Capitolo 16. Paranoïa

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Ruoto la manopola che regola la temperatura dell'acqua, ora è gelata, le gocce sbattono sulla mia pelle, vorrei che lavassero via tutta la tristezza e la paura che ho maturato nel week-end.

A trovarmi era stato un gruppo di cacciatori, erano fuori per una battuta di caccia; girava voce che qualche cervo si fosse spinto fino a qui all'estremo nord-est. Erano stati così gentili da aiutarmi a ripulirmi e sulla strada del ritorno uno di loro aveva ritrovato anche le mie cose. Il telefono era ancora nella tasca destra della giacca e nello zaino non sembrava mancare niente. Ero molto scosso e non ho potuto mentire, ho detto loro la verità, qualcuno mi aveva inseguito e ad un certo punto per continuare ad avanzare avevo dovuto abbandonare tutte le mie cose. Uscendo dal bosco notammo delle impronte differenti dalle mie e più grandi, così ebbero anche loro la prova definitiva ma minimizzano il tutto dicendo che sicuramente era stato qualche mio amico a farmi uno scherzo perché la nostra è una città tranquilla.

Una volta a casa sano e salvo avevo chiuso tutte le finestre, tutti gli scuri e anche tirato le tende, chiusa la porta e tirato il chiavistello, mi scusai con Merluzzo ma non volevo che nessuno potesse entrasse e quindi nessuna passeggiata o avanti indietro da casa nemmeno per lui. La signora Lopez aveva cercato di insistere invitandomi a pranzo l'indomani, ma non mi fidavo ad attraversare neanche il breve tratto di strada che separava la mia dalla sua abitazione, nemmeno se fosse stato un giorno pieno di sole senza contare dei sospetti che nutrivo su di lei.

Ero terrorizzato, sono tutt'ora terrorizzato. Non sono riuscito praticamente a chiudere occhio nelle ultime quarantottore, basta un qualsiasi rumore per mettermi sull'attenti e a causa dell'adrenalina non mi addormento più. Esco dalla doccia e corro a vestirmi, da quando ho tolto lo specchio in bagno sono meno a disagio col mio riflesso ma l'enorme spazio vuoto mi infastidisce. Metto i pantaloni della tuta neri con un maglione azzurro pastello a collo rigorosamente alto, cucito a mano dalla signora Lopez, con una lana molto grossa. Non tiene molto caldo ma all'apparenza mi fa sembrare più grosso ed è un abbigliamento molto comodo nel caso in cui dovessi scappare ancora dal mio stalker. Il clacson di una macchina interrompe i miei pensieri, deve essere Lauren, gli ho chiesto se stamattina poteva darmi un passaggio alias non voglio andarci a piedi da solo, anche perché il tempo è ancora nuvoloso e la nebbia infesta ancora le strade, rendendo tutto molto spooky, dicono che nevicherà presto.

Appena salgo in macchina mi racconta della festa a cui si è imbucata sabato, di quanto si sia divertita e di quanto ieri sia stata male e abbia vomitato tutto il giorno; come direbbe la signora Lopez "la sera leoni e la mattina coglioni" commento.

<< Ti prego non iniziare anche tu a farmi la paternale ci hanno già pensato i miei genitori e poi queste frasi fatte dai, tu sei al tuo ultimo anno, dovresti essere il primo che esce e si sfascia! >> ribatte lei.

<< Ci pensa già la mia vita a sfasciarmi grazie, poi bevo solo quando sono con Alex. >>

<< Su questo potremmo ancora rimediare! >> scherza.

