Cap11 Un gelato al gusto...rivelazioni*-*

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Alex :)

Straordinaria, meravigliosa, memorabile, adorabile,fantastica...speciale. "Quanti modi per descrivere questa giornata." Kevin e io siamo usciti per un appuntamento, ma non uno normale, e da questa mattina che stiamo insieme, abbiamo passeggiato, parlato, riso, giocato e ci siamo scambiati all'incirca un milione di baci a stampo. Sono felice e non riesco a togliermi il sorriso dalle labbra, lo so forse è presto, forse non dovrei sperare che questo che c'è tra noi possa trasformarsi in qualcosa di più...forse, forse, forse...solo ora mi rendo conto che non voglio pensare a niente e godermi questa giornata.

Abbiamo appena finito di cenare e Kevin..."o meglio:il mio Kevin" ha deciso di portarmi in una bellissima gelateria dove preparano il gelato più buono del mondo."Beh questo lo decido io, visto che sono una grande esperta in materia."

Abbiamo parlato tanto e di tante cose ma non so perché non ci siamo raccontati niente delle nostre reciproche famiglie. E ho intezione di fare io la prima mossa. Voglio che capisca che mi fido di lui tanto da raccontargli cose che non ho mai detto a nessuno. "Mi tremano le mani solo al pensiero."

<<A cosa pensi? >> Mi chiede il mio bellissimo accompagnatore mentre mi passa il mio gelato a cioccolato e limone. Sono rimasta sbalordita dal suo tenero comportamento al parco, non è insistente come gli altri ragazzi ma mi sta dando la possibilità di fare la prima mossa quando mi sento pronta.

<<A quanto deve essere buono questo gelato.>> Dico dondolandomi sui talloni.

<<Ooh è squisito credimi. Solo hai scelto un insieme di gusti un pò strano.>> Mi dice arricciando il naso. Lui ha scelto cioccolato e nocciola. Un classico.

Ci sediamo su una panchina.

<<Beh tesoro, non sai che ti perdi.>> Inizio a mangiare il mio gelato e alzo un sopracciglio. Lui sorride.

<<Ti va di farmelo assaggiare? >> Mi chiede avvicinando il viso vicinissimo al mio, ha il suo solito sorrisino beffardo."Cavolo ma fa proprio caldooooo..."

<<Mmhh non so...>> Dico agitando la mano per aria. Poi mi infilo una cucchiaiata di gelato in bocca.

<<Mmmmh...si si è proprio buono.>>

Lui continua a fissarmi le labbra, riempio un'altra cucchiaiata cercando di catturare tutti e due i gusti. Cioccolato e limone. Mi mostra un mezzo sorriso convinto che è per me invece...glielo infilo in bocca. Rido come una scema vedendo il pasticcio sulla sua faccia. Poi tira fuori la lingua e inizia e leccare il gelato, ride come matto.

<<Allora è buono?>> Gli dico socchiudendo appena gli occhi.  <<Sii sincero.>>

<<Ok, lo ammetto, e buonissimo. Eppure non lo avrei mai detto. Sono due gusti così diversi eppure...>> Lascia la frase in sospeso come se anche lui stesse pensando la stessa cosa. I suoi occhi si incastanano nei miei. "A volte mi sembra che riesca a leggermi fin dentro all'anima. "

<<Eppure si completano a perfezione.>> Dico, continuando la sua frase.

Per un pò ci guardiamo e tra noi cala il silenzio, ma non si tratta di imbarazzo o di altro...semplicemente ci prendiamo un attimo per riflettere su quello che abbiamo appena detto. "La diversità...e la completezza. "

Finiamo di mangiare il gelato molto silenziosamente. <<Parlami della tua famiglia!>> Quella frase mi esce dalla bocca senza neanche rendermene conto. Noto che si rabbuia. "Oddio...ho rovinato tutto!"

<<Scusa.>> Cerco di rimediare. Si volta verso di me di scatto. Non riesco a comprendere cosa gli balena per la mente. Semplicemente voglio sapere tutto di lui.

