Capitolo 18

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Drink up sweet decadence
I can't say no to you,
And I've completely lost myself, and I don't mind.
I can't say no to you.
Shouldn't let you conquer me completely,
Now I cant' let go of this dream.
Can't believe that I feel good enough.
I feel good enough.
It's been such a long time coming, but I feel good.


13 maggio.
Evangeline.

Il mio cuore minacciò di esplodere nel mio petto alle parole di Leonard e le mie mani cominciarono a tremare, facendo cadere a terra l'elastico che avevo sfilato dal mio polso. Non aveva dimenticato l'unica cosa che io speravo rimuovesse dalla sua mente e invece l'aveva ricordata, così come non aveva scordato la mia risposta affermativa a quella proposta. Cominciai a pensare: e se volesse davvero sposarmi? Non volevo ritrovarmi a vent'anni già incastrata in un matrimonio con un figlio? E se mia madre venisse a sapere della proposta che mi aveva fatto Leonard da ubriaco? Ero così convinta che fosse stato l'alcool a parlare per lui e che non voleva davvero sposarmi, e invece ero stata fregata dalla sua espressione: dovevo aspettarmi che fosse serio e avrei dovuti rifiutare, ma non potevo.. mi sarei sentita in colpa. L'idea di passare la mia vita al suo fianco sembrava davvero molto allettante, continuavo a ripetermi nella mia testa, ma come potevo accettare dopo solo venti giorni di fidanzamento? Okay, conoscevo abbastanza Leonard e avevo capito di essere follemente innamorata di lui, ma come potevo sposarlo così, senza pensarci? Deglutii a vuoto, spostando i miei occhi sul viso privo d'espressione del mio fidanzato che afferrò la mia mano, e il mio cuore sprofondò nel mio petto. Aveva capito che ci stavo ripensando, visto che avevo accettato solo perché convinta dell'alcool in circolo? Mille domande affollarono il mio cervello e mi portai una mano dietro la nuca, percependo le mie ginocchia tremare.

«Leonard, io non..»

Cominciai ma lui m'interruppe, sollevando una mano a mezz'aria. «So che è affrettato, piccola.»

Boccheggiai, non sapendo nemmeno cosa dire, e lui mi zittì di nuovo. Lasciò la presa sulla mia mano e si avvicinò al lavandino nel bagno, dove aprì il rubinetto; si lavò rapidamente la bocca e la sciacquò con del colluttorio alla fragola, per poi girarsi verso di me e portarmi una mano dietro la mia schiena. Io mi ritrovai intrappolata fra la parete di vetro della doccia e le braccia muscolose del mio fidanzato, perciò non sarei potuta fuggire nemmeno se fossero venuti i miei genitori a bussare alla villa di Leonard. Oh mio Dio, i miei genitori non dovevano assolutamente sapere della mia relazione con lui altrimenti mamma avrebbe ricominciato a torturarmi. Se mi fossi sposata davvero con Leonard entro la fine dell'anno, cosa che escludevo a priori, sarei entrata in possesso di parte della sua eredità, proprio come voleva mia madre. Ed io odiavo il denaro. Odiavo il fatto Leonard fosse più ricco, ma soprattutto che mi avesse chiesto di sposarlo davvero.

«No, tu forse non riesci a capire. Ci conosciamo da tre mesi, stiamo insieme da meno di venti giorni, tu hai una ex moglie che vuole rovinare te e il tuo patrimonio, mia madre vuole praticamente rubarti il portafoglio ed io sono ancora al primo anno dell'Università. – strillai, cominciando ad agitarmi – Come posso sposarmi e allo stesso tempo continuare a studiare? Poi tu vorrai dei figli ed io finché non finisco l'Università non ho intenzione di mettermi in maternità. Io non ho un lavoro fisso perché non potrò continuare a fare la spogliarellista per sempre, anche se vorrei perché mi piace ballare e attirare l'attenzione delle persone per spillare solo dei soldi! Leonard, cazzo, tu sei un imprenditore ricco quanto Trump ed io..»

Mi zittì di nuovo con un bacio, strappandomi un mugolio. Poi appoggiò entrambe le mani sulle mie guance e avvicinò i nostri visi, guardandomi dritta negli occhi; la sua bocca sfiorò ancora la mia ed io rabbrividii, percependo il mio cuore battere così rapidamente da poter schizzare fuori dalla cassa toracica. Leonard mi attirò meglio contro di sé ed io singhiozzai: non ero pronta ad organizzare in quel modo il mio futuro. Fino a quattro mesi prima ero una ragazza normale senza un lavoro, che pensava solo a finire l'Università e a trovarsi un impiego che la rendesse felice mentre in quel momento ero davanti ad bivio.

«Piccola, calmati o ti verrà un attacco di panico.» disse Leonard con voce rauca.

Lo fulminai con lo sguardo, spingendolo per le spalle. «Non fare il simpaticone.»

Alzò gli occhi al cielo e scosse la testa. «Perché sei così terrorizzata dall'idea del matrimonio?»

Mi avvicinai al lavandino e l'aprii, sciacquandomi rapidamente il viso. «Spero tu stia scherzando.»

Lui incrociò le braccia davanti al suo petto. «Evie, prima o poi..»

Ero sul punto di prenderlo a schiaffi. «Leonard, forse non ti è chiaro il mio punto di vista.»

Restò in silenzio a fissarmi con gli occhi ridotti a due fessure e le labbra tese, ma non avrei ceduto io. Ero pronta ad agguantarci il collo con le mie stesse mani, se avesse anche solo osato chiedermi di nuovo di sposarlo. L'intera situazione mi stava facendo ammattire e non era molto positivo. Non capivo perché, mentre io ero sul punto di avere un attacco di panico per la proposta che mi aveva fatto, lui sembrava tranquillo. Era così facile per lui farmi una domanda del genere e aspettarsi un 'sì' convinto? Diamine, avevamo dieci anni di differenza.

«No, non mi è chiaro infatti. Sto aspettando una risposta, Evie.» borbottò come se fossi io la cattiva del momento.

Mi passai una mano bagnata fra i capelli, inspirando a fondo. «Da quanto stiamo insieme?»

Leonard mi guardò perplesso, poi strinse la mascella. «A chi importa da quanto siamo fidanzati?»

Sollevai una mano a mezz'aria, infastidita. «Amore, sono al primo anno di Università. Tu hai un lavoro stabile e un impero da mandare avanti. La tua ex moglie è una pazza psicopatica mentre mia madre è una stronza insensibile attaccata ai soldi.»

Il ragazzo mi prese per il polso destro, attirandomi contro di lui. «Ma ti amo e voglio stare con te.»

Le sue parole mi fecero gonfiare il cuore e inumidire gli occhi. Era la prima volta che ammetteva di amarmi e la prima volta che qualcuno mostrava un certo tipo di sentimenti nei miei confronti. La confessione di Leonard mi fece tremare la voce e le mie guance si scaldarono per via dell'imbarazzo, non essendo abituata ad una situazione simile che non sapevo come gestire. Aveva detto di amarmi. Leonard era innamorato di me e desiderava passare il resto della sua vita con me. Ma perché correva in quel modo? Cos'era successo che lo aveva portato a maturare una scelta simile in così poco tempo? Mi mancò il respiro e annaspai, sbarrando gli occhi. Come si reagisce ad una persona che confessa i propri sentimenti? Boccheggiai di nuovo e appoggiai la mano sinistra sul braccio del ragazzo davanti a me che aggrottò le sopracciglia, tirando appena il bordo della mia maglia.

«Leonard, io..»

Lui scosse la testa, posando il suo indice sulle mie labbra. «Ti ho chiesto di sposarmi, è vero, ma non ti sto dicendo di farlo domani. Voglio solo essere sicuro che tu voglia rimanere al mio fianco.»

Ero senza parole e il mio cervello non sembrava essere in grado di collegarsi alla mia bocca. Più guardavo Leonard e più non capivo più nulla, quella situazione mi stava stravolgendo completamente ed io me ne rendevo conto ma non sapevo cosa fare. Accettare, permettendo a Leonard d'incatenarmi a lui, o rifiutare e rischiare di offenderlo a tal punto da discutere fino a lasciarci? Deglutii a vuoto e inspirai profondamente, liberandomi dalla sua presa per potermi avvicinare di nuovo allo specchio. Avevo bisogno di pensare.

«Leonard, è troppo presto per farmi una domanda del genere.» replicai.

Il ragazzo avvolse un braccio intorno al mio bacino, fissando la nostra immagine riflessa nello specchio, e appoggiò il suo mento sulla mia spalla sinistra mentre la sua mano si spostò verso il mio ventre che accarezzò con la punta delle dita. Io rabbrividii ma mi costrinsi a rimanere immobile. Melanie era fidanzata con Francisco da oltre tre anni eppure non avevano ancora parlato di matrimonio né di figli perché semplicemente nessuno dei due era ancora pronto a fare un passo simile. Ma allora perché Leonard l'aveva proposto a me, dopo così poco tempo trascorso insieme? Mi sentii lusingata ma al tempo stesso in gabbia.

«So che lo vuoi, piccola. Riesco a leggertelo negli occhi ma sei terrorizzata e lo capisco, ma non te l'avrei chiesto se non fossi sicuro della nostra relazione, dei nostri sentimenti, di noi. – disse Leonard, premendo un piccolo bacio appena sotto il mio collo – Però d'accordo, forse non avrei dovuto sganciare una bomba simile dal nulla.»

Annuii con vigore alla sua ultima affermazione, riprendendo a respirare. «Ti amo, Leonard.»

Lui sollevò lo sguardo sullo specchio, illuminandosi. «Mi ami?»

Mi morsicai il labbro inferiore e gli tirai una lieve gomitata, sorridendo. «Sì, idiota. Ti amo, ma non credo di essere pronta per un passo così importante come il matrimonio. Perché non possiamo goderci qualche anno di pura tranquillità almeno finché non finisco l'Università? Poi potremo cominciare a pensare di trasferirci insieme in un appartamento e..»

Leonard aggrottò le sopracciglia, interrompendomi. «Credevo che ormai ti fossi stabilita qui con me.»

Ridacchiai, in effetti aveva ragione perché avevo trasformato la sua camera da letto nella mia piccola suite personale con alcuni vestiti nascosti nell'armadio, i miei trucchi e i prodotti da doccia nel suo bagno, le mie ciabatte e il mio intimo sparsi in giro per la stanza ma soprattutto alcuni dei miei libri appoggiati vicino al caminetto nel salotto. Però era colpa sua, dato che mi chiedeva di passare il weekend da lui.

«Dai, hai capito che cosa intendo per trasferirci insieme. – borbottai, girandomi verso il ragazzo – Ti prometto che penserò alla tua proposta ma per ora è un no convinto, è troppo presto.»

Leonard mi accarezzò una guancia. «No, la tua risposta è un sì.»

Lo fulminai di nuovo con lo guardo. «Leonard, smettila. Ho detto di no.»

«Ieri sera era un sì, mi sembrava. – rispose determinato – Io continuerò a pensare che tu voglia sposarmi.»

Sospirai, scuotendo il capo. «E infatti lo voglio, ma non ora.»

Mi catturò il mento fra il suo indice e il pollice, strappandomi un bacio. «Quando meno te lo aspetterai, ti farò di nuovo proposta e tu non potr..»

La nostra conversazione fu interrotta dal suo del campanello dell'ingresso che riecheggiò in tutta la stanza. Gli occhi di Leonard guizzarono per un momento nella sua camera da letto e poi uscì dal bagno a passo svelto, scivolando fuori dalla stanza per scendere al piano inferiore. Non avevo la minima idea di chi potesse essere venuto a disturbare me e il mio ragazzo, ma dalla sua espressione di sicuro era qualcuno di importante per lui altrimenti non sarebbe scappato in quel modo. Avrebbe fatto aspettare chiunque, anche la regina, per potermi baciare e stuzzicare un po'. Io uscii dal bagno e mi sfilai il pigiama di dosso, indossando una delle magliette da palestra di Leonard insieme ai miei pantaloncini corti della tuta; poi mi sistemai i capelli, ravvivandoli con la mano, e scesi al piano inferiore per poter raggiungere il mio fidanzato. Quando entrai nel salotto, notai un uomo sulla cinquantina d'anni che abbracciava Leonard con affetto; indossava una semplice camicia azzurra e dei pantaloni beige, mentre teneva nella mano sinistra un piccolo zainetto grigio. Io mi avvicinai ai due con passo felpato e mi morsicai il labbro inferiore: non avevo la minima idea di chi fosse l'uomo accanto al mio ragazzo, ma di sicuro era un suo amico oppure un collega, o magari un socio della Crown Enterprise. Qualche secondo dopo, l'uomo semi pelato mi notò e mi rivolse un sorriso smagliante.

«Leonard, non mi hai detto di avere compagnia a casa!» esclamò.

Io arrossii, facendo un passo in avanti. «Salve signore.»

Il mio fidanzato si girò verso di me, avvolgendo un braccio intorno alle mie spalle. «Papà, lei è Evangeline.»

Papà?

