Every broken wave

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Il sole non era ancora sorto quando Bakugo Katsuki si alzò dal letto. Il boulevard che conduceva alla spiaggia, come tutte le altre strade, era  immerso in un silenzio avvolgente, interrotto solo dal sussurro del vento tra le foglie degli alberi e dal canto distante degli uccelli che iniziavano a svegliarsi. Katsuki amava quei momenti di quiete, quando le strade erano deserte, il vento che entrava dal finestrino gli solleticava la pelle e il mondo sembrava appartenere solo a lui. Quando arrivò nel parcheggio, s'infilò la tuta da surf nera, prendendo con sé la sua tavola, chiudendo quel furgoncino sgangherato con un senso di urgenza, come se qualcosa lo chiamasse.

La spiaggia era deserta, l'aria fresca e salmastra gli riempiva i polmoni mentre attraversava la sabbia ancora fredda sotto i piedi. La tavola era familiare sotto il suo braccio, il peso che lo ancorava alla terra mentre il mare davanti a lui si apriva, calmo e minaccioso allo stesso tempo.

Non era un principiante. Lo faceva da anni, ogni volta che il tempo e la sua agenda lo permettevano. Gli piaceva l'idea di sfidare il mare, di dimostrare che poteva dominare anche le onde più insidiose. Ma quel giorno c'era qualcosa di diverso nell'aria, qualcosa che lo faceva sentire più vivo, come se ogni fibra del suo corpo fosse in allerta.

Con un respiro profondo, entrò in acqua, la tavola sotto di lui mentre remava con le braccia verso l'orizzonte. Il sole iniziava a salire, tingendo il cielo di sfumature dorate e arancioni. Katsuki si fermò per un attimo, osservando la vastità del mare. Era solo lui e l'oceano, un duello che aveva imparato ad amare. Senza esitare, si preparò per la prima onda.

L'acqua si increspò intorno a lui, e Katsuki si alzò sulla tavola con una fluidità che solo l'esperienza poteva dare. Il vento gli soffiava contro il viso, i piedi fermi al centro della tavola mentre cavalcava l'onda con una determinazione feroce. Il mondo intorno a lui si sfocava, esisteva solo il ritmo delle onde e la forza dei suoi muscoli. Era come volare, come sfidare la gravità e tutto ciò che lo legava alla terra.

Mentre si muoveva, però, qualcosa attirò la sua attenzione. Un'ombra, sfuggente, lo seguiva sotto l'acqua. All'inizio pensò fosse solo una rifrazione della luce, un gioco della sua mente ancora assonnata. Ma l'ombra persistette, muovendosi con lui, parallela alla sua traiettoria. La tensione nel suo petto aumentò. Qualcosa non andava.

Distratto da quella presenza sconosciuta, perse l'equilibrio. La tavola scivolò via sotto di lui e, in un attimo, Katsuki si trovò immerso nell'acqua gelida, risucchiato dal vortice dell'onda che lo aveva tradito. Il suo primo istinto fu di risalire, ma le correnti lo trattenevano, tirandolo giù verso il fondo. Tentò di liberarsi, ma più si agitava, più l'acqua sembrava volerlo inghiottire.

Fu allora che sentì qualcosa afferrarlo. Non una corrente, né un'onda. Una presa forte, ma gentile allo stesso tempo, che lo tirò verso l'alto con una facilità sconcertante. Katsuki cercò di capire cosa stesse succedendo, ma l'acqua intorno a lui era un muro scuro e impenetrabile. Sentì il cuore battere forte nel petto, il panico minacciava di sopraffarlo, ma c'era anche un'inspiegabile calma che lo avvolgeva, come se quella forza misteriosa gli dicesse che andava tutto bene.

Quando finalmente emerse, sputando acqua e cercando aria, si trovò vicino a uno scoglio affiorante. La presa lo lasciò delicatamente e lui si aggrappò alla roccia con tutte le sue forze, respirando pesantemente. I suoi occhi cercarono freneticamente intorno, provando a capire cosa fosse successo.

E poi lo vide.

A pelo d'acqua, a pochi metri da lui, una figura lo osservava. Non era umano, o almeno non completamente. Sembrava un ragazzo, ma i suoi occhi erano di un verde intenso, luminosi come gemme. I capelli, dello stesso colore, ondeggiavano nell'acqua, incorniciando un volto pallido e affilato. Sulle sue guance spuntavano piccole scaglie, che scintillavano alla luce fioca del mattino. Era come se il mare stesso avesse dato vita a quella creatura, una fusione perfetta tra l'uomo e l'oceano.

Katsuki rimase senza parole per un momento, incerto se fosse sveglio o ancora intrappolato in un sogno. Il tritone, perché di questo si trattava, lo guardava con un'intensità che lo fece rabbrividire. Non c'era ostilità in quegli occhi, solo una curiosità antica, come se stesse studiando ogni singolo movimento di Katsuki.

Finalmente, trovò la voce. «Chi... cosa sei?», chiese, la voce arrochita dall'acqua salata e dall'emozione.

Il tritone non rispose. Si limitò a inclinare leggermente la testa, come se stesse valutando la domanda. Poi fece un cenno verso il mare, come a indicare che la sua casa era lì, tra le onde.

«Sei stato tu a salvarmi?», chiese ancora Katsuki, cercando di riordinare i pensieri.

Un altro cenno, affermativo, lento e solenne.

Katsuki si trovò in bilico tra la gratitudine e la confusione. Non era abituato ad avere debiti, tanto meno con esseri di cui non sapeva nulla. Il mare era il suo territorio, o almeno così aveva sempre pensato, e ora questo... tritone gli stava mostrando che forse non sapeva nulla di ciò che lo circondava.

«Cosa vuoi da me?», domandò di nuovo, cercando di suonare autoritario, ma il tremito nella sua voce tradì il suo nervosismo.

Il tritone lo osservò ancora per un lungo momento, poi, con un movimento fluido, si avvicinò di più. Katsuki trattenne il respiro mentre la creatura si sollevava leggermente fuori dall'acqua, rivelando una coda lunga e sinuosa, coperta da scaglie verdi e brillanti. Sembrava voler dire qualcosa, ma non c'erano parole, solo un silenzio carico di significato.

La tensione tra loro era palpabile, come se stessero condividendo un segreto antico e sacro. Eppure, non appena Katsuki sentì delle voci in lontananza, la magia si spezzò. Gente sulla spiaggia, forse pescatori o qualche altro surfista che, come lui, aveva deciso di sfidare l'alba.

La creatura si voltò di scatto, come spaventato dalla presenza di altre persone. Gli occhi verdi si posarono su Katsuki un'ultima volta, e poi, con un balzo agile, scomparve nell'acqua, lasciandosi dietro solo delle increspature sulla superficie e piccole bolle biancastre di spuma.

Katsuki rimase aggrappato allo scoglio, il cuore che batteva forte nel petto.

Era successo davvero?

Guardò l'acqua dove quella cosa era scomparsa, ma non c'era traccia di lui. Solo l'oceano, freddo e imperscrutabile, come sempre.

Mentre la luce del sole si diffondeva, illuminando la spiaggia e scaldando la pelle, Katsuki si ritrovò solo con i suoi pensieri. Non poteva ignorare ciò che era accaduto, né poteva parlarne con qualcun altro. Chi gli avrebbe creduto in fin dei conti? Eppure, la sensazione di essere stato salvato da quella creatura non lo lasciava. Sentiva un legame, un filo invisibile che lo tirava di nuovo verso il mare.

Rimase lì per un po', il suono delle onde che si infrangevano contro la riva, che riempivano l'aria con un ritmo costante. E in quel momento, Katsuki ebbe la sensazione che quella non sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe visto il tritone.

Il mare, con tutti i suoi misteri, aveva appena iniziato a svelare i suoi segreti.

Mentre si lasciava andare, nuotando piano verso la spiaggia, notò la tavola da surf sulla battigia, agitata dalla risacca come lo era un po' la sua anima.

Il mare non era più solo un avversario da sconfiggere, ma un'entità viva, con i suoi abitanti, le sue leggi e i suoi enigmi. E lui, Katsuki Bakugo, avrebbe scoperto cosa significava tutto questo.

Ma per ora, avrebbe tenuto il segreto con sé, custodendolo gelosamente, come una promessa fatta al mare e alla creatura che lo aveva salvato.

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