Capitolo 20

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L'agente Golby trasalì, lanciando un'occhiata sgomenta al collega. Entrambi si erano ritrovati confusi, spaesati, come se si fossero appena risvegliati da uno strano sonno e non riuscissero a ricordare cosa fosse successo in quel frangente.

Fecero vagare lo sguardo oltre il finestrino della volante e realizzarono di trovarsi immersi in uno scenario inverosimilmente reale.

Superata una prima indecisione, il rosso allungò una mano tremante verso la schiena e tirò fuori la sua 9 millimetri, iniziando a rigirarsela tra le dita. Quando rialzò gli occhi, incontrò quelli angosciati del collega che lo imploravano di non prendere iniziative che avrebbero potuto solo rivelarsi dannose. Dopotutto, come avrebbero dovuto comportarsi? Qual era il modo giusto di agire? Erano sbirri, erano stati addestrati per combattere i criminali, quelli veri, e non di certo raccapriccianti creature dei film dell'orrore.

- Che stai facendo?! Andiamocene! - lo rimproverò il più anziano, truce, trattenendolo per un lembo della giacca - Non è il momento di fare l'eroe -

- E se ci fosse Peter, al posto loro? - sibilò l'altro, strappandosi bruscamente alla sua presa.

Con un gesto deciso spalancò la portiera dell'auto e si precipitò fuori, tenendo ben salda la presa sulla pistola, nonostante gli sudassero le mani. Tirò un respiro profondo, concentrandosi sul mostro che si trovava a pochi metri di distanza. Visualizzò davanti a sè il punto in cui, in un uomo, avrebbe trovato la cassa toracica e, nella sua ingenuità, si preparò a sparare. Con la coda dell'occhio riuscì a strappare il profilo di Lauren stretto a Carl, che ancora strillava in ginocchio, e la esile figura di Charlie che, con una difficoltà immane, stava cercando di tirarsi silenziosamente su.

Per un istante, il tempo sembrò rallentare e le urla e i pianti dei ragazzi, attorno a lui, divennero ovattati. Serrò le dita sull'impugnatura e premette il grilletto. Il proiettile schizzò fuori dalla canna e taglió l'aria. Golby attese il colpo, realizzando troppo tardi che, mosso dall'impulsività, non avrebbe potuto agire in un modo peggiore.

La figura dell'Operatore si dissolse in una nuvola distorta di colori smorti, insieme ai tentacoli d'inchiostro che tenevano prigioniera Kate. Scomparvero nel nulla così come la ragazza, davanti agli sguardi allibiti dei suoi amici, proprio nel momento in cui un botto echeggiò nell'aria.

In effetti, il colpo ci fu, ma in un primo momento nessuno ci fece caso. Non se ne rese conto nemmeno Charlie, prima di portarsi una mano al petto e realizzare con stupore che il proiettile che avrebbe dovuto salvargli la vita, gli aveva appena bucato il cuore. Si ritrovò nuovamente a barcollare, finchè non crollò, esausto, tra i fili d'erba che gli solleticavano la pelle.

Gli altri, increduli, gli si precipitarono accanto all'istante, attorniando con occhi sgranati il corpo del ragazzo che, secondo dopo secondo, diventava sempre più freddo e rigido. Una chiazza di sangue fresco si espandeva rapidamente sulla sua maglietta, mischiandosi a quello già rappreso che gli tingeva il corpo e i vestiti. Il marchio dell'Operatore aveva smesso di sanguinare, mentre il volto sul manifesto, che giaceva abbandonato tra le sue dita, sorrideva placidamente tra le pieghe della carta.

Nessuno ebbe il coraggio di lasciarsi sfuggire un sussurro. Neppure l'agente Golby, che contemplava sconvolto il viso cereo che, sotto di lui, ancora conservava un'espressione confusa e quegli occhi vitrei, ciechi, bloccati nei suoi.

"Mi hai davvero ammazzato?" Sembravano domandare con l'incredulità degli innocenti. 

L'uomo si portò una mano alla bocca e con l'altra sfiorò le palpebre del ragazzo, chiudendole delicatamente. Rimasero tutti e quattro lì, immobili, consumati dal pianto e dalla stanchezza.

Charlie lo era. Era un innocente.


Kate urtò la schiena contro il muro scrostato, mentre le noti finali di un urlo le morivano in gola.

Le occorsero una manciata di secondi per realizzare dove si trovasse, ma non appena visualizzò lo scheletro del letto e il resto dello squallido ambiente, si sentì riempita di odio: Charlie era morto e lei era nuovamente lì.

Nel suo petto ribolliva un calderone di rabbia e dovette affondare le unghie nella sua stessa carne per impedire alle proprie mani di sbriciolare la prima cosa che le fosse capitata a tiro. Non che ci fosse molto da spaccare, in quel buco, così si limitò ad assestare un pugno contro la parete umida che ancora le sfiorava le spalle. Avvertì le nocche spellarsi e bruciare contro le bolle appuntite formate dall'intonaco, ma non se ne curò e si diresse a grandi falcate verso la porta.