<<Per cosa?>> Aggrotta la fronte.

<<Non avrei dovuto chiederti della tua famiglia in questo modo, forse non vuoi parlarne o forse non sei pronto per condividere la tua vita privata con me o forse non ti piaccio abbastanza,  cavolo ho rovinato tutto...>> Mi chiude la bocca con una mano. Sembra scioccato.

<<Da dove le hai cacciate tutte queste parole?>> Mi sorride.

<<Quando sono nervosa mi capita di dire cose a vanvera. Scusa.>> Gli dico.

<<Smettila di scusarti.>> Mi rimprovera.

<<Oh, scusa. Cioè...io...>> Sospiro. "Uccidetemi."Di nuovo sul suo viso aleggia un mezzo sorriso.

"Beh scema sta ridendo di te..." Dico tra me e me. Ma non mi importa mi piace il suo sorriso.

Kevin mi prende per mano e ci sediamo su una panchina dietro ad alcuni alberelli, si riesce a vedere l'hotel dove abbiamo fatto il servizio fotografico del matrimonio, e abbiamo davanti a noi una bellissima vista del laghetto. Sono appena le otto di sera. Mio padre mi ha telefonato almeno tre volte e voleva capire perché fossi andata all'appuntamento con l'autobus e non con l'auto,io non gli ho dato una risposta concreta. Quando poi ho chiesto a Kevin il perché mi aveva fatto venire con l'autobus lui mi ha detto "perché non volevo te ne andassi troppo presto."

" Il prossimo pulman verso casa è a mezzanotte."

<<Allora che cosa vuoi sapere in particolare?>> Mi chiede distogliendomi dai miei pensieri.

<<Tutto?>> Dico ciò con un sorriso tirato. Siamo seduti così vicino che riesco a sentire il suo profumo. "Bagnoschiuma a cocco...mmmh."

<<Ok...solo se tu mi racconti tutto di te!>> Mi sorride e poi si siede di traverso in modo da potermi guardare in faccia. Annuisco.

<<Siamo qui per questo. Giusto?>> Sono un pò nervosa e mi sudano le mani.

<<Mio padre si chiama Patrick e mia madre Lizzy ho tre sorelle più grandi di me Sharpey, Astrid e Welby. Ho un nipotino e una nonna.>> Dice con un mezzo sorriso.

<<Com'è vivere con tre sorelle?>> Chiedo immaginado già la risposta. Sulla sua faccia aleggia un ghigno.

<<Beh, diciamo che il termine perfetto sia terrificante. Anche se Sharpey è andata via quando io ero ancora piccolo perché si è sposata, vivere con tre donne dentro casa non è semplice. Dovrebbero farmi una medaglia al valore.>> Iniziamo a ridere come matti.

<<Dai, non esagerare.>> Gli do una leggera pacca sulla spalla a mo di riprovero.

<<Tua madre com'è? >> Gli chiedo.

<<Beh credo come tutte le mamme, apprensione, ficcanaso, dolce, premurosa...perfetta.>> Dice sorridendo e alzando gli occhi al cielo.

<<E tuo padre com'è? >> A un tratto il suo sorriso svanisce. Sposta lo sguardo e fissa un punto non definito davanti a lui.

<<Lui...lui...a dire il vero non lo so...>> Dice come se non riuscisse a capacitarsi delle sue stesse parole, si passa una mano tra i capelli.

<<Che vuoi dire?>> Gli chiedo con cautela.

Gli accarezzo il volto con una mano, in modo da farlo girare verso di me. Vedo qualcosa di diverso nei suoi occhi. Mi cinge con entrambe le braccia e mi avvicina a lui. Ora mi trovo tra le sue gambe e contro il suo petto, riesco a sentire i battiti del suo cuore e il respiro regolare. "Il suo profumo." Fa un respiro profondo.

<<Kevin,  non sei costretto, se non vuoi parlarne...>>

<<Non ne parlo mai con nessuno, ma quando sto con te e come se mi rendersi le cose più semplici.Posso essere me stesso.>>

Mi sussurra quest'ultima frase in un orecchio ed è come se mi facesse sentire al sicuro.

Attendo che lui inizi a parlare e non dico niente mi limito a stringermi ancora di più a lui e a guardarlo negli occhi.

<<Mio padre era un viglie del fuoco, uno dei migliori. Era diventato caposquadra da pochi mesi, lui e il suo migliore amico avevano deciso già da ragazzini che quello sarebbe stato il loro mestiere fino alla fine dei loro giorni...>> L'abbraccio ora è più insistente la sua voce più roca.

<<...una sera venne chiamato per un'emergenza, un palazzo disabitato da anni stava andando in fiamme, mio padre si diresse sul luogo con tutta la squadra compreso il suo amico di infanzia. Non so se sai come si svolge il loro lavoro. >> Mi chiede guardandomi dolcemente, capisco che quello è un modo per prendersi una pausa dai ricordi che gli riaffiorano la mente.

<<Si, mio cugino sta studiando per diventare viglie del fuoco e io lo aiuto sempre. So che anche se l'edificio viene definito disabitato bisogno sempre controllare se ci sono persone all'interno. >> Gli dico sorridendogli.

<<Brava piccola.>>"Cavoli mi ha fatto arrossire."Mi accarezza una guancia. Poi continua.

<<Il palazzo era ormai completamente in fiammo e c'era stato l'ordine di non entrare. Una senzatetto arrivò di corsa urlando che il suo bambino era nell'edificio che lei lì ci viveva. Ethan, l'amico di mio padre entrò senza pensarci due volte, senza avere avuto ordini da nessuno, e senza maschera dell'ossigeno. Mio padre gli urlò contro, ma niente, lui si immerse tra le fiamme per recuperare il bambino. Dopo quasi un minuto non usciva allora Patrick entrò nell'edificio...>> Sospira. E poi mi strofina il naso contro la mia guancia.

<<Continua.>>Gli dico in un sussurro. Lui annuisce e mi stringe di nuovo.

<<...vide Ethan bruciare tra le fiamme, il suo migliore amico era bruciato dalla testa ai piedi. Mio padre lo preso in spalla con tutta la forza che poteva, infortunandosi e lo portò fuori di lì. >> Le mie mani strette lungo le sue braccia. "Non voglio sapere come finisce."

<<Ethan era già morto, ma a mio padre lo dissero solo dopo due giorni quando fu dimesso dall'ospedale. Si scoprì che la donna era malatta mentalmente e aveva inventato tutto, da allora mio padre non ha potuto più lavora come viglie del fuoco e rifiutò il posto come amministratore. Poi ha cominciato a bere e a fregarsene della sua famiglia. Gli hanno dato una medaglia come simbolo del coraggio per il lavoro che aveva svolto, ma lui ogni volta ripete che nessuna medaglia può ridagli indietro il suo migliore amico. >> Le lacrime hanno preso a scendere sulle mie guance senza neanche rendermene conto, non voglio sembrare debole, allora cerco di scacciarle via asciugarmi con il dorso della mano.

<<Hey.Cosa fai? Perché piangi, non avrei dovuto raccontarti niente. >> Mi porge il suo fazzoletto e mi sorride dolcemente, con il pollice mi asciuga una lacrima.

<<Non sto piangendo...>> Dico Schiarendomi la voce. <<...Grazie che me ne hai parlato. >> Gli stampo un tenero bacio sulla guancia. Non so che cosa dire.

Dopo un attimo di silenzio.

<<Sei arrabbiato con tuo padre?>> Gli chiedo notando come i suoi occhi siano diventati più scuri.

<<Si.>> Mi risponde deciso.

<<Perché? >> Gli chiedo.

<<È cambiato. Non metto in dubbio che lui abbia sofferto, anzi io stesso andavo a recuperarlo per strada dopo una delle sue solite ubriacate...>> Agita la testa freneticamente. <<Gli siamo stati vicini ogni santo giorno. Ma cazzo lui ci ha letteralmente abbandonati, ha cominciato ad essere violento con la mamma e le mie sorelle, io so difendermi ma loro sono delle donne. Sono passati tre anni da allora e non riesce a rendersi conto...non riesce a capire quanto fa schifo. >> La sua espessione è quasi inorridita.

<<Ho provato a convincere la mamma a cacciarlo di casa, non si merita di vivere con noi.>>

<<Non puoi dire questo, le persone vanno aiutate con tutti i mezzi a disposizione e non abbandonate.>>Gli dico quasi con tono severo.Capisco il dolore che prova ma come può allontare il padre dalla sua famiglia.

<<No tu non capisci...>> Ora sembra quasi che voglia allontanarsi da me, ma io lo stringo forte per fagli capire che può fidarsi di me, per fargli capire quanto gli sono vicina anche se non appoggio la sua decisione."Maledizione lui che sembra così forte, non è giusto che non riesce a difendere la sua famiglia." <<...faccio così tanti lavori che non riesco a contarli sulle dita, lo stesso vale per mia madre e per le mie sorelle. Non sai che cosa significa sentirsi abbandonati dalla persona che credevi ti volesse bene.Venire maltrattati o derisi. Questo fa male e se non si prova sulla propria pelle non si capisce.>> Dice agitando la testa.Vedo nel suo sguardo quanto abbia sofferto.

<<Invice lo capisco meglio di quanto tu possa immaginare...>>

Si gira di scatto e mi fissa negli occhi.

<<Che vuoi dire?>>

Faccio un profondo respiro. "Forza Alex ora tocca a te."

Kevin :)

"È come se mi fossi tolto un peso dalle spale, come se ora potessi finalmente respirare." È la prima volta che racconto a qualcuno della mia schifossisima famiglia,  di quell'idiota di Patrick. Poi quando ho visto la mia piaccola Al con le lacrime agli occhi quasi mi sono pentito di ogni singola parola uscita dalla mia bocca. Lei una ragazza così dolce non merita di soffrire.

La sento agitarsi tra mie braccia, ha le mani intrecciate sul suo grembo, lo sguardo basso. Da quando ci siamo seduto l'ho tenuta stretta tra le mie braccia e fino a un secondo fa sembrava essersi rilassata, ma ora si è irriggidita e contiuna a torturarsi le mani. Le solletico il collo con la punta del naso e lei emette un leggero risolino e poi mi guarda come se volesse capire se fidarsi o meno.

<<Puoi fidarti di me. Lo sai vero?>> Fa un cenno di si con la testa.

<<Sono felice che tu mi abbia parlato della tua famiglia...>> Mi dice poi poggia la testa sulla mia spalla. <<...sai sono poche le persone che mi conoscono veramente bene, del mio passato non ne ho mai parlato con nessuno.>> Mi dice in sussurro.

<<Perché? >> Gli chiedo aggrottando un pò la fronte. Sembra cosi preoccupata.

<<Me ne vergono...>> Dice alzando la testa per guardarmi negli occhi. La luce fioca del lampione mi permette di guardare affondo nei suoi occhi. Da quando li ho visti la prima volta ho pensato che nascondessero un segreto, ora riesco a vederci quasi il dolore..."Alex, la mia Alex ha sofferto." E come se quello sguardo mi fosse entrato nell'anima e mi avesse gia detto tutto ciò che devo sapere.

<<Promettimi che non lo dirai a nessuno.>> Mi implora.

<<Hai la mia parola.>> Le dico accarezzandole la schiena per rassicurarla. Fa un lungo sospiro e comincia a parlare tenendo lo sguado fisso sull'erba verde del parco.

<<Avevo tre mesi quando mi hanno trovata abbandonata avanti ad un orfanotrofio, avevo solo un biglietto nella coperta in cui ero avvolta e c'era scritto "non posso tenerla" o almeno è questo quello che mi hanno raccontato. >> Come se un macigno mi fosse appena caduto sul petto, sento che il mio cuore ha saltato un battito. "Sentirsi abbandonati."

<<Al...cazzo piccola, sono un fottuto idiota, mi dispiace.>> Mi prende il viso con entrambi le mani.

<<No!>> Dice agitando la testa. <<Non voglio la tua pietà Kevin, non devi dispiacerti. Voglio solo raccontarti tutto di me. Ma non devi sentirti addolorato per quello che mi è successo...già troppe persone credono che sentirmi dire che gli dipiace mi faccia stare meglio. >> Il suo sguardo è più intenso, il mio abbraccio più forte. Con tutta la forza che ho dentro cerco di restare calmo."Se potessi spaccherei il mondo."

<<Capisco.>> Le bacio una guancia. E lei accenna un sorriso.

<<Dall'età di tre anni ho cominciato a cambiare diverse case famiglia. Generalmente una ogni mese se mi andava bene, se mi andava male quasi ogni due settimane. >> Inizia a rilassarsi di nuovo.

<<Perché così tante? >> Le chiedo. "Una bellissima bambina come lei come si fa a lasciarla andare."

<<Ero una bambina silenziosa, non mi era mai piaciuto giocare con gli altri bambini e quando qualcuno cercava di avvicinarsi cominciavo a piangere fino a perdere i sensi. Nessuno si era mai preso la briga di spiegarmi il perché mi avessero abbandonata, nessuno sprecava un solo secondo per rispondere alle mie domande . Volevo solo capire perché io non avevo un mamma e un papà. Invece mi mettevano in una diversa casa famiglia non appena si stancavano di me, o quando non andavo d'accordo con i loro figli o perché mi rifiutavo di mangiare ed erano costretti a portarmi in ospedale. Ogni volta che tornavo all'orfanotrofio mi ripetevano che ero una bambina cattiva e che non averei mai trovato nessuno che mi volesse veramente bene. Infondo i miei genitori mi avevano abbandonata. >>

"Cazzo, cazzo...la mia piccola." Cerco di trattenere le fottute lacrime."Mantieni la calma Anderson."

<<Se non ce la fai non sei obbligata a continuare.>> Le sussurro dolcemente. "Non voglio farla soffrire."

<<È passato tanto tempo...e poi stare vicino a te mi fa sentire bene. Kevin è la prima volta che riesco a parlare di questo con qualcuno...e...ooh scusa sono una stupida, e solo che...tu mi piaci.>>

Un sciocco sorriso mi si stampa sulla faccia.

<<Non sei una stupida, anche io mi sento così quando sto con te...e poi anche tu mi piaci molto.>> Le accarezzo una guancia e lei mi sorride.

<<Guarda mi fai imbarazzare e divento rossa come un peperone.Vuoi lasciarmi finire...>>

"Quanto è dolce."

<<Sei bellissima peperone...>> Gli sorrido. <<Continua.>>

<<Bene...>> Sospira <<...quando avevo sei anni una famiglia aveva deciso di adottarmi avevano già due figli Teddy di vent'anni e Nick di tredici. Per la prima volta ero felice perché avevo due fratelli stupendi. Purtroppo però quelli che dovevano essere i miei genitori non era affatto delle brave persone. Lei si prostituiva e lui beveva. Come avessero ottenuto i permessi per l'adozione non lo so visto che sia io che i miei fratelli eravamo stati adottati...>> Sembra che si sia rattristata ma continua a stringersi forte a me come se volesse proteggersi dal male che le hanno fatto.

<<Gli volevi bene ai tuoi fratelli?>> Le chiedo cautamente.

<<Oh si, li adoravo. Io gli volevole bene e loro ne volevano a me. soprattutto Teddy. Lui tutte le volte che quello che doveva essere nostro padre tornava ubriaco mi nascondeva in camera sua e non gli permetteva di farlo entrare. Teddy lavorava in un bar e spesso portava me e Nick al cinema o a mangiare il gelato.>> Sorride dolcemente al ricordo.

