Capitolo XX - Pazzie

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Capitolo XX - Pazzie


Steve, quella mattina, si sveglia di soprassalto. Gli è sembrato di sentire dei rumori in lontananza e, tra questi, c'è quello di una sega elettrica: quella del vicino, che ha deciso di tagliare l'erba proprio adesso, mentre Hawkins raccoglie i cocci di uno spacco che l'ha divisa in quattro. Stringe le labbra e, girandosi dal fianco alla schiena, guarda il soffitto e si preme una mano sulla fronte. Sospira scocciato, ancora annichilito dal sonno e, quando ricorda improvvisamente perché la nottata appena passata gli pare così corta alla memoria, si gira verso la sua destra, alla ricerca di Eddie, e si alza a sedere sul letto non appena si rende conto che non c'è accanto a lui.

Si alza di scatto e, infilandosi una maglietta al volo, esce immediatamente dalla sua stanza e si precipita giù per le scale. Quando raggiunge la sala da pranzo vede Nancy e Robin sedute al tavolo a fare colazione, mentre la prima guarda il notiziario del mattino e prende già appunti per le sue ricerche. L'altra, invece, sorseggia del caffé mentre legge una vecchia rivista presa chissà dove – forse in bagno, e tenta distrattamente di risolvere un rebus.

«Steve», dice Nancy, sussultando, quando alza lo sguardo e lo vede, spaventandosi siccome è entrato di corsa. Lo squadra da capo a piedi, e lui si rende conto che forse non è esattamente in ordine come vorrebbe. «Ben alzato.»

«Dov'è Eddie?», chiede, in tono apprensivo, senza rispondere né al saluto, né all'occhiata confusa di Robin, che chiude il giornale e si lancia un'occhiata con Nancy. «Mi sono svegliato e lui non c'era, dov'è?»

«Steve», comincia Nancy e, quando lui si avvicina, lei alza un sopracciglio.

«Vi sto chiedendo», sillaba, e si sente come se stesse parlando una lingua diversa e loro non riuscissero a capirlo. «Dov'è Eddie.»

Robin apre bocca ma, prima che possa dire qualcosa, si sentono dei rumori dalla cucina e, poco dopo, Eddie fa capolino in sala da pranzo con una tazza di Howard il papero in una mano e una fetta di pane e marmellata nell'altra.

«Che c'è?», chiede, quando tutti gli occhi sono puntati su di lui; una guancia piena di cibo che lo fa sembrare un perfetto idiota.

Steve sospira e, appoggiando entrambe le mani al tavolo, rilassa le spalle. «Santo cielo, mi hai fatto prendere un colpo razza di... idiota», lo apostrofa e Eddie gli rivolge un sorrisetto malizioso, prima di prendere posto accanto a Nancy e iniziare a sbirciare i suoi appunti. «Stai bene?», gli chiede e non gli interessa se le ragazze lo stanno guardando come se fosse un alieno appena sbarcato in giardino, perché lo sa che tutte quelle premure non sono da lui, ma dopo quello che è successo stanotte ha bisogno di sapere che l'altro stia bene e che, dopo quello che si sono detti, si sia tranquillizzato.

Gli occhi di Eddie si velano di un leggero strato di spaesamento e paura; il suo sorriso si spegne di quella strafottenza che sempre lo contraddistingue, poi annuisce e torna a mangiare il suo panino con la marmellata.

Steve sa che non è la verità, che non sta bene, che quella visione l'ha segnato e che dovranno parlarne con qualcuno, ma prima di tutto dovranno parlarne loro. Non sa se vuole condividere già quello che è successo con Nancy e Robin, forse è meglio aspettare un po' e capirci prima qualcosa. Forse non è tutto come credono, forse Vecna non sta usando Eddie come un ricettacolo, forse è solo un avvertimento e basta.

Forse non vuole dire niente perché sa che, quando lo farà, ci sarà una sola soluzione a quel problema e lui non vuole arrivare a quello. E, anche se sa che non c'è scampo, vuole sentirsi in grado di poter cambiare le cose, in qualche modo.

Va in cucina, senza dire una parola. Apre il frigorifero e prende del latte ma, quando lo richiude, c'è Robin che lo guarda e lui sussulta spaventato.

«Sei impazzita?», le chiede e lei alza le spalle, poi si appoggia ad un mobile mentre lui inizia a versare il latte in una tazza e comincia un via vai infinito tra gli scaffali, alla ricerca di qualcosa da mangiare, anche se non sa nemmeno lui cosa vuole – o meglio, se ha davvero fame come credeva.

