Il traditore

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Ero giunto a valle. Mi inoltrai nel fitto bosco dinanzi a me: Vanya ne avrebbe perlustrato ogni angolo per trovare indizi, per stanare quella feccia di semiumani. Io però ero a conoscenza della direzione da prendere, sapevo cosa cercare, dove e chi.

Dopo mezz'ora di cammino, la trovai, sepolta nel profondo del bosco e nascosta alla vista del mondo, una casetta di pietra che conoscevo molto bene e che i miei occhi non vedevano da quasi un decennio oramai.

Le intemperie avevano logorato il piccolo abitacolo: il tetto era in cattivo stato, come gli esterni del resto; gli alberi rinsecchiti e spogli circondavano il tutto come a voler proteggere quelle misere mura; il legno della porta era marcio e muschioso. Udii dei rumori e delle voci provenire dall'interno: erano in casa.

"Chi va là?" una voce maschile alle mie spalle mi fece arrestare, alzai le braccia per fargli capire che non avevo brutte intenzioni. "Chiunque tu sia, hai fatto male a venire qui, specie da solo, preparati a morire!"

Mi voltai verso di lui abbassando le braccia: "Così si saluta tuo fratello maggiore, eh Vasilii?" 

Mio fratello minore mi stava fissando con sguardo sgomento, una rabbia incresciosa divampò nei suoi occhi marroni come fiamma ardente. Aveva una zappa alzata tra le mani, pronto a colpirmi al minimo movimento sbagliato. Era cresciuto in quei lunghi anni, era diventato più alto di me, il suo viso smunto e la pelle grigiastra mi fecero intuire che non se la stavano passando bene negli ultimi tempi. I suoi abiti bucati e impolverati erano logori e più larghi di qualche taglia.

"Non sei mio fratello, Aleksej, non lo sei più da diverso tempo! Vattene via da qui! Sparisci o ti uccido!" mi minacciò con fare convincente.

Era arrabbiato con me più di quanto potessi mai immaginare. A quei tempi Vasilii non aveva accettato la decisione che avevo preso, quella che ritenevo la più importante e giusta della mia vita. Non apprezzò il mio essere reclutato e il ruolo che avevo poi giocato come soldato.

Ero figlio di un semiumano, ma per qualche sconosciuta ragione ero nato privo di poteri. Ero un umano in piena regola, a differenza di tutti gli altri miei fratelli nati con capacità disapprovate dal nostro regime. Avevo ucciso molti come loro in nome della pace dell'Impero e in nome dell'Imperatore stesso. 

Non avevo tempo da perdere, e nemmeno la voglia di litigare con lui: "No, tu non capisci! Non potete più restare qui! Arriveranno presto è questione di ore!" cercai di spiegargli la situazione come meglio potevo, ma Vasilii si infuriò: si fiondò su di me così lo costrinsi a terra con un paio di movimenti mirati. Era bloccato sotto la mia presa, si sarebbe rotto le ossa se solo si fosse mosso di qualche centimetro.

"Traditore!" mi urlò contro attirando l'attenzione dei miei altri fratelli che si trovavano all'interno della dimora, costringendoli così a uscire fuori armati di sedie. "Ci hai venduti! Ci hai venduti!"

Dopo un iniziale trambusto, fui invitato controvoglia a entrare in casa: mi fu detto che lo zio Miroslav era morto qualche anno prima a causa di una brutta febbre; la mia gemella Zora era deceduta dando alla luce una bambina a cui avevano dato lo stesso nome della madre.

Vasilii non voleva che entrassi, Svetozar disse in modo chiaro, affinché potessi sentirlo anch'io, che se avessi osato fare anche una sola fastidiosa mossa mi avrebbe sgozzato all'istante.

I miei fratelli erano diffidenti, non potevo biasimarli, tenevano alte le zappe e le falci pronte per qualsiasi evenienza. Potevo sentire l'irrigidimento delle loro dita per quelle forti strette che esercitavano sugli attrezzi.

Accanto a un fuoco scoppiettante, è lì che la vidi: rannicchiata su una sedia di legno consumata, avvolta da una spessa coperta, la mia anziana madre.

