Capitolo XXIII - È meglio così

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Capitolo XXIII - È meglio così 



«Quindi mi stai dicendo che il vostro amico è una specie di burattino che Vecna usa per controllarci?»

Steve annuisce. Tiene stretta tra le mani una tazza di caffé, ma è bollente e si è quasi ustionato la lingua quando ha provato a bere un sorso, poco fa. Hopper, invece, beve la sua tranquillamente come se fosse appena tiepida. «Non è del tutto comandato da lui. Non sempre, almeno, ma i due episodi che ti ho raccontato sono la prova che a volte Vecna riesce a prendere il controllo su di lui, solo che Eddie riesce a gestirlo, a fermarlo, almeno per ora.»

«Perciò, secondo la tua teoria, è ancora debole se Munson riesce a contrastarlo, giusto?»

«Per ora. Nancy però pensa che Vecna stia pian piano riprendendo le sue forze e che, se non lo fermiamo, potrebbe usare Eddie come vero e proprio... com'era quella parola che hanno usato? Ah, sì, ricettacolo», spiega, e Hopper, in piedi di fronte a lui, non ha smesso un solo istante di camminare avanti e indietro, ancora in pigiama – un pigiama molto grande, in realtà. Ha perso così tanto peso che ormai i vecchi vestiti sono troppo grossi. Eppure sembra ancora dannatamente imponente e gigantesco.

Quasi rassicurante. Forse per questo ha scelto di parlare con lui.

«E tu», dice l'uomo, all'improvviso, e si siede di fronte a lui, su una poltrona, e lo guarda come se potesse fulminarlo da un momento all'altro. «Vorresti trovare un modo per trovare Vecna, prima che lui riprenda i suoi poteri e distrugga il vostro amico?»

«No», risponde, lapidario, poi tenta di bere un sorso di caffé ma è ancora troppo bollente per un essere umano normale. «No, certo che no! Non sappiamo dove si trovi, non sappiamo quale sia il suo piano, non sappiamo se i suoi poteri saranno ancora più distruttivi, quando si riprenderà. Non sappiamo niente di niente, e agire ora contro di lui sarebbe un vero e proprio suicidio.»

Hopper lo scruta, come se volesse leggere attraverso i suoi occhi la verità. Come se non gli credesse, come se stesse mettendo in dubbio le sue parole, ma Steve sa benissimo perché è così scettico. Lo sa lui, e lo sanno tutti, che quando quella battaglia avrà luogo, l'unica persona in grado di contrastare Vecna, sarà Eleven e, proprio ora che si sono ritrovati, Steve è certo che Hopper tema la loro separazione più di ogni altra cosa. Lui è tornato dalla prigione, lei è tornata dal laboratorio. Sono entrambi quasi morti, eppure sono di nuovo lì, insieme. Anche solo l'idea di vedere la propria figlia – anzi, di sapere che dovrà combattere lei, e solo lei, contro quel mostro, deve essere un dolore devastante.

Ne soffre lui, che è praticamente un secondo genitore per tutti, figuriamoci un padre.

«Allora cosa vuoi fare?»

«Ti ricordi cosa abbiamo fatto quando Will è stato posseduto dal Mindflyer?», chiede, e entrambi sembrano tornare a quel lontano 1984; per un attimo lo sguardo di Hopper si sofferma sulla porta chiusa della stanza di El, probabilmente ancora addormentata nel suo letto.

«C'è modo di dimenticarlo?», chiede, e Steve abbassa la testa, ridendo un po' amaramente.

«No, non c'è. Solo che, in qualche modo, è servito a qualcosa, no? Abbiamo trasformato Castle Byers in modo che lui non potesse riconoscere dove si trovava e, finché non ha squillato il telefono, ha funzionato.»

«Vuoi fare lo stesso con Munson?»

«Non è qualcosa che voglio, ma penso – anzi, diciamocela tutta, l'idea è di Nancy, quindi pensiamo che possa funzionare. Non chiudendolo dentro Castle Byers, ovviamente, ma portandolo altrove.»

«Non sappiamo se questo possa essere abbastanza per fermare Vecna», sospira Jim, e Steve lo sa benissimo che è così. Sa benissimo che Vecna non può essere fermato, che a meno di El, nessuno può farlo. Nemmeno nascondere Eddie da qualche parte, senza renderlo parte di dove si trovi, può essere la soluzione definitiva, l'arma finale contro il signore del Sottosopra ma... ma almeno...