La sua piccola berlina rosso fiammante rispecchia in pieno la sua personalità ma i copri sedili maculati mi fanno quasi rimpiangere di averle chiesto uno strappo, anche se l'accessorio più tamarro e l'adesivo con la sua firma in corsivo sulla portiera sinistra. La invidio, io non potrei mai osare tanto. A metà strada si ferma per fare benzina così io ne approfitto per andare a cercare due caffè doppi bollenti ma una volta entrato nel piccolo locale accanto alla stazione di benzina mi paralizzo. Inizia a mancarmi l'aria, c'è troppa gente, sento di nuovo quella maledetta sensazione dietro al collo, la paranoia mi assale, sembra che tutti mi stiano guardando e se tra di loro a mia insaputa ci fosse anche la persona che mi ha inseguito sabato mattina? Fortunatamente Lauren entra poco dopo e mi trascina con sé facendosi strada nella marea di gente fino alla cassa. Pago per entrambi ma lascio che sia lei ad aspettare i caffè ed esco a fumare una sigaretta.

Bugia, ma non del tutto. Appena esco riempio i polmoni d'aria e mi appoggio al muro sul retro del locale, l'unico modo per darmi pace e smettere di pensare è di girarmi una canna. Sabato essendomi barricato in casa non volevo far partire l'allarme antincendio ma adesso credo di essere abbastanza protetto dalla vista di qualcuno e Lauren a giudicare dalla fila ne avrà per un po'. Tiro fuori , dallo zaino un piccolo astuccio nascosto in una tasca interna e la rollo in fretta. L'accendo e mi godo ogni boccata, non l'avevo mai fatto prima di entrare a scuola, ma come mi sono ridotto? Sto per finirla, mi sento già meglio, più tranquillo e leggero quando la faccia di Lauren fa capolino da dietro al muro e io lancio il mozzicone dietro a un cestino. Mi esorta ad andare in macchina, salgo e mi passa il caffè ma è stranamente silenziosa, cavolo forse mi ha beccato, non ho mai toccato questo tasto con lei.


<< Non dirmi che per non pensare ad Alex ti sei ridotto così? Non pensavo ci stessi così male mi dispiace ma drogandoti ti fa solo del mal...>> scoppia a ridere.


<< Sei uno stronzo potevi offrire, senti secchiamo le prime due ore e andiamo alla baia di luna che dici? >> Propone lei.


<< Approvo il programma e non temere ho tutto il necessario ma sarà meglio comprare anche qualcosa da mangiare prima di arrivarci! >>


Nessuno dei due ha veramente voglia di tornare a scuola e così restiamo tutta la mattina parcheggiati alla baia di luna, anche chiamata baia delle coppie, location molto gettonata per i primi appuntamenti au clair de la lune. Al di sotto dello strapiombo le onde s'infrangono rumorosamente raggiungendo altezze paurosa, ma da quassù mi sento al sicuro o forse sono talmente fatto che non m'importa più di niente.


Mi vibra il telefono. Un nuovo messaggio.


Oggi non si è presentato all'incontro settimanale con la sottoscritta e non ho ricevuto la sua lettere di presentazione della quale le avevo parlato sabato mattina durante la restituzione dei dati personali relativi al questionario. Propongo di vederci giovedì pomeriggio dopo la sua lezione di arte. Cordialmente, K. Williams.


Decisamente sono stra fatto altrimenti non avrei mai dimenticato il nostro appuntamento del lunedì, ci sono andato giù pesante con le ultime due e anche Lauren accusa il colpo, cerchiamo di riposare ma la sua macchina è troppo scomoda e fa abbastanza freddo. Lauren convinta di poter guidare si mette al volante, arriviamo a casa mia per miracolo, senza farci beccare da nessuna pattuglia e senza causare danni, ci addormentato nel mio letto ancora vestiti, con la giacca e le scarpe.

