Tears Of Sorrow

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Una lacrima scivola lungo la mia guancia. Traccia un percorso, segna il suo passaggio, seguendo i lineamenti del mio viso imperfetto e scivolando leggiadra, fino a quando non trova la sua fine crollando sul pavimento.

Ci sono molte cose che vorrei dire, ma nulla mi sembra degna di ricevere anche solo un minimo d'aria. La mente frulla, mentre la bocca e la gola rimangono più secche del deserto durante i periodi di siccità.

Così come le gocce di cristallo che mi decorano il viso, lascio che le mie gambe crollino sotto il mio peso eccessivo, facendomi inginocchiare sul pavimento. Lo percepisco freddo, gelido, schegge che si piantano con ferocia nella mia carne, trapassando la stoffa dei jeans. Le labbra tremano leggermente, così come le mani, mentre la vista è appannata e il naso inizia a gocciolare, costringendomi a tirare costantemente in su.

Alle volte, mi domando che cos'abbia sbagliato nella mia vita e che cosa non riesca a vedere veramente. Ho tutto, allora perché alle volte mi sento così triste? Perché considero alto il mio dolore, quando rispetto ad altri non è altro che un rumore di fondo?

Mi hanno sempre detto che il dolore è soggettivo, non ce n'è uno più forte di un altro, eppure spesso mi sono sentita come una bambina capricciosa, egoista, che non pensa alla sofferenza altrui e si limita a guardare solo il proprio.

Ho errato molte volte, spesso senza neanche rendermene conto. Quanti sbagli si devono compiere, prima di rendersi conto delle cavolate che si compie?

Ti inginocchi con dolcezza di fronte a me, allungando una mano nella mia direzione, aumentando le lacrime già presenti e copiose. Mi guardi sorridendo, con le tue ali e i vestiti bianchi, luminosi, quasi accecanti. Mi sorridi, perfino gli occhi ti brillano, quasi fossero pietre preziose incastonate in un viso all'apparenza umano.

Il tremolio aumenta, tento di sussurrarti qualcosa, ma niente esce dalle mie labbra. Tenti di calmarmi, Angelo Bianco, asciugandomi le lacrime con le tue dita lunghe e gentili, sottili. Mi mormori che non devo dire niente, che basta il mio pianto silenzioso a parlare al posto mio.

Quando l'Angelo Nero non mi consola, sei subito pronto a prendere il sul posto. È come un'eterna lotta tra voi due nel mio cuore. Secondo l'Angelo Nero, non dovrei permetterti di avvicinarmi, mentre tu, caro Angelo Bianco, mi sussurri che l'altro mi farà solo del male, che devo lasciarlo perdere finché sono in tempo.

Mi ha già ferito più volte, devo prestare attenzione, altrimenti i segni del fuoco e delle cicatrici saranno più evidenti che mai.

Alzo una mano ancora tremante, ti accarezzo il viso sfiorando i soffici capelli corvini, per poi sentire contro il palmo la tua guancia, calda come sempre. Il torpore che mi emani è enorme, apparentemente troppo forte alle volte, anche se non mi hai mai scottato eccessivamente.

Mi offri le tue braccia e io non riesco a rifiutare. Mi getto nel tuo abbraccio, lascio che il tuo calore raggiunga il mio cuore ferito, mentre le tue ali candide mi avvolgono in un conforto che mi piace definire "casa".

Teneramente e con calma, mi accarezzi la testa con una mano, stringendomi a te con l'altro braccio. Cerco di scacciare, nel frattempo, la voce dell'altro Angelo che mi dice di fuggire, che non sei così diverso da lui.

Che in fondo, gli Angeli sono tutti uguali, cambia solo il colore.

Eppure le coccole che mi stai riservando sono così confortanti, che non riesco a staccarmi. Sto bene, confortata tra le braccia di qualcuno che, a differenza di te, mio dolce Angelo Nero, c'è adesso che ne ho bisogno.

Avrò paura con entrambi, eppure continuo a cercarli, trovando uno quando manca l'altro e viceversa. Anche se non nella realtà, almeno li ho come conforto in un mondo parallelo, dove nulla è impossibile e io posso sfogarmi e ricevere la loro dolcezza, il loro calore.

Non sempre, tutto è possibile, le delusioni servono anche a insegnarci questo. Ci rimani male. Vorresti spaccare qualcosa. Piangi fino a quando non ti rimane nemmeno più una lacrima da versare. Ti senti stremata, con l'unico forte desiderio che quella cosa che ti fa ridurre così, scompaia e basta.

Alla fine, il dolore ti consuma se non lo blocchi. In qualche modo, si deve tamponarlo, per fare in modo che non ti divori l'anima, creando voragini di emozioni che portano a quelle più sbagliate, quelle talmente profonde e recondite che perfino la mente umana cerca di celarle, sperando non vengano mai a galla.

Bisogna scavarsi la propria via d'uscita.

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