«Sto cercando di salvare Eddie. Se non gli diamo la possibilità di usarlo come ricettacolo, è ovvio che Vecna troverà un altro modo per trovarci e più i suoi poteri crescono e più questa possibilità si avvicina, ma Eddie è appena tornato, dopo che lo abbiamo creduto morto», dice, e mente in parte, perché Eddie era morto, solo che ora non lo è più. Si sfrega le mani, poggiando i gomiti sulle ginocchia e, tirando un lunghissimo sospiro, torna a guardare Hopper. «So che ti sto chiedendo la luna, probabilmente, ma abbiamo rischiato la vita per riportarlo indietro. Se morisse di nuovo Dustin non me lo perdonerebbe mai», un'altra bugia, sempre a metà. Non si sbilancia sul fatto che, probabilmente, se fosse stato qualcun altro, non avrebbe avuto tanta premura ma si tratta di Eddie, e egoisticamente ha bisogno di sapere che, nel caso in cui quella battaglia contro Vecna dovesse andare bene e nessuno di loro dovesse perdere la vita - cosa improbabile, ma cerca di non pensarci -, lo troverà ad aspettarlo dove lo ha tenuto al sicuro.

«Quindi? L'idea qual è? Cosa vuoi che faccia?»

«Vorrei che mi aiutassi a trovare quello stesso sedativo che Joyce ha iniettato a Will quando era posseduto. Lo somministriamo a Eddie e lo portiamo via, lontano, in un posto dove non può sapere dove si trova e dove non può raggiungerci in alcun modo.»

«Vuoi allontanare l'occhio di Vecna da noi.»

«Sì, ma senza ricorrere a mezzi estremi. Lo sistemiamo da qualche parte, e alla fine di tutto lo andiamo a prendere.»

Hopper arriccia le labbra. Si vede lontano un miglio che nemmeno lui crede al fatto che, la fine di tutto, implichi che tutti quanti torneranno vivi da quella missione. E, nella peggiore delle ipotesi, se Vecna avrà la meglio, non sopravvivrà nessuno di loro. Probabilmente nemmeno Eddie.

Che hanno da perdere, dopotutto?

Jim si passa le mani sul viso e, per la prima volta nella sua vita, Steve lo vede vacillare. Sa che ha a cuore la vita di tutti, anche se a volte non lo dà a vedere o, altre volte, prende decisioni al posto degli altri, ma da quando è tornato è cambiato così tanto... non solo lui, ma il mondo stesso, e Steve ha la sensazione di vivere perennemente di fronte ad uno specchio dove la realtà che gli viene mostrata è in qualche modo distorta dagli eventi. Come se, prima o poi, tutto dovesse tornare come prima senza che lui se ne accorga. Come se tutto quello che è successo fino ad ora, in verità, non fosse mai accaduto.

«D'accordo. D'accordo, sì, va bene. So che Joyce ha qualche siringa di quella roba, a casa sua. Posso passare a prenderle. Quando vuoi fare questa cosa?»

«Subito. Il prima possibile.»

«Steve», sospira Hopper, ed è la prima volta in vita sua che lo sente pronunciare il suo nome, il che può essere un segno d'affetto tanto quanto altro. Tipo crederlo un pazzo.

«Ha cercato di uccidermi. Non Eddie, ma Vecna», risponde, piegando la schiena in avanti per fronteggiarlo. «Lo ha contrastato, è vero, ma se non lo avesse fatto, io ora sarei morto. Ed ora l'ho lasciato a casa mia, da solo, con Nancy e Robin. Deve essere fatto subito.»

Jim non sembra ancora convinto e Steve sa bene che, nominare Robin e Nancy non è servito ad alimentare alcun eventuale pericolo visto che sarebbero in grado di difendersi da sole senza alcun problema – specie Nancy, ma alla fine l'uomo annuisce e si alza in piedi, facendosi leva con le mani sulle ginocchia.

«Andiamo a prendere quel siero, poi andiamo da te e lo portiamo via. Quel poveraccio ne ha già passate abbastanza, è arrivato il momento di regalargli un po' di pace», dice, e lo sorprende quella frase, e un po' lo fa sorridere. Dopotutto, pensa Steve, se è vero che gli ha salvato le chiappe in passato, perché non dovrebbe farlo ora?

•••

Il viaggio in macchina con Hopper è silenzioso. Hanno deciso di prendere il suo fuoristrada, Steve tornerà a recuperare la BMW più tardi, quando torneranno indietro dal luogo prestabilito dove lasceranno Eddie.

Si tratta di un vecchio rifugio in mezzo al bosco, che lo zio di Jim usava anni e anni fa quando lavorava come taglialegna e dove il nipote passava qualche estate da bambino e che alla fine è rimasto in disuso. Ha ancora le chiavi, e nessuno a parte lui sa dove si trovi.

Steve pensa che sia una buona idea, ma non gli piace immaginare Eddie chiuso lì, da solo, come gli è successo a casa di Rick Spinello; senza nessuno con cui interagire, senza una tv, o una compagnia. Ma è una situazione momentanea, ne è consapevole, solo che gli fa male lo stesso.

O meglio... gli fa male immaginare certi scenari, come quello in cui, una volta fermato e ucciso Vecna, Eddie possa essere richiamato da dove è stato strappato via, ovvero dalla morte. Quel pensiero lo attanaglia da quando gli ha detto di essere morto. Lo terrorizza a tal punto che, ad un tratto, si gira verso l'altro.

«Pensi sia una buona idea lasciarlo lì da solo?», chiede.

Hopper arriccia le labbra pensieroso, mentre guida con un braccio fuori dal finestrino e tiene stretta tra le dita una sigaretta. «No, non penso sia una buona idea, ma ho un amico che fa al caso nostro. Mi deve un favore, perciò potrebbe sorvegliarlo.»

Steve strabuzza gli occhi, e gli si accende una lampadina. «Dimmi che non stai parlando di Murray...»

«Murray?», chiede l'uomo, alzando le sopracciglia, poi scoppia a ridere. «No. È dura ammetterlo, ma sono io a dovergli qualche favore. Dopotutto se non fosse stato per lui e Joyce, io non sarei qui. Si tratta di un'altra persona. Possiamo fidarci e no, non lo lasceremo solo, non preoccuparti», lo rassicura e Steve annuisce, ma non riesce a sentirsi tranquillo. Guarda fuori dal finestrino, infine, e sono le otto del mattino. Hawkins inizia a svegliarsi e, probabilmente, i ragazzi hanno già trovato il suo biglietto in cucina. Spera che sia tutto okay e che, per ora, la situazione sia sotto controllo.

Dopo aver recuperato il siero a casa di Joyce, a cui spiegano brevemente la faccenda, Jim si incammina verso casa di Steve che, con un certo senso di ansia e di voltastomaco, non riesce a nascondere la paura che prova perché, lo sa già, tutto dovrà svolgersi in maniera totalmente imprevedibile e lui, sebbene sia il re delle improvvisazioni, stavolta non si sente sicuro di ciò che dovrà fare. Solo perché, ne è conscio, non ha ancora accettato che l'unica soluzione possibile sia quella.

Hopper aspetterà in macchina, non si farà vedere, mentre lui si occuperà di sedare Eddie e, con l'aiuto di Nancy e Robin, lo porteranno in macchina. Semplice e lineare, niente di che, eppure l'idea di fargli quell'iniezione lo fa sentire dannatamente sporco e falso.

Scende dalla vettura, la siringa infilata nella tasca dei jeans dove la tiene stretta nella mano tremante, pronto a perderla da un momento all'altro; infila a fatica la chiave nella toppa e, quando entra in casa, regna il silenzio. È probabile che stiano dormendo ancora tutti ma, la verità, è che sta pensando anche al peggio del peggio. Così, la prima cosa che fa, è andare a controllare che Robin e Nancy siano sane e salve nella stanza degli ospiti, sita al piano di sotto, poco dopo le scale, di fronte alla cucina. Apre leggermente la porta, non prima di essersi assicurato di non sentire rumori molesti e loro sono lì, ancora addormentate profondamente, strette nelle lenzuola; Robin abbraccia Nancy da dietro, e ha appoggiato la testa sulla sua spalla, coperta da una matassa di capelli spettinati.

