Il cavaliere

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- Senti, piccolo - mi chinai un po' verso Pier, che giurò poi di avermi visto due occhi fiammeggianti - quando io fui ucciso, su questa terra non c'era neppure traccia della tua stirpe. Sappi, piccola bertuccia, che io sono un nobile cavaliere della Sacra Croce, trucidato su questa collina da una torma di lugubri mercenari.

Pier tacque, basito, come se mi credesse. Isaar con una voce sempre più seria mi chiese: - E quale è il tuo nome, nobile signore?

Bella mi sembrò ancor di più Isaar: nella cornice della buia casa i suoi biondi capelli rimasero unico faro di dolcezza, circondate dalla desolazione delle mura di tenebra. Mi soffermai sulle sue labbra quando mi parlò, assaporandone i movimenti leggeri e un po' tremanti. Gli occhi erano attenti, spesso si abbassavano a riprendere forza, ma tornavano chiaro specchio della sua bellezza.

- Efraim di Locupletis, barone di Mastio e duca di tutte le terre fra l'impetuoso Beteuris e il Tamis, Visconte di Gerusalemme e custode della Sacra Croce, l'ultimo della stirpe dei Locupletis, l'ultimo nobile a cavalcare per la Santa Croce e a morire impugnando la spada per Essa.

Uno schianto nella stanza accanto fece sobbalzare Pier e Loreley, tanto che stavano quasi per staccare le mani. Qualche goccia di sudore luccicò sulla fronte aggrottata di Pier, mentre Loreley iniziò a guardarsi attorno, assumendo un colorito paonazzo e gli occhi spalancati.

Isaar invece era completamente assorta e non si accorse del fragore che si era udito, forse una porta sbattuta da una folata di vento.

L'atmosfera si era fatta gelida, quasi ci aspettavamo di vedere il nostro fiato; ci fu silenzio, nessuno osò parlare per qualche minuto.

Ascoltammo i nostri cuori battere, sentimmo il sangue scorrere nelle vene e le cellule lottare per moltiplicarsi. Poi raccolsi le forze, respirai e solo dopo aver sentito un fiotto di aria fresca nei polmoni ripresi la parola.

- Il mercenario rapì la mia promessa sposa chiedendomi in riscatto il tesoro che la mia famiglia aveva conservato per decenni senza macchia e senza onta alcuna. La torma che aggredì e espugnò col tradimento il castello di lei era guidata dal più oscuro dei banditi venuti dalle montagne grigie, il mercenario. Belva assetata di sangue aveva massacrato tutti, lasciando in vita solo lei nel tentativo di catturarmi con il Sacro Legno.

Pier con voce tremolante: - La Croce Santa?

- Sì! Decine di nobili l'avrebbero pagato a peso d'oro e lui, il mercenario, avrebbe solo alzato il prezzo fino all'inverosimile. D'altronde era il suo lavoro, perfido e squallido lavoro.

Ad ogni istante Isaar si faceva sempre più bella, il suo viso mi si scolpiva sempre più come esempio di perfezione, non un capello sembrava messo a caso, e ogni singola ciglia rappresentava il giusto compimento della dolce curva dei suoi occhi.

Disse Isaar, con un filo di voce: - Continua, ti prego...

- Lungi dal tirarmi indietro mi offrii alla trappola del malvagio, ma senza il Sacro Legno. Esso fu affidato ad un messaggero e inviato sulla strada di Roma, verso il forte braccio del Papa. Io invece, lasciato dai miei cavalieri, affrontai la bruma serale con decisione per prevenire l'opera del nemico e piombai fra le braccia dei mercenari come una furia.

Il vento cominciò a soffiare e le urla delle persiane, lo stridìo degli spifferi, lo schiantarsi delle ante ricrearono per magia la guerra dell'eroe solitario; immaginammo armi impugnate, rosso sangue, cavalli impazziti, urla e disperazione, con Efraim al centro della pugna, roteando l'enorme spadone a fare strage degli oscuri banditi.

Insostenibile dovette essere la sua furia. La mia voce assunse un tono di orgogliosa vittoria; dissi dei cavalieri nemici sbaragliati a decine dalla mia impetuosa apparizione di fantasma nella notte, raccontai di prodigiosi balzi del mio destriero impavido, descrissi gli archi tracciati dalla sanguinolenta spada, sobbalzai al narrare dei morti che mi caddero ai piedi.

Pier e Loreley tacquero inebetiti e la loro presenza fu solo mera esistenza passiva: Isaar invece ora s'illuminava in volto, ora ammirava, ora stupita contemplava.

Sembrava che vivesse quelle gesta, che partecipasse, e non riuscii più a distogliere il mio sguardo dal suo così appassionato, le mie pupille dalle sue splendide, i miei occhi dalle sue chiare iridi.

- Ma il mio cuore senza paura fu colpito da una stilettata di pessima fattezza: non fu acciaio, nossignori, né altro metallo che s'insinuò nel mio petto.

Mi sorse una lacrima involontaria; s'attristì il viso di Isaar e il vento smise di sferzare con violenza. Invece, sommesso, iniziò il pianto di una pioggerellina accompagnata dal sospiro delle foglie, spinte da un soffio di vento ora delicato.

- Lui, figlio di Satana, aveva agguantato la dolce fanciulla, mia promessa sposa, e davanti a me la pose. Il tristo figuro mi scherniva e, accerchiato dai suoi scagnozzi, cominciò a sghignazzare; mi fermai giacché impugnava una spadaccia infame e la punta sfiorava il suo eburneo collo.

Isaar portò le mani al collo e abbassò lo sguardo; faceva sempre più freddo e nessuno più si muoveva. Anche la casa smise di cigolare, calò del tutto il vento e la pioggia fermò il suo picchiettare.

Tutto il mondo si era fermato, sospeso, per ascoltare la mia voce concludere il racconto.

- Deposi la spada lentamente, in cima al gruppo dei cadaveri dei miei nemici; fui agguantato. Disse il losco figuro alcune imprecazioni divertite: poi mi legarono i polsi e le caviglie a funi di quattro cavalli. Mentre mi squartavano gridai il nome di lei... Nell'ultimo barlume di coscienza pregai il Signore di farla salvare, ché almeno il mio sacrificio le avesse recato bene.

- Oh sì, mio signore! Sono io Isaar, la sposa tua promessa! - Alzò Isaar due grandi occhi azzurri, come due falene nella notte di tenebre. Lorely e Pier erano quasi scomparsi, ma il cerchio era sempre saldo, nella vecchia casa oscura.

- Fui salvata, mio signore, Efraim, mio dolce sposo. Il messaggero da te inviato sulla strada di Roma incontrò per la via i cavalieri del Papa inviati in tuo aiuto. Ma, per quanto avessero sferzati i loro cavalli, arrivarono troppo tardi per salvare anche te.

- O Isaar, mia dolce fanciulla, non v'è nessuna notizia più lieta di questa. Finito è il mio vagabondare su questa terra, e alfine ora potrò prendere la via che m'è destinata.

E, come se fosse stata l'unica cosa possibile, il tempo si congelò in un'atmosfera di delicata poesia.

Mi sollevai di poco, avvicinando il mio viso a quello stupendo di Isaar.

La guardai, occhi negli occhi, la vidi avvicinare il suo viso perduto nella bionda chioma fluente.

Giravano le sue pupille a mirare le mie, e irrequiete sembravano le sue rosse frementi labbra. E insieme socchiudemmo le palpebre, piano, e quando infine le nostre bocche s'unirono, scambiammo un dolce, tremante bacio desiderato da secoli.

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