Capitolo 20.

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Consuming all the air inside my lungs
Ripping all the skin from off my bones
I'm prepared to sacrifice my life
I would gladly do it twice
Oh, please have mercy on me
Take it easy on my heart
Even though you don't mean to hurt me
You keep tearing me apart
Would you please have mercy on me?
I'm a puppet on you string
And even thought you got good intentions
I need you to set me free
I'm begging you for mercy on my heart
I'm begging you, begging you please baby.


21 maggio.
Evangeline.

Nel momento in cui la porta dell'ingresso si chiuse dietro la mia schiena, Leonard mi spinse verso il divano nel bel mezzo del suo salotto per poi sbottonarsi la camicia grigia che fece ricadere sul pavimento. Il mio cuore cominciò a palpitare nel mio petto mentre le mie gambe si trasformarono in gelatina e le mie mani iniziarono a tremare per l'eccitazione mista ad agitazione. Deglutii a vuoto e inspirai profondamente, sapendo che Leonard mi avrebbe punito per come mi ero comportata alla colazione, ma non avevo intenzione di scusarmi. Amavo provocarlo, amavo stuzzicarlo sotto al tavolo in luoghi pubblici e ancora di più amavo vederlo geloso; i suoi occhi diventavano più scuri e la sua espressione si trasformava in rabbia. Ed io mi eccitavo. Mi faceva davvero impazzire e forse, prima o poi, gliel'avrei detto. Sbattei le palpebre e mi girai verso il mio fidanzato, accorgendosi del suo sguardo intenso su di me; la sua bocca s'incurvò in un sorriso malizioso e mi fece cenno di avvicinarmi a lui, perciò feci un passo in avanti. Allungò la sua mano destra verso di me e mi strinse in una morsa d'acciaio, premendo il suo torace muscoloso contro il mio seno; io rabbrividii e mi morsicai il labbro inferiore, guardandolo con un'espressione assorta. Innamorata.

«Ti voglio sulle mie ginocchia, principessa. – disse Leonard, passandomi una mano fra i capelli – Tieni il vestito ma sfilati le mutandine, mi serviranno.»

Assimilai le sue parole nonostante la mia mente fosse già offuscata dal piacere e annuii, cercando di liberarmi dalla sua presa per poter salire sul divano ma lui fu più veloce di me. Afferrò il mio mento con la sua mano libera e stampò un lungo bacio sulla mia bocca, strappando un mugolio gutturale che mi fece arrossire. Com'era possibile che anche i suoi baci mi provocassero quell'effetto? Spostai la mia mano sotto al suo mento e sfiorai la sua pelle morbida, approfondendo il nostro bacio con la mia lingua che scivolò nella sua bocca mentre Leonard mi schiacciò del tutto contro al suo corpo, palpando con vigore il mio sedere. Io gemetti a contatto con le sue labbra soffici e scossi appena il capo, liberandomi immediatamente dalla sua presa per poi incamminarmi verso il divano, aspettando che lui si sedette.

Mi sfilai le mutandine, come aveva chiesto, e gliele consegnai con gli occhi puntati sul pavimento; Leonard mi fece una lieve carezza sui capelli e poi si sedette davanti a me, così mi sdraiai subito sulle ginocchia con il sedere sollevato a mezz'aria e le ginocchia premute contro le sue cosce. Mi sollevai sui gomiti con il viso nascosto contro i cuscini del divano e aspettai altri ordini da parte di Leonard, ma lui spinse le mie mutandine nella mia bocca e si avvicinò al mio orecchio.

«Non voglio sentirti gridare, hai capito? Devi stare in silenzio. – sibilò, pizzicandomi la coscia – Oggi mi hai fatto venire un'erezione durante la colazione, ero quasi tentato di trascinarti per i capelli nel bagno della caffetteria e scoparti in una delle cabine ma non potevo farlo. Ed ora ho intenzione di punirti, principessa.»

Mi morsicai il labbro inferiore, scuotendo il sedere che Leonard accarezzò con la mano sinistra mentre usò la destra per sollevarmi la gonna del vestito azzurro sulla schiena. Aprii leggermente le gambe per permettere al ragazzo di godersi la visione della mia intimità già fradicia e mi lasciai sfuggire un mugolio, rilassandomi e distendendo le braccia in avanti sul divano.

«Sì, amore. Fai quello che vuoi, è tutto tuo.» risposi con la voce ridotta ad un sussurro.

Leonard si chinò in avanti e afferrò il barattolino di crema riscaldante che aveva lasciato la notte precedente durante i suoi due minuti d'eccitazione. Ne svitò il tappo con cura e spalmò delicatamente una noce del prodotto sul mio clitoride, facendomi mugolare di piacere; il mio basso ventre si scaldò all'istante ed io inspirai profondamente, cercando di non emettere alcun suono. Non volevo disobbedire al mio fidanzato. Leonard si sfilò con fatica la cintura dai pantaloni e mi bloccò i polsi in avanti, costringendomi a rimanere sdraiata in avanti con le braccia distese sul divano; lui aprì le mie gambe e mi accarezzò ancora le cosce, rimboccandosi subito dopo le maniche per evitare che gli fossero d'intralcio. Io rabbrividii nel momento in cui i miei occhi si posarono sulle sue braccia muscolose e deglutii a vuoto, stringendo le labbra in una linea sottile. Non poter gridare o fare apprezzamenti sul corpo meraviglioso del mio uomo era una vera e propria tortura. Poi Leonard mi spinse il viso contro i cuscini del divano ed io chiusi gli occhi, preparandomi ad accogliere ogni colpo.

«Ti sto viziando con questa crema. – sussurrò il mio fidanzato, premendo un bacio sulla mia spalla – Ma non posso farne a meno, adoro vederti crollare per il piacere senza essere nemmeno toccata.»

