L'Umanità

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Non era un giorno come gli altri quello.

Le nubi nere avvolgevano il cielo, riempiendo l'aria piena di urla e grida del forte e tremendo rumore della tempesta; allo stesso tempo, però, il calore del sole estivo soffocava chiunque provasse a uscire dalla propria abitazione.

Limpido sangue scarlatto riempiva i fiumi e i laghi di tutto il mondo, ribollendo a una temperatura elevatissima, come il magma di un vulcano. Chiunque osasse avere anche solo il coraggio d'immergervi una piccola e singola parte del corpo, rimaneva ustionato in una maniera orribile, se non mortale.

Le fiamme divampavano in tutto il globo, arrivando a circondare case e a distruggere interi boschi, non risparmiando neanche una persona che ci potesse capitare in mezzo per caso o per spegnerlo. Il fuoco era indomabile e inestinguibile, nessun'arma realizzata allo scopo di sopprimerlo era abbastanza potente da svolgere il proprio compito.

Le persone erano martoriate dalla loro stessa razza, non veniva fatta alcuna differenza: caucasici, di colore, bambini, anziani, adulti, maschi, femmine, buoni, cattivi.

Nessuno escluso.

Il caos regnava sovrano, mentre chi cercava di fuggire veniva soppresso, e a chi decideva di rimanere non restava che un'unica scelta: unirsi agli altri in quell'inutile e continuo bagno di sangue.

In mezzo a tutto questo, un uomo camminava tranquillo, le mani inserite nelle tasche dei pantaloni neri come l'oscurità. Il cappuccio della felpa del medesimo colore teneva nascosto per metà il viso sfigurato pieno di cicatrici e scottature, nel frattempo che l'uomo camminava a testa bassa, guardandosi i piedi.

Ogni tanto alzava il viso per vedere ciò che gli stava accadendo intorno, prendendo lentamente consapevolezza che nulla poteva cambiare.

Nessuno poteva vederlo, era invisibile agli occhi di tutti, anche se lo conoscevano e sapevano alla perfezione chi egli fosse.

La pelle scura e il vestiario nero pece lo mimetizzavano in quel disastro, mentre gli occhi scuri celavano un dolore misterioso e un abisso incolmabile.

All'improvviso, una persona riuscì a individuarlo e a chiamarlo, chiedendogli di fermarsi un attimo.

Era una bambina di probabilmente otto anni, massimo dieci. I capelli biondi come il limone erano lunghi e fluenti, con il freddo pungente che li muoveva come se fossero una giostra con cui giocare; gli occhi azzurri e cristallini esprimevano fiducia, bontà e coraggio. Un grosso sorriso felice e spensierato le dipingeva la faccia, al contrario della linea dritta e spenta sul viso dell'uomo. Il lungo vestito bianco faceva ricadere l'occhio sulle scarpe del medesimo colore, senza neanche una macchia di fango, come se fossero nuove e le avesse appena indossate.

«Come sta andando?» Domandò lei con voce melodiosa, come una musica soave che riempie tutti gli animi di dolcezza e tranquillità.

«Non lo vedi?» Con un ampio gesto delle braccia indicò ciò che gli stava intorno: la distruzione regnava sovrana sopra qualsiasi legge o civilizzazione l'uomo avesse costruito in tutti quei millenni di progresso. «Stanno dimostrando la loro vera vocazione, sono liberi, nessuna morale lì fermerà più.»

Una donna che stava trascinando un bambino sfiorò leggermente il braccio della nera figura, sentendosi così pervadere da una forza unica e irrefrenabile. Ella buttò a terra il piccolo - di probabilmente cinque anni - e cominciò ad accoltellarlo come una furia con un bastone che trovò poco distante, martoriando quel piccolo corpicino ingenuo che gridava e pregava sua madre di smetterla tra le lacrime.

Una madre stava uccidendo il proprio figlio a sangue freddo.

«L'umanità non può essere formata da sola crudeltà; sarà rimasto almeno un altro animo gentile e cordiale.» Tentò d'insistere la piccola, anche se la luce bianca immacolata che l'avvolgeva stava cominciando ad affievolirsi.

«Un uomo di letteratura saggio disse una volta: 'L'uomo di natura è malvagio'.» Replicò l'uomo dalla pelle scura, non accennando nemmeno a un sorriso. «Era riuscito finalmente a comprendere com'era fatto l'uomo in realtà: una base d'istinti controllati da una società quasi sempre corrotta.» Fece un passo verso la piccola, guardandola negli occhi talmente intensamente da aver potuto spaventare chiunque; ma lei era pronta a quell'affronto, non vacillò neanche per un attimo.

«Nessuno è buono di natura, sono tutti cattivi, distruttivi. Pensa a come gli umani, fin da bambini, si divertono a rompere oggetti e sentimenti. È bontà secondo te?» Concluse, come se stesse sputando fuori veleno con quelle parole.

«C'è sempre l'eccezione che conferma la regola.» La voce della bambina era flebile, si abbassava man mano che la discussione andava avanti, man mano che capiva di avere torto.

«Non in questo caso.» Nella voce dell'adulto non trapelava neanche un tono di dispiacere, sembrava trarre potenza da quello che lo circondava, rafforzato dalla parte peggiore dell'umanità che potesse mai esistere.

A pochi metri da loro, un uomo tagliava dalla mano destra di una donna a terra un dito, più precisamente l'anulare. Sfilò poi la fede che vi era attorno, sparando successivamente alla povera vittima a terra un colpo di pistola in testa e scrivendo con il suo sangue e le sue cervella otto semplici parole: Fin che morte non ci separi. Ti amo.

«Se un uomo decide di fare qualcosa la fa, senza che abbia o meno il consenso divino. La morale è stufa di fare da mamma a questi bambini stupidi e capricciosi. Neanche la natura gliel'ha fatto capire, continuano a mancarle di rispetto nonostante parlino tanto di salvarla.» Ribatté per l'ennesima volta il più vecchio, indicando un ragazzino con in mano una grande tanica contente benzina, la quale era ormai sparsa per i tre quarti intorno a un piccolo gruppo di tre o quattro alberi. Egli sfilò un accendino dalla tasca del giubbotto e lo accese, lanciandolo poi verso la piccola pozzanghera di benzina posta ai piedi del primo albero della fila, provando soddisfazione nel vederli bruciare tutti lentamente.

«Pensi proprio che non ci sia nient'altro che io possa fare, Malum?» Chiese la bambina, tentando di afferrare il braccio di un uomo che stava stuprando una donna innocente; egli rispose scrollandosi di dosso la piccola mano, continuando ciò che stava facendo per il piacere e l'esaltazione che gli stava provocando.

L'uomo scosse leggermente la testa, facendo una smorfia dispiaciuta con la bocca.

Si guardò un'ultima volta attorno, rispondendole infine: «Non credo si possa fare qualcosa Sanctitas, l'uomo è degenerato. Non c'è più niente che tu possa fare oramai.»

Detto ciò afferrò la mano dell'altra, la quale all'inizio rabbrividì, ma subito dopo si lasciò trascinare dall'adulto.

I vestiti di lei erano diventati più scuri, di un grigio sporco, mentre i capelli e gli occhi lucenti avevano delle tonalità di colore decisamente più spente di prima.

Anche l'ultima traccia di Purezza stava scomparendo dalla faccia della terra.

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