È una scena molto carina, ma deve svegliarle e informarle del piano. Non può farcela da solo, e questo è chiaro, anche se è dura ammetterlo. Così si avvicina e, scuotendo leggermente Robin, la fa sussultare, così anche Nancy e, in un primo momento, sembrano quasi pronte a cacciare un urlo, che però per fortuna riesce a prevenire facendo loro cenno di tacere, poggiando un dito sulla punta del naso.

Tira fuori la siringa e la mostra alle ragazze che, immediatamente, annuiscono in silenzio capendo che è arrivato il momento. Indica loro il piano di sopra.

Io vado su e penso a lui, voi tenetevi pronte, è il messaggio che cerca di dar loro e annuiscono di nuovo, scendendo dal letto celermente.

Esce dalla stanza e si incammina lentamente verso il piano di sopra. Le scale sembrano scricchiolare più del solito, ora che vorrebbe semplicemente essere silenzioso, ma sa che è un po' la suggestione e un po' il suono del suo battito cardiaco che rimbomba nella scatola cranica, a amplificare ogni rumore. Così si avvicina alla sua stanza e, lentamente, apre la porta. Persino quella cigola in modo inquietante.

Eppure ad aspettarlo c'è Eddie, ancora addormentato, con ancora il braccio steso nella sua parte del letto, dove ha dormito quella notte e, sorridendo, si chiede come un terremoto del genere possa addormentarsi e svegliarsi nella stessa posizione, quando nella vita reale è la cosa più vicina a una catastrofe naturale. Non sta fermo un secondo.

Si avvicina e si siede sul letto ed è quel gesto a far aprire gli occhi di Eddie per un attimo, e poi li richiude immediatamente; poi li riapre lentamente, e li sbatte un paio di volte, visibilmente ancora troppo assonnato per riuscire a capire che è tornato alla realtà.

«Ehi», lo chiama, con una certa leggerezza nella voce, sebbene la mano dentro ai jeans che stringe ancora la siringa stia tremando senza alcuna possibilità di fermarla.

Eddie alza lo sguardo sul suo, ma resta nella stessa posizione e, sorridendo appena, gli allunga una mano, che lui stringe immediatamente.

«Ehi», risponde, poi sbadiglia e si stropiccia un occhio con la mano libera. «Che ore sono?», chiede.

«Quasi le nove. Avrei voluto lasciarti dormire ma oggi è il giorno, quindi...»

«Oh, giusto», risponde Eddie, ridendo, anche se Steve sa che non vorrebbe ridere affatto e che, dietro quel gesto, c'è solo tanta, troppa paura. Di essere un pericolo per tutti, di portare morte e distruzione, di aver causato solo l'ennesimo guaio della sua vita.

Può leggere tutto questo nei suoi occhi.

Eddie si alza a sedere sul letto, poi si trascina accanto a lui e gli si mette accanto. Arriccia le labbra e poi sospira, sebbene non abbia smesso di sorridere nemmeno per un secondo.

«Immagino che non saprò niente. Non fargli prevedere la tua mossa», dice, citando probabilmente qualche sua roba nerd che Steve non conosce e, inesorabilmente, quella frase gli fa scappare una risata.

«Non è per te, lo sai», lo rassicura, e lui annuisce fin troppo consapevole di aver accettato dei termini di contratto invisibili ma che, probabilmente, fanno sentire al sicuro anche lui, proprio perché sono nascosti.

«Quindi? Stai per lanciarmi un incantesimo? Oppure mi taglierai le gambe per non farmi scappare? Oppure mi caverai gli occhi?»

«Mi stai dando troppe idee a cui non avevo pensato, idiota», risponde Steve, e gli prende una mano, e vuole credere che non stia tremando troppo, che non gli stia comunicando quell'ansia e paura che sente, ma che in qualche modo il suo tentativo di rassicurarlo stia funzionando.

Non sa se è così, ma Eddie ricambia la stretta e poi si guardano, e lo vede ancora lì, nella luce dei suoi occhi, sempre così accesa e brillante; qualcosa che Vecna non potrebbe mai avere. Vecna non ha motivi di possederla.

Forse nemmeno la merita.

«Spero solo che funzioni», mormora Eddie, e inclina la testa di lato. «E che finisca presto. Lo so, è da pazzi sperarlo, ma è così. Voglio che questa merda finisca presto.»

