CAPITOLO 1 -parte seconda

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Davanti alle doppie porte intagliate che davano accesso ai suoi alloggi, Ightar vide Brither andare avanti e indietro. Quando notò la sua presenza, la giovane guardia si drizzò e strinse saldamente la lancia che lo accompagnava quando doveva sorvegliare lei o il Re. «Principessa», la salutò, con tono reverenziale.

«Hanno messo proprio te a sorvegliare le mie stanze?».

«Me, e altre cinquanta guardie appostate in ogni angolo. Pronti a qualsiasi tua fuga». Un sorriso soddisfatto apparve sul suo volto bellissimo, libero dall'elmo e tumefatto a causa sua. I capelli ramati cadevano in riccioli lunghi e raccolti un numerose trecce, la barba leggermente lunga gli donava un aspetto più virile e adulto, gli occhi neri come l'onice ricordavano quella terra arsa e arida.

Ightar sentì dei passi provenire da dietro di lei. Non le servì girarsi per capire che una decina di serve stavano venendo nelle sue stanze per prepararla a quella tortura. Guardò Brither e alzò gli occhi al cielo. «Ti prego, uccidimi».

«Mi dispiace, Principessa. Questo è un ordine a cui non obbedirò mai». le schiccò un fugace sorriso prima di tornare rigido. Se lo avessero visto in atteggiamento troppo intimo con lei, lo avrebbero punito con trenta frustate. La Guardia Reale non permetteva certi atteggiamenti con la famiglia, indipendentemente da quali fossero gli ordini dei reali.

Nessuno aveva mai imposto questa regola, ma vigeva. «Avrei preferito passare il pomeriggio a curare ogni tua ferita nella maniera corretta». A Ightar non importava di quella regola, lei sarebbe riuscita a proteggerlo dalla punizione. Avrebbe ammazzato il Capitano della Guardia Reale, pur di non permettergli di toccare Brither.

Lui rimase immobile, solo il suo sguardo trasmise quanto avrebbe desiderato anche lui che il pomeriggio volgesse in quel modo.

Le serve arrivarono, trafelate, con una scatola piena di gemme di acqua e aria. Sarebbe stato un lungo bagno, e lei era ancora sporca a causa dell'allenamento di quella mattina.

Una di loro aveva tutto l'occorrente per acconciarle i capelli, mentre altre due trasportavano un lungo vestito rosso. Sapeva che ne sarebbe uscita bellissima, ma sarebbe stata una tortura. Improvvisamente sentì il sangue raggelarsi nelle vene al pensiero di quella costrizione e un prurito incessante le pervase la pelle.

Le serve si fermarono per lasciarla passare, e lei spalancò le porte, spazientita.

Si andò a spogliare senza preoccuparsi che loro chiudessero la porta. Voleva che Brither vedesse cosa si stava perdendo. Solo quando fu completamente nuda, lo guardò da sopra la spalla proprio pochi istanti prima che le ultime due chiudessero la porta. Lo sguardo pieno di desiderio che le lanciò sciolse il ghiaccio.

La serva con la scatola piena di gemme si avvicinò all'enorme vasca di legno e le gettò dentro. L'acqua si scaldò grazie al suo potere debolissimo e versò degli olii profumati al suo interno. La Principessa vi si immerse, godendo di quel momento. Si chiese se, nell'Esercito Imperiale, avrebbe avuto ancora momenti come quello. Probabilmente, come principessa, le sarebbe stato riservato un trattamento preferenziale proprio per non dover subire la sua rabbia.

Lasciò che le strofinassero la pelle e i capelli con dei guanti intrisi di detergente alle erbe, gentile omaggio della Regina Anathola.

Una volta terminato, venne fatta alzare e avvolta dagli asciugamani. Le tamponarono i capelli, le fecero indossare il vestito rosso e la costrinsero a sedersi. Utilizzarono le gemme d'aria per asciugarle i capelli e cominciarono ad acconciarli. Una miriade di treccioline andavano a legarsi dietro al sua nuca, lasciandole libero il volto come voleva lei.

S'incamminò verso le porte senza nemmeno ringraziare chi l'aveva aiutata. Brither era ancora dritto come una statua, ma quando la vide perse il suo vigore. Rimase a guardarla con occhi sognanti e bocca aperta. Quella reazione fece nascere un sorriso soddisfatto sul volto di Ightar. «Credo che tocchi a te scortarmi fino alla Sala del Trono».

Lui si schiarì la voce e si guardò attorno prima di incamminarsi tutto impettito.

Solo quando rimasero soli lui la spinse contro una rientranza nascosta da una statua. Nessuno avrebbe potuto vederli.

Passò una mano sul volto della Principessa, accarezzandole la pelle candida che contrastava con i capelli neri e i vestiti rossi. Fremette nell'immergersi nel suo sguardo di fuoco, che tutti temevano ma che lui trovava intrigante. «Come posso lasciarti andare?».

Ightar posò una mano sulla sua e la sua espressione cambiò completamente. Da stoica menefreghista come adorava sembrare, divenne bisognosa. «Non lasciarmi andare».

Brither la baciò con passione. La premette contro le mura di pietra che scottavano, la strinse contro il proprio corpo e memorizzò il suo sapore come se quello fosse veramente un addio.

La Principessa avrebbe tanto voluto che la prendesse in quel punto, che calmasse il desiderio ardente che non la lasciava pensare. «Strappami di dosso questa cosa infernale, Brit. Ti prego. Lascia che ti protegga e usciamo allo scoperto».

«No, Principessa. Non posso rischiare la mia vita e non poterti più proteggere. Non quando stai per andartene».

«Vieni con me».

«Non posso più arruolarmi adesso. Avrei dovuto farlo prima, ma tuo padre ha annunciato la tua chiamata alle armi proprio oggi. Nessuno sapeva niente, ha sorpreso tutti».

Ightar passò le dita sul volto meraviglioso della sua guardia. Lo memorizzò, lo tatuò nella mente e nel cuore, avida com'era di averne sempre di più. Tornò a baciarlo, a sentire come il suo profumo di fumo fosse così particolare e buono, diverso da quello che avevano tutte le altre creature che componevano il suo popolo.

Lasciò che la stringesse ancora, che le trasmettesse quei sentimenti che non poteva dichiarare a voce troppo alta. «Ti amo, Brit. Ricordalo, sempre».

Lui annuì, timoroso di essere udito.

Si allontanò da lei in modo da concederle il tempo di risistemarsi. Solo quando lui le diede il permesso di uscire, Ightar tornò ad affiancarlo. Una volta nella Sala del Trono, percorsero la navata in silenzio. Gli occhi della nobiltà del regno erano puntati tutti su di lei, tranne quelli del Capitano della Guardia Reale. Lui stava guardando Brither, con maggior precisione le sue labbra.

Ightar poté vedere alla perfezione il momento in cui il Capitano capì, ma si costrinse a restare ferma. Se solo avesse fatto una mossa, avrebbe messo in guai ancora maggiori Brighter e non poteva permetterlo.

Affiancò suo padre, anche se avrebbe tanto desiderato prendere la mano del soldato che amava con tutto il cuore.

«Come già tutti sapete, la mia amata figlia si unirà all'Esercito Imperiale dei Lucyle e andrà a difendere la nostra causa e abbattere quei maledetti Esiliati». Un applauso fragoroso riempì l'aria, sostituendo quel silenzio referenziale che l'aveva accolta. A quelle acclamazioni, il pensiero di andare a combattere non le fece più ribrezzo come all'inizio.

Il Re alzò le mani per intimare alla nobiltà di calmarsi, e loro assecondarono il suo volere. «Vi chiedo di salutarla nell'unico modo che conosciamo, con il sangue e con il fuoco. Tornerà vincitrice».

Afferrò la sua mano e la alzò. Ci furono di nuovo applausi fino a quando, con due richiami di corno, un coro cominciò a levarsi tra la folla: «Con il sangue e con il fuoco, vincitrice tornerai». Continuarono a urlare, insieme, in fermento.

Il Fuoco Eterno, posizionato al centro della Sala del Trono, cominciò a vibrare. Lingue di fiamma raggiunsero lei e suo padre, fino a che si avvinghiarono a loro e li trasportarono nel palazzo dell'Imperatrice Luatra.


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