«Tu sembri impazzito. Sei arrivato come un razzo, ci hai fatto prendere un colpo», gli spiega e lui sbuffa, cercando di fingere che non sia successo niente.

«Non è vero che sono arrivato come un razzo. Ero solo preoccupato perché quando mi sono svegliato ero da so- cioè, Eddie nella sua stanza non c'era, e ho pensato se ne fosse andato a zonzo. Lo sai che è un tipo impulsivo.»

«Steve.»

Sa cosa sta per dire, e decide di ignorarla. «È un momento complicato, e non voglio sentirmi in dovere di mettermi a cercare qualcuno solo perché decide di infrangere l'unica regola che gli ho dato, ovvero quella di restare in casa. Già portarlo al cimitero è stato rischioso, e me ne pento, ma ho compreso quali erano i suoi bisogno in quel momento e l'ho assecondato, ma ora è bene che rest-»

«Steve!», esclama ancora Robin, e lui si sente costretto a tacere, stavolta, ma non la guarda. Non vuole guardarla, perché sa esattamente cosa sta per dirgli e non pensa di essere pronto ad affrontare quella conversazione, soprattutto con lei. «Lo sappiamo. Io e Nance. Pensi che non ce ne siamo accorte, che avete dormito insieme da quando è arrivato?»

«Non... non abbiamo dormito insieme! Abbiamo... chiacchierato un po', prima di dormire, tutto qui. È pur sempre tornato dal Sottosopra, si sentiva solo e...», si blocca, poi sospira conscio che la sua bocca non ha mai proferito così tante stronzate in vita sua. Poggia le mani al piano della cucina, e fissa il suo latte come se potesse scaldarlo con la sola forza del pensiero; o far esplodere la tazzina. Tutto, pur di uscire da quella situazione così scomoda.

Non che non voglia dire a Robin come stanno le cose, dopotutto lei si è aperta con lui, è l'unico a sapere della sua omosessualità, e ha rispettato quel segreto tenendolo per sé senza mai farne parola con nessuno, nemmeno velatamente, nemmeno un accenno e sa che lei farebbe lo stesso ma... è così difficile, perché dopotutto stenta ancora a capirci qualcosa persino lui.

«Ehi, non ti devi mica giustificare con me. Steve, che tu piaccia a Eddie è tipo palese, ma non c'è niente di male se... beh, se anche per te è lo stesso. Ne abbiamo parlato un sacco di volte, no? Del fatto che, magari, non hai sempre cercato nei posti giusti e se siete felici ben venga! Solo, ti prego, non cercare di fregare me, e non cercare di fregare Nance.»

Steve sospira, e finalmente si volta a guardarla. Lei sorride, con quel suo sorriso che sembra saper sistemare sempre tutto, che a volte gli dà quasi fastidio ma che, stavolta, lo fa sentire racchiuso in una bolla di sicurezza.

«Non mi piacciono gli uomini, Robin. Non mi piacciono. Tutto quel discorso che mi hai fatto, sulla possibilità che possano piacermi sia maschi che femmine non regge. Non mi sono mai sentito attratto da un ragazzo. Mai.»

«Ma Eddie ti piace.»

Tace. Non risponde. resta immobile con la sua tazza di latte in mano e un biscotto stretto nell'altra, e la guarda. Potrebbe mentire e dire di no, che non è vero niente, che forse è solo un momento di debolezza, che forse è tutto frutto della suggestione; che l'averlo salvato gli ha fatto scattare un po' quella cosa, come si chiama?, la sindrome della crocerossina.

Invece no. Perché sarebbero tutte bugie, perché ha iniziato a nutrire interessa da prima, e forse quegli sguardi che gli ha sempre rivolto di sfuggita a scuola, pregni di curiosità, sono stati un po' l'inizio di tutto. Tutte quelle volte in cui i loro occhi si sono incrociati e Eddie ha interrotto il contatto visivo... forse già lì, a quel tempo, qualcosa si era smosso.

«Ma Eddie mi piace», ripete, poi si nasconde dietro un sorso di latte, e vorrebbe che fosse tutto lì, che non vi fosse in verità quel sogno che Eddie ha fatto stanotte e i mille tentativi per rassicurarlo che non è detto che Vecna si stia servendo di lui, che forse non era morto sul serio, che magari lo sta solo raggirando per spaventarlo. Per spaventarli tutti. Vorrebbe confidare a Robin tutto questo, ma non può e non è questo il momento.

Per questo tace, e non insiste. Si è già aperto abbastanza suoi suoi sentimenti, farlo anche con le proprie paure sembra dannatamente presto; anche se vorrebbe.

