Halloween

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Alla veneranda età di sette anni, Rose aveva capito che le feste in maschera erano una grandissima fregatura. Il motivo ufficiale era che nascondere i capelli rosso-Weasley era pressoché impossibile, e lo aveva scoperto alla festa di compleanno di un bambino babbano, vicino di casa dei nonni Granger.

Inutile dire che Rose era cotta di lui fin dalla culla e adorava giocare con questo nanerottolo che, per essere solo un babbano, era davvero intelligente. Alla suddetta festa in maschera, Rose, con un piccola mascherina dorata che a stento le copriva il contorno degli occhi, si era avvicinata a lui con aria affabile e aveva tentato apertamente di baciarlo sotto gli occhi increduli degli altri bambini. Lui l'aveva respinta con un poco elegante «Che schifo, Rose» ed era corso a giocare alla guerra. Inutile dire quanto ci fosse rimasta male, in maniera del tutto ufficiosa, naturalmente.

Non aveva ancora definitivamente superato il trauma del suo primo due di picche quando l'aveva ritrovato, quattro anni dopo, a King's Cross insieme a uno stranito padre che aveva borbottato qualcosa a proposito di essere sbattuto contro un muro di pietra ed era fuggito, mollando il bambino a Hermione. Per fortuna era un Tassorosso qualsiasi e Rose aveva imparato ad evitarlo come meglio poteva.

Se c'era una cosa che Rose odiava più delle feste in maschera, era decidere cosa indossare per le feste in maschera.

Non che il resto dei giorni sia facile, con questi cosi che ho in testa...

Con suo sommo stupore era venuta a conoscenza della folle idea di Vitius di unire gli alunni di tutte le case, e quale modo migliore di una stupida festa in cui non avrebbero potuto nemmeno riconoscere gli amici. La Rossa si era sentita decisamente sollevata quando aveva scoperto che avrebbero fatto un incantesimo alle maschere per fare in modo che modificasse i caratteri riconoscitivi degli individui, come colore dei capelli e suono della voce.

Almeno stavolta non rischio di fare figuracce assurde.

La nota positiva era che, privandosi per una sera del caratteristico rosso-Weasley, avrebbe potuto indossare un abito qualsiasi dato che sarebbero stati i capelli ad adattarsi. Per quanto potesse esserne felice, ritenne inutile comprare un abito rosa confetto, ad esempio, che non avrebbe potuto indossare mai più dato che chiaramente i suoi capelli lo odiavano.

Alla fine aveva optato per una gonna lunga con due spacchi laterali che sembrava vestirle decentemente da quando era dimagrita e una maglietta corta rosa antico che, strano ma vero, le stava bene anche coi capelli che si ritrovava. Sua madre aveva provato a spedirle via gufo un paio di tacchi, ma lei aveva pensato bene di mandarglieli dietro insieme a una strillettera, decisa ad indossare i suoi comodissimi mocassini che Lily aveva provveduto a riparare.

Aveva fatto un patto con le compagne di dormitorio stabilendo che non avrebbero dovuto vedersi l'un l'altra per evitare che si riconoscessero, una volta in Sala Grande. Era stato bellissimo avere il dormitorio tutto per se.

Stava riflettendo sul cliché di indossare degli orecchini a forma di rosa nera se il suo nome era Rose quando il fruscio dell'acqua si interruppe bruscamente insieme a un cigolio. Un paio di imprecazioni in spagnolo la avvertirono che la sua compagna di stanza aveva finito di fare la doccia e, con molta probabilità, era scivolata.

Si affrettò a legare l'orologio al polso e prendere la maschera scura tra le mani, osservandola per bene, prima di dire: «Sol, puoi uscire!»

Quella maschera sarebbe stata la sua salvezza per tutta la sera.

⊰·⊱

Verso le dieci la Sala Grande era piena zeppa di adolescenti in atteggiamenti più o meno equivoci e professori che maledicevano più o meno discretamente Vitius e le sue strambe idee. In effetti non era stata una buona pensata dato che mentre rimproveravano gli alunni non sapevano a quale casa dovessero togliere dei punti.

Si stava annoiando terribilmente, aveva finito qualcosa come tre caraffe di succo di zucca ed era certa che se non fosse andata immediatamente in bagno se la sarebbe fatta addosso.

Sbuffò all'idea di passare in mezzo la calca di studenti che si rifiutava di lasciare libero il passaggio, ma un crampo alla vescica la costrinse a muoversi. Aveva provato, nelle ore precedenti, a riconoscere qualche suo conoscente o magari qualche cugino tra la folla di persone, ma era stato tutto inutile, le maschere rendevano il lavoro impossibile.

Nel primo bagno in cui si era infilata aveva trovato liberi tutti i cubicoli ad eccezione di uno. Dopo aver soddisfatto i propri impellenti bisogni fisiologici primari avrebbe scoperto cosa stava succedendo. In effetti non ce ne fu proprio bisogno.

Mentre la Rossa si beava del ritrovato equilibrio, nel cubicolo accanto qualcuno non sembrava altrettanto contento. Una ragazza dai lunghi capelli -beh, in effetti non ha molto senso concentrarsi sulle cose più evidenti, dato che indossa la maschera mentre se ne sta seduta sul bordo del water a singhiozzare sommessamente. Di tanto in tanto tirava su col naso, arricciandolo in un modo che non poté che ricordarle Seline Goth, ambiziosa Serpeverde nonché caposcuola intransigente.

Eppure, curva su se stessa in una posizione che sembrava sperasse di inghiottirsi da sola, quella ragazza non le sembrava la stessa che il primo settembre, sul treno, era stata capace contemporaneamente di tranquillizzare dei primini terrorizzati e terrorizzare i suoi tranquilli cugini che li stavano schernendo.