«Eddie, non posso prometterti che sarà così ma almeno posso assicurarti che non ti farà niente e che non ci farai niente. Questo te lo posso promettere.»

«Direi che è abbastanza, ragazzone. In una situazione merdosa come questa, è qualcosa che posso farmi bastare finché non vi vedrò tornare da quell'inferno. Fino a quel momento mi faccio da parte.»

«È un'oooottima idea», sorride Steve e gli bacia le labbra. Gli tiene ancora stretta la mano, e quella di Eddie gli restituisce quel calore con quella che è la cosa più simile a una calda disperazione. Proprio come quel bacio. È così profondo e passionale, ma anche così dannatamente triste...

Ed è quel pensiero, nel momento di massimo coinvolgimento, dove stanno per diventare un tutt'uno, che spinge Steve a tirare fuori la siringa e a infilargliela nella gamba, a tradimento e a iniettargli velocemente il liquido nel corpo, prima ancora che lui possa staccarsi e rendersi conto di ciò che sta succedendo.

Lo vede guardare la siringa con gli occhi spalancati, e poi gli rivolge uno sguardo confuso e intriso di quella che è inesorabilmente paura, e forse sollievo, o chissà che altro.

Ci vuole solo qualche secondo prima che Eddie crolli tra le sue braccia, privo di sensi, completamente addormentato e pesante come un morto. Lo prende sotto le ascelle e lo stringe per un attimo a sé, gli bacia la fronte, sospirando poi via tutta la tensione che gli è rimasta dentro e che, probabilmente, non smetterà di accompagnarlo fino alla fine di quel viaggio contro Vecna.

Prende un grosso fazzoletto di stoffa che gli ha dato Hopper e gli copre gli occhi, poi lo adagia sul letto e gli lega le mani. Proprio come hanno fatto a Will quel giorno e ricorda perfettamente di aver provato lo stesso senso di disgusto per se stesso anche in quell'occasione, nel fare una cosa così a qualcuno che, di fatto, è solo una pedina del male peggiore.

Quando poi Robin e Nancy lo raggiungono, lo prendono e, velocemente, lo portano nella macchina di Hopper. Lo posizionano nei sedili posteriori, al centro, tra Robin e Steve, mentre Nancy, seduta accanto a Hopper, sospira prima di dirgli che possono avviarsi verso il posto segreto.

Per quanto Eddie non sia cosciente, Jim decide di fare un giro lungo, molto più lungo del dovuto: una precauzione, dice, così che possa depistare Vecna nel caso fosse in grado di captare le distanze e riportare Eddie a Hawkins attraverso quell'informazione. Il viaggio dura un'ora e mezza invece che mezz'ora e Steve, nella tasca, tiene stretta un'altra siringa di evenienza, sebbene non sia così certo di riuscire ad usarla come ha fatto prima, e spera di non doverlo fare affatto.

Arrivati nel bosco, scorgono la casetta: a differenza di ciò che Steve pensava, è accogliente e graziosa: è completamente fatta di legno, somiglia un po' a quella di Hopper, ma quasi ha la parvenza di una vera abitazione. Fuori, ad aspettarli, c'è un uomo in divisa e un fucile in mano.

«Lui è Dmitri», spiega Hopper, e quello fa un saluto militare, quando li vede avvicinarsi con la macchina; Steve fa un sospiro di sollievo quando lo vede anche sorridere. «È quello che mi deve un favore», ride infine e loro restano in silenzio, ma si sente che, in qualche modo, l'aria si è alleggerita un po', al pensiero che Eddie non sarà solo.

Il fuoristrada si ferma, con un rumore di freni arrugginiti e, quando escono tutti e Steve si rende conto che è arrivato il momento di separarsi da Eddie per un po', guarda quella casa sperando quasi che, quando ci entreranno, possa inghiottirli e catapultarli altrove, dove il sottosopra non esiste e dove, proprio ora che ha trovato qualcuno di importante, può smetterla di preoccuparsi del futuro. Persino di quello del mondo.

Si caricano Eddie, e entrano in casa, e per un po' Hawkins resta fuori da lì.

Steve non ricorda di aver più respirato un'aria così poco tossica in vita sua, come in questo momento.

Fine Capitolo XXII

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