Capitolo 29. Il posto da cui sgorga la pace

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

Una volta arrivati sul tetto, dopo una frenetica corsa su per le scale d'emergenza, la scena che gli si parò davanti scosse Leonardo nel profondo. L'uomo, doveva essere Cailean, si librava a mezz'aria, sospeso dal pavimento a circa mezzo metro d'altezza, circondato da un'aureola di saette che gli danzavano accanto e che avvolgevano l'immortale in una luce diafana e ultraterrena. Intorno a quell'inquietante figura orbitavano lentamente alcune spade fiammeggianti che rilasciavano ondate di calore magico.

Charlotte stava a qualche metro di distanza, con la schiena adesa alla balaustra metallica che delimitava il bordo, il corpo trapassato da una moltitudine di lame che la tenevano incastrata alla ringhiera; a terra, a qualche metro dai suoi piedi, giacevano le sue pistole e la sottile spada, che pareva un giocattolo rispetto ai pesanti spadoni che spuntavano dall'esile corpo della vampira.

«Ben arrivati,» disse Cailean, alzando la mano in saluto. «Non volevo mettere fine all'esistenza di Marie prima di permettervi di salutarla per l'ultima volta.»

Charlotte urlò qualcosa in francese con voce roca e Cailean scosse la testa, abbozzando un sorriso.

«Io libero Charlotte,» sussurrò Michela, sfiorando l'avambraccio di Leonardo. «Leo, devi guadagnarmi abbastanza tempo. Fede, tu coprici.»

Il cugino di Michela fece un cenno d'assenso, mentre le braccia di Leonardo avvamparono di fuoco magico. Per un momento aveva temuto di essere arrivato troppo tardi e il cuore aveva perso qualche battito quando aveva visto il corpo martoriato di Charlotte. Era un pensiero strano, dato che il destino della francese si sarebbe compiuto quella notte in ogni caso, ma Leonardo avrebbe fatto qualsiasi cosa per proteggerla e per aiutarla; l'idea che potesse soffrire anche durante i suoi ultimi momenti lo dilaniava e gli toglieva il fiato, proprio come se avesse un solo polmone funzionante. Possibile che si fosse affezionato alla vampira fino a quel punto e in così poco tempo?

Protese le mani in avanti e un turbinio di fiamme roventi ruggì contro la snella sagoma fluttuante di Cailean Dow che, però, quasi non alzò neanche lo sguardo sull'inferno che si stava abbattendo su di lui: mosse la mano davanti a sé in un gesto distratto e il fuoco magico dell'Archi si disperse contro una barriera invisibile, infrangendosi nell'aria in mille scintille e scomparendo con sbuffi di fumo. Leonardo si mordicchiò il labbro e incalzò con un secondo incantesimo, questa volta generando un largo arco fiammeggiante che si aprì a ventaglio intorno all'immortale. Non pensava che sarebbe stato facile, ma l'estrema noncuranza con cui il loro avversario aveva annullato il suo attacco era un chiaro segnale di quanto quella lotta fosse impari. Così com'era accaduto poco prima, anche il secondo incantesimo cozzò contro le difese magiche dell'immortale, svanendo in un cumulo di lapilli.

«Ah ah,» disse Cailean, puntando lo sguardo su Michela, che si era lanciata in una corsa frenetica per raggiungere Charlotte. «Giù le mani da Marie.»

Puntò il dito contro la maga e una delle armi infuocate scattò in avanti, sibilando attraverso l'aria rovente. Federico Guelfi puntò la mano verso la cugina e un scintillante muro di energia magica si frappose fra la ragazza e la spada.

«Non reggerà a lungo,» mormorò il ragazzo.

Cailean corrugò la fronte, seguendo con lo sguardo la sagoma di Michela a malapena visibile attraverso l'ondeggiante barriera magica: la ragazza aveva percorso la distanza che la separava da Charlotte e si era fermata davanti al suo corpo imprigionato. Altre quattro armi si distaccarono dal loro moto di rotazione intorno al padrone e volarono, veloci, verso di lei, apparentemente intenzionate a fracassare la protezione magica con l'impeto del loro slancio.

