6.

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Due Colpevoli

Brayan con il cuore pieno di speranza ritornò a palazzo.

Entrò e salì le due rampe di scale dorate.

Iniziò ovunque a cercare Alejandro: in ogni stanza, corridoio che fosse, ma non riusciva a scovarlo da nessuna parte.

Allora ritornò nella sala fumatori, dove lo aveva incontrato l'ultima volta.
Udì dei chiacchiericci e delle risate all'interno.

Si soffermò un attimo sulla soglia, nascosto nella penombra indugiò un po', ma alla fine fece un respiro profondo e si fece coraggio e varcò l'ingresso.

La sala era davvero molto luminosa. C'erano maschere variopinte dappertutto: vicino alle finestre, sedute che bevevano, e in piedi che conversavano animatamente.

Avanzò tra la moltitudine di maschere, fino a scorgere Alejandro nell'angolo più remoto. In mano teneva un calice di vino rosso ed era intento a dialogare con alcuni suoi colleghi d'affari. Stava ridendo e scherzando come uno sciocco. Come se nulla lo toccasse nel profondo, come se non fosse successo niente, come se la morte di Fiorenzo non gli importasse, rideva come un perfetto uomo innocente.

Brayan si avvicinò a lui, prese una sedia e ci salì sopra. «Tu, sei un assassino! Tu sei l'assassino!» Gridò a gran voce.

Nella sala calò il silenzio. Lo stavano osservando tutti dal basso, sbigottiti.

«Ma che...» Parlò uno dei suoi amici.

«Un altro con questa maschera!» Esclamò invece l'altro con un misto di disgusto e preoccupazione.

«È già molto ubriaco, non lo vedi?», rise Alejandro. Poi si rivolse a Brayan, cambiando espressione. «Che vuoi piccolo e miserabile esserino?» Gli domandò con tono duro e cattivo.

«Tu!» Gli puntò l'indice contro. «Sei un assassino!» Gli urlò ancora.

Alejandro si alzò in piedi. «Come ti permetti di rivolgere accuse così pesanti su di me! Bada bene. Sparisci subito o ti faccio arrestare!» Inveì alterato contro il ragazzo.

Ma Brayan non demorse nemmeno un po'. «Io da qui non mi muovo, finché non confessi il tuo omicidio.»

«Perché non lo confessi tu, l'assassino qua dentro, fra tutti noi, non sono io, ma tu, caro giovanotto.» Sbottò Alejandro con fare altezzoso.

«No, non è vero!»

«Indossi la maschera di Bafometto, devi avere commesso qualche peccato...forse sei tu che hai delle colpe da estirpare...» Continuò l'uomo sempre di più forte e superbo.

«Tu hai ucciso Fiorenzo!»

Alejandro gli mancò un battito, crollò malamente sulla poltrona, rompendo il calice di vino che teneva in mano. Era scioccato. «Che cosa hai detto!? Puoi ripetere, per favore?»

«Tu, sei stato tu a uccidere Fiorenzo?» Alzò la voce, in modo che sentissero tutti.

«Io l'ho visto vivo e vegeto pochi minuti fa.» Gli rispose con tono più che tranquillo.

«Io vi ho visto litigare! Io ho visto e sentito benissimo che lo hai minacciato di morte!»

«Sì, ma non l'ho fatto, almeno non ancora...» Un lieve sorriso beffardo si accese nel suo volto.

«È già morto!»

«Impossibile ragazzino. Smettila di prenderti gioco di me. Va via o ti faccio arrestare.» Alejandro esaurito dalla sua presenza, lo minacciò.

«C'è il suo cadavere in mezzo alla Piazza.»

Alejandro lo fissò di sottecchi, ma preoccupato. «Ma che stai dicendo!?» Lo rimproverò.

«Se non mi credi vai a controllare. Io non dico le bugie. Io non mento mai!» Si impuntò il ragazzo, fiero di sé.

«Non mi fido di chi indossa la maschera di Bafometto! Siete solo dei peccatori!» Gli urlò contro Alejandro, alzandosi dalla poltrona.

«Come te!» Gli gridò in faccia Brayan.

«Ti ho detto che io sono innocente. Non ho ucciso io Fiorenzo.» Alejandro stette per prenderlo per il collo.

«E allora perché lo hai minacciato di morte?!»

«Perché è pieno di debiti che la sua famiglia gli ha lasciato dopo la morte. Sono debiti che deve assolutamente pagare. Altrimenti sarà la rovina per tutti.»

«Questo lo avevo già origliato...» Lo interruppe seccato il fanciullo.

Alejandro lo guardò con sguardo severo e minaccioso. «Ci sono delle carte scritte, da qualche parte, le ha firmate anche sua sorella, mia moglie Priscilla. Io l'ho sposata quella povera disgraziata, non per amore, ma per pura pena...Quanto mi sto pentendo... Mi ha quasi supplicato di farlo, perché così la assolvevo dal suo dovere, dato che è una grandissima fannullona...La sto mantenendo con le mie spese. Se suo fratello non paga quelle tasse e non ritorna indietro tutti i prestiti che ha fatto in questi anni insieme a Priscilla, dovrò farlo io stesso. Ed è una questione che non spetta a me! Perderò un sacco di soldi anch'io, non posso permetterlo. Gli affari vanno già male di per sé, quest'anno non posso accavallarmene altri e non posso lasciare mia moglie, mi rovinerebbe ancora di più la reputazione, anche perché penso che lo stia già commettendo lei, sta peccando di adulterio.»

«Sul serio, Alejandro...» Sbottò incredulo uno dei suoi compagni.

«Sì, credo gli piacciano le donne...» Confessò aspramente il marito tradito.

«Cosa?! Con una donna!» Esclamò l'altro ancora più sconvolto.

«Sta zitto! Accidenti!» Alejandro lo stava per aggredire. «Non deve saperlo nessuno. Sarebbe uno scandalo. Mi manderebbe sul lastrico in una settimana, nessuno vorrebbe fare affari più con me. Sarebbe la mia rovina totale!»

L'uomo pose il suo sguardo preoccupato verso Brayan. «Che c'è bambino? Perché quella faccia?»

A Brayan gli cadde il mondo addosso. Non era lui l'assassino. Lo aveva confessato. Era più in collera con la moglie che con Fiorenzo. Avrebbe tratto più piacere uccidere Priscilla per salvarsi la vita, Fiorenzo era solo il fratello incomodo di mezzo. Era la moglie che odiava, sospettata di alto tradimento.

Era sua moglie che poteva farlo cadere in disgrazia, perché aveva una storia d'amore segreta con una donna. Era proibito avere certe relazioni...

Il ragazzino scese dalla sedia.

«Comunque Fiorenzo non pagherà più nessun debito, è morto sul serio. Non è una bugia. Non sarà stato lui a ucciderlo, ma qualcuno sicuro l'avrà fatto», confessò rammaricato.

«Be' a me non m'importa nulla. Anzi mi hai fatto solo un favore. Ora dovrò solo sbarazzarmi di sua sorella.» Si alzò dal suo posto. «Ci vediamo signori...» Salutò i suoi amici d'affari «E riguardo a te, ragazzino, farai meglio a sparire, quella maschera che indossi porta solo morte e distruzione. Noi veneziani non vogliamo avere altri problemi.» Dettò ciò Alejandro abbandonò la stanza «Guardie!» Le chiamò infine, prima di scomparire nel buio corridoio.

«No!» Urlò Brayan, preso alla sprovvista.

Una coppia di guardie reali irruppe nella sala.

«Portate via questo peccatore!» Dissero alcuni delle maschere presenti.

Le due guardie si avvicinarono al ragazzino e lo presero per entrambe le magre braccia.

«No lasciatemi!» Il giovane provò a divincolarsi dalla stretta con gli occhi rigati di lacrime.

Lo portarono fuori dalla stanza, trascinandolo lungo il corridoio.

«Lasciatemi, io non ho fatto niente, sono innocente!» Si mise a dimenarsi come una vipera furiosa, finché con un forte strattone, riuscì a liberarsi e a scappare veloce.

Le guardie subito presero a inseguirlo.

Il bambino correva e correva lungo i corridoi del palazzo, quando vide una stanza buia.
Si rifugiò all'interno, chiuse la porta e aspettò le guardie allontanarsi.

Dopodiché uscì e ritornò nella grande sala da ballo.
Tutto era normale, come se non fosse successo niente: le danze continuavano tra risate e applausi.

Brayan, in collera e frustrato, andò a rifugiarsi in un angolo, dietro a un drappeggio verdastro di una pesante tenda broccata. Si nascose e si accucciò, stringendosi il corpo a sé. Copiose lacrime d'impotenza iniziarono a scendergli dal viso e a bagnargli quella maschera già orrenda di suo.

Perso nei suoi singhiozzi rimase lì fermo, con il corpo tremante, triste per aver fallito.
In lui si spense ogni briciolo di speranza.
Era intrappolato in una storia che non gli apparteneva.

Qualcuno, una voce femminile lo udì. «Senti anche tu qualcuno piangere?»

«O sì», rispose un'altra voce femminile.

«Chi c'è qua dietro?» La donna in maschera scostò la tenda. «O ma è un ragazzino!» Esclamò sorpresa.

«O povero fanciullo. Chi ti ha ridotto così?» Domandò una.

«O no! Porta la maschera di Bafometto, dobbiamo allontanarci subito.» La compagna fece per scappare, ma l'altra la trattenne. «Aspetta cara.»

Brayan si scostò e si voltò di spalle, si asciugò le lacrime con il braccino e poi alzò lo sguardo: non poteva crederci, davanti aveva Priscilla e Diletta.

«Andiamo via. Vedi come ci sta guardando male?» Disse la prima.

Mentre l'amica non indugiò, si accovacciò e gli tese la mano. «Vieni piccolo, ti aiuto a rialzarti.»

