Capitolo 4

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Le suole delle scarpe da ginnastica di Kate scivolavano sulle piastrelle cerate del pavimento.

Lungo le pareti erano disposte file di panche e tante, tante porte.
Dei medici facevano frettolosamente avanti e indietro per i corridoi, entrando e uscendo dalle stanze: chi camminava insieme ad un collega, chi parlava con i pazienti o i loro accompagnatori e visitatori.

Di fronte a lei il dottor Anderson avanzava di gran carriera con il suo camice bianco svolazzante, mentre l'infermiera, con i capelli chiari raccolti in uno chignon ordinato, le camminava di fianco, lanciandole ogni tanto una rapida occhiata.

-Ecco qui, entra pure Kate - disse alla fine il medico, aprendo la porta di quello che doveva essere il suo studio.

-Siediti -

La stanza non era molto grande. Non vi erano finestre: la luce, bianca e intensa, proveniva da alcune lampadine poste sul soffitto.
Addossata ad una parete vi era una grande libreria in legno, colma di libri delle più varie dimensioni e spessore.
Di fronte alla porta vi era una scrivania, anch'essa in legno, piena di scartoffie, fogli e appunti. Da un lato vi era una poltrona in pelle, dall'aria comoda, mentre dall'altro due semplici sedie in plastica.

La ragazza fece come le era stato detto, e si sedette su una delle due sedie.

L'uomo si sistemó sulla poltrona e intrecciò le dita sul tavolo, sorridendo amichevolmente.

-Quanti anni hai detto di avere, Kate?-

-Quasi ventidue - rispose lei.

Il dottor Anderson si scambió uno sguardo con l'infermiera, che giocherellava con una penna, puntellandola su un blocco per gli appunti, poggiato sulle sue gambe, accavallate.

-ventidue...- ripetè il medico sottovoce

"Così giovane e pazza? È forse questo ciò che sta pensando?"

Si domandò Kate quasi divertita.
Sapeva bene che l'avevano chiamata soltanto per farle delle domande su ciò che aveva visto quel giorno.

-So che sei molto legata ai tuoi amici - Kate annuì
-Passate molto tempo insieme, vero? -

Aveva perfettamente capito che il dottor Anderson, tramite quelle domande personali, sperava e cercava di alleviare la tensione e instaurare un rapporto di fiducia.

Questo, però, la irritava: lei, sapeva di non essere pazza e di non necessitare di nessun test.

Sebbene le desse fastidio, decise ugualmente di comportarsi bene ed essere collaborativa: sarebbe stata al gioco del medico e il suo racconto sarebbe stato il più sincero, chiaro e accurato possibile.

-Sí. Spesso andiamo in un grande parco, vicino casa mia. Passiamo la maggior parte delle giornate lí-

-So che vicino casa tua c'è anche una foresta. È lì che sei svenuta, ricordi? Cosa hai visto?-

Kate aveva aspettato quel momento fin dal primo giorno che l'avevano portata li: finalmente avrebbe potuto raccontare tutto.

-Beh, abbiamo sempre pensato che ci fosse qualcosa di strano, lí dentro, fin da quando eravamo bambini. La foresta era sempre così cupa, il sole sembrava non illuminarla mai...però ci giocavamo molto spesso, ci siamo sempre divertiti.
Erano passati tanti anni, ero cresciuta, ed ero curiosa di capire cosa si nascondesse nel bosco...pensavo di esserne in grado -

-E perché l'hai fatto? ...Da sola, soprattutto-

-Non lo so, è stato...strano.
Sentivo che era una cosa che dovevo fare soltanto io, come se riguardasse solo me e il bosco. Ne ero...attirata. Non so perché, ma è la verità. Sentivo che sarebbe successo qualcosa se fossi andata da sola, come...un presentimento. Ma non potevo immaginare cosa mi sarebbe successo-

Pronunciando quelle parole, Kate si sentí stupida e in imbarazzo. Adesso che ci ripensava, raccontando a voce alta i propri pensieri, si rendeva conto che il suo era stato davvero un comportamento infantile e illogico: perché affrontare un pericolo certo senza nessuno accanto? Cosa l'aveva davvero spinta a farlo?

L'infermiera non aveva ancora mai parlato, piuttosto si limitava a scribacchiare frettolosamente sul suo quadernino. Di tanto in tanto posava il suo sguardo su di lei, con fare inquisitorio, riportandolo sulla carta soltanto quando Kate non le rivolgeva qualche occhiata infastidita.

-Continua- la invitò il dottor Anderson

-Oh, sì, certo. Quindi, come stavo dicendo, era come se il bosco esercitasse una specie di attrazione su di noi, me ed i miei amici, ma in particolare su di me.
Quando ci sono andata, quel giorno...è stato strano. C'era qualcosa nell'aria, e non era nulla di positivo. La foresta era più tetra del solito, avevo la sensazione che da lì a poco sarebbe successo qualcosa di brutto.
Mi ricordo di aver raccolto uno strano foglio da terra: era spiegazzato, con dei disegni confusi sopra- Kate si perse tra le sue stesse parole, ritrovandosi a vivere nuovamente la scena: le frasi fluivano dalla sua bocca, mentre i suoi occhi si trovavano nella foresta, tra gli alberi cupi e la foschia.

-Avevo già visto un disegno del genere, da bambina, sempre lì. Dopo averlo raccolto non ricordo molto altro: ho continuato a camminare tra l'erba. Non sapevo dove stessi andando -

-Non ti è venuto in mente di ritornare indietro?

Kate scosse la testa, stranita -No, mai -

-Ad un certo punto però, mi si è annebbiata la vista, la testa ha iniziato a fare male e a girare, le gambe mi sono diventate pesanti. Davanti a me si è materializzata una figura orribile, era un mostro! Deve credermi dottore, era lì, davanti a me!- Kate sbatté un pugno sul tavolo e l'infermiera ebbe un sussulto.

-Calma, Kate, va tutto bene- il medico non sembrava particolarmente colpito dal racconto della ragazza, tuttavia ascoltava ogni parola con attenzione, carpendo ogni dettaglio. Probabilmente, storie come quelle erano per lui all'ordine del giorno.

Kate deglutì, pronta a continuare -Sembrava uscito da un racconto dell'orrore: faceva impressione. Qualsiasi cosa sia, non è umano.
Era inverosimilmente alto e...non aveva volto.
Dalla schiena gli fuoriuscivano dei tentacoli, erano disgustosi.
Poi ha spalancato le fauci, nel punto in cui sarebbe dovuta esserci la bocca. Dopodiché non ricordo più niente: sono svenuta, e poi Carl, il mio amico, mi ha trovata.
Ricordo che per tutto il tempo ho sentito un rumore strano....come un'intermittenza, ha presente?-

Il medico, con ancora le mani incrociate sotto al mento, la guardava.

Kate non seppe decifrare la sua espressione: il suo, non doveva essere né il primo né l'ultimo dei racconti che l'uomo era costretto ad ascoltare, indipendentemente dalla loro veridicità. Però lei sapeva di non essersi inventata nulla, era tutto reale, per quanto fosse difficile accettarlo.

Ora la ragazza guardava il medico con apprensione: voleva delle risposte.

-Va bene Kate. Basta così per oggi. Sei stata brava - disse infine il dottore, con un leggero sorriso sulle labbra -Puoi andare -

-Come? Ma...mi credete, vero? -
Domandò la ragazza, facendo scorrere rapidamente lo sguardo dal medico all'infermiera.

-Non preoccuparti di questo, ora: avremo tempo per parlarne. E non ci pensare troppo, mi raccomando -
Il medico si alzò, spingendo Kate a fare lo stesso, e le sfiorò le spalle con un braccio per indicarle di uscire dalla stanza.

- A presto - La congedò, incrociando le mani dietro la schiena.

L'infermiera sorrise a Kate, agitando leggermente le dita per salutarla.

La giovane si ritrovò in pochi attimi in mezzo al corridoio, con la porta chiusa dello studio a pochi centimetri dal viso.

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