Mi costrinsi a tacere e a non rispondere, mantenendo il viso premuto contro il cuscino. Qualche secondo dopo, Leonard strinse con più forza la cintura intorno ai miei polsi e poi tornò a dedicare la sua attenzione al mio sedere, accarezzando le mie natiche con le sue mani. Io rabbrividii quando il ragazzo sollevò appena il bacino e la sua erezione sfiorò i miei seni, ancora coperta dai pantaloni; quel contatto così intimo mi fece impazzire, ma fui costretta a tacere e a subire senza nemmeno potermi lamentare. E qualche secondo dopo, Leonard mi diede la prima sculacciata che mi fece spalancare la bocca; nessun suono osò uscire dalla mia gola e ringraziai il cielo per quell'autocontrollo. Non volevo peggiorare la mia situazione. Mi morsicai il labbro inferiore e mossi appena il sedere contro le sue mani, mentre Leonard cominciò a colpirmi le natiche con schiaffi rapidi e dolori. Il mio clitoride si gonfiò e cominciò a pulsare, mentre nel mio bassoventre scoppiò in un incendio; avevo bisogno che usasse la sua lingua o le sue dita per masturbarmi, ma sapevo che non l'avrebbe fatto. Le mie spalle iniziarono a pizzicare per via della posizione scomoda ma il mio ragazzo continuò a sculacciarmi.

La pelle del mio sedere bruciò a causa dei colpi e l'erezione di Leonard premette contro i miei seni, strappandomi un leggero gemito che fortunatamente s'infranse contro i cuscini del divano. Maledizione, doveva scoparmi. Il riccio smise di picchiarmi per qualche secondo e accarezzò le mie natiche con le sue mani, cercando di lenire il bruciore e il dolore quando poi mi palpò con vigore il posteriore, strusciandosi appena sul mio ventre. Io mi leccai il labbro inferiore e mi girai con la testa, premendo la guancia contro il cuscino per poter guardare Leonard negli occhi.
«Perché devi tormentarmi, amore?» domandò lui con voce rauca.

Io deglutii a vuoto, strusciando il sedere contro le sue mani. «Sono io che dovrei chiederlo a te.»

Leonard fece una smorfia, premendo i miei fianchi sul suo bacino. «Fai di tutto per scatenarmi delle erezioni.»

Chiusi gli occhi e sospirai appena, rilassandomi. «Mi dispiace.» Mentii.

Non sentii più la mano del mio fidanzato sulla mia pelle e mi chiesi cosa stesse combinando, così tesi le orecchie in attesa di capire un suo possibile movimento. Poi cacciai un grido quando Leonard aprì le mie natiche, sfiorando con le dita il mio buco posteriore; contrassi immediatamente i muscoli già rigidi e cercai di liberarmi dalla stretta della cintura, terrorizzata.

«Lo so, principessa. – sussurrò, facendo scorrere l'indice fra le mie pieghe fradice – Che ne dici di dimostrarmi quanto sei dispiaciuta per quello che hai fatto, sedendoti sul mio cazzo?»

Mi venne un'idea. «Non useremo i profilattici se mi togli la cintura dai polsi.»

E alle mie parole, il volto di Leonard si illuminò. Si piegò in avanti e mi legò con cura la sua cintura di pelle dalle mie mani, lasciandomi finalmente libera di aggrapparmi alle cose e di muovermi perciò tornai a sedermi sul suo bacino, abbassandogli i pantaloni. Li calai fino alle ginocchia e strattonai poi anche i suoi boxer, mettendomi seduta sui suoi fianchi con le gambe ben aperte; lui appoggiò le sue mani sulle mie cosce per tenerle aperte e poi strusciò la sua erezione contro la mia intimità, strappandomi un mugolio. Avrei fatto l'amore con Leonard senza preservativo sia perché non volevo più essere punita sia perché non riuscivo ad aspettare ancora. Non avevo dimenticato alcuna pillola, ero ben coperta e sapevo che non avrei rischiato ma.. una piccola parte di me era preoccupata, ma decisi di accantonare quei pensieri. Non potevo tirarmi indietro.

«Non aspettavo altro, amore mio.» mormorò sottovoce.

Io avvolsi le braccia intorno al suo collo e nascosi il viso contro la sua spalla, imitando Leonard che chiuse gli occhi e portò la testa all'indietro sul divano. Mi sistemai a dovere sui suoi fianchi con le gambe ben aperte e lui afferrò la sua erezione, strofinandone la punta del mio clitoride già bollente. Gemetti appena con la bocca premuta sulla sua pelle morbida del collo e sussultai quando finalmente sprofondò dentro di me; il calore del suo corpo mi travolse ed io gridai appena, stringendo le ginocchia intorno ai suoi fianchi. Era una sensazione strana ma al tempo stesso molto eccitante perché non c'era alcuna barriera fra di noi. Eravamo uniti, completamente.

«Oh mio Dio, piccola..» sussurrò Leonard già senza fiato.

Lui strinse gli occhi e affondò le sue dita nella pelle dei miei fianchi, stringendola con tale forza da lasciarmi dei lividi ma in quel momento non pensavo ad altro che a scoparlo. Sollevai ritmicamente il bacino che spinsi contro quello del mio fidanzato e sibilai il suo nome con la bocca premuta sulla sua spalla sinistra, ruotando i fianchi e percependo la sua erezione tendersi dentro di me. Cavalcai Leonard con rapidità e con le dita appoggiate sulle sue spalle muscolose mentre lui gemeva disperatamente con le sue labbra morbide sotto al mio orecchio e gli occhi ancora chiusi, completamente perso nel suo stesso piacere. Mi stavo facendo perdonare nel migliore dei modi e sapevo che da quel giorno non saremmo più riusciti ad utilizzare il preservativo: sentirlo dentro di me senza alcuna protezione era tutta un'altra cosa. Era più eccitante, più caldo, più bello. Io passai la punta della mia lingua sulla sua pelle umida di sudore, percependo il suo sapore invadermi il palato quando Leonard spostò le sue mani sulle mie spalle. Mi bloccò contro al suo bacino e iniziò a sollevare i fianchi, assecondando i miei movimenti rapidi; i suoi divennero frenetici e irregolari, mentre il suo corpo si schiacciò contro il mio. Il suo calore mi stordì completamente e il suo profumo invase le mie narici. Il piacere s'insinuò nel, mio bassoventre con più prepotenza finché non raggiunsi l'orgasmo, stringendo le mie cosce intorno al bacino di Leonard che spalancò la bocca. Io sussurrai di continuo il suo nome mentre ogni goccia del mio piacere bagnò le sue cosce e mi mossi ancora sul suo bacino con il corpo incandescente; graffiai le sue spalle e lo chiamai per incitarlo a venire, ansimando e mugolando. Qualche secondo dopo percepii il suo sperma colare dentro di me seguito da un grido acuto e un nome.