<<Poi che cosa è successo?>> Le chiedo.

<<Quell'uomo schifoso tornò a casa ubriaco più del solito e aveva anche fatto scorta di droga. Tornò a casa prima del solito quel giorno.>>

Il suo sguardo sembra perso nel vuoto.

<Entrò in casa arrabbiato , scaraventò Nick dalle scale così forte che riesco ancora a ricordare le sue urla, uscii dalla stanza di Teddy e corsi verso di lui per aiutarlo, ma quello mi fermò e mi prese per un braccio, cosi forte che lo sentii quasi ruppersi tra le sue dita. Mi portò in cucina, Nick cerco di fermarlo ma lui lo spinse via facendogli colpire la testa al muro e facendogli perdere i sensi.>> Le sue mani stanno tremando.

<<Piccola.>> Le strofino il naso su una guancia.

<<Oh Kevin...>> Le lacrime presero a scendere sulle sue guance. "Voglio sapere, devo sapere."

<<Non riuscivo a parlare, volevo urlare, ma era come se non avessi più le forze. Avevo solo sei anni e lui mi stringeva forte. Poi si tolse la camicia che indossava e mi strappò i vestiti di dosso. Voleva farmi del male lo sentivo. Allora cominciai ad urlare, volevo che Teddy fosse lì a dirmi che andava tutto bene, volevo stare in camera sua a giocare con il peluche che mi aveva regalato. Sentii uno schiaffo sulla guancia e poi un'

altro, caddi a terra, la porta di casa si aprì all'improvviso...>> Il respiro comincia a diventargli irregolare ha le mani che tremano.

"Maledizione sta gelando. "

Mi tolgo il cardigan che mi ero portato e glielo poggio sulle spalle, sta piangendo, la stringo più forte a me e lei tiene la testa premuta sul mio petto. Le accarezzo lentamente i capelli e appoggio la mia guancia sul suo capo. Ha un profumo delizioso, menta, fragola e cioccolato. "È così dolce."

<<Stai bene? >> Le chiedo. Guardo l'orologio e tra meno di un paio d'ore dovrà prendere l'autobus. Vorrei poterla portare via con me. Mi fa un cenno di si con la testa.

<<Vuoi continuare?>>

<<Si. Quando la porta si aprì mi resi conto che era Teddy, corse verso quel mostro e gli ficcò un coltello dritto nel petto, il sangue era da tutte le parti. Mi prese tra le braccia, ero stanca e ora che Teddy era con me avrei voluto solo dormire ,prese anche Nick andammo di sopra e riempì un borsone con tutte le nostre cose. Ricordo che scendemmo le scale, poi ci fu uno sparo. Il mio fratellone mi strinse forte, mi sussurrò che mi voleva bene e alla fine si accasciò a terra continuando a stringermi forte. Piansi, sentivo le lacrime bruciarmi gli occhi, ma sentivo il suo calore allora mi addormentai accarezzando i capelli dell'unica persona che mi avesse mai voluta bene...>> Il mio cuore batte così forte che temo di avere un infarto.

La giro verso di me, i miei occhi fissi nei suoi, riesco a leggere il dolore di quella bambina, le sue lacrime mi fanno male. "Ma come è possibile? " Come può succedere che una semplice ragazza bianca possa essersi incastonata dentro di me come se mi conoscesse da sempre. Senza pensare le prendo il viso tra le mani.

<<Va tutto bene...>> Le sussurro sfiorandole le labbra con le mie.

<<Va tutto bene.>> E poi come se il mio corpo andasse da sè, come se fosse l'unica cosa che mi tenga in vita, le dò un bacio.

Le nostre labbra che si accarezzano dolcemente, il suo sapore, le sue mani che stringono la mia camicia, i nostri respiri affannati e nostri battiti accellerati.

"Un bacio intenso, un bacio che vale più di mille parole."

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