Sollevai un sopracciglio, non aspettandomi affatto un incontro del genere di sabato mattina, ma cercai di mantenere un'espressione neutra in volto perciò strinsi con forza la mano dell'uomo nella mia, rivolgendogli un sorriso smagliante. Avevo avuto l'onore di conoscere Anne e Gemmaal Galà nel Crown Hotel di Londra, perciò quell'uomo doveva essere sicuramente Robin, il patrigno dei due fratelli Stiles.
«Robin, piacere di conoscerti tesoro. Mi dispiace avervi disturbato, ma a quanto pare il tuo fidanzato non si è ricordato di una questione di cui dovevamo parlare quasi tre mesi fa. – disse l'uomo, lanciando un'occhiatina ambigua al mio ragazzo che sbuffò – Posso entrare? Il caldo mi sta uccidendo.»

Io mi spostai verso il salotto, deglutendo a vuoto. Sarei dovuta rimanere ad ascoltare la loro conversazione o era il caso di ritornare al piano superiore per farmi una doccia, truccarmi un po' e sistemarmi la faccia? Lanciai un'occhiata preoccupata a Leonard che però non allentò la presa su di me ed io sospirai, appoggiando per un momento la testa sul suo petto tonico.

«Certo, vieni pure. Stiamo in salotto, così siamo comodi sui divani. – disse Leonard con un sorriso, avvicinandosi con la bocca al mio orecchio – Se vuoi, puoi rimanere qui con noi.»

Scossi la testa, liberandomi dalla presa del mio fidanzato. «No, non ti preoccupare. Vado a fare la doccia! – mi girai verso il padre di Leonard a cui rivolsi un sorriso smagliante – È stato un piacere conoscerla ma non è il caso che io rimanga qui ad ascoltare.»

Robin mi strinse di nuovo la mano, sorridendo contento. «Anche per me, tesoro!»

Mi girai di schiena e mi fiondai verso la rampa di scale che conduceva al piano superiore, quindi entrai nella camera da letto e chiusi la porta a chiave per evitare che Leonard sentisse la mia conversazione con Melanie che avrei chiamato all'istante. Non sarei tornata a casa fino al giorno successivo ma non potevo non dirle cos'era appena successo, avevo bisogno di qualche consiglio o sarei davvero impazzita e mi sarei lanciata fuori dalla finestra dalla disperazione.

***

13 maggio.
Leonard.

Robin si sedette sulla poltroncina di pelle accanto al caminetto spento e appoggiò il suo zaino sul pavimento, estraendo poi un piccolo cofanetto quadrato blu di velluto. Io aggrottai le sopracciglia, sporgendomi verso quel piccolo contenitore che sicuramente nascondeva un gioiello, e quando collegai il motivo del suo viaggio fino a Londra mi portai una mano alla bocca. Stava per chiedere a mia madre di sposarlo, non avevo alcun dubbio, e proprio lo stesso giorno in cui io avevo chiesto alla mia fidanzata, pur essendo stato ubriaco e sul punto di vomitare a causa di tutto l'alcool ingerito, ero abbastanza lucido per pensare di voler rimanere con lei.

«Leonard, sono ormai dieci anni..»

Lo interruppi, sollevando una mano a mezz'aria. «Ho capito cosa vuoi chiedermi e la mia risposta è sì, mia madre sarà così felice. Non pensavo avessi intenzione di sposarla, a dir la verità. Credevo che il vostro status sentimentale bastasse, ma a quanto pare tu vuoi di più.»

Il volto di Robin s'illuminò alle mie parole, annuendo. «Esattamente, voglio sposare tua madre. Sono venuto fin qui proprio per chiedertelo, desideravo consigliarmi con te per trovare anche un modo carino per chiederglielo.»

Mi massaggiai il mento, appoggiandomi allo schienale del divano. «Durante una cena elegante, magari. Mamma è molto romantica perciò credo che la migliore scelta sia proprio durante una cena. Che ne dici?»

L'uomo piegò la testa da un lato. «L'ho pensato anche io.»

Ci fu qualche momento di silenzio scandito dal ticchettio dell'orologio posto sopra al caminetto nel salotto di casa mia ed io fissai con attenzione il compagno di mia madre, dondolando il piede sinistro giù dal mio divano. Nella mia mente cercavo di elaborare i possibili scenari della cena fra i miei genitori: sapevo che mamma adorava l'atmosfera delle steakhouse ma non potevo permettere a Robin di chiederle di sposarla in un ristorante simile, serviva un posto più intimo, romantico, più dolce e un luogo in cui avrei potuto portare anche la mia ragazza. La proposta di Robin ad Anne era caduta proprio nel momento giusto, proprio quando anche io desideravo chiederlo ad Evie. Però, dopo la discussione avuta con lei, non avrei fatto tutto subito; avrei aspettato almeno la fine dell'Università, nonostante volessi diventare suo marito e tenerla al mio fianco fino alla fine dei miei giorni per dimostrare a tutti che il mio amore per Evie era vero, puro.

«E se organizzassi una cena al ristorante del mio Hotel?» domandai, interrompendo il silenzio.

Gli occhi scuri di Robin guizzarono su di me. «No, non posso chiederti di occupare un tavolo solo per fare questa cosa, avrai anche dei turisti che dovranno cenare!»

Io feci spallucce, dondolando il piede giù dal divano. «Voi siete i miei genitori, farei tutto per voi.»

L'uomo mi guardò intenerito. «Ti ringrazio, sei molto gentile, ma non posso permettermelo. Conosci qualche altro ristorante abbastanza buono qui in città?»

Soffocai una risata, amavo quando si comportava come se non fossi nessuno. «Posso far riservare uno dei tavoli da Hell's Kitchen, sono sicuro che Chef Gordon sarà contento di vedermi.»

Robin mi guardò con gli occhi sbarrati. «No, non posso permettertelo. Leonard, non essere esagerato.»

Incrociai le braccia al petto, scuotendo la testa. «Voglio che mia madre riceva la proposta di matrimonio della vita, desidero che sia una serata indimenticabile per lei. – spiegai, piegando la testa da un lato – Deciderò al momento se organizzare nel mio ristorante o in quello di Chef Ramsey. Quando pensavi di chiederglielo?»

L'uomo fece spallucce, lanciando un'occhiata alle scale dov'era sparita la mia ragazza. «Non lo so, l'ultima settimana di maggio? So che Gemma sarà in ferie perché il museo chiuderà per un rinnovamento di un ala del primo piano, perciò sarà libera.»

«Perfetto, quindi desideri una cena con la famiglia? Tu, mamma, io e Gemma?» domandai.

