Capitolo XXI - Il Piano

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Capitolo XXI - Il Piano

«Steve?»

Sono appena tornati dalla spesa; alla fine, malgrado il piccolo intoppo causato dalla discussione che hanno avuto, sono riusciti a fare tutto. Nancy è passata a casa, ha recuperato le sue cose e ha consegnato il suo articolo al giornale, dove si respirava un'aria pesante e intrisa di preoccupazione. Non è pratico di quei posti, ma sa che il silenzio non è qualcosa che li contraddistingue. Gli ha fatto quasi impressione vedere tutti seduti a scrivere, senza scambiarsi nemmeno una parola.

È chiaro che la situazione è peggiore di quanto si possa credere e, non sapere la verità, forse amplifica la paura.

Si gira a guardarla, poco prima che possa infilare la chiave nella serratura della porta di casa e Nancy, mordendosi il labbro inferiore, distoglie lo sguardo.

«Che c'è?», chiede, e spera di non averla ferita così tanto da aver spezzato qualcosa, quando l'ha trattata a quel modo in macchina, poco fa. L'ha amata un tempo, ma non ha mai smesso di preoccuparsi per lei solo perché tra loro è finita e hanno preso strade diverse. Soprattutto, però, li lega ancora quel senso di colpa che è solo loro e che, forse, comincia ad essere più un motivo di unione che di separazione, come invece è stato fino ad ora.

«Per quanto riguarda Jonathan...»

«Non c'è bisogno che tu mi dica niente, Nance. Davvero, non ho bisogno che tu ti giustifichi con me.»

«No, non voglio giustificarmi, ma voglio solo essere onesta con te, specie dopo quello che ci siamo detti e poi... ho bisogno di dirlo a qualcuno, con Robin non voglio parlare di Jonathan», mormora, e finalmente torna a guardarlo. Lei, e quegli occhi dalle ciglia lunghissime, che trova ancora meravigliosamente spiazzanti. «In più tu mi hai detto di Eddie e io...»

«Oh, no, no, no, frena! Tu mi hai detto di Eddie. Tu avevi capito, io non ti ho detto niente!», ride senza entusiasmo, e si piazza le mani ai fianchi, come a dire dunque come la mettiamo?.

Vede Nancy sorridere per quella specie di accusa ironica e si sente sollevato. Sa che non ce l'ha con lui e questo è motivo di grande conforto, onestamente.

«Nemmeno io ti ho detto di Robin. Sei stato tu a capirlo da solo. Da quanto ne so lei non ti ha detto niente.»

«No, e penso l'abbia fatto perché tu volevi così. Ma è... palese, ecco. Non ci voleva il genio di Dustin per capirlo, quindi ci sono arrivato pure io che non sono esattamente una volpe, giusto?»

«Non essere così duro con te stesso, sei l'unico diplomato, qui», ironizza lei, e gli dà un pugnetto sul braccio, poi sospira. «L'ho capito quando Jonathan è tornato, che provavo qualcosa per lei. L'ho visto, mi sono resa conto che mi è mancato, che questo anno passato lontani è stato difficile ma... forse non mi è mancato come avrebbe dovuto. Nel senso in cui ti manca qualcuno che ami, non so se hai presente», dice e lui annuisce, anche se forse non ha mai davvero sperimentato una cosa del genere, ma sa di poter capire. Dustin che si struggeva per la sua ragazza lontana lo hanno fatto entrare abbastanza in quell'ottica. «In questi ultimi mesi non ha fatto altro che svicolare sul nostro futuro, sul college, sulla possibilità di vivere assieme, o di scegliere una meta dove spostarci quando invece sembrava che fosse tutto pronto, impacchettato, quando stavo con lui, almeno all'inizio; Jonathan sembrava un futuro certo, e invece per me non lo è più. Quando si è presentato a casa nostra, quel giorno, ho capito. Ho capito che avrei voluto essere da qualunque altra parte, piuttosto che lì con lui e che, per quanto fossi felice di vederlo, non ho sentito... niente

«Pensi che la lontananza sia stata la causa?»

