Capitolo 12

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-Guarda un po' chi abbiamo qui-

-Dici che è ancora viva? -

-Temo di sí -

-Possiamo ucciderla? -

Kate non avrebbe mai immaginato che l'oltretomba fosse così affollato e rumoroso.

Attorno a lei aleggiavano voci distorte, provenienti da diverse direzioni. Ad ogni modo, i loro proprietari non dovevano essere molto lontani: poteva quasi sentire il calore del loro fiato sulla pelle.

La testa le duoleva ancora terribilmente, nonostante dovesse essere passato un po' di tempo dall'incidente in casa.

Avvertí uno scossone indelicato alla spalla.

-Bella addormentata nel bosco - chiamó una voce dura -Svegliati, non abbiamo tutta la notte-

Svegliarsi? Era ancora viva?

Con uno sforzo, Kate cercó di sollevare le palpebre, che parevano incollate le une alle altre. Aveva la vista annebbiata e le ci volle un po' per mettere a fuoco ciò che la circondava.

Si rese conto di essere sdraiata a pancia in sú sotto un cielo oscurato da nubi nere. Uno spicchio di luna la osservava furtiva dietro una nuvola.

-Sei sorda? -

Mosse le dita e tastó il suolo, rendendosi conto di stringere nel pugno dei fili d'erba sottili e umidi: probabilmente delle goccioline di rugiada erano rimaste imprigionate tra i filamenti dopo la tempesta.

-Buon giorno, principessina. Temevamo non ti saresti più svegliata -

-D-dove sono? C-chi siete voi? - domandó Kate confusa, ancora la vista appannata.

-Sei in una foresta. Approfondiremo la conoscenza più avanti - rispose una delle voci misteriose.

La ragazza raccolse tutte le sue forze per sedersi: emise un verso di sforzo e fece leva sulle braccia.

Dopo aver messo a fuoco il paesaggio attorno a sè, si rese conto di trovarsi faccia a faccia con due uomini mascherati; cacció un urlo, terrorizzata, e prese a strisciare sull'erba, indietreggiando e cercando di alzarsi per scappare.

Tuttavia, quando diede una capocciata a quello che poi si rese conto essere un albero dal tronco spesso e massiccio, capí che il suo piano di fuga era morto ancor prima di nascere.

-Chi siete voi? Dove sono? - ripetè, con la voce tremante e il cuore che le martellava nel petto.

-Ehi, Hoodie, questa qua mi sembra po' lenta di comprendonio. Posso ucciderla? - domandó uno, scrutandola con disprezzo e superiorità dall'alto.
Impugnava saldamente un oggetto, scintillante sotto il chiaro di luna: quando Kate realizzó che si trattava di un'accetta, sentí le forze mancarle nuovamente.

-No, Toby - rispose seccamente quello che doveva essere Hoodie -Deciderà l'Operatore-

L'Operatore?

Una faccia sorridente cucita su un passamontagna nero la osservava ad una distanza decisamente troppo ravvicinata, e Kate era abbastanza sicura che quel misterioso e certamente poco raccomandabile personaggio non avesse lo stesso carattere allegro che suggeriva il suo accessorio.

Toby sbuffó sotto la maschera che gli copriva la bocca.

-Se non mi dite chi siete, giuro che io...- cominció Kate, sgomenta e innervosita allo stesso tempo.

La ragazza avvertí un fruscio di foglie calpestate, nel silenzio lugubre della notte, smorzato solo dalle risatine divertite dei due uomini.

-Cosa succede qui? - una terza figura, con le mani nelle tasche, si avvicinó.

-La vittima ci annoia - sentenzió il ragazzo armato, maneggiando l'accetta come fosse un innocuo giochino.

-Smettila, Toby - lo richiamó, infastidito -Sai come funziona - si inginocchió difronte a Kate, che tremava paralizzata contro l'albero.
La ragazza sgranó le palpebre: due occhi neri, dalla forma allungata ed elegante, la stavano osservando su una superficie bianca e lucida.

Il ragazzo si alzó, facendo scrocchiare la sua giacca color ocra, afferrandola sgarbatamente per un braccio senza alcuna premura, e tirandola su di peso senza il minimo sforzo.

-Adesso tu vieni con noi - le disse con freddezza.

-No!! Lasciami stare! - Kate cercó di opporre resistenza, puntando saldamente i piedi sul terreno e dimenandosi -Si può sapere chi siete? Mi avete letteralmente portata via dalla mia vita! -

Hoodie tiró fuori dalla tasca una corda.

-Oh, no. Cosa vuoi fare con quella? - Kate lo fissó spaventata.

-Assicurarmi che tu non scappi - si avvicinó con la sua espressione sorridente e inizió a legarle le mani con cura.

-Avreste dovuto farlo prima - commentó la ragazza, cercando di apparire sicura e sfacciata.

-Non saresti andata lontano, te lo assicuro: ce lo hai dimostrato prima, quando hai sbattuto contro l'albero- le rispose Toby, scrutando la foresta - E ti consiglio di abbassare i toni, quando parli con noi -

-Certo. Altrimenti mi metti in punizione?-

Il ragazzo la guardò con sufficienza: impugnò saldamente l'accetta e la lanciò in alto, facendola roteare a mezz'aria e riafferrandola dal manico, con una tempistica perfetta.

