Esame

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

Sono in auto. L’atmosfera è pesante, l’aria irrespirabile. Abbasso il finestrino, lasciandomi inebriare dal profumo dell’autunno mentre guardo fuori: sugli alberi spuntano già le prime foglie colorate, ma la gente sul marciapiede sembra non accorgersene. Molti pedoni parlano, altri sono incollati con il naso allo schermo del loro smartphone, un uomo si fa trascinare svogliato dal proprio cane mentre un paio di ragazzi sono fermi al semaforo con due sgargianti tute da jogging e le cuffiette. Impegnata a guardare il resto del mondo, non mi accorgo neanche che siamo già arrivati.

Il medico ci accompagna al reparto di neurologia e, mentre va a prepararsi, arriva una giovane anestesista: tra poco mi riaddormenterò. Spero di risvegliarmi nel mio letto senza gemelle rimosse dalla memoria.

***

Apro gli occhi. Il soffitto bianco e la luce soffusa del neon mi riportano alla cruda realtà: nessun incubo, sono in ospedale veramente e con buone probabilità nel mio cervello c’è qualcosa che non funziona.

Dopo un quarto d’ora passato a scrutare le trame che la luce del sole, filtrando dai rami, crea sulle tende, sento un rumore di passi. Il dottor Luca Guareschi, come posso leggere dal tesserino dell’uomo che era venuto a casa, è seguito dai miei genitori, che lo guardano con aria perplessa.

“Cosa vuol dire niente, dottore?” stava protestando mio padre.

“Giorgio, stai calmo, adesso ci spiegherà tutto.” lo tranquillizza mamma.

“Ciao Amanda”

“Buongiorno” rispondo, ancora un po’ intontita.

“Il tuo esame nel complesso è andato beh, direi bene, cioè …” sembra non sapere nemmeno lui come spiegarlo “è molto strano, pensavo di trovare qualche tipo di trauma che giustificasse la tua amnesia e invece è tutto a posto.”

Ora tace, lasciando che la tensione si impadronisca della stanza.

Per foruna riprende quasi subito: “Ok. Ti chiedo scusa in anticipo, ma sono costretto a vagliare ogni possibilità. È una cosa grave, quindi non mentire solo perché ci sono i tuoi genitori … fai uso di droghe pesanti?”

Oddio. Da come aveva iniziato la frase ho temuto mi chiedesse chissà cosa. “No, no, certo che no. Non ne ho mai fatto uso. Semmai ieri sera ho bevuto un po’ troppo.”

“Lo sapevo io! Amanda, quante volte ti ho detto che è pericoloso! Non devi mai bere a quelle feste in discoteca! Sai quanti ragazzi là fuori sono interessati a ben altro che un drink?”

“Mamma, stai calma!” le ordino mettendomi le mani in testa. Tutte le sue urla mi rimbombano nelle orecchie come un martello pneumatico. “Ho venti anni, so come vanno le cose ed è per questo che beviamo solo quello che portiamo noi! Inoltre mi sembra di essere rincasata sana e salva, al limite un po’ brilla.” replico.

“Ok. Non brilla, ubriaca fradicia.” ammetto sotto il loro sguardo inquisitore.

“Può essere stato l’alcol?” chiede papà al dottore, che nel frattempo aveva abbozzato un sorriso davanti alla nostra piccola discussione familiare.

“No, non causa questo tipo di danni sulla memoria a lungo termine. L’ipotesi più probabile, a questo punto, è che si tratti di stress. Hai bevuto tanto a causa di un forte stress, Amanda?”

“No, non credo …” tre paia di occhi mi stanno fissando senza battere ciglio “insomma, sempre le solite cose: l’università, gli amici, il divertimento. Nient’altro.”

“Beh, a questo punto, signori Paretti, non posso fare molto altro. Sarebbe inutile eseguire ulteriori esami: non ci sono problemi a livello neurologico. Consiglio solamente molto riposo e magari di farla parlare con chi conosce bene sia lei che la sorella, affinché riemergano i ricordi.”

Sento qualcuno bussare alla porta. Mia madre va ad aprire: “Eccoti qua! Dottor Guareschi, le presento l’altra mia figlia, Cassandra.”

Una ragazza varca la soglia, saluta il medico e mi sorride, mascherando un’espressione preoccupata:

“Ciao Amanda. Allora? Come stai? Mi dicono che non ti ricordi più di me.”

Non respiro. Davanti a me vedo la mia faccia, che parla con la mia voce, gli stessi movimenti per spostare una ciocca di capelli dalla fronte quando sono nervosa. Mi sembra di guardarmi allo specchio, ma la mia immagine riflessa non si muove in simultanea; anzi, parla e interagisce con me come fosse un’altra persona; ma in realtà è me, o forse no. Non capisco più niente. Svengo.

***

Quando mi risveglio, il dottore mi sta mettendo dei cuscini sotto i piedi. Le sue mani sono calde e morbide. Mio papà, dall’altro lato del letto, mi chiama con delicatezza: “Amanda?”

“Io … lei … cosa è successo?” farfuglio. Non riesco a esprimere il mio sconcerto.

“Stai calma, respira. È andata a casa con tua madre. Qui c’è tuo padre. Quando ti sarai ripresa, ti potremo dimettere.” mi risponde il medico.

Prima che lasci la stanza, riesco a toccarlo per fargli capire di fermarsi un attimo: “Grazie.” sussurro. Lui sorride ed esce.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro