CAPITOLO 1 - parte prima

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Il sudore le colava lungo il corpo, la pelle bruciava sotto il sole cocente e i polmoni erano pieni della terra secca e bruciata che veniva continuamente sollevata a ogni spostamento. Alzò il braccio che teneva la spada fino a che la lama non arrivò all'altezza del suo sguardo.

Ightar puntò i suoi occhi rossi come il Fuoco Eterno che bruciava nel mezzo della sala del Trono di suo padre sulla guardia che si addestrava assieme a lei da quando era bambina. Brither sferrò un colpo scomposto, prevedibile, lanciando un urlo stremato nella speranza di darsi maggiore forza.

La femmina parò il colpo senza troppi sforzi, mise la mano libera e protetta dal guanto sulla punta della lama e fece forza, costringendolo a cadere sulla schiena. «Morto», disse in tono vitreo.

Attorno a loro, le altre guardie applaudirono per quello spettacolo gratuito e scontato. Ormai sapevano che era sempre lei a vincere ogni incontro, ma tifavano sempre per il compagno per puro cameratismo. Lei si avvicinò a Brither e gli tese una mano. «Grazie, Brit, come sempre».

Lui l'afferrò e si mise in piedi. Tolse l'emo e sorrise a quella che, ormai, era diventata sua amica nonostante le etichette. «È sempre un piacere farsi massacrare da te, Principessa».

Lei gli fece un mezzo sorriso prima di tirargli un pugno contro la spalla. «Vedi di guarire, domani ti voglio in forma». Cominciò a togliersi l'armatura in ferro per gettarla nelle casse di legno che erano sparse per tutto il campo di addestramento. Una volta piene, qualche servitore sarebbe arrivato per portarle nelle scuderie a lucidare e sistemare.

Ad attenderla, sul limitare del cortine e nascosto dall'ombra, il servo di suo padre era ritto come una statua. Aveva le braccia tese nella sua direzione con due asciugamani morbidi pronti per essere utilizzati. Ightar ne afferrò uno e cominciò ad asciugarsi il sudore che colava copioso. «Un allenamento senza eguali, Principessa Ightar».

«Ti sarei grata se la smettessi di adularmi, so di essere brava». Gli gettò l'asciugamano senza preoccuparsi molto. «Dimmi cos'ha in mente mio padre, piuttosto. Detesto interrompere i miei allenamenti per cose futili».

Il servo si schiarì la voce, afferrando anche il secondo asciugamano che gli veniva gettato addosso. «Credo sia molto importante, invece. Questo pomeriggio ci sarà la nomina del nuovo Capitano dei Lucyle e dovete presenziare tutti».

La Principessa sciolse i capelli e guardò con aria di superiorità il servo. «E tu credi realmente che io mi metterò in ghingheri per andare a una festicciola da quattro soldi?».

«Si terrà al palazzo dell'Imperatrice Luatra, Principessa. Siete obbligata a presenziare come tutte le altre famiglie reali. È un evento importante».

«Come se a me importasse qualcosa».

Il servo tacque, cosciente che sarebbe stato inutile discutere contro la testardaggine di Ightar. La seguì in silenzio, attento a ogni sua mossa e a ogni oggetto che gli avrebbe lanciato. Scorse una serva e le affidò gli asciugamani in modo da poter essere libero di muoversi e seguire il passo svelto della Principessa. Aprì le porte incurante di chi potesse esserci, camminava con la rabbia che le scorreva nelle vene, alimentata dallo Spirito del Fuoco. I suoi occhi costringevano tutti a girarsi, temendo la furia di una figlia viziata e passionale.

Raggiunse la sala del Trono, dove suo padre discuteva assieme ai propri consiglieri. A breve sarebbe arrivato il periodo delle tasse e, molto spesso, il popolo non aveva molto con cui pagare. Tutti lavoravano per produrre gemme di fiamma da esportare nei vari Regni, in modo da ricevere materie utili come le gemme di acqua o aria, inesistenti in quel luogo arido.

