CAPITOLO 33

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Salii in macchina, mentre Matt faceva partire l'auto.
"Allora, sei agitata?" Chiese, mentre ci immergevamo tra il traffico mattutino.
"No, so già come deve procedere un'ecografia, non è niente di che." Risposi, scrollando le spalle ed appoggiando la testa al finestrino stanca.
"Allora non sarà un problema." Matt stava cercando qualcosa di cui parlare, ma io non ne avevo completamente voglia.
Continuavo a sentire una specie di senso di abbandono da quando Logan se n'era andato, sentivo una morsa stringermi il cuore, una specie di peso che mi faceva male, ma con cui avevo imparato a convivere. Era strano quando le persone che pensavi non ti avrebbero mai lasciato, poi erano le prime a farlo, a farti soffrire orribilmente.
"Vedrai che si sistemerà tutto." Cercò di incoraggiarmi Matt, staccando la mano dal volante per strofinarmi il braccio, capendo quali fossero i miei pensieri.
"Lo spero, ma mi sembra una cosa impossibile." Mi risistemai sul sedile.
"Probabilmente Logan capirà di aver sbagliato e tornerà, credo che ti ami ancora."
"Se fosse così non mi avrebbe mai lasciata sola." Chiusi gli occhi, facendo un respiro profondo. "Non so come farò quando lo vedrò a scuola."
"Ci saremo io e Tamarra. Devi anche parlare con Jason di questo." Mi ricordò, lanciandomi un'occhiata di rimprovero.
"Sì, lo so, me l'hai detto un milione di volte ormai." Esagerai, stringendo le spalle in dentro, come per cercare di proteggermi.
"Spero tu capisca che lo faccio per il tuo bene." Mi disse con tono gentile.
"Sì, lo so." Ribattei, appoggiando tutta la schiena al sedile.
Il resto del viaggio fu in silenzio; arrivammo nel parcheggio, lui spense la macchina e scendemmo. Entrai all'ospedale con Matt al mio seguito, mentre ci dirigevamo verso il reparto d'ginecologia, per poi aspettare il nostro turno. Ci volle circa mezz'ora, dato che Matt aveva insistito per arrivare in anticipo, per evitare di saltare, per qualsiasi imprevisto, l'ecogafria. Entrammo insieme, accomodandoci di fronte al medico; i miei avevano fatto in modo che fosse una loro amica, Amanda Dixon, a visitarmi, in questo modo loro non avrebbero dovuto perdere un giorno o ore di lavoro, dato che serviva sempre un adulto per visite di quel genere, ma sarebbe benissimo bastato che qualcun altro mi avesse accompagnato ed io avessi fatto il loro nome.
"Lei è?" Chiese la donna seduta di fronte a me: aveva i capelli neri come il carbone raccolti in uno chignon basso molto stretto, e da quello che sembrava, doloroso; gli occhi grandi e scuri erano nascosti dietro ad un paio di occhiali spessi e colorati. Il sorriso era cordiale e gentile, amichevole.
"Sono Vanessa Smith, figlia di Leonard e Drew Smith." Risposi, schiarendomi la voce.
"Oh, sei quella Vanessa allora, piacere di conoscerti." Mi porse la mano. "Io sono la dottoressa Dixon."
"Il piacere è tutto mio." Allungai il braccio per poterle stringere la mano.
"Lui suppongo sia il padre del pargoletto che porti in grembo." Cercò di intuire lei, rivolgendo il viso verso Matt.
"Oh, no, non è lui." La corressi, sentendo la voce abbassarsi sempre di più. "Lui è il mio migliore amico, è come un fratello. Ecco vede, il padre non è potuto venire."
"Non ha preso bene la notizia, diciamo." Corse in mio aiuto lui, mentre io abbozzavo un sorriso.
"Oh, okay. Beh, mi dispiace, scusate, non lo sapevo." Cercò di recuperare imbarazzata, portandosi una ciocca di capelli sfuggita dallo stretto chignon dietro l'orecchio.
"Che ne dici se iniziamo?" Disse, dopo aver trovato sul computer la mia cartella e quando fu passato un attimo di silenzio.
Io annuii in risposta mentre mi alzavo.
"Allora, tira su la maglia e la canottiera -nel caso tu la stia indossando- e slaccia i bottoni dei pantaloni, se ci sono; poi puoi stenderti sul lettino." Mi ordinò, alzandosi dal suo posto dietro alla scrivania ed avvicinandosi allo schermo. Feci come lei mi aveva detto, mentre Matt mi affiancava in piedi, a lato del lettino. La dottoressa Dixon mi spalmò sull'addome una strana gelatina fredda, per poi premere un po' sopra il piccolo congegno che avrebbe rivelato cosa c'era nel mio utero. Non si riusciva a distinguere quasi nulla sullo schermo, d'altro canto ero solo alle prime sei-sette settimane e la pancia era appena gonfia, non potevo pretendere niente.
"Ottimo, sei solo all'inizio, ma direi che è in salute il feto, per adesso." Constatò verso la fine della visita, mettendo al suo posto il piccolo aggeggio e pulendomi un po' l'addome, per poi passarmi dei pezzi di carta per finire di pulirmi; mi disse che potevo anche tirarmi giù la felpa, dato che la visita era finita.
"La visita non ha dato alcun risultato rilevante o grave." Ci informò la dottoressa, scrivendo qualcosa sul computer. "Non ti devi preoccupare, va tutto bene ed il feto è in ottima salute." Si poggiò con i gomiti sulla scrivania, sorridendomi in modo gentile. Nel frattempo io mi ero sistemata e mi ero riavvicinata alla scrivania, le braccia incrociate al petto. "Ci vediamo tra un mese, quando dovrai venire a fare la prossima ecografia." Si alzò in piedi, allungando una mano per congedarmi.
"Arrivederci." Le strinsi la mano, mentre Matt mi circondava le spalle con un braccio e mi conduceva fuori dall'ambulatorio.
"Non ti porto a scuola, torniamo a casa." Mi disse, camminando nei lunghi corridoi dell'ospedale.
"Perché? Sto bene." Ribattei sicura.
"Solo perché il piccolo e tu state bene fisicamente, non vuol dire che tu stia bene emotivamente." Spiegò, mentre uscivamo dall'edificio.
Rimanemmo in silenzio, fin quando non fummo entrambi in macchina, a quel punto Matt riprese: "Hai avuto un crollo emotivo per quello che è successo ieri con Logan, almeno oggi cerca di rilassare la mente, non sforzare l'attenzione in una lezione che non ti prenderebbe."
"Tu come fai?" Chiesi, portandomi i capelli su un lato.
"Starò anch'io a casa; i voti sono buoni, un giorno non farà differenza. Inoltre, non voglio lasciarti da sola, soprattutto adesso." Mi rispose, girando la chiave.
"Non sei costretto." Gli ricordai.
"Lo so." Ribattè, lanciandomi un sorriso gentile e dolce, che non potè fare a meno di far sorridere anche me.
"Te l'ho mai detto che sei il migliore?"
"Lo sapevo già."

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