Con il braccio tremante a causa dell'energia magica che lo pervadeva, Leonardo scagliò una potente raffica d'aria compressa, intercettando le armi volanti e facendole deviare dalla loro traiettoria; nello stesso momento spostò lo sguardo sull'immortale e una saetta magica si generò davanti a lui, crepando l'aria, bruciando la distanza tra di loro e abbattendosi con un lampo contro il loro nemico. La luce rischiarò l'ambiente, disegnando curiose ombre danzanti sul pavimento. Il clangore delle spade che rovinavano a terra venne coperto dal fragore assordante del tuono che fece tremare l'aria, mentre la saetta infrangeva la protezione magica di Cailean e si abbatteva su di lui. Lo spostamento d'aria investì Leonardo, che indietreggiò di un passo, e un silenzio innaturale scese sul campo di battaglia, come se il rombo di tuono si fosse portato via tutti i suoni del mondo.

L'unico rumore proveniva dal limitare del tetto, a qualche metro di distanza dall'Archi, dove Michela aveva aiutato Charlotte a liberarsi dalle spade che la tenevano incastrata alla balaustra metallica.

«Non male. Ti ho sottovaluto.»

Leonardo si voltò di scatto, sobbalzando per la vicinanza inaspettata della voce. Cailean Dow era tornato con i piedi per terra e stava immobile a pochi passi da lui; non era più circondato dagli incantesimi attivi pochi istanti prima e, visto così, con la maglietta lacera e il volto sporco, non sembrava proprio un potentissimo mago millenario. Sul petto gli si apriva uno squarcio annerito e fumante, alcuni orli di pelle carbonizzata ancora crepitavano a contatto con l'aria gelida della sera, ma lui non sembrava neanche farci caso: i suoi occhi blu erano fissi sul giovane mago, intellegibili e freddi. Ci si poteva perdere nelle immensità di quelle iridi, parevano un gelido oceano immenso. Leonardo rabbrividì.

Due spari echeggiarono nell'aria e i fori dei proiettili si disegnarono sulla fronte e sul petto dell'immortale, che barcollò all'indietro con un ringhio. Charlotte si era separata da Michela per lanciarsi in avanti con le pistole protese verso il suo secolare avversario; il volto era trasfigurato e contratto e gli occhi iniettati di sangue. Mai come in quel momento sembrava essere diventata il mostro in cui si era trasformata dopo la morte.

Distratto dal brusco movimento della vampira, Leonardo reagì con qualche secondo di ritardo: Cailean puntò il braccio contro il terreno e un'esplosione di energia elettrica scarlatta si dipanò dalla sua posizione, estendendosi in un battito di ciglia su tutta la superficie del tetto. L'incantesimo colpì in pieno il giovane Archi che sentì l'energia rovente pervadergli ogni muscolo del corpo, penetrando nella carne e nelle ossa, lacerando le terminazioni nervose e ustionando la pelle; cadde all'indietro, urlando a squarciagola, la vista annebbiata da lampi scarlatti e il corpo contratto in una serie di violente convulsioni; il dolore era così intenso e continuo che Leonardo desiderò solo di poter morire, continuare ancora anche solo per qualche secondo l'avrebbe portato alla pazzia. Farla finita, dopotutto, non sarebbe poi neanche stato così male: avrebbe rivisto suo padre, quello vero e non la macabra imitazione che gli era comparso in sogno; sarebbero stati insieme e avrebbero recuperato tutto il tempo che era stato loro sottratto. Sì, non sarebbe stato così male... cosa poteva esserci di meglio della pace eterna?

Poi il dolore cessò e rimase solo un cupo ronzio di sottofondo nelle orecchie a coprire i suoni ovattati del mondo esterno. Ancora pervaso da alcuni tremiti, il mago rimase riverso a terra, incapace di pensare, incapace di desidera di muoversi. Attese che la fine arrivasse, perché non poteva accadere diversamente: il loro avversario era troppo potente. Se Giorgio Archi, il mago più potente e pericoloso dello Statuto, si era arreso, cosa poteva sperare di combinare lui? Lui che aveva rifuggito la magia per anni, lui che tremava di fronte al prezzo che la Trama avrebbe preteso. Se il migliore di loro aveva fallito, che cosa potevano sperare di ottenere tutti gli altri?




Quando il reticolo di fulmini scarlatti si era espanso su tutto il campo di battaglia, Charlotte aveva chiuso gli occhi d'istinto, in un riflesso mai dimenticato dalla sua vita passata che costringeva i mortali a distogliere lo sguardo nel momento della propria morte. Quando li aveva riaperti, pochi istanti dopo, giaceva a terra e la metà sinistra del corpo era ustionata ed emanava sinistri sbuffi di vapore. Davanti a lei si erigeva uno scintillante e semi opaco muro che pulsava di energia magica, frantumato a metà dalla potenza dell'incantesimo che Cailean Dow aveva rilasciato su tutti loro; la parte della barriera che non era crollata era stata abbastanza per proteggere il resto del corpo dalla scarica magica e la vampira sentiva che le ferite sul braccio e sulla gamba sinistra si stavano già rimarginando. Un tonfo dietro di lei la costrinse ad alzarsi di scatto e a voltarsi: Michela era crollata sul ginocchio a qualche passo da lei, piangeva e si teneva il braccio sinistro. I vestiti ridotti a brandelli lasciavano intravedere la pelle sciolta e la carte ustionata, e i continui spasimi che la pervadevano non contribuivano certo a lenire il dolore che la maga stava provando.

«Oh bon dieu,» mormorò la francese, strisciando verso la maga.

Quando Cailean aveva lanciato quel terribile incantesimo, Michela doveva aver provato a erigere quella barriera per difendere sé stessa e la vampira, ma non aveva messo in conto la tremenda potenza dell'immortale. Charlotte lanciò un'occhiata verso il punto dove, pochi attimi prima, Leonardo e un altro ragazzo stavano combattendo: vide solo una sagoma fumante stesa a terra e, pochi metri più indietro, una figura rannicchiata in posizione fetale contro la parete del vano delle scale d'emergenza. Si morse il labbro e sentì le zanne affondare nella carne gelida. Cazzo, non poteva finire così, non dopo tutto quello che aveva passato! Non poteva venire sconfitta di nuovo!

Arrivò davanti a Michela che le ferite sul suo corpo non morto erano quasi guarite del tutto, sentiva solo un leggero formicolio a indicare che la pelle non si era ancora rigenerata come prima.

«Michela,» la chiamò, poggiandole una mano sulla gamba.

Lei piangeva, ma teneva la mano sana sul braccio carbonizzato e Charlotte percepì la flebile presenza della magia intorno a lei. Sorrise, stupita ma colpita dallo spirito combattivo della ragazza: Michela non si era ancora arresa, anche lei doveva fare lo stesso.

«Che cosa pensavate di fare?»

La voce di Cailean, curiosamente incrinata, attraversò il silenzio innaturale che li circondava. Il lurido immortale stava in piedi al centro della superficie di cemento brullo, la maglietta ridotta a brandelli lasciava scoperto il torace asciutto e ben definito; il foro che Leonardo gli aveva aperto nel petto poco prima era già sparito.

«Non vi rendete conto che state prolungando inutilmente la vostra agonia?» proseguì Cailean.

Stava iniziando il classico monologo da cattivo delle serie tv, e Charlotte non aveva proprio alcuna voglia di subirselo. Roteò gli occhi, alzò l'unica pistola che le era rimasta (l'altra le era sfuggita di mano) e sparò un singolo proiettile, che gli si conficcò nella pancia.

Michela sospirò e regolarizzò il respiro; anche il battito si stava quietando, segno che la magia curativa stava facendo il suo corso.

«Marie...» Cailean le puntò gli occhi contro, gli angoli della bocca piegati verso il basso e la fronte contratta. L'aveva fatto incazzare, alla fine, e quella era già una soddisfazione immensa.

Un lieve bagliore di luce si accese oltre l'inferriata metallica, a qualche metro alle spalle del suo nemico. Charlotte abbassò le sopracciglia mentre lo scozzese sembrava non essersi reso conto che qualcosa si stava avvicinando dall'esterno dell'edificio. Qualcosa di grosso e luminoso, molto luminoso.

«Avrei dovuto distruggerti quella notte a Versailles,» disse lui, facendo un passo in avanti e fissandola con intensità, quasi a volerla uccidere con il solo sguardo. «Avrei dovuto essere più cauto e sincerarmi che fossi tornata dalla tua Signora.»

Fece un verso di scherno e sventolò la mano davanti al volto.

«Che cosa avrà mai fatto per ottenere tutta questa fedeltà dai mortali?» sbottò, stracciandosi con ira quel poco che rimaneva della maglietta.

Dal bordo del tetto spuntò una testa e Charlotte sgranò gli occhi: era immensa, lucida e pareva fatta di fiamme liquide.

«La Signora sfrutta l'umanità dall'alba dei tempi, succhiando l'esistenza dei viventi per sostenersi. È un tumore, un'edera infestante maligna e crudele!» urlò Cailean, avanzando di un altro passo. Era così immerso nella sua rabbia che non aveva notato la gigantesca sagoma umanoide rovente che gli si era innalzata alle spalle.

