Capitolo 10

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Messo momentaneamente da parte il terrore vivo dei giorni precedenti, Kate, sdraiata sul divano, continuava annoiata a premere ripetutamente i tasti del telecomando, alla ricerca di qualche programma decente da guardare.

Una gamba poggiata su un bracciolo, l'altra penzolante a sfiorare il pavimento, fissava con disinteresse lo schermo della televisione.

Le goccioline picchiettavano delicatamente sul vetro delle finestre, frammentandosi in minuscole venature che scorrevano velocemente verso il basso, disperdendosi chissà dove. Nubi grigie oscuravano il cielo, privando qualsiasi elemento della luce solare, piacevole e confortante, e rendendo il salotto buio.

Quell'atmosfera infastidiva Kate e la metteva a disagio. Non sopportava stare sotto la pioggia e odiava quando quei minuscoli cristalli d'acqua battevano contro la sua pelle o i suoi vestiti.

Udí dei tonfi regolari provenienti dalle scale, causati dalla valigia che la madre stava trascinando giú dai gradini.

Le rivolse appena uno sguardo perplesso, quando si ricordò che sarebbe partita da lí a poco per Rockford, causa lavoro. La donna le aveva spiegato che in macchina distava circa due ore, e che non sarebbe stata via piú di un paio di giorni.

Non appena l'aveva detto a Kate, la ragazza si era subito sentita a disagio. Nonostante avesse superato da parecchi anni la paura di restare a casa da sola, dopo tutto quello che era successo sapeva già che si sarebbe preoccupata perfino per il più insignificante dei rumori e che di notte avrebbe avuto molta difficoltà a prendere sonno.

Tuttavia, fece del suo meglio per non far percepire la sua ansia alla madre. Sapeva bene che qualsiasi adolescente che si rispetti, non appena viene a sapere di avere casa libera per qualche giorno, si dà alla pazza gioia. E lei non poteva di certo mostrare la sua preoccupazione, perché voleva dimostrare alla madre di essere una ragazza normale, come tutte le altre, che stava bene e non soffriva di alcun disturbo.

Dopo poco la donna cessó quel suo frettoloso andirivieni per le stanze del piano e adagió con cura la valigia accanto alla porta d'ingresso.

-Tesoro- la richiamó la madre -Io vado. Ci vediamo fra due giorni - le lasció un bacio sulla fronte e una carezza sulla guancia -Per qualsiasi cosa chiamami. Mi raccomando, stai tranquilla -

Kate annuí sorridendo -Non preoccuparti. Fai buon viaggio - salutó la madre con un gesto della mano e aspettó che la porta principale venisse richiusa.

Si alzó dal divano e si affacciò alla finestra del salotto, ancora bagnata dalla pioggia che non accennava a smettere di battere sulla strada, giusto in tempo per vedere la donna mettere in moto la macchina, azionare il tergicristalli, salutarla con un ultimo sorriso e partire.

-Libertà - mormoró con nervosismo Kate.


Circa mezz'ora dopo, così come aveva previsto, il campanello trilló.

-Arrivo! - urló la ragazza, correndo ad aprire.

Sotto il porticato, Carl si affrettó a riporre il telefono nella tasca, che aveva usato come specchio per cercare di sistemarsi, invano, i capelli, fradici come i suoi vestiti. I jeans erano appesantiti e scuriti dall'acqua e la maglietta era appiccicata al petto e alle braccia, come una seconda pelle.

-Ciao! - la salutó, con un sorriso.

-Ehi, che puntualità! Lauren dove sta? -

-Aveva da fare. Ha avuto un imprevisto: dice che riguarda il suo gatto e i pesci rossi, non ricordo bene...

Kate sgranó gli occhi.

-Hai intenzione di farmi entrare?-

-Oh, certo, scusa! Vieni, sei zuppo-

Il ragazzo annuí imbarazzato, seguendola all'interno.

-Non ho l'ombrello - si giustificó ridendo.

-Ho notato. Ti prendo dei vestiti -

Carl si sfiló le scarpe da ginnastica, dirigendosi verso il salotto a piedi nudi.

-Tieni, questi dovrebbero andare - Kate, saltellando da un gradino all'altro, gli lanció una felpa e dei pantaloni della tuta, che il ragazzo prese al volo.

-Mia madre è appena partita per un viaggio di lavoro e starà via due giorni - gli spiegó, buttandosi sul divano.

-E come mai hai chiamato proprio me? -

-Se vuoi, puoi tornare fuori a inzupparti sotto la pioggia - rise lei.

-Preferisco compiere un sacrificio e restare a farti compagnia - si sedette accanto a lei e la guardó con serietà -Come stai? -

La ragazza fece spallucce -Cosí. Non sai quanto mi dispiace avervi messi tutti in pericolo, l'altra notte. Sono davvero stata una stupida... -

Carl scosse la testa, guardandola con dolcezza e comprensione -Non devi scusarti. È vero, abbiamo rischiato tutti quanti, ma alla fine nessuno si è fatto male -

-Ma saremmo potuti morire! - gli urló Kate -Il mostro non era neanche ad un metro da noi! Ti sei forse scordato delle sue fauci? O di quella schifosa sostanza nera? Potevamo morire, Carl, e ci è mancato davvero poco. Tu non hai nemmeno idea di cosa sia capace di fare, nessuno lo sa. Non abbiamo ancora visto niente -

-Ascoltami - il ragazzo posó saldamente le mani sulle spalle dell'amica -Hai ragione, c'è mancato davvero poco e mi stupisco ancora di come non siamo morti, anche solo di paura. Ma non devi fartene una colpa, Katie! Non puoi sapere se adesso staresti vivendo la tua vita normalmente, se non fossi mai andata nella foresta-

-Tu non capisci - rispose Kate scuotendo la testa -Io non penso che si tratti tutto di una coincidenza; è impossibile -

Il ragazzo la guardò confuso -Secondo te è per questo che non ci ha uccisi quella sera? -

La corvina annuí -Gli occorro viva- sospiró e si nascose la testa tra le mani -Non lo so, Carl...non so che pensare. Ho così tanta paura per... tutto. Sono preoccupata per mia madre, per Lauren, per te...E non oso nemmeno immaginare quali piani abbia per me-

-Cosa? - domandó Carl, incredulo -Credi seriamente che voglia rapirti?-

La ragazza annuì, gravemente.

-Ma come? E perché, soprattutto? Perché dovresti servirgli? -

-Non lo so, Carl. So soltanto che vuole me, non voi. Gli servo io, viva, almeno per ora. Se avesse voluto, mi avrebbe uccisa chissà quanto tempo fa. Dopotutto a Charlie è successo questo, te ne sei forse dimenticato? -

L'altro scosse la testa.

-Questa è la verità, dobbiamo accettarla-

Il ragazzo la guardó con la bocca semi aperta, con lo sgomento che gli fiammeggiava negli occhi -Ma che stai dicendo? Come puoi dire una cosa del genere? Quasi non ti riconosco più, perché fai così? Cosa significa questa rassegnazione? Noi ti aiuteremo, o almeno io, faró tutto ciò che posso. Tutto. Non so cosa sia questa creatura, non so niente di niente, ma stai certa che una soluzione la troveremo, te lo giuro -

-No, Carl -lo interruppe Kate. Gli sorrise tristemente e con un tocco delicato gli sfioró una guancia -Non puoi farci niente: scappare da Lui non serve. Fattene una ragione -

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