«In parte. Le telefonate piene di rassicurazioni nebulose, la lettera del college mai arrivata. Steve... quella dannata lettera è arrivata a tutti, e a lui no?»

Steve sospira e, massaggiandosi il mento con una mano, finge di rifletterci sopra, ma sa già che la risposta è una sola e Nancy sa esattamente quale sia. Forse, però, vuole che glielo confermi anche lui, che le dica il suo punto di vista e, per quanto non voglia immischiarsi nei loro affari per ovvi motivi, sa che stavolta deve farlo.

Per il bene di Nancy e probabilmente anche quello di Robin.

«Lo trovo un po' difficile da credere», risponde, infine, e lei lo indica con un gesto teatrale, segno che la sua teoria è stata confermata. «Senti, Nance, penso che... magari non ha il coraggio di dirti che non è stato accettato, oppure ha cambiato semplicemente idea e non vuole seguirti. Non credo che l'abbia fatto con nessun intento di ferirti.»

«Ma ha comunque mentito. Non avrei mai avuto nulla da dire se mi avesse detto ehi, Nancy, ho deciso di non frequentare la Emerson con te. Io sto inseguendo un sogno, e non costringerei mai nessuno a fare qualcosa contro la sua volontà, menchemeno Jonathan, solo per le mie ambizioni. Sono anche io convinta che non volesse ferirmi ma... questo non è mentire per una giusta causa, questo è farlo per codardia e io non voglio continuare una relazione basata su questi presupposti. La lontananza ha lasciato un segno, ma pensavo che avremmo risanato le cose, e invece no. E, come se non bastasse...»

«È arrivata Robin», sorride Steve, e lei sospira, poi annuisce.

«So che puoi capirmi. Immagino che anche per te sia stato un po' difficile scendere a patti col fatto che stava iniziando ad interessarti Eddie, no?»

«È ancora difficile», ammette, poi le posa una mano sulla spalla. «Ma ci sono cose che non puoi proprio comandare, in certi casi.»

«Già», risponde lei, poi si lascia andare ad un lungo e sofferto sospiro. «Sono confusa, ma sto bene insieme a lei. E per quanto sia difficile accettare qualcosa che mai avrei creduto sarebbe accaduto in vita mia, non mi importa. Non sarà semplice da spiegare al resto del mondo, ma...»

«Non c'è bisogno di spiegarlo al resto del mondo. Non capirebbe, dopotutto. Ricordi? Ero anch'io così, una volta. Avevo certe idee su queste cose... esattamente come tutti loro. Si può cambiare idea, ma non è un privilegio di tutti, a quanto pare.»

Nancy sorride con dolcezza. «Sono molto orgogliosa della persona che sei diventato, Steve. Davvero.»

«Ero un figo anche prima, ammettiamolo, ma sono diventato decisamente perfetto, ora», ironizza, e lei gli dà uno schiaffo sull'avambraccio, stringendo le labbra, indignata. «Ouch!»

«Sei rimasto il cretino di sempre, però!»

«Ma ho anche dei difetti, sì. Comunque, tornando al discorso, penso che la rottura tra te e Jonathan abbia giovato ad entrambi. Perciò, nel caso tu ti sentissi in colpa, non farlo. Sono certo che, sebbene sia dura chiudere una relazione importante, quando le cose non vanno, è un sollievo per entrambi. Ne so qualcosa», ammette, alludendo senza troppo imbarazzo alla loro storia, che si è chiusa forse nel peggiore dei modi ma, alla fine, sono lì a parlare dei loro sentimenti, delle loro paure, delle nuove strade che hanno intrapreso.

È felice che tra loro, alla fine, sia nato altro.

«Sì, lo penso anch'io», risponde Nancy, poi indica la porta. «Vogliamo andare?»

«Sì, non voglio lasciare quei due soli per troppo. Sarebbero capaci di distruggermi casa!» Lei ride, e quando apre la porta, la fa entrare prima di lui. Regna il silenzio, e questo non è decisamente un buon segno. «Robin? Eddie?», li chiama, ma non riceve risposta.