Robin mi guardò per qualche secondo, poi si lasciò sfuggire una risata. «No, puoi portare anche la tua donna. Mi dispiace non aver partecipato al tuo Galà di due settimane fa, ma purtroppo il lavoro mi ha impedito di muovermi da Manchester.»

«Davvero? Ti farebbe piacere se venisse anche Evie?»

Mio padre annuì. «Certo, sta iniziando a far parte della famiglia. Gemmanon fa altro che parlarmi di lei mentre tua madre è cambiata completamente da quando è tornata a casa, sono entrambe molto felici per te.»

Mi passai una mano fra i capelli, arrossendo. Mi sembrava di essere tornato indietro nel tempo nel periodo in cui avevo portato per la prima volta Diana a casa; sia mamma che mia sorella erano impazzite nell'istante in cui la mia ex moglie aveva messo piede dentro il nostro salotto perché erano mesi che le torturavo con gli appuntamenti con Diana. Eppure con Evie era diverso. Mamma e Gemmaandavano con i piedi di piombo, ma sapevo che erano entrambe innamorate della mia ragazza perché aveva una carisma e un fascino che colpiva tutti, senza eccezioni.

«Allora d'accordo, porterò anche Evie. – dissi con un sorriso – Tornerai subito a Manchester?»

Robin si alzò dalla poltroncina, guardando l'orologio. «Sì, ho il volo subito dopo pranzo.»

Scesi anche io dal divano al centro del mio salotto. «Oh capisco. Salutami mamma e Gemma.»

«Certamente, tu però salutami Evangeline. – replicò Robin, piegando la testa – Mi dispiace di avervi disturbati questa mattina, ma ho dovuto fare tutto di corsa perché devo ritornare a casa prima che tua madre finisca di lavorare.»

Mi portai una mano alla bocca, arrossendo come una tredicenne. «Non hai interrotto niente, tranquillo. Ho un post-sbornia pazzesco e prima che suonassi il campanello, ero nel bagno a sputare l'anima.»

Robin sollevò un sopracciglio. «Davvero? Ma Evie sembra stare bene!»

Annuii di nuovo, facendo spallucce. «Lei non beve, infatti. Mi ha riportato a casa lei.»

L'uomo scosse la testa, incrociando le braccia al petto. «Ecco perché devi tenertela stretta.»

«Le ho chiesto di sposarmi.» annunciai senza pensare.

Robin sbarrò gli occhi alle mie parola ma prima che potesse dire qualcosa, lo zittii con una mano a mezz'aria perché sapevo cos'avrebbe detto: sei ancora giovane, hai visto cos'è successo con Diana, non correre, tu ed Evie non vi conoscete nemmeno.. perciò decisi di interromperlo prima che potessi sentirmi dire quelle cose.

«Hey, fammi parlare! – esclamò Robin, colpendomi la mano – Sei sicuro?»

Strinsi le labbra, sbattendo le palpebre. «Sì, mai stato così sicuro prima.»

Mio padre sospirò, incrociando le braccia al petto. «Non voglio infastidirti, ma lo hai detto anche quando hai chiesto a Diana di sposarti. Io non voglio vederti passare ciò che è capitato con la tua ex moglie e credo che Evie ti abbia rifiutato, giusto?»

Annuii di nuovo, arricciando le labbra. «Sì, ma solo per l'Università.»

«Solo? Leonard, hai visto come cambia la vita di due giovani con il matrimonio. Evie deve ancora finire il suo percorso di studi e trovare un lavoro, non puoi ingabbiarla e incatenarla a te con un anello.» spiegò Robin.

Io mi sedetti sul divano, tenendo le braccia incrociate. «Ho paura che se ne possa andare.»

L'uomo scosse la testa, prendendo posto sulla poltroncina. «Diana è scappata anche con l'anello al dito.»

Io feci spallucce, spostando lo sguardo sulle mie mani. «Evie non è come lei.»

«Appunto, perciò per adesso non hai bisogno di un anello per tenerla insieme a te. Io non la conosco, ma da ciò che mi ha raccontato tua madre di lei sembra davvero presa da te perciò non commettere stronzate. Lascia passare un po' di tempo, d'accordo? – disse Robin, colpendomi per un momento il ginocchio – E con questo non ti sto dicendo di non sposarla o di smettere di pensare al matrimonio, ma ti chiedo solo di aspettare almeno la fine dell'Università per lei. Supporta i suoi studi e aiutala a trovare un impiego che possa piacerle davvero, ma non spaventarla con un anello.»

Fissai Robin per qualche secondo e la mia mente si affollò di domande. Forse mio padre aveva ragione, forse avrei dovuto concentrarmi un po' più sulla nostra relazione e godermi le giornate insieme alla mia fidanzata senza continuare a pensare al matrimonio. E aveva anche ragione riguardo a Diana, la mia ex moglie era fuggita pur essendo ancora sposata con me perciò Evie avrebbe potuto benissimo sparire un giorno, tutto d'un tratto, anche subito dopo la celebrazione. Con un sospiro, lanciai uno sguardo verso la rampa di scale che conduceva al piano superiore dove la mia ragazza si era rinchiusa e mi morsicai il labbro inferiore. l'acool aveva influito molto sui miei pensieri ma in quel momento ero ancora abbastanza lucido, solo un po' brillo; quelle parole erano uscite dalla mia bocca come un fiume in piena, senza che nemmeno riflettessi. Evie era terrorizzata, l'avevo capito nel momento in cui avevo alzato lo sguardo e osservato i suoi occhi: erano carichi d'ansia, il che mi fece rimanere male sia perché temevo mi avrebbe rifiutato, cosa che poi aveva fatto, sia perché non sapevo cos'avrebbe potuto pensare riguardo al matrimonio. Non avevamo mai discusso di un passo così importante e forse io avevo davvero esagerato: stavamo insieme da meno di venti giorni, non ci eravamo nemmeno detti un 'ti amo' serio e.. oh diamine, invece sì. Lei mi aveva confessato di amarmi proprio qualche minuto prima che arrivasse mio padre ed io non le avevo dato molto peso, ero così abituato a sentirlo dire da Diana che quando Evie aveva pronunciato quelle due parole, mi erano completamente passate di mente. Maledizione.

«Hai ragione, papà. – ammisi alla fine, annuendo – In realtà la mia è stata solo una proposta verbale, non ho ancora comprato un anello né gliel'ho regalato però avevo intenzione di farlo presto.»

Robin si alzò dalla poltroncina, avvicinandosi all'ingresso con lo sguardo rivolto su di me. «Sono sicuro che farai la decisione giusta e che ci penserai fino alla cena.»