«D-Diana!»

Mi si gelò il sangue nelle vene quando sentii il nome della sua ex moglie sfuggire dalla sua bocca e un conato di vomito minacciò di farmi piegare sul pavimento e rimettere l'anima. Non volevo credere alle mie orecchie e il mio cuore palpitava così rapidamente da non permettermi di sentire altro che il rimbombo dei battiti nella mia mente offuscata. Forse ero così stanca da avere allucinazioni sonore, forse avevo capito semplicemente male per via delle orecchie che fischiavano dopo l'orgasmo ma quando sollevai la testa e Leonard ebbe il coraggio di aprire i suoi occhi, la sua espressione si trasformò in una maschera di vergogna e paura.

Non avevo sentito male, aveva davvero gridato quel nome.
Sapeva ciò che aveva detto, se n'era reso conto. Scesi immediatamente dalle sue ginocchia con gli occhi sbarrati e mi portai una mano alla bocca, incredula e ferita. Non mi aveva guardato perché stava pensando alla sua ex moglie, nonostante le continue discussioni cariche d'odio e rabbia sulla personalità di Diana? Raccolsi le mie mutandine che erano cadute sul pavimento e le infilai senza nemmeno pulirmi le cosce bagnate, disgustata dal seme di Leonard che colava. Sentirlo venire con il nome della sua ex moglie sulle sue labbra era stato peggio d'essere cacciata da casa sua.

«Aspetta, Evie..»

Digrignai i denti, abbassandomi la gonna sulle cosce. «Ah, ora ti ricordi il mio nome?»

Leonard scese dal divano e cercò di prendere la mia mano ma io fui più rapida, riuscendo a liberarmi. Afferrai la mia borsa bianca con lo stomaco sottosopra e la vergogna che mi torturava, dirigendomi a passo svelto verso la porta dell'ingresso. Sentivo il cuore pesante e gli occhi pizzicare ma non volevo piangere. Era passato meno di un mese dall'ultima volta che avevo sentito parlare di quella donna e fra me e Leonard stava andando tutto bene, ma allora perché quando meno me l'aspettavo, capitava qualcosa di brutto? Non bastava il ritorno del mio ex e i continui messaggi da parte di mia madre, no. Inspirai bruscamente e mi asciugai la guancia destra umida, passandomi poi la mano fra i capelli arruffati. Mi avvicinai alla porta dell'ingresso che spalancai ma Leonard mi afferrò di nuovo per i fianchi e mi strattonò di nuovo, portandomi nel suo salotto.

«Aspetta, per favore, piccola!»

Io gli tirai una forte gomitata nel petto che però non gli fece mollare la presa così iniziai a divincolarmi, gridando e lamentandomi, ma Leonard richiuse la porta con un calcio e mi trascinò sul divano davanti al caminetto. Il mio sguardo cadde sui cuscini ancora umidi e notai alcune macchie sul tessuto, il segno del nostro piacere; rabbrividii e cercai di liberarmi, non volendo rimanere lì ancora.

«Non voglio parlarti! – strillai furiosa – Lasciami andare o giuro che ti denuncio alla polizia!»

Sapeva che mi riferivo ai lividi sui miei polsi perciò Leonard si fermò alle mie parole e mi guardò con la stessa espressione spaventata di qualche minuto prima. Mi alzai quindi dal divano e mi avviai di nuovo alla porta d'entrata della sua villa. Non avevo alcuna intenzione di rimanere oltre con lui, in quel momento volevo solo tornare al Campus, infilandomi sotto le coperte e dormire fino all'inizio del mio turno di lavoro.

«Evangeline, per favore..»

Leonard mi raggiunse con gli occhi lucidi ma io lo ignorai, infilandomi l'impermeabile sulle spalle e alzare il cappuccio sulla testa per evitare di bagnarmi i capelli lavati la sera prima. Non riuscivo nemmeno a pensare lucidamente in quel momento, ero così sconvolta e ferita che quasi non mi accorsi di aver superato la fermata della metro vicina alla casa del mio ragazzo. Ex ragazzo? Non sapevo cosa pensare. Avevo bisogno di schiarirmi le idee così colsi l'occasione per farmi una bella passeggiata sotto la pioggia: cos'avrei dovuto fare con Leonard, dopo quello che era successo? Avevo fatto bene a scappare in quel modo o mi sarei dovuta fermare per ascoltare le sue stupide inutili scuse? Strinsi le mani a pugno e le lacrime cominciarono a scivolare sulle mie guance mentre il mio cuore si gonfiava di dolore ad ogni passo, bruciando di delusione e amarezza. Camminai con rabbia senza smettere di piangere silenziosamente, ascoltando il rumore sordo della pioggia che batteva contro il tessuto del mio impermeabile e sulla strada, bagnando i miei stivaletti bianchi. Un'ora prima ero seduta in macchina insieme a Leonard a ridere e a scherzare, mentre quella successiva ero in lacrime, pronta a dubitare di tutti i mesi trascorsi insieme. E se durante il sesso avesse sempre pensato a Diana? Il mio cuore si lacerò ancora ma non riuscii ad accantonare quei pensieri che affollavano la mia mente, provocando una fitta di mal di testa che arrivò dritta alle mie tempie. Superai una signora con una busta della spesa in mano e attraversai la strada per raggiungere la fermata del pullman, perdendo improvvisamente ogni voglia di muovermi.