Lancia le chiavi di casa e quelle della macchina sul mobile all'entrata e, seguito da Nancy, entra nella sala da pranzo e li trova lì. Sta per sorridere rincuorato, quando si rende conto che i due si stanno fissando intensamente, seduti sul divano e, a quanto pare, stanno giocando a chi ride prima.

«Non ci posso credere...», mormora Nancy, sbuffando poi via una risata.

«Questo è ciò che ci meritiamo, Nance. Questo è ciò che ci è stato dato per espiare i nostri peccati. È così, non ho più dubbi, sono la nostra condanna», risponde, scuotendo la testa e, quando i due si rendono conto che non sono più soli, si girano a guardarli, sussultando.

«Avete fatto presto!», esclama Robin, e Eddie alza una manina per salutarli, e sembra decisamente più tranquillo rispetto alla sera prima, o a quella mattina stessa. Steve si sente sollevato che, dopotutto, la compagnia della sua migliore amica gli abbia concesso un po' di spensieratezza.

«Siamo stati fuori due ore», risponde Nancy, poi appoggia la propria borsa ad una sedia e si siede accanto a Robin. Steve ha la sensazione che, dopo aver detto a voce quello che prova per lei, sia meno restia a trattenere certi gesti più sentimentali. Infatti si prendono per mano, quasi distrattamente, e sembrano così felici di rivedersi...

«Passa proprio in fretta il tempo quando ci si diverte!», osserva Eddie e, alzandosi dal divano – forse un po' per lasciarle solo e forse un po' per salutarlo, gli si avvicina. «Com'è andata?», chiede.

«Bene», sospira, poi si pianta le mani ai fianchi. «Abbiamo fatto un po' di spesa, e per qualche giorno non ci sarà bisogno di uscire per comprare da mangiare. Ti ho preso un po' di schifezze, qualche birra e», lancia un'occhiata a Robin, ma è troppo impegnata a parlare con Nancy – che la ascolta sorridendo, per ascoltarlo, così continua, «Un paio di pacchetti di sigarette.»

«Sei la mia salvezza, ragazzone!»

«Poi... penso che dovremmo parlare. Sai, di quello che è successo ieri sera.»

Eddie abbassa lo sguardo per un secondo. La folta frangia gli copre gli occhi per un attimo, poi annuisce e infila le mani nelle tasche dei jeans. «Sì, penso che... che dovremmo parlarne.»

«So che lo hai detto a Nancy, mi ha accennato la cosa», mente in parte, perché non vuole che sappia quanto invece è stata dettagliata nel raccontagli le paure che lo affliggono. «Penso che dovremmo analizzare la cosa e io non... non sono esattamente uno stratega, ecco», ammette, con una mano sul fianco, passandosi l'altra tra i capelli, un po' a disagio nel fare quella confessione.

«No, decisamente non lo sei», risponde Eddie,e per un attimo gli torna negli occhi quella luce furbastra e strafottente, che gli fa venire voglia di tirargli un pugno o baciarlo con tutta la forza che ha in corpo. «Vuoi... vuoi parlarne ora?»

No, non vorrei parlarne affatto. Vorrei solo che le cose si sistemassero da sole, e che tutto questo non debba portare per forza a delle conseguenze, come quella di cacciarti via da qui per il tuo bene e metterti in salvo, lontano da ogni pericolo, che sia qui o là sotto.

«Forse è la cosa migliore», ammette e l'altro annuisce, sebbene non sembri del tutto convinto, ma Steve non può fare a meno di aver notato una sorta di sollievo, in quel gesto; come se, renderlo partecipe delle decisioni da prendere lo avesse tranquillizzato.

E forse è così.

Preparano una tavolata con qualche snack comprato al supermercato e delle bibite. Steve ha portato anche le birre, ma Eddie ha deciso che, per quell'occasione, preferisce non toccare alcol; se lo terrà per dopo, così ha detto. Lo ha stupito quella scelta perché, in qualche modo, gli ha dato la conferma di quanto sia cambiato. Di quanto si sia quasi responsabilizzato.

L'esperienza nel sottosopra ti cambia, e lui lo sa bene, ma tornare dalla morte forse lo fa molto più di qualunque altra cosa.