Kate deglutì: per un attimo temette che le avrebbe tranciato la testa con un colpo netto.

Toby rise di gusto, visibilmente divertito dalla reazione della ragazza. Quando il mascherato lo riprese per l'ennesima volta lui rispose, infastidito -La stavo solo spaventando un po'. Non sai proprio cosa significhi divertirsi-

-Per fortuna che ci sei tu a insegnarmelo - mormoró l'altro.

Hoodie, ridacchiando, gli battè una pacca sulla spalla, precedendolo.

Poi il mascherato la riprese per il braccio, spingendola verso il mezzo della foresta. Non sapeva che ora fosse, ma doveva essere notte inoltrata: attorno non distingueva che sagome scure, senza forma, celate da un buio così fitto da non permetterle di vedere oltre il proprio naso. I gufi bubolavano in lontananza, appollaiati su qualche ramo mentre scrutavano coloro che, probabilmente, avevano disturbato la loro caccia notturna.

Hoodie spalancò una porta scrostata che si aprí cigolando, come se gemesse di dolore, su una stanza buia.

Accese una torcia, illuminando l'ambiente: quello che un tempo doveva aver avuto le sembianze di un salotto era triste e squallido, con la carta da parati rovinata e strappata. Pezzi di intonaco sbriciolati erano ammucchiati negli angoli, misti a batuffoli di polvere e ragnatele. Un divano la cui imbottitura fuoriusciva da numerosi tagli, era posto al centro dalla stanza. Solo una vecchia TV e un tavolino da caffè dal vetro sporco e scheggiato completavano l'arredo.

Vi erano altre due porte collegate alla stanza e una rampa di scale, che spariva oltre il fascio di luce della torcia.

-Cos'è questo posto? - domandó Kate, titubante. Qualsiasi cosa fosse, non le piaceva affatto.

Il pensiero delle ragnatele, della polvere e chissà quali schifosi insetti annidati negli angoli le faceva venire il voltastomaco. La trascuratezza della stanza, e immaginava anche del resto della casa, le provocava una tristezza e un'angoscia tale che minacciavano di soffocarla e ucciderla. E poi, chi erano quelle persone? Che intenzioni avevano? Certamente erano dei malviventi, ma Kate non voleva osare immaginare a che categoria appartenessero.
Aveva talmente tanta paura da non trovare nemmeno la forza di piangere, ma il groppo che le bloccava la gola era doloroso e opprimente.

Iniziava a non sentirsi più le mani, imprigionate da quelle corde cosí strette da bloccarle la circolazione.

-Sali - le ordinò il ragazzo con la maschera bianca. La torcia illuminava le scale, e Kate, spaventata, inizió a salirle. Di certo mostrarsi sfacciata non l'avrebbe aiutata a tornare a casa, dunque, decise, avrebbe subito in silenzio gli ordini di quei tre esseri.

Hoodie spalancó una porta del primo piano, anch'essa scrostata e piena di graffi.

-Non ti lamentare, saresti potuta finire in cantina. Ringraziami- le disse seccamente.

Estrasse un coltello dalla tasca e Kate rabbrividí, temendo il peggio.

Il suono della lama a contatto con una superficie ruvida e di corde slacciate che scivolavano al suolo echeggió per il pianerottolo buio.

-Non andrai da nessuna parte, credimi - aggiunse il ragazzo dalla giacca ocra.

-Buonanotte - ghignó Toby dietro la spalla dell'incappucciato, spingendola dentro.

-NO! - urló Kate -FATEMI TORNARE A CASA!-

La porta venne richiusa con tale veemenza che, non appena si incastonó nel telaio, una pioggia di granelli di polvere si sollevò per poi disperdersi nella stanza fredda.

-Non esiste più casa! - tuonó una voce rude dall'altra parte -Ora esiste solo qui!-

Kate battè un pugno sulla porta e inizió ad abbassare ripetutamente la maniglia per cercare di aprirla, ma il rumore delle chiavi che giravano nella toppa abbattè ogni sua speranza: era chiusa dentro.

-FATEMI USCIRE!- strilló, picchiando le mani sulla superficie -NON VI HO FATTO NIENTE!-

Scivoló contro il legno rovinato, accasciandosi sul pavimento e rintanandosi in un angolo della camera, ancor più squallida, se possibile, del salone.

Vi era solo un letto, costituito esclusivamente dalle sbarre, che emanavano un intenso e sgradevole odore di ferro, e da un materasso, sporco e con le molle in bella vista, che Kate non avrebbe mai voluto nemmeno toccare con un dito. Addossato in un angolo vi era anche un comó: i cassetti inferiori erano stati del tutto aperti, arrivando a pendere sul pavimento, mentre altri erano chiusi per metà o erano del tutto assenti e lasciavano vuoto il vano. Sopra vi era un semplice specchio, dal vetro rotto e sporco.

Una finestra spalancata con le tende strappate faceva fluire nella camera un'aria gelida, colma di sconforto e avvilimento.

Il freddo siderale della foresta immersa nella notte avvolse Kate, rannicchiata in un angolo con la testa nascosta tra le braccia. Le lacrime le impedivano la vista e scorrevano copiose, inumidendole i vestiti e i capelli.

Infine, con gli occhi gonfi e arrossati dal lungo pianto che non accennava a placarsi, si addormentó con l'unico pensiero che le affollava la mente: il desiderio disperato di tornare a casa propria.

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