1. Sea creature

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Il mattino successivo, Katsuki si alzò ancora prima che la sveglia suonasse. Non poteva smettere di pensare alla creatura che lo aveva salvato. Quel pensiero lo aveva accompagnato per tutta la notte, rendendogli il sonno agitato perché, ogni volta che chiudeva le palpebre, vedeva quegli occhi verdi che lo fissavano dal mare.

Era un mistero, un enigma che non poteva ignorare.

Si alzò in silenzio, scivolando fuori dal letto silenziosamente per non svegliare nessuno, e si preparò in fretta. La sua tavola da surf era già pronta nel furgoncino: aveva preparato tutto la sera prima, in automatico, come se il richiamo del mare fosse così forte da non poter resistere.

La spiaggia era ancora una volta deserta, con la luce del sole che si stava appena insinuando all'orizzonte. Katsuki sentiva un misto di eccitazione e ansia mentre si avvicinava all'acqua, la stessa sensazione che provava prima di una grande prova, di un esame, di un colloquio per un nuovo lavoro...

Voleva trovare di nuovo il tritone. Voleva sapere chi era, cosa voleva, e perché lo aveva salvato.

Con il cuore che batteva forte, Katsuki remò con le braccia verso le onde, cercando di replicare ogni movimento del giorno precedente, sperando di ricreare le stesse circostanze che lo avevano portato a incontrare il tritone. Ma il mare, come spesso accade, aveva i suoi piani: per quanto le onde fossero alte e poderose, non c'era traccia di quella creatura misteriosa che lo aveva seguito. Katsuki lo cercava con lo sguardo, ma era come se l'acqua lo stesse nascondendo deliberatamente, tenendoglielo segreto.

Non accadde nulla quel giorno, né il giorno successivo. Per quattro giorni consecutivi, Katsuki si svegliò all'alba e guidò verso il mare, surfando poi con cautela, sperando di vedere di nuovo quella creatura così particolare. Ma il mare, in quei quattro giorni, rimase silenzioso, le onde che cavalcava si infrangevano contro la riva e gli scogli, indifferenti alla sua frustrazione. Ogni giorno, tornava sulla battigia con un senso crescente di rammarico e un desiderio sempre più forte di risolvere quella curiosità che lo consumava.

Il quinto giorno, però, qualcosa cambiò. Le onde erano più alte e potenti del solito, il mare sembrava quasi nervoso, come se si stesse preparando a qualcosa e le nubi all'orizzonte si ammassavano in morbide volute, colorate nei toni del violetto e dell'arancio dal sole nascente. Anche quel giorno, Katsuki si trovava in perfetta sintonia con l'oceano, i suoi movimenti erano precisi e agili mentre con la tavola in resina colorata cavalcava le onde.

Fu mentre attraversava una delle onde più alte di quella mattina che qualcosa attirò di nuovo la sua attenzione: un'ombra, fugace e sfuggente, si muoveva sotto di lui, accanto a lui.

Questa volta, non perse l'equilibrio: rimase concentrato, mantenendo la sua posizione sulla tavola mentre l'onda si frantumava alle sue spalle. Quando l'onda si placò, Katsuki si sedette sulla tavola, gli occhi fissi sull'acqua che si stava calmando, lo sciabordio delle onde residue che lo cullavano, i piedi e le gambe a mollo fino alle ginocchia.

Non poteva perdere quell'opportunità!

Scrutò attentamente la superficie, cercando di scorgere attraverso il riflesso abbacinante del sole che iniziava a salire.

E poi, finalmente, lo vide. Poco distante da lui, l'acqua si increspò leggermente, e una ciocca di capelli verdi emerse. Il tritone lo guardava con i suoi occhi curiosi, come se stesse valutando la situazione. Katsuki sentì un'ondata di sollievo e di gioia attraversarlo. Ce l'aveva fatta, lo aveva trovato di nuovo!

«Sapevo che saresti tornato...» disse Katsuki, la voce più morbida di quanto avesse previsto. «Ti ho cercato in questi giorni. Mi sono preoccupato.»

Il tritone lo osservava in silenzio, poi, quasi in risposta, sollevò il volto fuori dall'acqua, un sorriso timido che si formava sulle sue labbra. Sembrava divertito dalle parole di Katsuki, come se trovasse la sua preoccupazione dolcemente ingenua. Poi, come un cucciolo che scopre un nuovo gioco, il tritone abbassò la bocca nell'acqua e iniziò a fare delle bolle, scomparendo e riapparendo con un movimento giocoso.

Katsuki non poté fare a meno di ridere. Era una risata genuina, qualcosa che non provava spesso, ma che in quel momento non poteva trattenere.

Il tritone sembrava così felice, così libero, e Katsuki sentiva un legame del tutto inaspettato con lui. Senza pensarci troppo, remò leggermente con le braccia nell'acqua fredda, cercando di accorciare la distanza che li separava.

Si fermò a circa due metri dalla creatura, non volendo spaventarlo. «Puoi farti vedere meglio?» domandò, con una nota di speranza nella voce.