Ero ferita e le lacrime continuavano a scendere senza che potessi impedirlo, amareggiata e umiliata per ciò che Leonard aveva avuto il coraggio di fare. I miei sentimenti per lui erano puri come un diamante: era il primo ragazzo di cui ero innamorata e non avevo paura di dirlo, ma evidentemente lui non riusciva ad ammettere che, nonostante Diana fosse stata il suo passato, il suo cuore apparteneva a lei. Forse non aveva avuto il coraggio di lasciarmi la notte precedente in cui si era ubriacato e invece aveva trovato un modo più semplice, diretto ma doloroso, per farlo. Le mie cosce erano ancora umide e ciò mi fece sentire ancora peggio: avevo permesso a Leonard di fare l'amore con me senza preservativo, come desiderava, ed ero stata ripagata con quel nome sussurrato in preda all'orgasmo e con gli occhi chiusi. Quegli occhi che mi avevano sempre fissata con amore. Fu il momento più degradante, umiliante, vergognoso di tutta la mia vita, prima addirittura del giorno in cui mia madre mi umiliò davanti a tutta la mia famiglia per aver scelto una facoltà che non le piaceva. Assurdo.

Il cellulare vibrò nella tasca interna del mio abito ma mi rifiutai di rispondere, sedendomi sotto la pensilina della fermata del pullman. Sapevo che era Leonard a chiamarmi ed io non avevo alcuna voglia di rispondere né di parlare con lui, di sentirlo scusarsi per ciò che aveva fatto. Come aveva potuto pensare a Diana in un momento simile, dopo tutto ciò che mi aveva detto? Inspirai bruscamente e accavallai le gambe, fissando la strada bagnata davanti a me quando arrivò il pullman su cui salii alla svelta. Andai a sedermi negli ultimi posti e mi nascosi il viso con il cappuccio dell'impermeabile, abbassandomelo fino al naso; non volevo che nessuno vedesse le condizioni in cui versavo in quel momento, sembravo uno zombie. Non avevo nemmeno fatto il biglietto né avevo con me l'abbonamento, pensai, ma in quel momento non m'interessava per niente. Sarebbe addirittura potuto salire Channing Tatum che io non l'avrei degnato di uno sguardo, ero troppo immersa nei miei pensieri per concentrarmi sulla realtà. L'idea di dover affrontare Leonard quel fine settimana alla cena con la sua famiglia mi sembrava un tentativo di suicidio.

Come avrei fatto a passare un'intera serata con lui, dopo quello che era successo poco prima a casa sua? Avrei dovuto inventarmi una scusa con Gemma, dicendole che mi ero sentita male, o avrei dovuto fingere che fosse tutto nella norma per poi sparire nel momento in cui la sua famiglia fosse tornata nelle loro camere? Mi morsica il labbro inferiore: non potevo presentarmi dai suoi genitori con un sorriso sulle labbra e fingere che tra di noi andasse tutto a gonfie vele. Non ero mai stata in grado di mentire. Solo sul mio lavoro, ma perché sapevo che avrei rovinato la mia reputazione. Scacciai quei pensieri dalla mia testa, non volevo più ricordarmi di Leonard. Desideravo solo tornare nella mia camera, fare una doccia per togliermi i residui del suo seme dalle cosce e dormire fino all'ora del mio turno. Che umiliazione, continuai a ripetermi mentalmente. Ero stata una stupida a pensare che i sentimenti per la sua ex moglie fossero spariti, ma lo sguardo che le aveva lanciato la sera del Galà e le sue parole cariche di veleno erano stati davvero convincenti. Eppure.. che amarezza.

Mi era capitato di sentirmi illusa e tradita ma dalle mie amiche, non dall'uomo di cui ero innamorata. Il dolore che avevo sopportato durante le litigate con mamma e Melanie non era minimamente paragonabile all'umiliazione di mezz'ora prima. Mi abbassai ancora il vestito sulle cosce appiccicose e mi morsicai il labbro inferiore, percependo il cuore sprofondarmi nel petto quando, fuori dal finestrino del pullman, vidi una coppia di fidanzati passeggiare accanto alla fermata. Lui non aveva sussurrato il nome dell'ex ragazza mentre facevano l'amore, loro erano felici e potevo vederlo dai loro sguardi e gesti carichi d'amore. Io invece ero appena stata umiliata nel modo peggiore. Ma Leonard me l'avrebbe pagata cara, mi sarei vendicata in qualche modo.

Una volta raggiunto il viale del mio Campus, mi alzai dal mio posto in fondo all'autobus e premetti il tasto della chiamata per poi avvicinarmi alle porte che si spalancarono qualche secondo dopo. Scesi in fretta dal pullman e mi incamminai con il cappuccio ancora alzato verso l'ingresso del Campus, salutando con un cenno del capo una mia compagna di corso insieme al suo fidanzato sotto l'ombrello. Almeno loro erano felici, pensai infastidita, così accelerai il passo ed entrai finalmente nell'edificio del mio dormitorio. Superai il bancone dell'ingresso e salii la prima rampa di scale che conduceva al mio piano, raggiungendo poi la mia camera da letto. Cercai le chiavi della porta all'interno della mia borsa bianca e l'aprii, sussultando quando Melanie m'assalì.

«Ma che sta succedendo?! Leonard mi ha appena chiamato su tutte le furie perché sei scappata!» esclamò lei.

Io feci spallucce, sfilandomi l'impermeabile fradicio dalle spalle che attaccai al termosifone accanto alla finestra vicina al mio letto. Sapevo che avrebbe chiamato la mia migliore amica e si sarebbe arrabbiato per la mia fuga, ma cosa pretendeva? Che rimanessi tutta contenta a casa sua, magari preparandogli anche la cena senza niente addosso per renderlo felice? Era assurdo, non l'avrei mai fatto.

«Come se gli importasse.» borbottai, scuotendo i capelli umidi per la pioggia.

Melanie aggrottò le sopracciglia, lanciando il suo telefono sul materasso. «Che è successo? Perché sei scappata?»

Mi lasciai sfuggire un lungo sospiro di frustrazione. Non avevo molta voglia di parlare di ciò che era successo fra me e Leonard, ero ancora troppo ferita per poter raccontare tutto a Melanie ma sapevo che il modo migliore per superare il dolore era sfogarmi, buttarlo fuori il prima possibile.

«Stavamo facendo sesso e lui ha urlato il nome della sua ex moglie.» dissi senza giri di parole.

La mascella di Melanie quasi cadde a terra dallo shock ed era la stessa espressione che avevo fatto io quando avevo sentito Leonard chiamare quella donna come se niente fosse. Mi tolsi anche gli stivali umidi e il vestito, appendendo tutto vicino alla finestra per poi buttarmi sul letto con il telefono in mano. Cancellai tutte le chiamate perse da parte del mio fidanzato e sospirai, portandomi una mano sulla fronte con gli occhi chiusi; quella sera sarei pure dovuta andare a lavorare, ma avrei chiesto un passaggio a Georgia.

«Spero tu stia scherzando.» disse Melanie
Scossi la testa, digitando il numero della mia collega.

«Purtroppo no, così ho deciso di tornare a casa. Fine della conversazione, non voglio più parlarne.»

La mia migliore amica sollevò le mani a mezz'aria e annuì, così io rotolai sul fianco e chiamai Georgia. Non volevo più sentir parlare di ciò che era successo, anche se sapevo benissimo che la mia migliore amica, una volta chiusa la mia telefonata, mi avrebbe di nuovo sommersa di domande. Ormai la conoscevo troppo bene, era una ragazza estremamente curiosa perciò ero pronta a risponderle male in caso fossi stata costretta.

«Pronto? Ciao Evie!»

La voce di Georgia rimbombò nelle mie orecchie, strappandomi un piccolo sorriso.

«Hey bambola, per caso riesci a darmi un passaggio a lavoro questa sera?»

«Ma certo! Leonard è impegnato?» domandò innocentemente

M'irrigidii. «Sì, deve uscire con dei suoi amici.»

«Oh va bene! Passo per le otto e quaranta, allora.» rispose lei.

Mi rilassai subito dopo, dondolando i piedi giù dal letto. «Grazie, ci vediamo fra poco allora.»

Chiusi la chiamata, appoggiando il mio cellulare sul comodino accanto al mio letto sotto lo sguardo attento e preoccupato della mia migliore amica che si sedette al mio fianco. Io affondai il viso nel cuscino del letto e mi lasciai sfuggire un lungo sospiro, picchiettando il piede sul materasso dietro di me mentre Melanie cominciò ad accarezzarmi la schiena, tacendo. Sapevo che si stava trattenendo così decisi di parlare per prima.

«Non l'ho ancora lasciato. Sono solo delusa e mi sento umiliata perché mentre stavamo facendo sesso lui teneva gli occhi chiusi, quindi stava sicuramente pensando a Diana. E poi quando ha pronunciato il suo nome, io sono andata fuori di testa. Volevo ucciderlo con le mie mani. – dissi sottovoce, sospirando – Non so cosa fare, Mel. Io lo amo e non voglio lasciarlo ma se pensa ancora alla sua ex moglie, allora non ha senso stare insieme.»

Melanie si passò una mano fra i capelli, accavallando le gambe. «Forse è stato un momento un po' così, sai anche tu che i ragazzi, quando hanno un orgasmo, perdono completamente la testa. Non pensano lucidamente. Già fanno fatica a ragionare da normali, figurati quando stanno per venire!»

«Lo so, ma arrivare ad urlare il nome dell'ex moglie per la quale abbiamo litigato più volte durante un orgasmo che gli ho provocato io, la sua attuale fidanzata, non è normale. – replicai, lanciando un'occhiataccia alla mia migliore amica – E tu lo stai forse difendendo?»

Melanie sollevò le mani, mordendosi il labbro inferiore. «No, ma io ti conosco abbastanza per sapere che sei scappata senza chiedergli alcuna spiegazione. Giusto?»

La guardai con rabbia. «Che cos'avrebbe dovuto spiegarmi? Che stava pensando a scopare Diana mentre faceva sesso con me e che per sbaglio gli è sfuggito il suo nome dalle labbra? O si è confuso? No, meglio non sentire questo tipo di spiegazione.»

La mia voce era poco più che un rantolo e le mie mani tremavano per la rabbia, ero completamente fuori di testa e pronta ad uccidere Leonard se avesse avuto il coraggio di presentarsi alla porta della mia stanza. Melanie mi guardò preoccupata e poi scese dal letto quando sentì il suo cellulare squillare, quindi si avvicinò a me e mi mostrò lo schermo che s'illuminava: era Leonard.

«Rispondi tu, Evie.» mormorò la mora.

Scossi la testa, rotolando a pancia in su e incrociando le braccia al petto. «Non voglio parlare con lui, digli che ho da fare o che sono a lavoro. Non lo so, inventati una scusa.»

Melanie annuì, portandosi il telefono all'orecchio. «Hey, è appena andata a lavoro. Ha dovuto sostituire qualcuna, non lo so.»

Le mandai un bacio al volo e infilai la testa sotto al cuscino, chiudendo gli occhi per poter dormire almeno un'ora prima di cominciare a lavorare. Avevo bisogno di schiarirmi le idee e smettere di pensare a Leonard per un po', rilassarmi e caricarmi per l'intensa serata di lavoro che mi aspettava.

«No, non venire io. Sono con Francisco, non..»
E qualche secondo dopo qualcuno iniziò a bussare insistentemente alla porta della mia camera. Il mio cuore sprofondò nel mio petto ma scesi di fretta dal mio letto, rintanandomi nel bagno con il mio solito zaino nero per evitare che Leonard scoprisse la bugia. Sperai con tutto il cuore che Melanie fosse in grado di reggermi il gioco e mi sedetti sul bordo della doccia, dondolando il mio zaino. E qualche secondo dopo, la sua voce risuonò prepotentemente nella mia stanza.

«Dimmi dov'è, per favore. L'ho persa di vista non appena è uscita da casa mia.» disse lui.

