Luna Rossa

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Viviana riprese i sensi nel buio. L'odore del sangue la nauseò e trattenne un conato a fatica, tentando di capire dove fosse e cosa stesse accadendo.

"Ti sei svegliata, bambina" udì una voce, che non conosceva.

La ragazza cercò di alzarsi e capì di avere caviglie e polsi legati.

"Dove sono? Chi sei?" gridò, spaventata "Che succede?".

"Calmati, Viviana! Respira! Nessuno ti farà del male".

La giovane, per nulla convinta, si divincolò e i suoi occhi iniziarono ad abituarsi all'oscurità. Vide una donna molto anziana, colei che prima le aveva rivolto la parola. La stanza aveva spessi muri di pietra e sul pavimento si intravedevano macchie di sangue, illuminate da piccole fiaccole.

"Dove sono?" chiese ancora la ragazza "Chi sei tu?".

"Sei alla Rossa Luna, in una stanza speciale. Che non eri ancora pronta a vedere. Purtroppo sei mostruosamente curiosa e con te devo accelerare i tempi".

"I tempi? I tempi di cosa?".

"Sai di un uomo di nome Filippo?".

"Il mio insegnante di musica si chiama Filippo. Perché?".

"Si chiamava Filippo. Ha tentato di portarti via. Ma tranquilla, bambina: nessuno ti farà del male".

"Si chiamava? Ha tentato?".

Viviava si agitò ancora di più, capendo di chi fosse quel sangue in terra.

"Ogni uomo che varca i nostri confini..." continuò l'anziana "Viene eliminato. Sacrificato. Fatto a pezzi".

La ragazza lanciò un grido terrorizzato, tentando di allontanarsi da quella donna vestita di rosso.

"Sai perché questa casa si chiama Rossa Luna? Perché qui la falce si tinge di rosso con il sangue di chi deve essere distrutto".

"Ma... ma lui non voleva farmi male! Lui voleva solo...".

"Portarti via dal tuo luogo sicuro, bambina! Qui sei al sicuro!".

"Al sicuro?! Voi uccidete la gente!".

"Uccidiamo gli uomini. Coloro che ci hanno picchiate, umiliate, stuprate, abbandonate, dominate... Gli uomini come tuo padre o come questo tuo professore, che credeva di sapere cosa fosse meglio per te".

Viviana scoppiò a piangere, terrorizzata. 

"Non aver paura" sorrise l'anziana, mostrando per la prima volta la mano che celava dietro alla schiena, che stringeva un falcetto d'oro insanguinato "Io non ti farò alcun male. Devi solo capire".

"Capire?! Capire cosa? Io... perché mi hai legata? Vuoi uccidermi?".

"Ma no, piccola! Qui non si uccidono le donne! Volevo solo evitare che tu scappassi, tesoro. Per spiegarti. E, quando avrai capito, ti libererò senza torcerti un solo capello".

"E come faccio a fidarmi?".

"Oh, avanti! È grazie a me se sei qui, lontano da tuo padre che ti picchiava! Io sono la tua prozia Ada!".

La ragazza non sapeva che dire. Non aveva senso quel che stava sentendo, forse si trattava di un sogno o era stordita per colpa di qualche allucinogeno!

"Quando ho sentito che la mia amata nipote veniva vessata e maltrattata, ho dovuto agire. Non potevo semplicemente invitarvi, non potevo ricomparire dopo tutti questi anni nella vita di tua madre senza una ragione. Una morte con eredità era la scusa perfetta per farla venire qui, e con lei ovviamente voi bambine. Io vi ho salvate da vostro padre. Capisci che vi avrebbe uccise, vero?".

"E se venisse qui lo uccideresti tu, vero?".

"Assolutamente sì. E non proverei alcun rimorso".

La giovane non poteva credere alle sue orecchie. Trattenne il fiato, tentando di capire quel che poteva fare. Non riusciva a fare a meno di tremare e le lacrime le rigavano il viso.

"Non piangere, bambina. Col tempo capirai".

"Qui... tutti sanno che uccidi la gente?".

