Cap XXVI - Come una Volta

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Il capoclan degli Hikuitaki, Katsumi, firmò la resa senza obiezioni.
Nessuno se ne sorprese. La mezza dozzina di samurai superstiti del suo clan era prigioniera, due suoi incantatori morti e il terzo ferito, come la sua yokai.
Katsumi stesso era scampato alla morte solo per fortuna, ed era stato ritrovato nudo, legato al suo letto, mentre piangeva e implorava pietà.
Aveva provato a maledirli e contrattare, quando Yoichi e Ayako erano entrati nella stanza, ma alla vista di Ren aveva subito ceduto tutto.
Yoichi ne era soddisfatto, perché non aveva nessuna intenzione di sopportare lunghe trattative, a prescindere dalla vittoria schiacciante lì fuori.
Da quando era finita la battaglia, lui e Ayako si erano parlati poco, quasi per nulla. Sembrava che la sorella non sopportasse di vederlo.
Ren non aiutava. Yoichi se la trovava attorno in continuazione, spesso per nessun motivo.
La kitsune si divertiva a stuzzicarlo, sia con le parole che col corpo.
Di norma sarebbe arrossito, si sarebbe vergognato, ma Yoichi era così teso che le sue mani fremevano nel formare sigilli ad ogni scherzo.
Erano ripartiti dal castello devastato degli Hikuitaki, dirigendosi prima verso il territorio degli alleati.
Solo quando, finalmente, i samurai dei Kucho si staccarono dal gruppo, Yoichi decise di prendere in mano la situazione.
Quella sera, dopo essersi accampati, prese il coraggio a due mani e si diresse verso Ayako.
La sorella stava pulendo la corda dell'arco, accanto ad un piccolo fuoco da campo.
Yoichi sussultò nel vedere Ren, in forma di volpe, vicino a lei. Non si era aspettato che quelle due potessero stringere un rapporto d'amicizia.
Una parte dell'elfo sospirò di sollievo, mentre l'altra avvampò di un misto di rabbia, disgusto e intrigo mentre immaginava la kitsune "giocare" con Ayako
«Sorella» disse l'incantatore «posso parlarti? Da solo» sottolineò, rivolgendo un'occhiata severa alla volpe.
Ren scodinzolò andandosene, nella parodia del movimento che avrebbe fatto in forma umana
«Dimmi, fratello» la voce di Ayako sembrava cortese, come sempre, e il suo sorriso era il solito. Ma Yoichi percepì una freddezza, una sorta di muro eretto tra loro. L'essere chiamato "fratello", dal giorno della battaglia, gli assestava una stilettata ogni volta.
Aprì bocca un paio di volte, ma non ci fu verso di mettere insieme le parole.
Ayako continuava a pulire l'arco, lanciandogli rapide occhiate, sorridendo con quella raffinata finzione che doveva usare con gli estranei
«Cosa ho fatto?» chiese Yoichi, di scatto «ti chiedo perdono, ma almeno dimmi che diamine ho sbagliato!»
Vide Ayako sussultare, un rossore lungo un istante assalirle le guance. Poi, in un battito di ciglia, tornò la stoica dama
«Non hai fatto niente, non ci sono colpe da espiare, fratello...»
«Finiscila!» Yoichi scattò, battendosi una mano sulla gamba «basta con questo "fratello" di qua, "fratello" di là! Yoichi! Sei sempre stata l'unica a usare il mio nome! Perché hai smesso?»
Di nuovo, Ayako si agitò a disagio. Rispose, dopo quella che parve un'eternità, senza guardarlo
«Tu chi sei?» sibilò «Yoichi è un elfo che non sa sedere composto mentre prende il tè, che balbetta ogni volta che una donna gli parla, che sa suonare il biwa ma che si vergogna di farlo!»
L'incantatore sentì frecciate colpirlo dritto al petto
«Cos'era quello? Chi era quello alla residenza? Quello che ha decapitato cinque elfi senza battere ciglio?»
«Un soldato» disse Yoichi, le parole pesanti sulla lingua «che deve fare qualcosa che non gli piace»
Ayako lo guardò, e lui vide un velo di lacrime inumidirle gli occhi. Di nuovo, le labbra non riuscirono a articolare parole
«Lo sapevano tutti? Hai sempre fatto... quello?»
«Non sempre» fece Yoichi, annaspando per parlare in fretta «ho accompagnato convogli, ho aiutato in battaglia ma sempre... dietro le quinte»
«Perché? Avresti potuto prendere quel palazzo da solo, che senso ha che tu venga tenuto nascosto come... come un reietto?»
Yoichi sentì un sorriso triste incurvargli le labbra. Guardò dritto negli occhi Ayako, fissando con fermezza gli occhi azzurri della sorellastra con i suoi
«Hai i capelli di papà» disse piano «e gli occhi di mamma»
La sberla lo colpì all'improvviso, uno schiaffo debole e dato d'istinto, ma che gli fece più male del previsto
«Per questo?!» strillò Ayako, gli occhi dilatati dalla furia «ti mandano a morire perché sei illegittimo? Ti buttano via come un rifiuto per questo?! E a te sta bene?»
Yoichi balbettò qualcosa, la reazione della sorella lo aveva colto talmente alla sprovvista che non stava davvero capendo cosa stesse dicendo.
Ayako intanto continuava a urlare, rossa di rabbia
«Parlerò a nostra madre! Nostra! Ti ha cresciuto lei! Hai diritto a chiamarla madre come tutti noi!»
Una risata gli risalì la gola. Yoichi rise mentre le lacrime gli scendevano dalla faccia
«Per questo sei arrabbiata? Perché nessuno ti ha detto... cosa facevo?»
Strinse Ayako, la abbracciò forte mentre anche lei piangeva.
La sorella non disse nient'altro, tranne bofonchiare qualche parola contro la sua spalla e dargli qualche pugno affettuoso

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