Melanie balbettò qualcosa. «Te l'ho detto, è già andata a lavorare. Una ragazza è passata a prenderla qualche minuto fa! È passata di qui solo per prendere il suo zaino e cambiarsi, nient'altro.»

«Non mi risponde nemmeno al telefono, non so che cosa fare.» replicò Leonard con voce tremante.

La mia migliore amica sbuffò. «Non so se ti rendi conto di quello che hai fatto, Leonard. E per quanto tu possa essere carino e tutto il resto, non puoi giocare in questo modo con Evangeline. – un sorriso spuntò sulle mie labbra – Se la ami, allora fatti perdonare ma se invece pensi ancora alla tua ex moglie, credo sia meglio ce te ne vada dalla sua vita. Non ha bisogno di queste stronzate, ha già abbastanza problemi per conto suo.»

Fui tentata di uscire dal bagno per abbracciare Melanie per aver detto quelle cose ma quando sentii un singhiozzo sommesso, il mio cuore si strinse in una morsa dolorosa perché Leonard stava piangendo. Io non l'avevo mai visto in condizioni simili e l'idea che stesse soffrendo per la nostra situazione, peggiorò tutto ma era solo colpa sua se ci trovavamo in un momento del genere.

«Non so cosa mi sia preso, Melanie.»

La ragazza ringhiò. «Avevi già cacciato Evie da casa tua per colpa di quella donna e ora pronunci il suo nome mentre ti scopi la tua fidanzata. Credo tu abbia un problema, sai? Chiamato anche 'penso ancora alla mia ex'. E ora sparisci da qui, io e Francisco abbiamo da fare.»

Leonard singhiozzò ancora. «Io non voglio Diana, te lo giuro su ciò che vuoi, Melanie. Non so cosa mi sia preso in quel momento, ero.. cazzo, non lo so.»

La mia amica borbottò di nuovo. «Spiegalo tu ad Evie. Non sopporto di vederla piangere per dei ragazzi. Non l'ha mai fatto ma tu.. Vorrei tanto prenderti a schiaffi in questo momento. Stava piangendo per colpa tua! E lei non ha mai lasciato che un ragazzo la ferisse così. È davvero innamorata di te e a me sembra che tu stia giocando con lei, forse solo per attirare l'attenzione della tua ex moglie. Ma ti avverto, signor Leonard Stiles, non ti conviene scherzare con Evie. Può rovinarti la vita con uno schiocco di dita.»

E pronunciate quelle parole, rabbrividii. Non mi sarei mai permessa di fare qualcosa di crudele a Leonard anche se lo meritava ma sapevo che Melanie parlava in quel modo per difendermi, per costringerlo a scusarsi e quindi a risolvere il casino che aveva combinato.

«Cosa posso fare per farmi perdonare?» chiese Leonard con la voce ridotta ad un sussurro.

Melanie sospirò rumorosamente ed io mi asciugai le guance con il dorso delle mani, accorgendomi di essermi di nuovo ridotta a piangere per colpa del mio fidanzato. Mi sembrava assurdo che meno di un'ora prima ero fra le sue braccia a ridere e a scherzare, mentre il momento dopo ero rinchiusa nel mio bagno con una crisi di nervi per colpa sua e della sua stupida ex moglie.

«Non lo so, questa volta l'hai davvero combinata grossa ed io non so come aiutarti. Schiarisciti le idee, pensa bene ai tuoi sentimenti perché io non ho intenzione di stare a guardare la mia migliore amica distruggersi per colpa tua. Non merita..» rispose la mia amica.

Ascoltai decisa la voce di Melanie che non accettava discussioni e un brivido mi attraversò dalla testa ai piedi come una scossa elettrica, perciò mi alzai dal bordo della vasca e passeggiai avanti e indietro, sospirando rumorosamente con il cuore pesante. Leonard era ancora innamorato di Diana e stava usando me come rimpiazzo per dimenticarla: perché non l'avevo capito subito? O meglio, perché non ero riuscita ad ammettermelo a me stessa? Semplice, i suoi 'ti amo' sembravano sinceri, i suoi occhi brillavano quando era con me ma forse lui era solo un bravo attore. Mi avvicinai al lavandino e fissai la mia immagine nello specchio: il mascara era ancora stranamente intatto se non per una leggera sbavatura sull'occhio sinistro, mentre le mie guance e il mio naso erano rossi per il pianto. Mi asciugai quindi con un piccolo asciugamano, dopo essermi sciacquata la faccia per non sembrare un panda, e aspettai, ascoltando la loro conversazione. Per quanto aveva intenzione di rimanere in camera mia Leonard? Dovevo prepararmi per il lavoro e non volevo arrivare tardi al locale altrimenti James si sarebbe infuriato. Poi un pensiero mi fece irrigidire: conoscendo Leonard, quella sera avrebbe costretto James a cancellare tutti i miei appuntamenti nei privè per potermi parlare. Decisi allora di mandare un messaggio al mio capo, inventandomi che mi era arrivato il ciclo in anticipo di una settimana e che perciò non potevo né esibirmi per lo show principale né occuparmi dei privè. Mi sarei accontentata del bar, non volevo affrontare Leonard in nessun modo.

«I miei sentimenti sono già chiari, Melanie. Io amo Evie e tu lo sai, me lo leggi negli occhi. Ho commesso un errore, cazzo, non merito nemmeno io tutto questo! – esclamò furioso, sbattendo il pugno contro la porta del bagno dov'ero rinchiusa – Io amo Evie, cazzo! Non so perché ho pensato a Diana in quel momento, non riesco a capirlo nemmeno io ma non ho mai giocato con i suoi sentimenti. Non mi sarei mai permesso di farlo.»

Io sussultai a quel colpo e mi nascosi vicino alla doccia, rabbrividendo alle sue parole: aveva immaginato di fare sesso con Diana in quel momento, ecco perché aveva tenuto gli occhi chiusi. Me l'aspettavo, ma sentirlo dire quelle cose a voce alta era comunque un colpo al cuore. Maledetto bastardo, pensai.