- Dove siete?! - strillò, aprendola con uno strappo deciso e fiondandosi nel corridoio del primo piano. - Venite fuori! -

Kate urlava come una pazza, pestando i piedi sul pavimento, spalancava e sbatteva ogni porta nel tentativo di trovare i tre criminali e vendicarsi personalmente.

- Si può sapere che diavolo stai facendo? - ringhiò una voce dalle scale. La ragazza riconobbe gli occhiali da saldatore alzati sulla fronte e il passamontagna che gli copriva la bocca, e si lanciò su Toby.

Lui la immobilizzò all'istante, bloccandole le braccia prima che potesse colpirlo.

- Allora? I tuoi amichetti non ti hanno dato il bentornato che speravi? - ghignò lui, sotto la stoffa nera.

Kate gli lanciò un'occhiata carica di astio.

- Sappiamo che sei scappata, pure con quell'altro. Hai solo ricevuto la giusta punizione - allungò una mano verso il collo striato di sangue della ragazza, che subito si ritrasse.

- Non toccarmi! - sibilò.

- Che stupida, ti sto già tenendo - le fece notare lui in tono canzonatorio.

- Toby! - esclamò una voce ovattata, accompagnata dal cigolio dei gradini. - Che succede? -

Con la coda dell'occhio, Kate riconobbe l'espressione triste cucita sul passamontagna di Hoodie, che stava avanzando a passo svelto nella loro direzione.

- Nulla Brian: qualcuno è un po'arrabbiato! - ridacchiò sommessamente l'altro.

- Lasciala, non ci servono altri casini. E tu... - Brian, quello era il suo vero nome, si girò verso la corvina - ...tu vedi di calmarti, o preferisci finire di nuovo in cantina? -

- Troverebbe qualcun altro con cui scappare, magari un cadavere! - continuò Toby, soddisfatto della risata che aveva provocato al compagno, lasciando gradualmente la presa sulla ragazza.

- Tanto quello era diventato inutile -

- E ora è morto! -

- Avreste dovuto fare la sua stessa fine - commentò Kate, deglutendo per ricacciare indietro le lacrime che le velavano gli occhi.

- L'Operatore mi ha salvato - sibilò Toby, la spalla che si contraeva leggermente - E se non ha fatto fuori anche te è perchè è clemente -

Kate spalancò gli occhi, interdetta. - Cosa? No! Siete i suoi schiavi! -

I due ragazzi si scambiarono un'occhiata di disappunto.

- Immagino che te lo abbia detto Masky. Queste stupide idee sono la sua rovina - sospirò Brian.

La ragazza schiuse la bocca per ribattere, per poi serrarla all'istante: avrebbe voluto dire tante cose, ma non avrebbe sprecato fiato solo per essere derisa.

Il ragazzo mascherato aveva ragione: l'Operatore aveva fatto loro il lavaggio del cervello. Erano le marionette che affidavano i propri fili al burattinaio, perché li muovesse e consumasse finché non si fossero spezzati e non avessero più fatto divertire nessuno. A quel punto, sarebbero finiti tra le fiamme.

- Dovreste provare a progettare una fuga insieme, magari in due ce la fate. Ingrati, siete fuori di testa -

- Ora piantala, Rogers - Masky li raggiunse in un istante.

- N-non chiamarmi in quel modo... - il tono di Toby era cambiato radicalmente e assomigliava più ad un tremolio sommesso. Un tic nervoso gli scosse una spalla. - Sai che mi dà fastidio -

- E' questa la parte divertente - commentò l'altro.

Brian rimase zitto, senza intervenire: probabilmente era abituato a quei teatrini.

- Perchè invece di preoccuparti di me, non torni a parlare con la tua sorellina? - incalzò Masky. - Non era morta in un incidente? -

Non fece in tempo a finire la frase che già Toby gli si era gettato addosso.

- Tu L-Lyra non devi neanche azzardarti a n-nominarla! - ringhiò, tra un tic e l'altro. - Io ti ammazzo! -

- Davvero, Rogers? -

I due iniziarono ad azzuffarsi, afferrandosi per i vestiti e spintonandosi sempre più violentemente. Brian cercò di intromettersi per separarli, ma Toby e Masky sembravano inafferrabili. Ben presto quella si trasformò in una vera e propria rissa, condita da una buona dose di urla, insulti e minacce.

Kate, frastornata, approfittò della confusione generale per sottrarsi a quella scena. Più passava il tempo, più era spaventata e rimpiangeva la sua casa.

Sgattaiolò silenziosamente in fondo al corridoio, chiudendosi a chiave dentro quello che scoprì essere un bagno. Nonostante fosse forse la stanza tenuta peggio -il soffitto macchiato di umidità, lo specchio in frantumi, i sanitari e il pavimento sudici- non se ne curò e si liberò in fretta dei vestiti sporchi.

Si infilò nella doccia, stringendosi nelle spalle, rabbrividendo al contatto con l'acqua gelida che le scorreva sulla pelle e lavava via il sangue, insieme al frastuono dei colpi di pistola provenienti dal corridoio.

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