Il tritone lo guardò per un attimo, poi scosse la testa con decisione, perché forse non era ancora pronto per mostrarsi completamente. Con un movimento rapido e fluido, si inabissò di nuovo, lasciando Katsuki con una sensazione di frustrazione crescente, sospirante, mentre si lasciava cadere sulla tavola, le braccia allargate ai lati, a pelo d'acqua, mentre fissava il cielo sopra di lui. «Non rendi le cose facili, eh?», mormorò, il tono rassegnato.

In quel momento, sentì però un movimento accanto a lui. Girò la testa e vide il tritone fluttuare sulla superficie, disteso a galla accanto alla sua tavola, senza che la mano in acqua potesse però sfiorarlo. Katsuki rimase immobile, il respiro trattenuto, studiando la creatura che aveva accanto.

Ora poteva vederlo per intero: la lunga coda verde, coperta di scaglie che brillavano sotto il pelo dell'acqua con gli stessi riflessi aranciati del sole; il torso pallido, così chiaro da sembrare quasi traslucido, con scaglie iridescenti sparse come gioielli sulla sua pelle, dello stesso colore delle livree degli scarabei. Sul collo notò dei tagli sottili e rosei, simili a branchie, che pulsavano sotto il pelo dell'acqua, e le sue mani, palmate, con unghie affilate come piccoli artigli, che si muovevano ad accarezzare il moto ondoso per tenerlo quasi in equilibrio.

Il tritone si lasciava andare alla corrente, osservando Katsuki con occhi pieni di una curiosità infantile. C'era qualcosa di affascinante e allo stesso tempo inquietante nel modo in cui la creatura sembrava così naturale nell'acqua, come se fosse una parte integrante di quel mondo che Katsuki aveva sempre considerato vivo e pulsante, ma mai così tanto magico da permettergli di vedere creature oltre ai soliti pesci o crostacei o molluschi.

Una volta aveva visto una colonia di salpe durante un'immersione, e già quella era stata una cosa strana e quasi ultraterrena.

«Sai, ci sono leggende tra i surfisti...», iniziò il biondo, rompendo il silenzio e senza staccare gli occhi da quella meravigliosa visione. «Parlano di creature come te, che vivono nel mare, che lo proteggono.»

Il tritone lo ascoltava attentamente, gli occhi che si accendevano di interesse. Poi, come se volesse rispondere, si indicò, sollevando leggermente la mano verso di sé. Katsuki lo osservò di rimando, curioso, un risolino trattenuto in gola: «Sì, esatto. Come te.» e ridacchiò ancora a vedere il sorriso pieno e caldo di quella creatura marina.

«Io... Mi chiamo Katsuki.», disse infine, puntandosi il dito contro il petto. Voleva che il tritone sapesse il suo nome, che potesse chiamarlo in qualche modo. Che sapesse chi aveva salvato.

La creatura replicò il gesto, indicandosi, ma quando aprì la bocca per parlare, non uscì alcun suono. Le sue labbra si mossero, ma l'unico rumore che Katsuki percepiva era il fruscio del mare e lo sciabordio sulla sua tavola. Il biondo poteva vedere l'espressione del tritone cambiare, diventare cupa e delusa. Anche lui desiderava comunicare, ma qualcosa gli impediva di farlo.

Katsuki si sentì improvvisamente triste, come se il silenzio tra loro fosse un muro insormontabile. Stava per dire qualcosa per rassicurarlo, ma in quel momento sentì delle voci provenire dalla spiaggia. La magia si spezzò di nuovo, e il tritone, spaventato, si immerse rapidamente nell'acqua, un colpo poderoso della coda fece vibrare e ondeggiare pure il surfista e la sua tavola.

Katsuki lo seguì con lo sguardo, sperando che non fosse sparito per sempre.

Dopo un momento di attesa, l'acqua si increspò ancora e il tritone riemerse, solo per un istante. Alzò una mano verso Katsuki, in un gesto che somigliava a un saluto, poi si inabissò di nuovo, scomparendo tra le profondità del mare.

Katsuki rimase lì, galleggiando sulla sua tavola, il cuore pesante di qualcosa che non riusciva a decifrare.

Non sapeva a cosa pensare: aveva finalmente visto il tritone, aveva avuto un contatto con lui, ma sentiva che c'era ancora tanto che li separava.

Il mare era vasto e pieno di segreti, e lui era solo all'inizio di una strada che lo avrebbe portato a scoprire chi e cosa era davvero quella creatura.

Con un altro sospiro, iniziò a muovere le mani in acqua, remando lentamente verso la riva.

Mentre lo faceva, si rese conto che, nonostante tutto, si sentiva fortunato. Aveva vissuto qualcosa di straordinario, un incontro che nessun altro avrebbe mai potuto comprendere.

E anche se il tritone era scomparso, sapeva che quella non sarebbe stata l'ultima volta che si sarebbero incontrati.

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