La nostra conversazione fu interrotta da Evie che scese dalle scale con il telefono all'orecchio, ma quando vide mio padre vicino alla porta dell'ingresso di casa, sussurrò qualcosa che non capii e poi terminò la chiamata per potersi avvicinare a noi. Io ammirai il modo in cui camminava e poi sospirai quando abbracciò mio padre, gli strinse la mano e lo salutò cordialmente, proprio come aveva fatto con mia madre e mia sorella. Era incredibile come già la mia famiglia si fosse infatuata di lei, con Diana era stato davvero molto difficile; certo, mamma e Gemmaerano contente di vedermi finalmente con qualcuno ma permettere loro di conoscere la mia ex moglie e costringerle a passare del tempo con lei, era stata un'impresa. Diana non era mai andata a genio a nessuno dei membri della mia famiglia ma purtroppo avevano dovuto accettarla, dato che aveva reso me felice per un breve lasso di tempo. Ma quando divorziammo, mamma fu sul punto di celebrare con dello champagne. Però ero certo che se avessi lasciato Evie, mi sarei ritrovato minacce di morte sulla porta di casa sia da parte di mia madre che da quella di mia sorella. Adoravano la mia fidanzata.

«È stato un piacere conoscerti per quei pochi minuti che sei rimasta con noi, Evangeline. – disse Robin con un sorriso, stringendo con forza la sua mano, e poi si girò verso di me – Leonard, noi ci sentiamo per telefono in questi giorni. Attendo una tua chiamata.»

Annuii con vigore, abbracciando subito mio padre. «Entro domani saprai la data e il luogo. Grazie per essere passato di qui e spero che tu abbia già parlato con Gemma, altrimenti quella donna mi uccide se scopre che sono stato il primo a sapere tutto.»

Robin si lasciò sfuggire una risata, uscendo dalla porta. «No, ho parlato prima con lei questa mattina.»

«Meno male, ci tengo alla mia vita. – risposi con un sorriso – Buon viaggio, papà.»

Evie si sporse verso l'uscita. «Buon viaggio, signor Stiles!»

Poi io chiusi la porta con un tonfo e calò il silenzio fra me e la mia fidanzata. Lei si spostò subito verso il divano e riprese in mano il suo cellulare, controllando di non avere messaggi o telefonate, per poi guardarmi e sollevare un sopracciglio quando si accorse dei miei occhi incollati su di lei. S'incamminò verso di me fino a piantare i piedi davanti a me e incrociò le braccia al petto, sollevando appena il suo seno verso l'alto, coperto scarsamente dalla canottiera che indossava. Se solo non fossi reduce da una notte immerso nel mio stesso sudore, l'avrei presa per i capelli e sbattuta contro la parete per scoparla con Londra che ci faceva da sfondo. Evie si leccò il labbro inferiore e piegò la testa da un lato, osservandomi con attenzione. Aveva i capelli umidi che le gocciolavano sulle spalle e indossava la mia canottiera dei Rolling Stones, mentre aveva rubato i miei pantaloni da palestra; non aveva un filo di trucco sul viso angelico e i suoi occhi brillavano, ma il mio sguardo finì sui suoi polsi. Notai dei lividi a forma di dita sulla sua pelle candida e aggrottai le sopracciglia. Che cos'era successo la sera prima? E perché avevo deciso di bere così tanto? Ricordavo solo di essere arrabbiato per qualcosa e di averle chiesto di sposarmi, ma il resto della serata era completamente buio.

«Perché mi guardi così? Ho detto qualcosa di male, amore?» domandò Evie preoccupata.

Io scossi il capo, afferrandole con delicatezza i polsi. «Chi è stato? Cos'è successo?»

La ragazza restò a fissarmi con le labbra tese. «Uh..»

Mi sporsi verso di lei, posandole un bacio sulle labbra. «Prometto che non farò del male a nessuno se parlerai ora, altrimenti andrò a prendere Michael, Simon e Niall a calci perché..»

«Sei stato tu.»

Le sue parole mi zittirono e il mio cuore si strinse in una morsa dolorosa. Avevo davvero alzato le mani sulla mia fidanzata e non me lo ricordavo? Non avevo scuse. Qualsiasi fosse il motivo della mia rabbia, non avrei mai dovuto prenderla per i polsi e lasciarle dei lividi. Accarezzai i suoi lividi con i polpastrelli e abbassai lo sguardo sui suoi polsi, per poi portarmi le sue mani alle labbra e stampai una scia di baci come per scusarmi. Ero così arrabbiato, ma per quale motivo? Cosa mi aveva spinto a mettere le mani addosso alla mia donna?

«Puoi spiegarmi cos'è successo ieri sera?» domandai sottovoce.

Evie annuì, afferrando le mie mani con forza. «Sì, ma devi sapere che ti perdono per quello che mi hai detto e che questi lividi spariranno prima che tu possa pensare di torturarti, d'accordo?»

Mi lasciai sfuggire un sospiro, annuendo.
Lei fece spallucce, conducendomi verso la poltroncina dove mi costrinse a sedermi. «Ti ricordo che a me piace subire dolore e questi lividi non sono nulla. Mi hai fatto di peggio, amore, non ti preoccupare.»

Io mi sedetti, attirando la ragazza sulle mie ginocchia. «Non devi perdonarmi solo perché sono il tuo ragazzo, ti ho stretto i polsi fino a farti venire dei lividi. Ero ubriaco, certo, ma non è giusto.»

Evie mi passò una mano fra i capelli, sistemandosi con le ginocchia intorno ai miei fianchi. «Stai zitto. Non è l'inizio di una violenza domestica, se stai pensando a questo. Eri ubriaco e io ti ho fatto arrabbiare, non volevo parlarti ma tu sì perciò mi hai costretto a rimanere per finire la discussione.»

«Va bene, okay. Ma perché ero arrabbiato? Perché abbiamo litigato?» chiese Leonard.

La bionda si sedette sulle mie cosce, appoggiando le mani sulle mie spalle. «Tu hai visto Niall e Simon entrare nel locale perciò ti sei allontanato per andare a salutarli, vi siete seduti tutti insieme ed io sono passata da voi per prendere le ordinazioni quando mi sono accorta di Michael. – spiegò lei, mantenendo lo sguardo su di me – E lui ha flirtato con me, ordinando un Sex On the Beach. Tu eri già ubriaco e probabilmente hai frainteso le occhiatacce a Michael perché in quel momento volevo prenderlo per il collo, ucciderlo e bruciarlo.»

Mi lasciai sfuggire una risata, conoscevo benissimo lo sguardo assassino di Evie. «Ora capisco, amore.»