La vampira sentì Michela, dietro di lei, trattenere il fiato, ma non riuscì a staccare gli occhi da quell'infernale apparizione. Aveva sentito dei racconti da alcuni colleghi dell'Interpol riguardo quei mostri: esseri provenienti da un altro piano dell'esistenza, fatti di pura forza elementale mista a energia primigenia. Alcuni maghi più potenti erano capaci di squarciare i muri che separavano le realtà ed evocare quegli esseri, piegandoli al loro volere; non dovette chiedersi a lungo chi, tra i presenti, possedesse quel potere: Pamela fluttuava nell'aria accanto al gigante di fuoco, i capelli mossi dal vento le conferivano un aspetto ultraterreno, quasi angelico. Il luccichio negli occhi, invece, la rendeva più simile a un demonio.

Cailean si bloccò di scatto e corrugò la fronte, disegnando una serie di rughe sopra le sopracciglia. Si voltò, dando le spalle a Charlotte e Michela, e alzò lo sguardo sull'enorme apparizione che lo sovrastava. La vampira avrebbe dato qualsiasi cosa per poter vedere la sua faccia in quel momento. Le fiamme che componevano il corpo del mostro danzavano e creavano gorghi e spirali, emanando un calore infernale tutto intorno.

«Che—» fece Cailean, ma non finì mai la frase.

La gigantesca mano del mostro di fuoco si abbatté su di lui con forza. L'impatto fece tremare l'edificio e delle ampie crepe si aprirono nel cemento. Magma rovente e lapilli di fuoco si sparsero su tutto il tetto e Charlotte dovette rotolare di lato per evitare uno zampillo fiammeggiante.

«Cazzo!» disse Michela, era rovinata a terra in seguito all'impatto e fissava l'essere, terrorizzata.

Cailean era sparito sotto la mole della mano, ma la vampira sapeva che nulla sarebbe servito e che, prima o dopo, lui sarebbe sempre tornato. Ma aveva abbassato la guardia; quello era il suo momento, il migliore che avrebbe avuto quella notte.

Con un rapido balzo, la francese si accostò a Michela e le porse la mano per aiutarla a mettersi seduta. Per un istante si fermò a guardarle gli occhi e a studiare le venature color acquamarina che contornavano l'intenso verde dell'iride. Ah, se solo si fossero incontrate in un'altra vita.

«Devo farlo, prima di andare,» disse Charlotte, abbozzando un sorriso.

«Cosa?» le chiese Michela, spostando gli occhi impauriti su di lei.

La vampira si protese in avanti, le prese il mento tra le dita e insinuò le labbra fra quelle calde di lei. Michela sobbalzò, sorpresa, ma rimase immobile, gli occhi sgranati. La sua bocca emanavano un calore piacevole e il sapore... ah, il sapore era proprio quello che Charlotte si era sempre immaginata! Le ricordava le ciliegie di cui andava ghiotta da viva. Si sarebbe voluta dimenticare dei suoi obblighi e rimanere così per sempre, ma non aveva vissuto un'eternità solo per finire a fare la figura dell'adolescente innamorata. Alla sua veneranda età doveva dimostrare maturità ed essere ligia al dovere, altrimenti che esempio avrebbe dato a quei giovincelli?

Si staccò da quel bacio improvvisato a malincuore, ma sorridendo. Michela, invece, la fulminò con gli occhi e la francese non riuscì a non scoppiare in una fragorosa risata.

«L'ultimo sfizio della mia non vita,» commentò, buttando a terra la pistola ed estraendo la spada che, poco prima, si era curata di rinfoderare. «Pensa a Leonardo: è ancora vivo, ma il suo battito è debole.»

Si voltò e strinse le dita sull'elsa dell'arma che l'aveva accompagna per così tanti anni.

«Arrivederci, Michi.»

Non attese risposta, ma scattò verso il punto dove la mano del gigante di fuoco si stava staccando dal pavimento crepato. Cailean stava eretto al centro della pavimentazione liquefatta, circondato da mille lapilli di fiamme e da magma che colava dall'immensa mano che l'aveva colpito. I suoi vestiti erano spariti, così come ogni altra parvenza di umanità: era ridotto a un manichino abbrustolito, pareva essere uscito da una di quelle terribili fotografie del museo della pace di Hiroshima. Non sarebbe durato a lungo, comunque; più la corsa della vampira la portava vicina, più le tremende ustioni svanivano e la carne si richiudeva per tornare a comporre la figura umana che conosceva ormai molto bene. Ma, per la prima volta nel giro di secoli, lui sembrava non essere preparato al suo attacco.