"Uccido gli uomini. E no, non lo sanno tutti. Solo quelli pronti a saperlo. Come la tua insegnante, che usa infusi magici per calmare gli animi, o come la capovillaggio che con saggezza ci guida. Sono donne che hanno compreso e ci vuole del tempo. Purtroppo tu hai saltato qualche tappa...".

"E... e quindi? Che mi fai adesso? Ti prego, lasciami andare! Giuro che non racconterò ad altre quello che ho visto, te lo giuro! Non farmi male!".

"Non voglio farti male".

"E allora slegami! Voglio tornare da mia madre, mi starà cercando!".

L'anziana non si mosse. Viviana continuava ad agitarsi, singhiozzare e tremare, mentre arrancava a terra in cerca di una via d'uscita. La prozia attese pazientemente, finché le forze di Viviana vennero meno e si calmò.

"Ora sei pronta ad ascoltare" le mormorò dolcemente, slengandole i polsi col falcetto.

Viviana ansimò, stremata, e non riuscì a reagire.

"Questo villaggio esiste da secoli" narrò l'anziana "Siamo brave a rimanere nascoste e creare un luogo ideale per tutte le donne in difficoltà. Si basa su collaborazione, aiuto e sorellanza. Siamo tutte unite, capisci?".

La ragazza non aprì bocca.

"Mi dispiace sapere che quell'uomo non aveva poi intenzioni troppo malvagie nei tuoi confronti ma cerca di capire. Qui tutto si basa su un equilibrio perfetto e strutturato. Un uomo, specie se vuole trascinare via una di noi, non può essere lasciato andare. Potrebbe raccontare in giro di noi e sarebbe la fine".

Viviana si  asciugò le lacrime, tentando di riprendere energia.

"Pensa a cosa accadrebbe se il mondo da cui tu provieni, fatto di guerra, violenza, caos e dolore, entrasse qui. Saremmo tutte in pericolo, ritrovate da quegli uomini da cui siamo fuggite, e non ci sarebbe più alcun porto sicuro per altre che verranno dopo di noi. Capisci? Ho dovuto fare quel che ho fatto, e lo farò ancora, per preservare l'integrità di questo villaggio".

"E io... cosa ti aspetti che faccia?".

"Innanzitutto vorrei vederti tranquilla. Perché io non alzerò mai la mia falce contro di te. Te lo prometto. Poi, ovviamente, mi aspetto silenzio. Puoi parlarne con la tua insegnante e con la capovillaggio, che già sanno, ma tua madre ancora non lo sa. E non penso ti crederebbe".

"Mi basterebbe portarla qui...".

"Ci sono moltissimi passaggi segreti in questa casa. Non mi farei trovare. E il sangue può essere anche di una pecora o una mucca, non puoi provare sia di un uomo".

"Ho capito...".

"Sai... ora che sei a conoscenza della verità... mi piacerebbe che tu tornassi qui. Mi piacerebbe passare a te la mia falce, un giorno. Mi riempirebbe di gioia. Ma prima devi capire, capire per davvero. E sono certa che lo farai, devi solo smetterla di pensare al passato e concentrarsi su quanto ha da darti questo posto".

La ragazza riflettè qualche istante. Che poteva fare? Sua madre non le avrebbe mai creduto, non dopo tutte le paranoie precedenti, e non aveva contatti con l'esterno. Non aveva scelta. Annuì, deglutendo a fatica.

"Brava, bambina!".

L'anziana le slegò anche le caviglie, permettendole di rialzarsi. Le sorrise, come una matrona accogliente e protettiva, con l'animo da sterminatrice.

"Ora posso andare?" mormorò Viviana.

"Vai pure. E ricorda... è un segreto! Prima o poi tutte ne vengono a conoscenza ma a tempo debito. Tu hai avuto un'occasione unica, speciale, e penso fosse scritto nel tuo destino. Un grande destino!".

La ragazza preferì non dire altro. Corse fuori da quel luogo, ritrovandosi nella cantina di casa sua, e pianse di nuovo. Non sapeva davvero che altro fare se non piangere.

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