Brayan si destò e continuò a guardare con sguardo terrorizzato le due donne.

«Perché piangi?» Chiese Diletta.

Il fanciullo gli voltò le spalle, arrabbiato, stanco e scioccato. «Niente...andate via...»

«Ma se non hai niente, allora perché stai piangendo?» Insistette la maschera in lilla.

«Non posso dirvelo, tanto prima o poi lo scoprirete da sole.» Il bambino le guardò in viso. «Mi dispiace tanto», pronunciò con tono colmo di dolore e tristezza.

«Per cosa, cucciolo, non capisco!» Sbraitò Diletta.

«Hanno ucciso il vostro amico», confessò senza ritegno.

Priscilla lo fissò sconvolta e sconcertata, mentre l'altra rimase un attimo incredula. «Ma chi scusa?» Aggiunse poi.

«Ho sentito che si chiama Fiorenzo», affermò con tono innocente.

«Fiorenzo!» Urlò Priscilla!

«Ma cosa stai dicendo?» Sbottò allibita la maschera lilla.

«O e adesso cosa facciamo?» Si mise le mani in viso «Diletta mi avevi detto...» La sua voce si spezzò.

«Priscilla zitta. Non un'altra parola! Tu moccioso, vieni subito con noi, adesso», ordinò perentoria.

«Ma...» Brayan non fece nemmeno in tempo a protestare che venne subito strattonato ancora una volta e portato via. «Tieni la testa china, non farti vedere che porti quella maledetta maschera.»

Le tre maschere lasciarono il ballo e si precipitarono lungo il corridoio, per intrufolarsi in una stanza tetra, dove solo la luce della luna piena la illuminava, in parte, diffondendo un barlume blu scuro.

Diletta chiuse la porta a chiave e scaraventò a terra il piccolo ragazzo.

Brayan indietreggiò strisciando con il sedere e i piedi per terra fino a sbattere la testa contro un massiccio armadio in mogano.

Diletta lo inseguiva con uno sguardo feroce come quello di una perfetta omicida.

Si posizionò proprio davanti a lui.

«Adesso devi dirmi tutto quello che sai!» Gli urlò contro.

Il bambino impaurito e soffocato dall'ansia si lamentava e piagnucolava.

«Su forza, non ho tutta la notte!»

«Per favore non farmi del male!» La supplicò a mani giunte, con il volto bagnato di lacrime.

«Diletta lascialo andare. È solo un innocente ragazzino!»

«Non è innocente se porta la maschera di Bafometto!» Si avvicinò ancora di più verso Brayan. «Allora dimmi tutto quello che hai visto! Su forza!» Alzò il tono della voce, che si fece più cattivo e severo.

Il ragazzo tremolò e singhiozzò. «Ho visto il cadavere di Fiorenzo a terra nella Piazza di San Marco. Lo giuro sono sicuro, era lui! Era lui!»

«Sei un bugiardo. Io non ho ucciso Fiorenzo!» Confessò lei, senza ritegno e accecata dalla rabbia.

«Cosa?» Il bambino la guardò sconvolto.

Diletta estrasse dall'abito vaporoso un coltello.

«Che vuoi fare! Hai già ucc...», provò a intromettersi la dolce Priscilla.

«Zitta ti ho detto! E aspettami fuori!» Comandò.

«No.» La maschera in rosa non voleva darle ascolto. Era disperata e molto spaventata per tutto quello che stava succedendo.

«Priscilla, fa come ti dico. Aspettami fuori dalla porta, assicurati che non arrivi nessuno.»

Priscilla si arrese e piangendo come una disperata, corse fuori nel corridoio avvolto dalla penombra.

Ora Diletta rivolse tutta la sua attenzione verso quell'indifeso e piccolo corpicino.

«No, non mi uccidere.» La supplicò. La paura lo stava dilaniando, rendendolo sempre più fragile.

Diletta alzò il coltello, la luce della luna si rifletté sulla lama argentata.

Brayan sgranò gli occhi e soffocò un urlo quando vide che era già macchiata di sangue. Sangue di...

«Hai ucciso tu Fiorenzo! Sei tu l'assasi...»

Non fece in tempo a confessarlo che la maschera in viola gli piantò a fondo il coltello nel petto, per poi estrarlo subito dopo. Diletta lo prese e lo avvolse in uno straccio bianco, per poi riporlo dentro al vestito.
Silenziosamente si dileguò e lasciò solo il bambino, agonizzante nel suo dolore.

Il sangue zampillò dal giovane cuore di Brayan. Un bruciore lancinante gli stava invadendo lentamente il petto, il corpo e la mente. Ce l'aveva fatta a scoprire il vero assassino. Era Diletta, ma ormai era troppo tardi per acciuffarla. Se ne era andata per sempre.

Presto la morte lo venne a prendere. Spirò in quella buia stanza.
Il sangue rosso vivo che scrosciava ancora dalla sua ferita e bagnava il freddo pavimento della stanza.

Brayan morì solo e abbandonato sotto il chiarore di una luna d'inizio Primavera.

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