Charlotte gli fu addosso con un balzo e l'immortale fece appena in tempo a voltarsi per vedere gli occhi infiammati della sua nemesi prima che la sottile lama gli penetrasse la gola da parte a parte. L'impeto dello slancio della francese fu abbastanza per scaraventarlo a terra con un grugnito ferino e lei ne seguì il movimento, inchiodandolo al terreno con le gambe e con la spada. Ritrasse l'arma con un fluido gesto e gliela conficcò nel petto, sentendola attraversare cassa toracica e schiena e penetrare in una delle crepe aperte nel cemento sottostante.

L'immortale tossì uno spruzzo di sangue, ma sogghignò e fece per alzare il braccio sinistro. Per fortuna, Charlotte aveva imparato la lezione e aveva a portata di mano la sua arma segreta, l'asso nella manica che aveva preparato insieme a Leonardo. Si tastò la schiena alla ricerca del discreto marsupio legato alla cintura e affondò le dita all'interno, trovando la fredda superficie del cubo di pirite che aveva preso da villa Archi.

Si mossero allo stesso momento: lui protese le dita verso di lei con un ghigno malefico sul volto, mentre lei, impugnando la pietra che ancora emanava energia arcana, gli mollò un manrovescio sul labbro, aprendogli un profondo taglio e facendogli volare via un dente candido. Leggere il terrore in quegli occhi secolari le ricordò un orgasmo; non aveva mai visto nulla di così bello. Ridendo, Charlotte premette sull'orrido viso di Cailean il pugno chiuso che conteneva l'arma più potente contro quel genere di nemico; non l'avrebbe allontanata da lui finché non avrebbero regolato i loro conti. Avevano entrambi un appuntamento che non poteva proprio più attendere.

«Levami quella roba di dosso!» ruggì il secolare mago, reso impotente dal suo stesso incantesimo che permeava il cubo di pirite. «Stai facendo un grosso errore, Marie!»

«Ferme ton clapet, fils de pute!» mormorò Charlotte.

Si avventò su di lui e lo sentì urlare mentre tutta l'arcata dentale si chiudeva sulla sua morbida gola. Con un sonoro schiocco, chiuse la mandibole, tranciando carne, pelle, muscoli e nervi, e il sapore ferroso di sangue le inondò le papille gustative. Ma non si godette quella sensazione, no, non poteva fermarsi a gradire il pasto: quel sangue era marcio e il solo sentirne l'odore così vicino le faceva venire voglia di risputarlo tutto indietro. Quello che stava facendo non era per gusto personale, bensì per dovere; lo doveva a Gaston, lo doveva ad Anne Marie, lo doveva alla Signora... lo doveva a sé stessa, perché era quello che aveva desiderato di più in ogni istante di quella schifosa pantomima di vita! Il sangue le scorreva tra i denti, inondandole la lingua e la gola, ma non lo voleva, le faceva schifo l'idea di inghiottire la linfa dell'uomo che aveva così tanto odiato. Il suo desiderio era diverso, ma ora che vedeva così vicina la fine non sapeva come muoversi. Che cosa doveva fare per liberarsi della sua maledizione? Che cosa le aveva risposto Shinichi quando gliel'aveva chiesto, quel capodanno a Kyoto?

"Noi lo sappiamo", aveva detto il giapponese; i rintocchi solenni dell'enorme campana del Chion-in scandivano le sue parole. "Quando lo vorrai fare, la tua anima lo saprà e te lo sussurrerà con parole dolci e inequivocabili. È come il primo bacio, o come muovere i primi passi da bambino; non c'è un manuale d'istruzione, Charlotte. Nessuno saprà mai dirti come fare, perché non c'è un come, ma solo un quando".

Sul come non riusciva ancora a darsi una risposta, ma il quando era infine arrivato. E quindi fece come aveva sempre fatto: seguì ciò che Shinichi le aveva consigliato. Il sangue le scorreva dentro e fuori dalla bocca, Cailean urlava e le ricopriva la schiena di pesanti pugni, ma per Charlotte era come essere sospesa nel vuoto e nel silenzio. Si limitò a desiderarlo, a chiedere alla Signora che la sollevasse dal suo obbligo e che le donasse la pace.

"Pace non è un concetto reale", le aveva detto Shinichi, un giorno, mentre si prendevano una pausa dai loro allenamenti; "Pace è uno stato mentale. Non puoi trovare la pace qui fuori", aveva alzato la mano per muoverla intorno al capo, poi l'aveva abbassata e aveva puntato il dito contro il petto della francese, aggiungendo: "Qui è l'unico posto da cui sgorga la pace".

Sorrise e un pensiero pieno di nostalgia andò all'ultimo momento che aveva passato con l'insostituibile maestro giapponese.

Poi non vide e non sentì più nulla.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro