Capitolo IX - Nessuno si salva da solo

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Capitolo IX - Nessuno si salva da solo

«Robin, ne hai una anche per me?»

«Ne ho preparate tre, come l'altra volta», risponde lei, e gli cede una molotov e, subito dopo, ne passa una anche a Nancy, che la ringrazia con un sorriso che sa di vera gratitudine, ma non può non notare un velo di paura negli occhi di entrambe e il desiderio, forse, di voler stare altrove eccetto che in quella soffitta.

Steve le guarda, e sa per certo che non sono felici di trovarsi di nuovo lì, ma sa anche che, con o senza di lui, sarebbero partite lo stesso alla ricerca di Eddie e, tutto questo, lo avrebbero fatto per Dustin.

Beh, e tu per chi lo stai facendo se non per lui, Harrington?

La sua voce interiore parla sopra ai suoi pensieri, tentando di razionalizzare qualcosa che non ha ancora concretizzato. Non avrebbe mai lasciato andare quelle due - né tantomeno Dustin - da sole in quel posto di merda; non per peccare di boria, ma è quello che c'è stato più spesso, là sotto, e sa come funzionano le cose, no? È l'unica persona che può muoversi senza troppi dubbi – o paure ad attanagliarlo perché... beh, perché anche se è dura ammetterlo, la salvezza e la felicità dei suoi amici viene prima di qualunque cosa, per lui, e questo lo porterà sempre e inesorabilmente a mettersi all'ultimo posto e ad affrontare qualunque cosa senza mai tirarsi indietro, e non perché non ha paura, ci mancherebbe altro; forse non ne ha abbastanza, quando si tratta di difendere qualcuno, ecco qual è il vero problema.

Steve Harrington non ha ancora chiaro il suo ruolo nella società: non sa cosa vuole diventare (ma sa benissimo cosa non vuole diventare, ovvero come suo padre) ma, ehi, forse inizia a vedere un futuro meno sbiadito. E forse, chi lo sa, ci sono cose che nemmeno si aspetta, al di là del presente.

Si piazza le mani sui fianchi e, guardandosi intorno, si rende conto che la casa, anche lì, è divisa in due e che, per fortuna, molti dei tentacoli che li hanno quasi strangolati l'ultima volta sono spariti. Non del tutto, ma almeno la via è relativamente libera.

«Abbiamo tutto, no? Il fucile, le molotov e le torce. Siamo pronti?», chiede Nancy, all'improvviso, prendendo la sua arma e caricandola, pronta a sparare un colpo se sarà necessario. Il suo sguardo è fisso al centro della stanza dove lo squarcio campeggia al posto di Vecna, ma è impossibile non pensare a lui sospeso lì, attaccato ai suoi tentacoli, che si ciba della vita di chi ha sofferto e ne assimila l'anima.

Gli sale un brivido solo al pensiero.

«Abbiamo tutto e... Nance, sei sicura di voler essere ancora tu ad usare quel fucile?», chiede Robin, ma è una premura, nulla più, Steve lo sa. Non ha alcuna intenzione di sminuire le sue capacità con le armi da fuoco, anzi.

Nancy le rivolge un sorriso che, a detta degli occhi, ha qualcosa di nascosto, qualcosa di non detto, ma Robin, a differenza di Steve, sembra capire.

«Sì, sono sicura. Volevi provare tu?», chiede, e glielo porge, ma l'altra ragazza alza le mani e si tira indietro.

«Non sono coordinata nella corsa, figurati con un'arma così! Sei tu l'esperta e lui...», indica Steve, che alza un sopracciglio, «È l'eroe, io sono solo una risorsa in più. O, com'è che mi chiama Dustin?»

«Un support, ma non sono d'accordo», risponde Nancy, e si scambiano entrambe uno sguardo che, per un attimo, fa sentire Steve totalmente fuori luogo. Non ha idea di cosa stia succedendo tra quelle due, sa solo che da quando si sono conosciute hanno qualcosa, in quei sorrisi e in quegli sguardi che si scambiano, che le rendono decisamente più brillanti e, insieme, sono un'accoppiata esplosiva, in più... beh, forse è di parte, ma spera che Nancy, magari, si renda conto che Robin prova qualcosa per lei e che inizi a farsi due domande, sul perché finiscono sempre per flirtare senza accorgersene.