Tutti si accorsero della sua presenza e si girarono a guardarla, a squadrarla come se non vedessero una femmina dal giorno della loro nascita. «Uscite». Indicò loro la porta, ma nessuno si mosse. Guardarono il Re, ma lui si limitò a restare zitto e a guardare le carte sparse sul tavolo. «Subito». Non serviva che alzasse la voce, le bastava quel tono glaciale.

Tutti uscirono con la coda tra le gambe e, con un gesto della mano, Ightar serrò tutte le porte. «Cos'è questa storia?».

«Quale storia, mia dolce figlia?». Nemmeno in quel caso distolse gli occhi da quelle maledette carte. Lei gli si avvicinò fino a che si trovò a pochi centimetri dal suo naso. «Bella come tua madre».

«Non tirare in mezzo mia madre, lei è morta secoli fa per servire quei maledetti Esiliati. Per salvare loro, senza pensare che sua figlia sarebbe rimasta senza di lei. Non menzionare un essere egoista e inutile come lei di fronte a me!».

Tra le tante cose che odiava, in cima alla lista, c'era proprio la femmina che l'aveva messa al mondo e che suo padre continuava a nominare. Ightar aveva sempre creduto che fosse morta per mano degli Esiliati, che l'avessero rapita e rinchiusa per poi ucciderla nel modo più atroce.

Invece no, aveva rinunciato alla sua vita per salvare dei miseri bambini. Si era messa davanti a loro e aveva assorbito le bombe magiche che i Lucyle volevano lanciare contro di loro. Non aveva pensato a sua figlia, che piangeva disperata in quel castello troppo grande per lei. Aveva pensato a degli essere inutili che sarebbero diventati una minaccia in futuro, si era sacrificata per loro.

Re Fyrell si raddrizzò, come sempre. Gonfiò il petto, i capelli divennero fiamme vive e gli occhi blu la guardarono come se volessero scioglierla in quel punto esatto.

Ightar non temeva più quella reazione, sapeva che lui non si sarebbe mai azzardato ad alzare un dito su di lei. Era l'unica eredità rimasta, la figlia preferita e prediletta.

«Non ti azzardare mai più a dire una cosa simile su tua madre. Ti ha sempre amato, e so che il suo Spirito ti protegge nonostante tutte le cattiverie che continui a sparare nei suoi confronti».

«Cattiverie? Dico solo la verità. Se mi avesse amata abbastanza sarebbe ancora qui. Ma non sono venuta a discutere di questo». Prese un frutto dalla cesta poco distante e lo addentò. «Non verrò alla pagliacciata di oggi».

«Non si parla con la bocca piena», la redarguì, ma Ightar lo ignorò.

«Non mi metterò alcun vestito, non mi abbellirò. Non verrò».

«Peccato che tu sia obbligata, visto che ti unirai a Lucyle».

Ightar si girò a guardarlo, l'odio vivo nel suo sguardo. «Come ti sei permesso?», urlò. In un lampo fu di fronte a lui, i denti digrignati come se volesse sbranarlo. «Io non mi unirò all'esercito che ha ucciso mia madre».

«Invece ti unirai a loro, come recluta».

Il tono calmo di suo padre le fece capire che quello non era uno scherzo e che lei avrebbe dovuto obbedire a qualcuno. «Perché mi hai fatto questo?».

«Semplicemente perché non so più come comportarmi con te. Sei irrispettosa, non segui nessuna regola».

«Ti vuoi solo liberare di me».

Re Fyrell la ignorò, dandole le spalle. Salì i pochi gradini che lo separavano dal trono e si sedette. «Oggi verrai con me, quindi vai a preparati. Non pensare di svignartela, avrai delle guardie in qualsiasi punto possibile che ti riporteranno a palazzo». Con lo stesso gesto della mano che aveva fatto Ightar pochi istanti prima, il Re aprì nuovamente le porte della Sala del Trono e i consiglieri entrarono. Sembravano particolarmente soddisfatti: probabilmente avevano sentito per filo e per segno quello che si erano detti ed erano sollevati per l'imminente partenza della Principessa. «Vatti a preparare», la congedò.

Ightar irrigidì le spalle e si girò, incamminandosi verso le sue stanze.

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