Hanna giace a terra, sguardo vitreo, pelle bianchissima, labbra viola, è freddissima io invece mi sento bruciare, bruciare dalla forza che le ho preso. Mentre la baciavo mi sentivo rinascere lentamente e ne volevo ancora , qualunque cosa fosse quella cosa che assorbivo da lei. Esatto assorbivo, come se la sua energia passasse da lei a me, colmando quel vuoto che avevo dentro. Ora è immobile per terra, mi volto e nello specchio vedo un mostro, un mostro dagli occhi viola, gobbo e con i denti aguzzi, quello sono io realizzo con stupore e amarezza. Spacco tutti gli specchi ma poi lo sento gridare nella mia testa, "mostro", "sei un mostro" sempre più forte con varie intonazioni. Mi tappo le orecchie e i accovaccio per terra, il corpo di Hanna è sparito, le docce si sono aperte all'unisono e l'acqua allaga la stanza invece di scendere nello scarico; in un batti baleno l'acqua mi arriva alla gola e mi mozza il respiro. Chiudo gli occhi preparandomi al peggio, li riapro e mi trovo al centro in un prato sconfinato al limitare di una fitta foresta, da dentro alla foresta due bagliori viola mi scrutano. Cerco di correre ma sono ancorato a terra, trattenuto da delle radici che si attorcigliano intorno al mio corpo, soffocandomi.


Il rumore del campanello e qualcuno che bussa pesantemente alla porta mi destano salvandomi da quello che realizzo essere stato un incubo orrendo, scendo sudato e ancora intontito le scale, mi stropiccio gli occhi e sbircio dallo spioncino della porta.

<< Ethan apri questa fottuta porta o la sfondo, so che sei in casa vedo l'auto della tua amica parcheggiata nelle aiuole di tua madre >>.

È Alex e dal tono della sua voce è proprio furioso. Apro la porta ma non tolgo il chiavistello e lo osservo. Eh si, è proprio nero, arrossato e con il respiro accelerato.

<< Ti hanno visto farti una canna di prima mattina in un luogo pubblico, ma cosa ti è saltato in mente? Non so perché tu stia facendo l'irresponsabile ma almeno non mettere nei guai anche gli altri! >> Disse indicando poi l'auto di Lauren, fortunatamente non aveva nessun danno alla carrozzeria e quelle piante erano morte da tempo.

Mi raschio la voce, ho la bocca asciutta e impastata spero di non suonare ancora fatto.

<< A-Alex pensa alla tua vita che io penso alla mia okaay? Se dopo una decina di giorni di assoluto silenzio ti sei fatto tutta la strada per sbraitarmi addosso te lo potevi anche risparmiare okaay? >> gli sputo in faccia, voglio che senta nella mia voce tutto il dolore e l'odio che sto provando.

<< Sei solo un bambino e in queste condizioni non si può discutere con te, tornatene a dormire che è meglio >>.

<< E-E tu allora torna dalle tue T****! >>

Faccio per chiudere la porta ma il suo piede la blocca, la sua mano afferra il maglione e mi tira contro la porta bruscamente. Le nostre facce sono vicinissime, il suo profumo mi invade le narici.

<< Solo perché sei fumato non vuol dire che puoi trattarmi di merda, sono venuto qui perché sono preoccupato e perché di te mi importa e lo sai! E se vogliamo dirla tutta quello che fino a poco fa era a letto con una ragazza sei tu! >>

Le lacrime bagnano i suoi occhi senza però cadere, non di fronte a me per lo meno.

<< Quando capirai che per te ruberei anche la luna? >> bisbiglia.

Mi lascia andare e si avvia verso la sua moto a spalle curve e senza voltarsi. Chiudo la porta, mi ci appoggio e scivolo per terra.

Soltanto dopo parecchie ore, svanito l'effetto dell'erba e del mio orgoglio realizzo quanto lui abbia ragione, quanto mi bruci ammetterlo, mi sono comportato come un bambino e non ho pensato alle conseguenze, io e Lauren abbiamo rischiato tanto mettendoci al volante in quelle condizioni.

Indubbiamente senza quei postumi non gli avrei mai risposto così, ma è inutile piangere sul latte versato, non ne combino mai una giusta, sono proprio senza speranza.

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