Capitolo 34: Pazienza

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È in questo momento che mi scatta qualcosa in testa. Non so come, non so perché. Mi sento agire, e basta. Non voglio subire, mai più. Non voglio sentirmi toccare da lui. E non voglio vedere quel dannato, odioso sorriso.

Quasi non mi rendo conto della forte gomitata che gli arriva tra le costole, da parte mia. Mi muovo in avanti e mi volto il prima possibile, Jeff è indietreggiato di un paio di passi.

All'inizio mantiene lo sguardo per terra, e non mi riesce di vedere i suoi occhi, ma quando scosta le luride ciocche nere dal viso e mi guarda, mi ricordo di quanto odi il suo sguardo.

- Come osi? - chiede con rabbia, nonostante abbia un sorriso inciso sulle guance. Noto ora che non si regge bene sulle gambe. Certamente non è ancora guarito del tutto, da quando Ingrid lo ha colpito. Ma ha comunque un coltello in mano, e so che è bravo a ignorare il dolore.

È meglio non correre via da lui. Mi colpirebbe alle spalle. O lancerebbe il coltello. È bravo anche in questo.

Quindi mi limito a indietreggiare più che posso, mentre lui mi fissa con le pupille grandi come la punta di uno spillo.

- Madge, vieni qui - dice, e il suo tono dolce è terribilmente sinistro - Giuro che se vieni qui adesso e senza fare storie non ti farò poi così tanto male. Quanto basta. Per imparare la lezione. E troveremo una nuova bella casa, e se farai la brava, ti amerò come ho fatto per tutti questi mesi. Non ti torcerò un capello, perché non voglio essere cattivo con te. Ma cazzo, quando fai così allora significa che vuoi proprio soffrire...

Lo fisso. Tiene la schiena leggermente curva, e le braccia penzolano un poco in avanti. Mi fissa.

Non so se muovermi, non so come muovermi.

- Madge... stai mettendo a dura prova la mia pazienza... - mi dice.

Se corro sono morta. Avrò un coltello nella schiena. Mi si paralizzerà la spina dorsale e lui farà di ciò che preferisce. E sarà arrabbiato, tanto arrabbiato. Non voglio stare male.

Faccio un passo in avanti.

In qualche modo il sorriso di Jeff sembra allargarsi.

Un altro.

Non vorrei avvicinarmi a lui, è disgustoso, lo odio, lo odio con tutto il mio cuore. Ma è anche l'unico modo che ho di sopravvivere.

Me lo trovo davanti, con il viso troppo poco distante dal mio.

Allargo leggermente le braccia e le passo attorno al suo busto, in un abbraccio forzato e pieno di repulsione. Lui, al contrario, mi stringe subito con forza, con troppa forza, tanto che le sue dita mi fanno male. Ha mollato il coltello. Però non lo tiene nella tasca davanti, o lo sentirei. Deve essere nella tasca posteriore dei pantaloni.

Jeff ha sempre usato lo stesso coltello, da quando ha ucciso i suoi genitori. Mi ha detto, tempo fa, che è la cosa a cui tiene di più al mondo. È l'arma con cui sono state uccise tutte le sue vittime.

- Andiamo a casa - lo sento dire, sentendo il suo alito sul mio collo. Non ho mai odiato così tanto il suo corpo e il suo tocco.

Impiego un attimo solo per farlo, ma mi sembra durare secoli.

La mia mano scivola verso il basso, e sente l'impugnatura della lama. Prendo l'arma e la sfilo, e immediatamente mi sento spingere all'indietro con un calcio. Ovviamente Jeff si è accorto di tutto.

Però ho il coltello. E lui non ha niente.

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