«Credo che dovremmo comprare qualcosa da mangiare, il frigo è quasi vuoto», dice, quando lui e Robin ritornano dalla cucina e Nancy sta continuando a prendere appunti, mentre Eddie guarda la televisione, ancora sintonizzata sul telegiornale locale. Entrambi lo guardano.

«Vengo con te. Devo consegnare il mio articolo al giornale e prendere un cambio a casa. Ti dispiace?», chiede Nancy, all'improvviso, e Steve alza un sopracciglio, incerto. Gli fa strano sentire una proposta del genere da parte sua, soprattutto dopo avergli detto, a casa di Hopper, che non si sarebbe unita a loro se non ci fosse stata Robin, come se appunto non volesse restare sola con lui ma, forse, c'è un motivo diverso se gli sta chiedendo questo e lui, scambiandosi un'occhiata prima con Robin e poi con Eddie, annuisce.

«Okay. Rob, resti tu con Eddie? A patto che non mi sfasciate casa!»

La sua migliore amica annuisce, puntandosi un pollice contro il petto e scambiandosi poi uno sguardo d'intesa con Eddie. «Ci penso io, voi andate pure! Magari vi prepariamo una torta, per festeggiare il vostro ritorno a casa Harrington.»

«Adorerei una serie tv con questo titolo: Casa Harrington!», le da corda Eddie, e lei annuisce in un gesto di approvazione.

Steve li guarda e pensare che, forse, lasciarli soli significa mettere in atto una serie di sfortunati eventi, che porteranno di certo a un epilogo infelice, come per esempio la casa in fiamme. Nella migliore delle ipotesi, naturalmente.

«Non toccate niente, non usate i fornelli, non vi avvicinate a nessun elettrodomestico che possa generare incidenti, e parlo soprattutto con te, Robin!», li redarguisce, puntando loro un dito accusatorio in faccia, mentre Nancy ridacchia e lo affianca. Eddie e Robin si guardano con una certa complicità che gli conferma che, quei due, sono semplicemente due ragazzini.


•••


Quando parte in macchina, tra lui e Nancy, si crea un silenzio che non lo mette per nulla a suo agio. Ogni tanto tossisce, come se questo potesse rompere un po' la tensione che c'è tra di loro e, quando le lancia qualche occhiata, si rende conto che forse lei si è pentita di aver fatto quella scelta. Sembra turbata, pensierosa, forse a disagio, ma è difficile leggerle la mente, soprattutto da quando Vecna le ha mostrato un futuro apocalittico e la fine di tutto.

Soprattutto della sua famiglia.

Vorrebbe dire qualcosa, ma non sa se può già toccare quella corda. Vorrebbe chiederle di Jonathan, di come vanno le cose, del perché non l'ha mai sentita parlare di lui o uscire da casa sua per vederlo. Vorrebbe chiederle se va tutto bene, e che lo fa con intenti puramente amicali ma, prima che possa aprire bocca, è lei a infrangere il silenzio.

«Eddie mi ha detto del sogno», ammette, e sembra quasi le sia costato un rene dirlo, perché lo ha fatto tutto d'un fiato, senza quasi respirare. «Mi ha detto delle visioni, di Vecna, del fatto che era morto, e che lui l'ha riportato in vita.»

«Non so di c-»

«Mi ha detto che lo sai, che sei l'unico a saperlo, a parte me e che... e che hai un piano che non hai voluto dirgli. E... ha paura che tu possa fare qualcosa di avventato, e questo è il motivo per cui non ne parli con lui, e per cui non ne parli con noi. O sbaglio?»

Steve sospira. «Nance...»

«Steve, ti conosco. Conosco il vecchio te e quello che sei diventato e, per favore, te lo chiedo per favore, se stai pensando di scendere là sotto e uccidere Vecna da solo per salvare Eddie, sappi che non è una buona idea. Non lo è, e sei stato tu il primo a dirlo e, anche se sappiamo benissimo che prima o poi succederà, sappiamo anche che lo faremo assieme. Come l'ultima volta.»

«Non voglio scendere lì sotto e affrontare Vecna da solo!»

«E allora cosa? Ti ha detto che forse lo sta usando come una pedina, che i suoi occhi sono gli occhi di Henry. So che è quello che vuoi fare, e lo so perché...»

Nancy si ammutolisce e sospira. Steve le lancia un'occhiata veloce, prima di tornare a guardare la strada e lei ha iniziato a guardare fuori dal finestrino, assorta.

«Lo sai perché...», la incalza.

«Perché è esattamente ciò che faresti. Lo farei anche per Eddie, probabilmente, anche oggi stesso, ma i rischi che corriamo e tutto ciò a cui andresti incontro sarebbe una morte certa, inutile e dannosa persino per chi è coinvolto marginalmente», risponde, elencando le ultime cose contando sulla punta delle dita, poi gli lancia un'occhiata severa.

«Non voglio scendere là sotto, Nancy! Non è nei miei piani», dice ancora, e si rende conto di aver alzato la voce, e che forse sta persino perdendo la pazienza, perché nessuno, ma proprio nessuno, può permettersi di fargli quella paternale. Non dopo tutto quello che si è ritrovato a perdere nel corso del tempo. Non dopo aver visto fare pazzie ben peggiori.

Joyce si è spinta fino quasi dall'altra parte del mondo per riprendersi Hopper. Mike ha salvato Eleven insieme a Jonathan e Will, rischiando la vita intorno a quel dannato laboratorio che ha dato inizio a tutto quanto. Bob è morto per salvare qualcuno che amava, Billy si è sacrificato per tutti loro. Eddie lo ha fatto.

Ora tocca a lui fare qualcosa e lo sa, la sente la voce di Eddie che gli dice che ha già fatto tutto il possibile, che gli esseri umani sono fatti di limiti ma che questo non significa che non diano il massimo, e lo sa... lo sa che lui l'ha sempre dato, in fondo, ma forse non del tutto. Non adesso. Può fare di più, può cambiare le cose.

«E allora cosa vuoi fare? Lo hai riempito di parole, dicendogli che ci avresti pensato tu, che avresti messo a posto tutto, e che lo avresti salvato ma, invece di rassicurarlo lo hai spaventato a morte!»

«Non era quello che volevo! Spaventarlo! Volevo... volevo dargli una speranza, okay? Volevo solo...»

«Fare l'eroe, come al solito, ma stavolta il prezzo è decisamente più alto e il pericolo quasi sconosciuto.»

«E tu cosa faresti, allora? Se Vecna usa gli occhi di Eddie per vedere quali sono le nostre mosse, che cosa faresti? Lasceresti le cose così come sono, mettendo a rischio la nostra vita, la sua vita e quella di tutti? La tua visione... lo hai detto tu, siamo destinati al declino, hai visto morte, sangue, distruzione e se non fermiamo quel bastardo finiremo dritti dritti nel futuro che ti ha mostrato. È quello che vuoi? Vedere tua sorella, tua madre e tuo fratello morire?»

«Hai il tatto di... di un...», balbetta lei, e quando Steve si ferma al lato della strada, conscio di non poter più guidare in sicurezza, con quella vena di nervosismo che gli sta pulsando sulla tempia, entrambi sussultano dopo la sua frenata brusca.

Tira il freno a mano di scatto, e si gira a guardarla. «Non c'è tempo per il tatto, Nancy. Non c'è tempo per i sentimentalismi, per le riflessioni, per i piani d'azione privi di sfumature e non c'è tempo per le accuse. Siamo sempre più vicini a quel declino e se fossi privo di tatto come dici non saremmo qui a discutere del fatto che l'unica soluzione è quella che vorremmo evitare tutti quanti; non possiamo sperare che El ci salvi ogni volta. È una battaglia che non può combattere da sola, stavolta. È qualcosa che va oltre le sue capacità e probabilmente anche le nostre. Quindi ti chiedo, una volta per tutte, quale pensi sia la soluzione migliore, secondo te? Agire immediatamente o aspettare che tutto quello che hai visto si avveri? Provarci o lasciar perdere? Lasciare che Vecna usi Eddie come tramite per trovarci, che lo consumi fino a ucciderlo di nuovo e poi distruggere casa nostra

«Io non lo so! Non lo so qual è la cosa migliore da fare, ma di certo non è quella di agire impulsivamente solo per...»

«Per?», chiede, e anche se vorrebbe non riesce a lasciare da parte quel tono ostico e impaziente, quella rabbia che lo sta mangiando da dentro, e quella sensazione che stiano perdendo solo tempo in chiacchiere inutili.

«Per amore, Steve.»

Strabuzza gli occhi e poi, senza che possa controllarsi, ride istericamente, passandosi le mani tra i capelli. «Per amore! Dio, cosa mi tocca sentire! Non faresti forse lo stesso, tu, se succedesse una cosa del genere a Jonathan?»

«Cosa?», chiede lei e, a quel nome, il suo sguardo schizza ovunque, confusa, come se l'avesse presa alla sprovvista; come se... come se quasi Jonathan fosse un ricordo lontano.

«Oh», mormora Steve, poi ride di nuovo, e vorrebbe smetterla di fare lo stronzo, ma non ci riesce. Non riesce a uscire da quel personaggio, non riesce a uscire dal vecchio Steve, quello stronzo e senza cuore, che non ci prova nemmeno ad usare del tatto. «Capisco.»

«Steve», cerca di fermarlo lei, ma non c'è più niente che gli tenga la bocca chiusa. Niente. Non ha sentito altro che cazzate da quando sono entrati in quella macchina e, ora, la cosa che lo diverte di più, è l'ipocrisia. Qualcosa che non appartiene a Nancy. O meglio, non le appartiene sempre, ma solo quando si parla di qualcuno a cui tiene.

«Se succedesse a Robin, allora? Se fosse lei, al posto di Eddie, cosa faresti Nance?»

«Non... non c'entra niente Robin, ora.»

«C'entra eccome! Siete tutti così bravi a mostrare le vostre scaltre doti di detective e analizzare la vita sentimentale degli altri, ma poi quando si prende la vostra vi tirate tutti indietro. Sono felice che abbiate capito tutti, persino prima di me, che provassi qualcosa per Eddie ma, a quanto pare, non sono l'unico che sta sperimentando questa novità. Allora dimmi, se fosse Robin, al posto di Eddie, tu cosa faresti?»

Nancy lo guarda, e Steve sente un colpo al cuore quando le vede gli occhi riempirsi di lacrime. E sa di averla ferita, di aver colpito un nervo scoperto e che, forse, non sono poi così diversi. Capisce che è dura, che è difficile accettare certe cose, specie quando non puoi controllarle, ma è stufo. È stufo di dover ascoltare tutti parlare dei suoi sentimenti e non poter fare altrettanto senza sentirsi attaccato, o senza cuore. Ha capito, e anche se avrebbe voluto mostrarsi più delicato, non c'è tempo per farlo.

Vuole una risposta, vuole essere capito, vuole che le sue scelte vengano comprese da chi si sente come lui: responsabile e così disperatamente bisognoso di mettere a posto le cose.

«Nancy, non ti sto attaccando. Non ti sto accusando di niente, ti sto solo chiedendo cosa faresti se una persona per cui provi qualcosa di così forte non solo fosse in pericolo, ma forse il pericolo stesso.»

«Io... non lo so.»

«Avanti, pensa! Pensa a Robin che ti dice le stesse, identiche parole che Eddie ha detto a me. Pensa di svegliarti una notte e trovarla seduta sul letto che trema e poi ti rivolge uno sguardo di puro terrore. Che si accusa di essere la causa della tua morte, se le starai vicina.»

Nancy lo fissa, e sebbene le lacrime continuino a scenderle lunghe le guance, sa che ci sta pensando sul serio, che sta immaginando quella scena e che, forse, ha persino immaginato quella tra lui e Eddie.

Resta in silenzio per un minuto, forse due, poi si stringe nelle braccia e tira su col naso.

«Scenderei laggiù e tenterei in tutti i modi di salvare Robin.» Lo ammette, infine, e poi distoglie lo sguardo, e Steve sa come si sente. Si sente sporca, ingiusta, probabilmente sbagliata e incosciente, ma lo farebbe. Com'è che ha detto, prima?

Per amore, Steve.

«Già», risponde lui. Poi sospira e rilassa la schiena sul sedile, coprendosi la faccia con le mani, improvvisamente libero da un peso. Ne aveva bisogno. Aveva bisogno di sentire qualcun altro così determinato a salvare una persona importante da gettarsi persino nelle fiamme dell'inferno. Disposto a sacrificare tutto, pur di sapere un'altra vita salva. E farlo senza paura.

Senza un solo straccio di paura.

«Lo farai?», chiede Nancy, ad un tratto, e sebbene la sua voce sia intrisa di paura, ormai conscia forse di poter comprendere un gesto tanto estremo, Steve nota una sorta di approvazione, di comprensione, in quel tono ancora un po' rotto dai singhiozzi.

Sospira. «No. Non lo farò. Ho in mente qualcos'altro ma, in realtà, ho bisogno di voi. Di tutti voi.»

Lei annuisce, poi si passa la manica della maglietta color lilla sotto gli occhi e se li asciuga. «Okay, qual è il tuo piano?»

«Voglio che Eddie sparisca da qui. Voglio che se ne vada via. E voglio che lo faccia subito.»

Fine Capitolo XX

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