«Tu allora mi hai chiesto come facevo a conoscere Michael, così io ti ho spiegato che era il mio ex ragazzo ed è stato sia il mio primo bacio che la mia prima volta. – mi accarezzò una guancia, baciandomi la punta del naso con le labbra morbide – In quel momento penso che tu abbia cominciato a fraintendere ogni cosa perché mi hai chiesto di parlare, quindi ti ho portato sul retro e tu hai iniziato ad inveirmi contro: mi hai chiesto se stavo con te per i soldi, se avevo lasciato Michael perché non era abbastanza ricco. Poi mi hai preso per i polsi perché volevo andarmene e mi hai chiesto perché non l'ho aggredito quando ha flirtato con me davanti a tutti.»

Scossi il capo, incredulo. «Davvero sono stato così stronzo, amore?»

La ragazza annuì, premendo un bacio sulle mie labbra. «Sì, e poi hai detto ai tuoi amici che io e te in realtà non eravamo fidanzati. Probabilmente eri così arrabbiato d'aver deciso di lasciarmi, anche se quando mi sono avvicinata e ti ho baciato, non ti sei spostato.»

Risalii con la mia mano sulla sua guancia, sospirando. «Devi vietare alle tue colleghe di darmi da bere al locale, amore, non posso rischiare di rovinare la nostra relazione per via di qualche cocktail.»

«Posso essere sincera riguardo ad una cosa, amore? – domandò insicura la bionda, avvolgendo le braccia intorno al mio collo e avvicinando le sue labbra al mio orecchio sinistro – Avevi ragione quando hai detto che amo attirare l'attenzione degli uomini, sai? Mi fa impazzire vederti geloso, mi eccita da morire. Ma ti do una bella notizia: l'unico uomo di cui bramo l'attenzione sei tu.»

La sua voce provocò una scarica di brividi in tutto il mio corpo e mi morsicai il labbro inferiore, così feci scivolare le mie mani sui fianchi della ragazza che incollò il suo seno al mio torace. Poi la sua bocca si appoggiò appena sotto al mio orecchio e la sua lingua bagnò la mia pelle, strappandomi un lungo gemito di piacere che riecheggiò nel mio salotto. Ero inerme, incapace di muovermi, incollato alla poltroncina con il corpo caldo della mia ragazza che oscillava e si strusciava contro al mio. Serrai gli occhi e abbandonai la testa all'indietro contro il cuscino della poltroncina, divaricando le gambe mentre Evie mi stuzzicava premendo il suo sedere contro di me; le mie dita pizzicavano per la voglia di toccarla ma lei sembrava così presa che non mi parve il caso di rubarle le redini del gioco, anche se bramavo di fare l'amore con lei. Poi, prima che potessi aprire bocca, la ragazza dai capelli biondi scese dalla poltroncina e afferrò la mia mano sinistra, costringendomi a scendere e a rimettermi in piedi; mi trascinò verso la finestra che dava sul paesaggio di Londra, leggendomi nel pensiero, e s'incollò al vetro, spingendo il suo splendido sedere sodo coperto dai pantaloncini all'infuori. Poi infilò la mano libera all'interno del suo reggiseno sotto la canottiera e tirò fuori un profilattico, sventolandomelo sotto agli occhi; soffocai una risata divertita a quel gesto perché non pensavo che potesse fare una cosa del genere. Aveva aspettato che mio padre se ne andasse per trasformarsi in una pantera sexy, vestita con indumenti trovati a caso nel mio armadio, per catturarmi e divorarmi. Oh, toccava a me prendere il controllo.

«Ti sei preparata.» notai con un sorriso.
Lei ridacchiò, leccandosi il labro inferiore. «Certo.»

Mi consegnò la bustina del profilattico già aperta e poi si calò i pantaloncini che caddero a terra, rivelando il suo sedere sodo privo di mutandine. Quasi mi soffocai con la stessa saliva quando notai la sua intimità scintillare di umori perciò mi abbassai rapidamente i pantaloncini del pigiama, insieme ai boxer, e srotolai il profilattico sull'erezione che già bramava di essere stretta dal corpo caldo della mia ragazza. Poi mi avvicinai a lei e incollai il mio petto alla sua schiena, nascondendo il viso nell'incavo del suo collo; afferrai il mio pene dalla base e lo strusciai con delicatezza contro le labbra fradice di Evie che gemette il mio nome, piegandosi in avanti e inarcando la sua schiena.

«Scopami contro la finestra, Leonard. Fottimi forte e veloce, non trattenerti.» mormorò Evie
Afferrai i suoi fianchi e la costrinsi a girarsi verso di me, bloccandola contro il vetro della finestra per poi aprirle le gambe, strusciando con delicatezza la mia erezione sulla sua intimità bagnata. La ragazza boccheggiò e avvolge entrambe le braccia intorno al mio collo, ansimando appena per il mio gesto; io feci scivolare le mani sulle sue natiche e la sollevai, permettendole di allacciare le gambe ai miei fianchi.
Io leccai il suo collo, strappandole un mugolio da quelle labbra peccaminose rosse come il sangue. «Credi di potermi dare degli ordini? Te la faccio pagare, principessa.»
E prima che Evie potesse aprire bocca, la penetrai con una spinta secca e decisa. La sua bocca si aprì ad 'O' perfetta e le cosce tremarono intorno ai miei fianchi, facendomi sorridere. Adoravo l'effetto che le provocavo, adoravo avere il controllo del suo corpo. Restai fermo per qualche secondo, dandole il tempo di abituarsi alla dimensione del mio pene anche se non ne aveva bisogno, e poi la baciai con gli occhi chiusi; bloccai il suo corpo contro il vetro e mi spinsi dentro di lei, sprofondando fra le sue pareti calde che si strinsero intorno a me. Un grido uscì dalla mia bocca quando le unghie di Evie si conficcarono nelle mie spalle ma cercai di contenermi, spingendo la mia lingua fra le sue labbra che si aprirono. Amavo il modo in cui si dilatava per accogliermi e ancor di più il suo calore, amavo stare dentro di lei proprio come lei amava sentirmi. Prima o poi le avrei chiesto di non utilizzare il profilattico per poterla penetrare senza barriere, carne contro carne. Quel pensiero m'eccitò ancora di più ed io mi schiacciai su di lei, penetrandola a fondo. In quel momento era lei quella inerte, immobilizzata fra il vetro della finestra e il mio corpo muscoloso ma le piaceva. I suoi occhi erano spalancati con le pupille che quasi occupavano tutta la sua iride e le sue labbra erano schiuse, mentre i suoi capezzoli duri stuzzicavano il mio petto tonico e premevano sulla mia pelle. Affondai le dita nelle natiche della ragazza, tenendola premuta contro la finestra per non farla cadere, e passai la punta della mia lingua sul contorno della sua bocca schiusa.