Quando la sua migliore amica gli ha confidato di aver iniziato a provare un certo interesse per la sua ex, dopotutto, non ne è rimasto poi così stupito. Nancy è brillante, decisa, ma sa anche essere dolce e premurosa. Sa capire le persone, e non vacilla mai. Sono così opposte che sarebbero perfette, insieme.

E tu sei qui che guardi gli altri innamorarsi, Harrington. Pensa, ma stranamente, trova quel fatto quasi divertente.

Chiude gli occhi e, stringendosi il dorso del naso con due dita, sospira fintamente scocciato. «Credo che le priorità, in questo momento. Abbiamo fatto un recap dell'equipaggiamento, ora sarebbe il caso di uscire e andare a cercare Eddie, vi pare?»

«Sì, sarebbe il caso», dicono all'unisono le due, poi si lanciano un'occhiata complice e ridono.

Steve alza gli occhi al cielo e, senza aggiungere altro, si volta verso la scalinata che porta al piano di sotto e tutti e tre cominciano a percorrere lo stesso tragitto di prima, ma a ritroso, verso il piano inferiore della villa dei Creel. I tentacoli sul muro, sul quale sono stati imprigionati qualche giorno fa, giacciono a terra apparentemente privi di vita e, a dirla tutta, Steve non è così certo che lo siano davvero.

«State attente», dice, anche se sa che non c'è bisogno di puntualizzarlo.

Così, schivando residui di carne pulsante e voragini nel pavimento, raggiungono finalmente l'uscita della villa e si fermano al di fuori, nel giardino, e a tutti e tre cade l'occhio dove, ancora nera, l'ombra di Vecna si espande sul terreno, esattamente dove è caduto dopo che Nancy gli ha sparato e dove poi, infine, avrebbe dovuto trovarsi e invece non l'hanno più trovato.

Svanito nel nulla.

«Non era nella casa, non è nei paraggi. Dove si trova?», chiede Nancy, più a sé stessa che a loro due, che si voltano a guardarla.

«Non possiamo saperlo ed è per questo che dobbiamo sbrigarci e andare incontro a Eddie e salvarlo, risalire velocemente ad Hawkins e portarlo probabilmente in ospedale.»

«Sono d'accordo, prima lo raggiungiamo, prima torniamo», gli dà corda Robin e, annuendo, tutti e tre si incamminano verso la fine del vialetto, camminando di lato allo squarcio e raggiungendo così la strada principale.

Lampi e tuoni riempiono l'aria tossica e Steve si copre il naso con la mano, poi tossisce. Ha inalato talmente tanta aria cancerogena di quel posto, che non sa nemmeno se ora ne è immune, o se ha già preso una quantità di malattie mortali che la metà basta.

Non hanno biciclette o altri mezzi di trasporto, la voragine deve averle inghiottite tutte, così devono, loro malgrado, percorrere la distanza da lì a casa di Eddie a piedi ma, se tutto sta andando secondo i piani, prima o poi dovranno incontrarsi.

Steve è più che convinto che, come al solito, qualcosa andrà storto e, quella calma che predomina il sottosopra, non lo rassicura affatto, ma ormai sono lì, e hanno una missione da portare a termine. La strada è deserta, come sempre, buia e piena di particelle bianche che riempiono l'aria. Ogni tanto un lampione si accende, per poi spegnersi con degli sbuffi poco rassicuranti. Auto abbandonate e abitazioni sembrano quasi finte, e creano la pantomima horror di una Hawkins che, a quanto pare, presto diventerà esattamente così se non fermeranno Vecna.

Steve aguzza la vista davanti a sé e, anche se non vuole darlo a vedere, il cuore gli batte fortissimo. Spera di vedere Eddie apparire, prima o poi, di fronte a loro, con la sua bicicletta. Immagina quell'incontro: non ci sarà tempo per i convenevoli, faranno dietro front e, velocemente, raggiungeranno di nuovo la villa dei Creel, saliranno dalla fune e torneranno indietro. Semplice e lineare, ci sarà poi tempo per dirsi tutto quanto, per incazzarsi con lui per aver voluto fare l'eroe, anche se lo ha fatto per far guadagnare loro tempo, riuscendoci in parte. Ha fatto il suo, e forse è l'unico ad aver portato a termine la sua missione, seppur quasi lasciandoci le penne. Non vede l'ora di dirgli quanto è stato stronzo, ma sa anche che gli deve delle scuse, sebbene non abbia idea del perché dovrebbe farlo.

Solo... il cuore gli dice così.

Eppure, più vanno avanti e più Eddie non arriva. Più proseguono, e passano minuti interi, e più di lui non c'è traccia. Se solo ci fosse modo di usare un walkie talkie là sotto; se solo potessero urlare senza la paura di risvegliare creature che, per ora, sembrano lontane dal loro range, probabilmente inizierebbero a chiamarlo.

«Mi sto preoccupando», esordisce Robin, e si sta tartassando le mani strappandosi le pellicine con le unghie, quando Steve si volta a guardarla. «Davvero, ho paura.»

«Vedrai che starà di certo arrivando, magari anche lui a piedi. Magari la bici era rotta. Non possiamo sapere se è incappato in qualche contrattempo, ma non è detto che sia successo il peggio», cerca di rassicurarla Nancy, ma nemmeno lei sembra credere alle parole che ha appena pronunciato, sebbene Robin poi annuisca nella sua direzione, ricevendo una carezza sulla spalla come ulteriore modo di calmarla.

Steve nemmeno è calmo, in realtà i suoi calcoli erano completamente diversi. Si sono dati appuntamento a metà strada proprio per evitare di dover andare troppo oltre, e loro hanno già superato la linea immaginaria che si era disegnato in testa – dunque hanno già superato il punto in cui avrebbero dovuto incontrare Eddie ma, di lui, non c'è traccia.

«Pensate che sia...»

«No, no. Non... non ci sono mostri, non ci sono demo-bats. Evidentemente la sparizione di Vecna ha coinvolto anche quei cosi, o per qualche strano motivo, lo seguono. Dopotutto se è lui la mente che guida tutto...», cerca di spiegare Steve, ma poi si blocca, quando qualcosa attira la sua attenzione. Un suono. Un suono inquietante che arriva in lontananza ma che è troppo difficile ignorare e credere che non lo abbia sentito davvero. Aguzza le orecchie e fa un passo avanti.

«Non dovevamo farlo uscire di casa; dovevamo raggiungerlo noi e aiutarlo a scappare. Siamo armati, abbiamo più possibilità di lui, e le sue condizioni fisiche di certo non lo hanno avvantaggiato.» Nancy sembra arrabbiata, nel dirlo e, dopotutto, forse ha anche ragione, ma Steve non riesce a seguire il filo del discorso con troppa attenzione, impegnato com'è a capire da dove arrivano quei versi.

«Forse sì ma... non abbiamo i mezzi per arrivare da lui, la strada è troppo lunga fino a Forest Hills, a piedi. Lui ha la bici, insomma... dovrebbe essere qui da un pe-»

«Shh!» Steve interrompe Robin e il suo ennesimo flusso di pessimismo e scenari catastrofici. Alza un dito e invita loro ad ascoltare quello che sente. Tutte e due fanno un passo verso di lui e alzano le sopracciglia.

«Sembrano dei versi.»

«Lo sono. Sono demo-bats, ne sono certo», dice Steve, poi corre in avanti e si ferma poco dopo, quando la casa dei Byers – la loro vecchia casa, fa capolino oltre una collinetta. «Casa di Will», mormora.

«Cosa?», chiede Nancy e gli si affianca.

«Oh, merda», dice Robin, che ha appena usato il binocolo che porta attaccato al collo per guardare; lo passa a Nancy e lei si affretta a guardare. Soffoca un rantolo e si posa una mano sul cuore, e a sua volta cede l'oggetto a Steve, che non perde tempo a guardare attraverso le lenti.

«Ma che caz-»

Uno stormo di demo-bats sta ossessivamente sbattendo contro la parete esterna della casa dei Byers e sono così tanti da sembrare una nuvola nera. Fanno un casino pazzesco e quando si avvicinano il loro verso è sempre più forte e rabbioso, ma non fanno nemmeno caso alla loro presenza, troppo impegnati a spaccare l'intera casa e, con un colpo al cuore, Steve capisce il perché.

«Eddie è lì dentro.»

«Co- cosa? Come lo sai?»

«Beh, sarei incazzato anche io con lui se fossi un demo-bat e avesse sterminato metà della mia famiglia», risponde Robin, con il tatto inesistente che la caratterizza nelle occasioni meno propizie.

«Deve essersi rifugiato lì, siccome lo hanno attaccato. Dobbiamo fare qualcosa», dice Steve e, senza aspettare che le due ragazze rispondano, sfila la molotov dallo zaino, tenendo la torcia tra i denti e, senza pensarci due volte, corre verso quei cosi volanti.

Le prime crepe sul muro che sembrano in procinto di spaccare la casa in mille pezzi, e i colpi inflitti alle pareti sono sempre più forti. Alcuni di loro cadono a terra, forse storditi dai colpi, altri muoiono accasciandosi a terra, immobili.

Il volere di Vecna è così forte da rendere le creature al suo servizio fedeli fino alla morte.

Infila la torcia in tasca. «Ehi!», urla, dalla fine del viale, tenendo la molotov in mano e prendendo velocemente l'accendino dalla tasca della giacca con quella libera. Lo apre, fa scorrere il dito sulla rotella in pietra e la fiamma si accende. I demo-bats sembrano ancora troppo presi nel loro tentativo di demolizione, ma quando è più vicino sembrano quasi percepirlo, si fermano, si voltano e lo guardano. «Andate all'inferno!», dice.

Avvicina la fiamma al pezzo di tessuto infilato nella bottiglia. Questo prende immediatamente fuoco e, quando i demo-bats sono pronti a caricarlo per mangiarselo vivo – stavolta per davvero perché sì, dopotutto devono avercela a morte anche con lui per aver morso un loro cugino - lancia la molotov nella loro direzione e...

«Boom», mormora Robin, quando lei e Nancy sono ormai vicine e lo hanno affiancato. Il suono dei demo-bats che rantolano in agonia, tra le fiamme, è stridulo e terribilmente inquietante ma, quando finalmente cadono a terra tutti privi di vita, il silenzio torna a regnare e, come sempre, non è per nulla rassicurante.

Steve guarda Robin e Nancy, che annuiscono. Si gira verso l'entrata della casa dei Byers e, lentamente, si avvicina alla porta; le due ragazze poco dietro di lui e non per paura ma, probabilmente, già pronte a difendere la sua schiena nel caso un nuovo stormo di demo-bats dovesse attaccarli.

Assurdo come quelle due lo facciano sentire al sicuro.

Fa un passo avanti, poi un altro, fino a salire le scale che portano sulla veranda e, infine, si ferma di fronte alla porta. Sente dei suoni, all'interno della casa; sente respiri affannosi, mugugni, imprecazioni incomprensibili e poi, quasi come se potesse passare attraverso i muri, avverte la paura.

Posa una mano sul legno della porta e, con un mormorio insicuro e un battito in meno nel cuore, lo chiama.

«Eddie?»

Non riceve risposta, sente solo altri movimenti dentro la casa, ma non ha idea se si tratti davvero di Munson oppure no. Potrebbe essere un Demogorgone che si sta nascondendo? Non ha idea di quale sia la gerarchia dei mostri del sottosopra ma, a pensarci bene, i demo-bats sembrano moooolto sotto alla catena alimentare del luogo, rispetto ai loro cari vecchi amici Demogorgoni.

«Eddie, sei qui dentro? Sono... Steve. Steve Harrington», dice, ma non riceve risposta. Si lancia uno sguardo con Robin e Nancy; quest'ultima già pronta a sfondare la porta con un calcio.

Poi si sente uno scatto e la maniglia che si sgancia dalla serratura. Steve fa un passo indietro ma, quando la porta si apre e Eddie lo guarda con il viso pieno di graffi, la maglietta sporca di sangue, le mani piene di morsi e gli occhi di chi ha percepito l'inferno bruciare sopra la propria pelle - fa due passi avanti.