Arretrò di qualche passo sperando di non farsi sentire, non era sicura che non sarebbe stata oggetto delle sue ire se solo l'avesse scoperta a spiarla, pur non sapendo di chi si trattasse.

Probabilmente torturerebbe tutte le ragazze della scuo- ah no aspetta, quello lo fa già con tutti.

Tutti i tentativi di Rose furono sventati quando, uscendo di spalle dal bagno per controllare che la ragazza non la stesse guardando, urtò contro qualcosa di molto umano e molto arrabbiato.

«Merlino, sta' attenta a dove metti piedi!» esclamò lui spingendola via. In effetti si era praticamente spalmata addosso a lui nel tentativo di sfuggire a Seline. O almeno a quella che credeva essere Seline. Il ragazzo, invece, era indeterminato. L'avrebbe scambiato per uno a casa dei suoi cugini se non fosse stato alto un metro e ottanta e si fosse portato appresso altri tre suoi simili.

Decisamente non è uno dei Potter o dei suoi amichetti sentenziò, scrutandolo attentamente alla ricerca di qualcosa che potesse farle capire chi fosse.

«SPARITE!» sbraitò la misteriosa ragazza lanciando un incantesimo alla porta che per poco non si chiuse giusto sul naso di Rose. Il gesto non sarebbe stato affatto apprezzato, soprattutto se unito agli sguardi in cagnesco del suo interlocutore. Non era molto di compagnia, in effetti.

«Che le hai fatto?» domandò ridacchiando mentre con un gesto meccanico si portava i capelli dietro la testa. Il biondo ramato si intonava perfettamente col pallore tipicamente inglese delle sue mani dalle dita affusolate. D'un tratto Rose si chiese di che colore potessero apparire i suoi di capelli, intimorita che il rosso-Weasley non fosse assoggettato all'incantesimo e arrossì di colpo.

Lo sguardo interrogativo del ragazzo si fece acuto mentre lei tentava di ricomporsi e si affrettava a negare qualunque cosa di cui la stesse accusando. L'avrebbe liquidato in men che non si dica se i suoi occhi non le fossero stati così familiari. Aveva i lineamenti piacevolmente angelici e gli occhi color petrolio probabilmente per l'incantesimo, eppure lo conosceva, ne era certa. Il ragazzo si guardò un po' intorno, concentrandosi principalmente sulle sue scarpe, poi all'improvviso si riscosse, ispirato.

Rose lo guardava con una faccia da ebete, troppo concentrata a capire chi fosse per preoccuparsi del fatto che la stesse praticamente trascinando nella prima aula vuota in cui si imbatté. Continuò a fissarla, poi sorrise sedendosi senza sforzo sulla cattedra in una posa composta.

Aveva gli occhi sorridenti, nascosti in parte dalla maschera, occhi grandi dalle lunghe ciglia scure e molto folte. Era bello, o almeno così sembrava, nella sua graziata posa. Se ci avesse provato Rose, sarebbe ruzzolata sgraziatamente a terra nel tentativo vano di non inciampare nei propri piedi.

«Che anno?» domandò furtivamente senza staccargli occhi di dosso. Un leggero strato di muscolatura gli copriva i bicipiti e aderiva sulla sua camicia azzurra. Seta, avrebbe affermato se ne avesse capito qualcosa di stoffe.

«Sesto» sorrise lui, perfettamente sotto controllo. Era una spiacevole sensazione, quella di trovarsi sotto inquisizione, soprattutto dopo i racconti di sua madre sugli infiniti interrogatori di suo padre. L'avevano torchiato per bene prima di rendersi conto che fosse pulito.

Eppure, nonostante gli occhi della ragazza puntati addosso, deteneva il pieno possesso delle sua facoltà mentali e non aveva dovuto impegnarsi minimamente per riconoscerla. D'altronde l'aveva osservata bene, in tutti quegli anni. Ma se non fosse stato per quel piccolo dettaglio a cui lei certamente non aveva dato la minima importanza, sarebbe stato come Rose, gli occhietti ridotti a due fessure mentre tentava di capire chi diavolo fosse il suo interlocutore. Sorrise ancora, soddisfatto della posizione che deteneva.

La ragazza chiuse gli occhi per qualche secondo, incerta, e quando li riaprì lui era diritto di fronte a lei, pancia in dentro, petto in fuori e spalle basse in una perfetta imitazione di un soldato qualunque. Si sentiva in soggezione, dall'alto del suo metro e settanta, per quella manciata di centimetri che li differenziavano. Non erano molti, ma quella era l'altezza media dei ragazzi del sesto anno e poteva essere chiunque.

Rose si stava per l'appunto chiedendo cosa frullasse nella sua bacata testolina quando lui, sorprendentemente, posò le labbra sulle sue. Erano così calde e morbide che per un attimo si ritrovò bambina, a uno dei Natali alla Tana, quando suo padre la stringeva forte vicino al caminetto crepitante e il calore la rinvigoriva dopo un'azzuffata con James. Era un calore che la faceva sentire a casa, ma si spense subito. Non ebbe il tempo di ricambiare o di costringerlo a togliersi la maschera che il cavaliere misterioso -sì, aveva deciso che quello sarebbe stato il suo nome, in attesa di scoprire la sua identità- era già sparito oltre la porta, lasciandola smarrita e triste in balia del freddo vento novembrino.

Inutile dire che il forte odore di inchiostro non abbandonò mai più le narici di lui.

N.d'A.

Ed ecco qui anche quella famosa festa di Halloween di cui si parla nell'Intro. Adesso la vediamo dal punto di vista di Rose, ma vi assicuro che nessuno può uscire illeso da feste potenzialmente lesive per la dignità 😈

flyerthanwind

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