Cap VI - Assalto

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La cavalcata non fu niente male.
Acciambellata sulla sella, dritta davanti all'elfo, Ren si era perfino concessa di schiacciare un pisolino. Non voleva fidarsi così tanto di lui, ma c'era un qualcosa in Yoichi che la faceva sentire al sicuro.
A pensarci a mente fredda, l'incantatore si era rivelato molto difficile da manipolare. Aveva provato a stregarlo perché si spogliasse e legasse da solo, con l'unico risultato di non farlo dimenare troppo.
La cosa l'aveva intrigata, ma dopo la troppa libertà che quello si era preso nelle stalle, Ren decise che lo avrebbe spezzato.
Non sapeva come, ancora, ma lo strusciarsi contro il suo basso ventre, solleticandogli il mento con la coda, e il tutto mentre fingeva di dormire, sembrava un buon inizio.
Il problema venne quando Ren si addormentò davvero, ritrovandosi poi a svegliarsi con dolcezza, mentre qualcuno le accarezzava le orecchie. Il tempo di mugugnare di piacere, perché quelle dita erano riuscite a trovare un punto delizioso, che la kitsune realizzò chi fosse
«Ti stai divertendo?» disse, mascherando l'eccitazione nella sua voce «o vorresti toccare altro?» per fortuna, in forma di volpe Ren non poteva arrossire.
Yoichi ritrasse la mano, color porpora in volto. Balbettò qualcosa un paio di volte, mentre lei approfittava e si ricomponeva.
Maliziosa, stoica, disinteressata. Sua madre le aveva detto di comportarsi sempre così, con gli elfi. E c'era da dar retta alla Grande Seduttrice
«A...allora» iniziò l'incantatore «quello lì è un vecchio fortino del mio clan»
Ren seguì con lo sguardo il dito dell'elfo, strofinandoci sopra la guancia pelosa per buona misura
«Tre giorni fa... alcuni guerrieri degli Hikuitaki lo hanno occupato» la capacità dell'elfo di ignorarla stuzzicava, e infastidiva, Ren «saranno una... mezza dozzina o giù di lì... dovresti assistermi nell'eliminarli»
Ren rifletté un momento. Se davvero c'erano solo sei samurai, non valeva la pena perdere troppo tempo
«Incantatori? Gente capace di usare bene il ki?»
«Nessuno, almeno da quello che sappiamo» Yoichi scese da cavallo, la kitsune lo osservò armeggiare con le borse da sella
«Allora, innanzitutto ci serve un piano, posso abbozzare la pianta dell'avamposto»
Ren sbadigliò, la cosa si era fatta troppo noiosa per i suoi gusti. Scese da cavallo, stiracchiandosi per bene, ancora in forma di volpe.
Nessuna risposta da Yoichi, se non un mordersi il labbro. Forse stava per fare un altro apprezzamento come nelle stalle, ma si era fermato
«Ecco il piano» fece lei, tornando alla forma umana, e mascherando con un finto sbadiglio il rossore «io vado lì, li elimino, ce ne torniamo a casa e mi mostri il sakè migliore che avete in cantina»
Senza attendere risposta, Ren si incamminò verso il fortino.
Yoichi provò a dire qualcosa, ma lei allungò il passo per distanziarlo.
Alla porta principale c'era solo un samurai, un tizio alto e male armato, con il pettorale dell'armatura allacciato male e una lancia vecchia tre volte lei
«Buonasera!» trillò Ren, quando fu a portata d'orecchio «lei è del clan Hikuitaki?»
Il samurai spalancò la bocca, la squadrò da capo a piedi, soffermandosi senza pudore sulle sue forme.
«Oh si... si, certo che lo sono!» ululò l'elfo, già mettendo una mano sulle braghe
«Perfetto! Mi farebbe una cortesia?» Ren sorrise, le palpebre che fremevano di rabbia «si farebbe ammazzare velocemente?»
L'elfo fece in tempo a sollevare lo sguardo, che un dardo infuocato lo trapassò da parte a parte, lasciandogli un buco grande come un dito all'altezza del cuore. Oltre il portone c'era solo uno spiazzo, con un paio di alberi e un torrione a due piani.
Ren entrò nell'accampamento, urlando
«Samurai del clan Hikuitaki? Venite fuori!» rise quando davvero un paio di folli emersero dal piccolo torrione. Entrambi disarmati, rimasero fissi a guardarla con facce a metà tra lo stupito e l'eccitato.
E con quelle facce morirono, trapassati tra gli occhi da altri due dardi.
Gli ultimi tre furono ancora meno furbi.
Corsero fuori urlando, agitando lance e asce verso di lei. Ren sbuffò, si stava annoiando.
Graffiò l'aria, lasciando cinque lunghe lingue di fuoco che tagliarono il primo dei samurai. Pezzetti infuocati caddero a terra, mentre gli altri due rallentavano.
Volendo finirla in fretta, la kitsune trapassò un altro samurai con un dardo. L'ultimo si girò, gettando la lancia e correndo mentre gridava.
Ren materializzò una frusta infuocata, avvolgendola attorno alle gambe del fuggiasco. Prese a tirarlo verso di lei, lentamente, mentre quello urlava e la kitsune pensava a come finirlo
«Non ucciderlo!» urlò una voce, Yoichi che era entrato dal cancello in quel momento «prendiamolo prigioniero!» le parole gli uscivano affannate. Doveva aver corso a perfidiato.
Ren sbuffò ma obbedì, colpendo alla tempia il samurai per fargli perdere i sensi
«Bene, e con questo abbiamo finito» Ren sbadigliò di nuovo, ostentando sicurezza.
Voleva sentire le lodi dell'incantatore, ma quello sembrava ancora impegnato a non sputare i polmoni
«Allora, che ne dici?» fece Ren, la coda fremente dietro di lei.
Fu allora che lo sentì. Un suono che le fece gelare il sangue nelle vene.
Ren, terrorizzata come mai in vita sua, sentì avvicinarsi quel suono orribile. Agì prima di poter pensare.
Divenne volpe, balzò con tutta l'agilità che aveva e si nascose tra le foglie dell'albero.
Le risate di Yoichi la raggiunsero qualche attimo dopo.
Ren si arrischiò a mettere il naso fuori dalle foglie, solo per vedere quel maledetto incantatore traditore che accarezzava la pancia al mostro.
Quando quell'essere terrificante guardò verso di lei, abbaiando festoso, Ren tornò strisciando indietro, mordendosi la lingua per non urlare.
Yoichi ridacchiò un altro poco, poi cacciò via il cane.
Ren scese solo quando fu sicura di due cose. Uno, che il cane fosse davvero lontano, molto lontano.
Due, di non morire d'imbarazzo.

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