Gli stringe una mano sotto al tavolo, a quel pensiero e Eddie gli lancia un'occhiata interrogativa, ma ricambia la stretta con una certa sicurezza. Come se volesse rassicurarlo che è lì, con lui, e che Vecna è solo un problema lontano.

«Allora? A cosa hai pensato?», chiede Eddie, un po' nervoso, cercando di risultare però tranquillo e pronto ad affrontare quella conversazione.

«A tante cose, a dire il vero. Io e Nancy ci siamo un po' consultati, prima e... siamo arrivati ad un'unica conclusione, che forse metterà tutti d'accordo. O almeno metterà d'accordo noi quattro.»

«L'idea è quella di mettere in atto un piano solo in caso di necessità, il che significa che, tra le tante cose di cui abbiamo parlato, ce n'è una che è più importante di tutte le altre», continua Nancy, e Eddie annuisce lentamente, così lei si lancia un'occhiata con Robin e, sospirando, continua. «Non siamo certi che sia così, e forse è solo una speranza, ma pensiamo che Vecna stia semplicemente cercando di spaventarti. E di spaventarci. Sappiamo che ha il potere di controllare le menti, ma è debole, è ferito e non può andare oltre una certa soglia.»

«Già, un po' come è successo a Eleven quando ha perso i poteri», risponde Robin.

«Esatto, con la differenza che Henry è molto più potente, ha il sottosopra dalla sua parte e dunque, anche se debole, è ancora in grado di usare i propri poteri», continua Nancy, e Steve stringe di più la mano di Eddie sotto al tavolo, poi sospira.

«Forse sarà più facile per lui recuperarli nel minor tempo possibile, ma se ancora non ha agito in alcun modo e ieri sera ha fatto... quello che ha fatto a te, forse c'è speranza che questo lo abbia indebolito di nuovo. Quindi per ora la soluzione a cui abbiamo pensato è quella di non fare niente, ma di attendere che succeda qualcosa e poi...», si blocca, e sebbene vorrebbe distogliere lo sguardo dagli occhi smarriti di Eddie puntati sui suoi, non ci riesce. Non riesce a catalizzare la sua attenzione altrove, perché la paura che vede nello sguardo dell'altro è quasi una richiesta di aiuto, di non essere lasciato solo in quella crociata che non ha scelto lui di combattere.

Nessuno di loro lo ha scelto. Ma è così che è andata, e non possono fare altrimenti.

«Non sappiamo se dirtelo, in realtà. Se veramente Vecna ha deciso di usarti come pedina e può ascoltare e vedere ciò che facciamo, potrebbe trovare un modo di contrattaccare prima che si possa attuare il piano», dice Nancy, al posto suo, e Steve la ringrazia mentalente per aver ripreso in mano la situazione per lui. «Ci fidiamo di te, Eddie. Te lo giuro su tutto ciò che ho di più caro, ma c'è lui di mezzo e... forse dovremmo semplicemente agire quando succederà effettivamente qualcosa, lasciandoti all'oscuro.»

Eddie passa lo sguardo da lei a Steve, con quel velo di confusione e di paura, ma anche di frustrazione. Sa perfettamente come si sente, sa cosa prova, sa che vorrebbe sapere ma che ha capito che è giusto così. Sa che vorrebbe chiedere così tanto, ma che non può farlo perché, meno Vecna sa, meglio è.

«Okay. Okay, io penso che sia una buona idea», risponde solo, e quando loro tre lo guardano un po' scettici, lui annuisce con vigore. «Non dirmi niente, intendo. È giusto. Se questo può tenervi lontani da lui, e darvi vantaggio, per me va bene.»

«Sei sicuro?», chiede Robin, dando voce al pensiero di tutti.

«Dirti che lo sono totalmente sarebbe una grossa bugia», ridacchia, poi sospira. «Ma è l'unica soluzione, no? Solo... c'è una cosa, una sola, che vorrei sapere. Siete liberi di rispondere o no, ma devo sapere. Il piano prevede che torniate lì sotto?»