Eddie non parla, lo guarda solo e, boccheggiando qualche frase senza senso, fa anche lui un passo avanti, con una fatica dolorosissima persino da guardare. Poi Eddie perde i sensi e le sue ginocchia cedono. Si piega in avanti; Steve fa in tempo a prenderlo sotto le braccia per non lasciarlo sbattere a terra e, tenendolo saldamente, si gira verso Robin e Nancy e fa cenno loro di portarlo in casa.

Non appena sono dentro Steve, aiutato da Robin, lo trascina verso il divano, sul quale lo appoggiano – proprio come è successo tre giorni fa, Harrington, quando ti sei sentito in dovere di regalargli un posto migliore dove riposare in pace. Non hai un deja vu?

Steve scuote la testa, cercando di scacciare via quei pensieri, che lo vedono la causa di tutto, che lo vedono come il protagonista di quella missione che hanno miseramente fallito. Ma non c'è tempo per i sensi di colpa, ora devono solo salvare Eddie. Stavolta per davvero.

Si siede al margine del divano, e gli dà dei colpetti sulle guance, mentre gli occhi scorrono ovunque, sulle sue braccia, sulla sua maglietta, sulle sue gambe e su tutte quelle altre ferite sotto i vestiti che di certo non riesce a vedere. Sente il panico assalirlo; ha bisogno che si svegli e lo rassicuri che sta bene e che sono arrivati in tempo e che, quella pazza incursione non in programma nel sottosopra, non sia stata vana.

«Eddie? Eddie, ehi, amico, rispondi! Ci sei, no? Sei con noi? Avanti!», mormora, mentre Nancy gira per casa alla ricerca di bende o qualche disinfettante e Robin è accanto a lui, silenziosa, sebbene Steve senta la sua ansia dietro al collo alitargli altre paure. Vorrebbe dirle di smetterla e di fare qualcosa, ma sa che è l'unico in grado di mantenere la calma, in quel momento. «Non demordere proprio ora, okay? Sarebbe proprio un dispetto del cazzo!»

Continua a dargli piccoli colpetti sulla faccia, ma senza successo e, quando sta per iniziare a scuoterlo dalle spalle, Robin si avvicina, prende la borraccia dallo zaino e la getta interamente sulla faccia di Eddie che, dopo qualche secondo, in un urlo muto apre gli occhi di scatto e annaspa alla ricerca di un po' d'aria da respirare.

Steve lancia un'occhiataccia alla sua migliore amica che, alzando le spalle, sorride, anche se sta tremando.

«L'ho visto fare nei film, e a quanto pare funziona. Che fortuna lavorare in una videoteca!» Steve la ignora e e torna subito a guardare Eddie. Ha ancora le mani strette intorno alle sue spalle e, quando i suoi occhi incontrano quelli dell'altro, non sa cosa dire.

Non sa cosa prova. Sente solo un senso di sollievo colpirlo in faccia e un vuoto nello stomaco che non sa attribuire a nessuna emozione in particolare.

«Harrington?», lo chiama Eddie, la faccia completamente zuppa, gli occhi spalancati; un'espressione così scema che, se fosse un'occasione diversa, lo avrebbe divertito. La frangetta appiccicata alla fronte.

«Ehi», risponde, in un soffio che sa di sollievo, senza sapere che altro aggiungere, quando l'altro si alza a sedere sul divano e, inaspettatamente, lo stringe forte in un abbraccio goffissimo.

Steve resta attonito per qualche secondo, di fronte a quel gesto fatto decisamente senza pensare ma, poco dopo, rilassa le spalle e ricambia la stretta e, per quanto debba sentirsi l'eroe che ha appena salvato qualcuno, in qualche modo, dentro di sé, sa che anche Eddie, a suo modo, ha fatto lo stesso con lui, rassicurandolo che, tra tutti fallimenti con cui si è interfacciato in questi giorni, lui non è uno di questi.

Lo ha salvato, e gli è grato di essere vivo.

Gli è grato di aver resistito, di non aver gettato la spugna, di avergli tolto un peso enorme che lo stava divorando da giorni.

Quello di non saper più salvare nessuno.

Fine capitolo IX

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