«Come me la farai pagare, Leonard?»

La sua voce era spezzata e le parole erano sussurrate a malapena. Io continuai a spingermi e a farmi spazio dentro di lei, affondando con il mio pene fino a toccarle il pube con il mio; poi spostai una mano alla destra del suo viso e succhiai il suo labbro inferiore, mordicchiandolo subito dopo. Evie piagnucolò, sollevando appena il bacino per poi spingersi in avanti per assecondare le mie spinte.

«Torturandoti, piccola. Portandoti sempre più vicina all'orgasmo per poi negartelo.» ringhiai.

La ragazza inarcò la schiena, graffiandomi le spalle. «No, non è giusto. Non farlo, non mi piace.»

Io rallentai i miei movimenti fino a quasi fermarmi, sfiorando le sue labbra con le mie. «Lo so, e a me non piace quando cerchi di darmi ordini. – posai un bacio sulla sua bocca aperta – Cosa pensavi che avrei fatto, dopo che ti sei praticamente offerta a me?»

Lei mi rivolse un sorrisetto malizioso, sollevando il mento per potermi guardare negli occhi. «In effetti..»

Portai la mano libera sulla sua bocca per zittirla e poi cominciai a spingermi dentro di lei, oscillando il bacino prima all'indietro e poi in avanti, sprofondando nel corpo caldo della ragazza che mi strinse. Io chiusi gli occhi per un momento e inarcai la mia schiena, sospirando rumorosamente per poi graffiare con la destra il sedere di Evie che si aggrappò al mio collo, scuotendo i fianchi. Tuffai la testa nell'incavo del suo collo, stampando un bacio sulla sua pelle mentre la sbattevo con violenza contro il vetro della finestra, mentre strofinavo il mio pene contro il suo clitoride e la riempivo alla perfezione. Evie gridò a squarciagola il mio nome, al punto che quasi mi bucò i timpani, e s'inarcò; staccò la sua schiena dalla finestra e incollò il suo seno al mio petto, strofinando quei bellissimi capezzoli contro la mia pelle. Io passai la mia lingua sulla pelle morbida del suo collo e risalii verso la sua mandibola, mordicchiando con delicatezza alcuni lembi di pelle che divennero subito rossi. La mia fidanzata infilò una mano fra i miei capelli e strinse con forza le gambe intorno ai miei fianchi, incollandosi a me.

«Amo stare dentro di te, piccola.» sussurrai senza fiato.

Evie sollevò il mento per potermi guardare negli occhi, digrignando i denti. «E allora scopami di più, cazzo.»

La sculacciai immediatamente con entrambe le mani per poi sprofondare completamente dentro il suo corpo, affondando fino a toccare con i miei testicoli le sue natiche rosse. Lei spalancò la bocca e gettò la testa all'indietro, appoggiandola contro il vetro, per poi gridare a squarciagola il mio nome. Le sue pareti si strinsero intorno alla mai erezione e un brivido attraversò il mio corpo, spingendomi verso l'orgasmo; mi si seccò la gola e capii di essere già sul punto di venire, perciò non mi trattenni.

«Voglio che urli per me, Minx. – sussurrai con voce rauca e sensuale, stuzzicandola con il suo nome da spogliarellista – Voglio sentire come mi stringi il cazzo quando ci vieni sopra. Forza, piccola.»

Ricominciai a muovermi con rapidità dentro di lei mentre Evie affondò il viso contro la mia spalla, mordendo e succhiando la mia pelle poter potermi marchiare come preferiva; le sue cosce tremarono leggermente e percepii ogni suo muscolo tendersi, perciò cercai di accelerare i miei movimenti finché non sentii i suoi umori colare giù per le mie gambe. Aprii gli occhi e Evie gridò di nuovo: perse completamente il controllo di sé stessa ed io spinsi con più rapidità la mia erezione dentro di lei, penetrandola instancabilmente finché non spalancò sia la sua splendida bocca rossa come una ciliegia e i suoi occhi scintillanti.

«Oh Dio, Leonard!»

Urlò ancora una volta il mio nome e poi finalmente venne sopra di me, conficcando le sue unghie affilate nelle mie spalle e contrando rapidamente i muscoli pelvici che mi strinsero come un guanto caldo. Io m'impennai dentro di lei con il bacino e piegai appena le ginocchia, muovendomi velocemente verso l'alto per poter aiutare la mai fidanzata a godersi il primo orgasmo. Qualche secondo dopo, percepii il piacere prendere il sopravvento di me e venni anche io, urlando e ringhiando con la bocca premuta sul collo di Evie. Il suo profumo, il suo calore, la sua bocca sulla mia spalla, i suoi denti nella pelle e le sue mani che tiravano i miei capelli mi trascinarono verso il baratro dell'orgasmo che esplose dentro di me come una bomba. La mia vista si offuscò per qualche secondo e riempii il preservativo, bloccando Evie contro il vetro della finestra per impedirle di muoversi.

Se non avessi usato il profilattico e lei non avesse preso la pillola, probabilmente l'avrei davvero ingravidata. Non avevo un orgasmo così sconquassante da almeno una settimana, l'ultima volta che avevamo fatto l'amore, e mi sentii completamente libero, quasi vuoto. Tra di noi calò un piacevole silenzio, ma io non avevo alcuna intenzione di muovermi da quel punto.

L'aria filtrava dalla finestra e accarezzava i nostri corpi uniti, bagnati da un lieve strato di sudore, mentre le cosce di Evie si rilassarono e le sue gambe ricaddero dietro al mio bacino; le sue mani erano immerse nei miei capelli e la sua bocca era appoggiata alla base del mio collo, mentre la mia sfiorava e accarezzava con dolcezza la sua mandibola.

«Hai bisogno di un bel bagno caldo, amore.» disse Evie, interrompendo quel momento.

Soffocai una risata, premendo un ultimo bacio appena sotto al suo orecchio. «Solo se mi fai compagnia.»

Lei arricciò il naso, strofinandolo contro il mio collo. «Volentieri, però dovrai portarmi su per le scale.»

Accarezzai le sue natiche con entrambe le mani e poi uscii con delicatezza dal suo corpo, osservando i suoi umori bagnate il profilattico e scivolare giù per le mie cosce. Sfilai il preservativo azzurro usato che annodai con cura e poi feci una corsa nella cucina, gettando il condom nel cestino sotto al lavabo della cucina. Evie scese dalle mie braccia e appoggiò i piedi a terra, tremando leggermente per il piacere che l'aveva travolta qualche minuto prima; io mi avvicinai a lei e posai un bacio sulla sua guancia, per poi passarle un braccio sotto alle ginocchia e l'altro sulla schiena. La ragazza si aggrappò al mio collo con entrambe le braccia e mi baciò numerose volte la guancia, accarezzandomi i capelli con le dita che s'intrufolarono nei miei boccoli.

«Prima ti sei barricata in camera da letto, come mai? Non eri curiosa di sapere cos'aveva da dirmi mio padre?»

Salii la rampa di scale che conduceva alla mia stanza. «Non mi sembrava giusto, tutto qui.»

Entrai nel bagno del primo piano e accesi la luce, appoggiando la ragazza sul pavimento. Mi avvicinai ai vetri della doccia che spalancai e aprii subito l'acqua tiepida, intrufolandomi sotto al getto che mi colpì la schiena; Evie si sedette sul bordo della vasca dopo aver chiuso la mia doccia e si passò un asciugamano, probabilmente quello che aveva usato per lavarsi prima, per togliersi il sudore dalla fronte.

«Tu sarai libera a fine mese?» domandai.

Afferrai la bottiglia di shampoo alla fragola, spremendone un po' nel palmo della mia mano, per poi cominciare ad insaponarmi con cura i capelli sotto lo sguardo attento e malizioso della mia fidanzata. I suoi occhi attraversarono il mio petto, analizzarono con cura il mio viso e poi scivolarono verso il basso, arrivando alla mia erezione che si risvegliò. Adoravo l'effetto che mi faceva.

«Sì, perché? Ci sarà un altro Galà?» chiese Evangeline.

I suoi occhi guizzarono sul mio viso. «No, però riguarda la mia famiglia.»

Lei aggrottò le sopracciglia, alzandosi dal bordo della vasca per potersi avvicinare allo specchio, e si girò di schiena, permettendomi di ammirare il suo splendido sedere. Si piegò in avanti e lottai con tutto me stesso per non sfondare i vetri, afferrare la ragazza e scoparla di nuovo in quella posizione con lo specchio che catturava ogni nostra immagine. Mi leccai il labbro inferiore e distolsi lo sguardo dal suo corpo nudo, massaggiandomi con vigore i capelli che insaponai con cura.

«Oh, cos'è successo? Tua sorella è incinta? O tuo padre vuole un altro figlio?» chiese Evie.

Mi venne da ridere. «No, amore. Mio padre vuole chiedere a mia madre di sposarlo.»

Nello stesso momento in cui pronunciai l'ultima parola, mi girai verso la mia fidanzata che aveva la bocca spalancata e un'espressione scioccata sul viso. Non sapeva che mia madre aveva un compagno da dieci anni e che il mio padre biologico era felice insieme ad un'altra donna dall'altra parte del mondo. Non avevamo mai parlato davvero della mia famiglia, mi ero limitato a raccontare qualche aneddoto su mia sorella e mia mamma ma mai nulla riguardo a Robin o al mio vero padre. Forse perché ho sempre considerato Robin come papà.

«I tuoi genitori non sono sposati?» domandò sorpresa.

Scossi la testa, insaponandomi il corpo con il bagnoschiuma. «No, mamma è fidanzata con Robin da oltre dieci anni ma a quanto pare lui adesso vuole fare il grande passo. Organizzerò una cena nel ristorante del mio Hotel, prenotando l'intera terrazza che metterò a disposizione per me e la mia famiglia, così papà potrà fare la proposta a mamma che sicuramente si metterà a piangere.»

Evie mi guardò intenerita, portandosi una mano al cuore. «È una cosa dolcissima. Sono invitata?»

Annuii, sciacquandomi il corpo con l'acqua. «Sì, certo amore. Sei parte della famiglia.»

Una volta che mi fui sciacquato per bene da tutto il sapone, uscii dalla doccia. Afferrai il mio accappatoio e lo indossai, legandolo intorno ai fianchi per poi avvicinarmi alla mia fidanzata che si appoggiò al lavandino con il sedere, incrociando le sue braccia al petto. Portai una mano sulla sua guancia e l'accarezzai con dolcezza, premendo un innocente bacio sulla sua bocca socchiusa da cui uscì un debole sospiro.

«Robin non è il mio vero padre ma è il compagno di mia madre da quando avevo cinque anni perciò l'ho sempre considerato tale. – spiegai, portando una ciocca di capelli dietro l'orecchio di Evie – Il mio vero papà abita in Argentina insieme alla sua nuova moglie e a sua figlia piccola, non lo vedo da quasi nove anni.»

Evie mi guardò con attenzione e appoggiò la sua mano sulla mia, stringendola. «Quindi hai anche un'altra sorellina latina?»

Annuii, facendo spallucce. «Sì, ma non mi interessa. Non ho un bel rapporto con la famiglia di Marcus.»

Lei piegò la testa da un lato, passandosi la mano libera sul viso. «Come mai?»

Inspirai profondamente, facendo scivolare le mie dita sui suoi fianchi nudi. «Da quando se n'è andato, non ha più contattato né me né mia sorella se non quando è nata sua figlia qualche anno fa. Aveva invitato me e Gemma al suo battesimo.»

Evie arricciò il naso, rabbrividendo per il tocco delle mie dita. «Con che coraggio!»

Risalii con la mano verso la guancia della mia ragazza. «Già, ha invitato noi due ma non mia madre.»

«Se avesse spedito l'invito anche ad Anne sarebbe stato un vero stronzo. – borbottò la mia ragazza, stampando un bacio sul palmo della mia mano – Che ne dici di mangiare qualcosa?»

Annuii, sorridendo dolcemente. «Certo, amore, ma andiamo di sotto. Vuoi che ordiniamo qualcosa su Just eat o proviamo a cucinare noi?»

Evie mi guardò, poi scoppiò a ridere. «Just eat.»

Mi asciugai rapidamente il corpo con un telo bianco, permettendo alla ragazza di sgattaiolare fuori dal bagno per recuperare il mio cellulare; io indossai un paio di boxer puliti e una maglietta da palestra, poi tornai nella mia camera da letto e mi sedetti sul materasso.

«Prendiamo il solito, amore? – domandai con un sorriso – Nuggets di pollo e patatine?»

Lei annuì con vigore, consegnandomi il cellulare. «Mi conosci ormai.»

👩🏻‍🍳👩🏻‍🍳👩🏻‍🍳

SONO VIVA

SCUSATEMI PER QUESTO PERIODO DI ASSENZA MA SONO STATA STRA IMPEGNATA CON IL LAVORO E CON LA VITA LONDINESE

Anyway, sono tornata più carica che mai. Da questa settimana inizierò ad aggiornare più spesso.
Promesso ✌🏼

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