Cap V - Il Primo Incarico

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La matriarca sedeva composta, inginocchiata sul tatami, a fissarli da dietro il ventaglio.
Yoichi non era sicurissimo di cosa pensare, anche se stava sudando freddo.
Akiono no Kazumi, matriarca del clan e, formalmente, reggente dello stesso, aveva gli occhi stretti in due fessure sottili.
Ma anche così, l'azzurro brillante filtrava, trafiggendo Yoichi. L'incantatore si stava sforzando di non tremare, mentre al suo fianco Ren pareva rilassata e serena.
Se la kitsune aveva del nervosismo, lo nascondeva benissimo. Le orecchie le fremevano appena, e la coda ondeggiava annoiata.
Yoichi avrebbe giurato che, almeno una volta, Ren avesse trattenuto uno sbadiglio
«Dunque» iniziò Kazumi, trapassando di nuovo il figliastro «sono questi i termini dell'accordo con questa kitsune? E tu, servitrice di Inari, giuri di onorarli?»
Solo un minimo fremito delle orecchie tradì la reazione di Ren. L'elfo aveva ottenuto che si presentasse come ancella della dea benigna, nascondendo, per quanto possibile, la sua reale affiliazione.
La kitsune era stata ben lieta di farlo, cosa che non faceva sentire Yoichi molto al sicuro
«Giuro sulla mia vita, e sul santuario della mia signora, che onorerò il patto stipulato con Akiono no Yoichi»
Il tono, l'inchino, perfino lo sguardo, tutto sembravano così perfetti da apparire irreale. Non fosse stato per quanto successo prima, Yoichi l'avrebbe presa per una casta sacerdotessa
«E per quale motivo, se posso, hai scelto lui come tuo servitore?»
Yoichi deglutì. Kazumi chiuse di scatto il ventaglio, rivelando il viso meraviglioso. Degno del pennello di un artista, pallido di cipria e incorniciato da lunghi capelli neri.
Solo Ren non parve esserne sorpresa
«Chiedo perdono per non avervi consultata prima, mia signora» disse Ren, inchinandosi di nuovo, più a fondo «ma è stato lui a evocarmi, trovavo consono che un tale esperto incantatore, quale è vostro figlio, mi assistesse nelle mie necessità. Abile qual è, confidavo che potesse sostenermi durante il mio soggiorno da voi»
Yoichi non stava capendo che cosa diceva Ren, una volta evocata, la kitsune non avrebbe avuto che le normali necessità di una persona vivente. Si rifiutò di considerare altre "necessità", e finse anche di ignorare il movimento ondeggiante del suo sedere, nascosto alla matriarca ma ben visibile a lui
«Madre» si affrettò a inserirsi nel discorso «vi garantisco che per me non è un peso, anzi sarò più che felice di essere al servizio di Haru no Ren»
Quello parve tranquillizzare la matriarca, che li congedò con un cenno del capo.
Solo quando uscirono dalla stanza, dal palazzo, e furono nel cortile, Yoichi si permise di respirare liberamente
«È andata meglio del previsto...» disse, sospirando. Al suo fianco, Ren camminava e si guardava attorno curiosa
«Si, per un attimo ho pensato ti saresti buttato ai suoi piedi, implorando» ridacchiò, non facendo nulla per nasconderlo «sai... ho deciso che voglio vedere quella tua espressione, rivolta a me!»
Yoichi si fermò di colpo, deglutendo a fatica. Per fortuna, nel cortile non c'era nessuno che potesse sentire una cosa simile. Rosso in faccia, si diresse alle stalle.
Anche se l'ordine era stato dato da sua madre, se avesse dovuto chiamare dei servitori per far preparare il viaggio sarebbero partiti dopo ore.
Inoltre, troppi giovani guerrieri sarebbero voluti venire con lui, e troppi veterani si sarebbero lamentati di dover prima chiedere il permesso a Shinji, che era, almeno formalmente, il capo del clan.
E Yoichi, per quanto non amasse quel genere di lavori, non aveva nessun interesse a perdere tempo dietro le manie di grandezza del fratellastro. Quindi, meglio sellare i cavalli, partire senza dir nulla, e limitarsi a riportare indietro una vittoria.
«Ah, vogliamo andare direttamente al sodo? Ottimo!» la kitsune stava guardando qualcosa, ma Yoichi era troppo interessato a distanziarla per interessarsene.
Nelle stalle, scelse per lei un cavallo e iniziò a sellarlo
«Guarda che non so cavalcare» disse Ren, bloccandolo di colpo. Yoichi la fissò, stupito.
Non aveva mai conosciuto qualcuno che non sapesse cavalcare, perfino i contadini, quelli che possedevano almeno un mulo, sapevano stare in sella
«Come è... non ci credo!» Yoichi credette seriamente che Ren lo stesso prendendo in giro
«È la verità, non ho mai imparato; posso trasformarmi in una volpe, e correre più veloce di molti cavalli, perché dovrei cavalcare?»
«Quindi... mi seguirai sotto forma di volpe?» l'immagine nella sua mente non era così brutta, anche se l'idea di galoppare con accanto una volpe grossa quanto un cavallo aveva il sapore di una canzone.
I suoi pensieri furono infranti dal ridacchiare di Ren
«Certo che no!» la kitsune schioccò le dita, e dove un attimo prima c'era una ragazza alta e con vistosi attributi da volpe, ora c'era un cucciolo di volpe, d'un rosso innaturale, lunga una trentina di centimetri scarsi, che sghignazzava mentre si lisciava il pelo della coda.
Yoichi si morse le labbra, provando a non dire cosa pensava
«Su su, puoi dirmi tutto» ridacchio Ren, in forma di volpe «non sai quanti pervertiti preferiscono questa forma...»
«Sei... pucciosa» disse l'elfo, sorridendo. Avere il permesso di dire una cosa del genere, all'improvviso, gli tolse quel timore reverenziale. Che riapparve di colpo, quando Ren, di nuovo in forma kitsune, gli premette un dito sul petto
«Come prego scusa?!» rossa in volto, la kitsune aveva gli occhi dilatati dalla rabbia «di' una cosa simile di nuovo, e giuro su tutto lo Yomi che ti scuoio vivo!»
Detto questo, Ren tornò in forma volpina, e balzò sul cavallo, accoccolandosi sulla sella.
Yoichi salì a sua volta, spronando l'animale. Panico a parte, gli era parso di vedere qualcosa oltre la rabbia sul volto di Ren. Un rossore strano, un sorrisetto appena accennato, un fremito diverso nella coda.
Lasciò perdere, forse lo aveva solo immaginato. E aveva cose più importanti a cui pensare.

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