«Leonard, ti rendi conto di quello che hai fatto? Hai pensato alla tua ex moglie mentre ti scopavi la ragazza alla quale hai chiesto di sposarti solo ieri! – strillò Melanie, livida di rabbia – Devo spiegarti quanto tutto questo può essere stato umiliante per lei o riesci a capirlo da solo? Hai trent'anni, non quindici. Questi errori rovinano le relazioni e tu hai distrutto la tua, che ti piaccia o no. Mi dispiace.»

Leonard tacque per qualche secondo ed io trattenni il respiro: non mi piaceva il modo in cui si stava rivolgendo la mia migliore amica al mio ragazzo ma tutto ciò che diceva era solo la pura e cruda verità. Feci un passo verso la porta del bagno e ci accostai l'orecchio, cercando di percepire qualche movimento oltre alle voci ovattate.

«No, Evie non mi ha lasciato. Io e lei stiamo ancora insieme, quello che è successo è una cosa di poco conto che risolveremo subito. – disse lui con voce flebile – Ci amiamo troppo per mandare a puttane il nostro rapporto.»

Mi venne da ridere ma mi costrinsi a tacere: io lo amavo davvero ma non gli avrei mai permesso di avvicinarsi a me dopo ciò che aveva fatto. Una cosa di poco conto? Giusto, urlare il nome dell'ex moglie durante un orgasmo è proprio una stupidaggine, un'idiozia, una piccolezza.

«Io non ne sarei così tanto sicura, Leonard. – rispose la mia migliore amica – Ora vattene, per favore.»

Poi sentii un altro singhiozzo. «Devi aiutarmi, non posso perderla.»

Io mi appoggiai alla porta del bagno con la schiena e chiusi i miei occhi, lasciandomi cadere per terra con il sedere sul pavimento e sospirai rumorosamente. Sentire la sua voce così spezzata dalle lacrime era devastante ma l'umiliazione che avevo subito era più forte, aveva scalfito il mio orgoglio e non l'avrei perdonato. Mi portai le ginocchia al petto e tesi ancora le orecchie, ascoltando la conversazione che si svolgeva nella mia camera.

«Leonard, non so come fare per aiutarti. Questa volta l'hai combinata grossa.» replicò lei con calma.

Fui tentata di uscire per abbracciare il mio ragazzo ma riuscii a restare ferma. «Ci dev'essere qualcosa!»
«Ti do la mia opinione. Evie ha esagerato a fuggire in quel modo, forse, ma avresti potuto biasimarla? Stavi pensando alla tua ex moglie mentre facevi sesso con lei. – disse Melanie ed io mi morsicai le labbra – Secondo me dovresti incontrarvi, parlare davvero dei vostri sentimenti e smettere di comportarvi come dei bambini.»

Leonard tacque per qualche secondo, poi parlò. «Ho capito, con te non ha senso parlare. Sei troppo convinta di essere superiore a tutti quanti ma credimi, Melanie, solo perché hai un fidanzato da tre anni non significa che tu sappia come ci si comporta. Tu non hai avuto un'ex moglie che ti ha stressato e distrutto l'anima, tu non hai idea di cosa vuol dire tornare ad amare dopo quattro anni di delusione, odio e rabbia repressa. – batté di nuovo un pugno sulla porta del bagno – Chiedi ad Evie di chiamarmi non appena tornerà qui, ho bisogno di vederla.»

E poi sentii un altro tonfo seguito da un lungo sospiro. Melanie si avvicinò alla porta del bagno e cercò di aprirla, premendo la sua mano sulla maniglia così feci scattare la serratura, permettendole di entrare. Mi alzai dal pavimento e mi pulii le ginocchia, incrociando le braccia al petto sotto lo sguardo attento della mia migliore amica che alzò un sopracciglio.

«Immagino tu abbia sentito in che condizioni è il tuo ragazzo. – disse la mora, sospirando – Dovresti almeno permettergli di vederti per cinque minuto o impazzirà. Non l'ho mai visto così!»

Io feci spallucce, sciacquandomi le mani nel lavandino. «Stava pensando a Diana.»

Melanie si avvicinò a me, annuendo. «Lo so, me l'ha ripetuto dieci volte, ma credo tu possa..»

«Perdonarlo? E per quale motivo? Io non ho mai osato pensare ad altri uomini mentre facevo l'amore con lui, non mi sarei mai permessa! È Leonard il mio fidanzato, non Michael o.. che ne so, qualcun altro.» risposi con le braccia incrociate al mio petto.

La mia migliore amica annuì appena, spostandosi verso la finestra. «È una brutta situazione. Non capisco cosa sia successo in così poche ore, però. Questa mattina eravate così carini e adesso siete sul punto di lasciarvi!»

Feci spallucce, uscendo dal bagno per dirigermi verso il mio letto. «Basta, non ci voglio pensare. Farò di tutto per concentrarmi sul lavoro e smettere di pensare per un po'.»

***

21 maggio, sera

Sciacquai i numerosi bicchieri all'interno del cestello di plastica della lavastoviglie per poi riordinarli con cura nella credenza, mantenendo lo sguardo basso per evitare di incontrare gli occhi di Leonard che non mi avevano lasciato per un solo secondo. Sapevo che sarebbe venuto a cercarmi al locale di James e sapevo che avrebbe fatto di tutto per mettermi in un angolo, ma fortunatamente riuscii a tenermi sempre abbastanza occupata in modo da non permettergli di avvicinarsi. Georgia aveva notato una strana tensione fra me e Leonard ma non le avevo detto molto, se non che avevamo litigato pesantemente e che quella sera lei non avrebbe dovuto dargli nemmeno mezzo bicchiere di vodka. Non era il caso che si ubriacasse dopo ciò che era successo, aveva combinato già abbastanza guai in una sola giornata da sobrio, figuriamoci che avrebbe potuto fare con un po' d'alcool nel sangue. Nel momento in cui l'avevo visto entrare nel locale, il cuore mi era sprofondato nel petto perché aveva un'espressione così triste che mi era venuta voglia di fare il giro del bancone, raggiungerlo e abbracciarlo. Ma fortunatamente riuscii a contenermi, ero ancora davvero furiosa per cos'era successo quel pomeriggio. Per tutte le tre ore del turno che avevo fatto, ero riuscita ad accantonare quei pensieri nell'angolo della mia mente anche se la vergogna e l'imbarazzo di avere Leonard a mezzo metro da me erano sempre presenti. I suoi occhi non avevano smesso di seguirmi per un solo secondo, nemmeno quando ero scappata nel corridoio per andare in bagno, e ciò mi rese più nervosa di quanto già non fossi.

«Andiamo a fare un po' di pausa? Ho bisogno di una sigaretta e di fare pipì. – disse Georgia, pulendo il bancone del locale – Questa sera James ha detto che possiamo uscire prima, ci penseranno lui e Lauren a chiudere tutto.»

Annuii, asciugandomi le mani sui miei pantaloncini corti che arrivavano appena sotto il sedere. «Va bene, ma chi controlla il bancone mentre noi siamo fuori?»

La mia collega indicò Kylie che si stava avvicinando. «Lei, tanto non staremo fuori molto.»

«Va bene, perfetto. – afferrai un bicchierino che riempii di vodka alla pesca, bevendolo tutto d'un sorso con gli occhi socchiusi – Cazzo, non bevo molto ma ne avevo proprio bisogno.»

Georgia si lasciò sfuggire una risata, scuotendo la testa. «Lo avevo notato, sei tesa come una corda di violino! E se dopo il lavoro andassimo a bere qualcosa all'Angel? La discoteca che c'è in fondo al quartiere?»

Io scossi la testa, uscendo dal bancone per permettere a Kylie di prendere il posto mio e di Georgia. «Mi piacerebbe molto ma purtroppo domani ho lezione all'Università, non posso tornare troppo tardi o non riuscirò a muovermi dal letto. – risposi, incamminandomi verso il corridoio – Se ti va, potremmo andare sabato.»

La ragazza annuì con vigore e spalancò la porta dello spogliatoio, accendendo la luce per poi aprire il suo armadietto; io mi avvicinai a lei e recuperai il pacchetto di sigarette che tenevo nel mio zaino nero, infilandomi un accendino nella tasca posteriore dei miei pantaloni. Mi diedi una veloce sistemata ai capelli e mi passai il dorso della mano sulla fronte, sospirano rumorosamente. Nonostante mi fossi concentrata sull'evitare di pensare alla mia situazione con Leonard, ogni volta che avevo un minuto libero, la mia mente si riempiva del suono della sua voce che chiamava la sua ex moglie. Maledizione, come aveva potuto confondersi? Come.. perché aveva pensato a lei mentre io ero intenta ad impegnarmi per farlo venire? Che fastidio.

Infilai una mano nella tasca dei miei jeans e controllai il mio cellulare, trovando solo un messaggio da parte di Francisco che mi aveva mandato la fotografia dei biglietti dell'opera di Macbeth ma lo ignorai. M'intrufolai quindi nel bagno dello spogliatoio per potermi sistemare i capelli quando qualcuno aprì la porta, sentii dei passi uscire dalla stanza seguiti da un lungo sospiro. Poi Leonard comparve sulla soglia del bagno, guardandomi. Il mio cuore perse un battito e sprofondò nel mio petto, lasciandomi senza fiato; Georgia era sparita, quella maledetta bastarda si era alleata con lui e avevano fatto in modo di abbandonarmi in modo che lui potesse avvicinarsi.

«Amore..»

Io feci un passo all'indietro, chiudendo il rubinetto. «Hai due minuti, poi uscirò da qui e tu ritornerai a goderti lo spettacolo che si sta svolgendo sul palco. Chiaro?»

Leonard trasalì al tono della mia voce ma annuì. «D'accordo, mi bastano.»

Mi asciugai le mani contro i pantaloncini corti che indossavo e sfilai la sigaretta da dietro l'orecchio, avvicinandomi alla finestra del bagno che spalancai per far uscire il fumo e accendendola sotto lo sguardo attento e preoccupato del ragazzo dai capelli ricci. Io mantenni i miei occhi sul pavimento, non avevo nemmeno il coraggio di sollevare la testa per la vergogna, ma Leonard si avvicinò a me e mi prese per i fianchi. Io cercai di sfuggire dalla sua presa e mi appoggiai con il sedere al bordo del lavandino, portandomi la sigaretta alle labbra.

«Parla, allora.»

Leonard annuì, mordicchiandosi il labbro inferiore. «Mi dispiace per quello che ho fatto, sono un coglione e so che non mi perdonerai ma voglio che tu sappia quanto ti amo e quanto sei importante per me.»

Aspirai del fumo dalla mia sigaretta, sollevando finalmente i miei occhi sul volto del ragazzo che stava ancora parlando e il mio sguardo si perse nel suo; i suoi capelli erano leggermente scompigliati ma ricadevano morbidi sulle sue spalle mentre indossava ancora gli abiti di quel pomeriggio. Era scappato da una parte all'altra senza nemmeno avere il tempo di cambiarsi o aveva deciso di tenere quei vestiti solo per farmi pena? Mi costrinsi a mantenere un espressione indifferente sul viso e incrociai le mie braccia al petto, tenendo la sigaretta tra l'indice e il medio, facendo cadere la cenere nel lavandino.

«Hai finito?» domandai con una smorfia.

Leonard mi guardò qualche secondo, poi annuì. «Sì.»

Schiacciai la sigaretta contro il lavandino, infilandola in un fazzoletto per poi nasconderlo nella mia tasca dei pantaloni sotto gli occhi del ragazzo che continuò a seguirmi. Mi lavai con cura le mani con il sapone per evitare che qualcuno si accorgesse dell'odore di fumo e poi mi guardai allo specchio, sistemandomi i capelli che legai di nuovo in una coda alta.

«Bene, adesso spostati. Devo tornare a lavorare.»

E fu l'ultima volta che lo vidi per tutta la serata.


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I love you guys❤️

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