aveva smarrito, di cui a stento ricordava il nome. Di cui a stento ricordava il volto. Eppure era il medesimo sangue che scorreva nelle sue vene.

E i saluti erano stati freddi, gli abbracci frettolosi, i sorrisi assenti.

Rogan era rimasto a palazzo qualche tempo. I genitori di lei lo ospitavano felici, ricordando ogni volta che era stato lui a riportarla a casa quel giorno di sole nella cittadina sull'oceano, quel giorno in cui lei cercava di fuggire, ma lui, ligio al dovere, l'aveva dissuasa e riportata indietro.

Era stato male. Si aggirava per i corridoi senza uno scopo, senza una meta.

E ripensò alla notte in cui lei l'aveva cercato. Ed erano stati insieme a lungo, e avevano parlato. Aveva sentito il battito del proprio cuore rinascere, sgorgargli fuori dal petto e travolgerlo di passione e spingerlo, verso la decisione più sincera, quella di partire la notte stessa e, andare lontano da quel posto, insieme a lei.

Avevano preparato il dromedario, avevano spianato la via sulle mappe e, si erano baciati fino all'alba.

Quando ancora tutti dormivano, erano scesi alla stalla e avevano scoperto che il dromedario era fuggito e al suo posto, ad attenderli c'era il fratello, armato di una sciabola dorata. Gli aveva sbarrato il passaggio e se Rogan avesse voluto provare a trovare una via di mezzo, egli non gli lasciò nemmeno un tentativo. Lo spinse da parte e lo ferì sotto il collo, poi costrinse la ragazza a seguirlo e se ne andò, dalle porte che guardavano verso la steppa desolata nella luce di un nuovo mattino che per Rogan, era soltanto la fine. Nella sua testa rimbombarono il dolore, le grida soffocate della principessa e la rabbia, prima che il sangue caldo e un sonno protettivo lo soffocassero nelle tenebre.

Al terzo giorno di cammino, la gola dei picchi rossi si presentò davanti a lui.

Il corridoio tra le pareti rocciose lo condusse fin sotto il primo dei picchi. Si apriva una sorta di galleria che portava all'interno. Era buia, ma era ampia e sgombra, segno che qualcuno ci era già passato.

Con un roco sbuffo smontò di sella, prese il dromedario per le briglie, accese una torcia e in silenzio si avviò nella galleria.






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