«Assolutamente no!», «No, nel modo più assoluto!», esclamano Nancy e Steve, all'unisono, e Eddie rilassa le spalle sulla sedia, non prima di averli scrutati, forse cercando di capire se stanno mentendo oppure no.

«Perfetto. Allora non voglio sapere altro. Mi basta questo; non voglio che torniate lì sotto solo perché un coso mostruoso ha deciso di usarmi come ricettacolo. Se fosse una partita di D&D vi dissuaderei in ogni modo dal prendere una decisione tanto idiota!»

«Però sei conscio che prima o poi, quella battaglia con Henry, succederà, vero?», chiede Nancy, e ancora una volta Steve le è grato per la sua sincerità e la sua capacità di saper gestire certe situazioni, come quella in cui c'è bisogno di rassicurare qualcuno, senza però riempirlo di menzogne.

Eddie guarda prima lei e poi, inesorabilmente, il suo sguardo di incontra con quello di Steve, che sente una stilettata al cuore dolorosissima. Si morde il labbro, ma tenta di sorridere, cercando di trasmettergli tutta la tranquillità del mondo.

Non preoccuparti, ce la faremo. Ce l'abbiamo sempre fatta, dopotutto.

Solo che, dirlo, sarebbe una bugia e non vuole dirne più, almeno finché non servirà davvero farlo.

«Sì, è inevitabile e io... beh, sono l'ultimo arrivato e non posso dirvi cosa dovete o non dovete fare», risponde.

«Non importa! Sei uno di noi, ora! Per questo è giusto che tu sappia quali sono le nostre intenzioni ora, e quelle dopo. A parte il piano da tener nascosto a Vecna, hai tutto il diritto di dirci cosa pensi o cosa faresti tu. Stavolta le cose sono più complicate del previsto e, proprio per questo, ogni aiuto è essenziale», dice Robin, e poi gli fa l'occhiolino. Un gesto apparentemente stupido che, però, fa sciogliere un piccolo sorriso di gratitudine sul viso di Eddie.

«La parte difficile è che siamo in pochi a saperlo e dunque siamo gli unici a poter contrastare questa cosa; la parte confortante è che El ha di nuovo i poteri, che noi siamo preparati e che, forse, stavolta riusciremo a porre fine definitivamente a questa storia.» O morire tutti quanti per mani di un mostro, pensa Steve, ma non include quel pensiero nel suo discorso.

Lo sa, è consapevole, che questa volta non sarà così facile tornare vivo da quella missione ma, dopotutto, pensava di non tornare nemmeno l'ultima volta, eppure è lì, a casa sua, confortato dalle quattro mura domestiche e dalla compagnia di persone care.

Con quel pensiero, è pronto ad affrontare qualunque sfida gli si presenterà davanti, senza pensare troppo alle conseguenze.

«Ci riuscirete», dice Eddie, convinto, «Poi tornerete e metteremo le cose a posto. Io cambierò identità, mi chiamerò Vincent Damon Furnier! Mi taglierò i capelli a zero e mi rifarò una vita!»

«I capelli a zero?», sbotta Steve, con una certa indignazione nel tono di voce, che fa ridere Eddie.

«Vincent Damon Furnier?», chiede Nancy, invece, con un certo scetticismo. «Come Alice Cooper?»

«Oh, santo cielo, allora qualcuno che ne capisce di musica c'è in questo gruppo!», esclama Eddie e batte le mani sul tavolo, visibilmente entusiasta della cosa. «Mi raccomando, insegna qualcosa anche a Harrington, se ti capita.»

«Ehi, non sono così ignorante in materia!»

«Non sapevi nemmeno chi fossero i Metallica!»

«Non lo sa nessuno, chi sono i Metallica. Nemmeno loro!»

Robin, Nancy e Eddie si lanciano un'occhiata e, subito dopo, scoppiano a ridere. Steve li guarda indignato, scuotendo la testa e incrociando le braccia al petto ma, dentro di sé, sente un calore scaldargli il petto e infine ride anche lui.

Vorrebbe che, quell'atmosfera, rimanesse tale per sempre. 

Fine Capitolo XXI

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