"Aleksej! Sei proprio tu?" mi chiamò lei stupita. Non riusciva a credere che fossi io, glielo lessi in viso. Ricordavo che aveva due bellissimi occhi verdi e ora solo uno era rimasto tale: l'occhio destro sembrava vitreo, così bianco e privo di vita. Era invecchiata molto, quanto tempo avevo perso con lei, solo in quel momento me ne resi davvero conto.

"Madre!" le dissi semplicemente.

I miei fratelli mi guardavano ancora con odio, la piccola Zora era stata mandata fuori col mio fratello più piccolo Avgust, pronti alla fuga se avessi osato iniziare la carneficina.

"Figlio mio!" mia madre allungò i suoi arti superiori verso di me. Mi accostai a lei, le sue decrepite braccia mi avvolsero. Una strana sensazione di calore pervase tutto il mio gelido corpo, ricambiai la stretta abbandonandomi a lei. Non ricordavo cosa volesse dire essere amati, ricevere amore e affetto.

Mi carezzava il viso, mi osservava studiando con calma tutti i miei lineamenti con l'occhio sano: "Come sono felice che tu sia qui! Speravo tanto di vederti almeno un'ultima volta prima di morire! Come sei bello figlio mio".

Era un bel momento, ma il tempo era prezioso e non potevo sprecarlo. Dovevo avvisarli: "La mia non è una visita di cortesia. Siete tutti in pericolo! Dovete andarvene da qui! Presto la guardia arriverà e vi ucciderà!"

Mia madre sussultò sulla sedia, Vasilii le si accostò e cercò di tranquillizzarla poggiandole le mani sulle spalle con fare protettivo.

"E tu che sei venuto a fare, eh?" iniziò Svetozar ad accusarmi furente. "Sei venuto ad avvertirci così moriremo in preda a una paura maggiore?"

"Lascialo parlare!" ordinò pacata nostra madre, invitandoci tutti a calmarci.

"Grazie madre!" le baciai le mani rugose. "Sono venuto per farvi scappare!"

Non volevano credermi: perché mai Aleksej lo Sterminatore poteva voler aiutare degli esseri che aveva contribuito maggiormente a far estinguere? Come dar torto alla mia famiglia. Ma avevo procurato loro questa dimora, questo rifugio sicuro in un luogo fuori dall'area di giurisdizione dell'Impero. Doveva pur contare qualcosa, no? Avevo aggirato le leggi in nome di ciò che erano per me, non potevano almeno considerare che con loro ero stato piuttosto benevolo? Un tratto caratteriale che nessuno avrebbe mai affermato mi potesse appartenere.

"Dovete prestarmi ascolto. Quando capiranno che li ho traditi..." ripensai a Vanya, al suo corpo che si faceva via via sempre più piccolo sotto i miei occhi, quella caduta che era divenuta eterna. "Non so quanto ci rimanga prima che siano qui, ma non è molto! So come lavorano, ne ho addestrati molti! Non ci metteranno molto a capire che io..."

"Perché hai tradito tutto quello in cui credevi così tanto?" una piccola vocina dall'esterno catturò la mia attenzione, mi affacciai alla minuscola finestra e vidi una testolina bionda abbassarsi e nascondersi alla mia vista.

Avevo ucciso anche molti bambini in nome della pace e della prosperità dell'Impero: crescendo sarebbero potuti diventare estremisti come Ivan. Ma quelle morti non pesavano sulla mia coscienza, ma riguardo la piccola Zora, con lei sarebbe stato differente.

"La mia famiglia è più importante di tutto il resto!" risposi guardando uno per uno i miei fratelli. Che credessero pure che stessi mentendo loro, ma il mio sguardo era più che sincero - i miei occhi non potevano mentire - come nobile era il mio intento nei loro riguardi.

"E dove possiamo andare?" Vasilii abbassò la zappa e rilassò le spalle, il suo tono di voce era serio e pensieroso. "Non c'è luogo in questo stato dove possiamo nasconderci per restare al sicuro finché avremo vita."

"Non avremo mai pace", continuò Avgust appena rientrato in casa con Zora. La piccola aveva proprio il viso di sua madre e i suoi stessi grandi occhi scuri. La bimba mi sorrise timidamente, ricambiai anche io pur se con la faccia dolorante, non sorridevo da decenni. "Non potremmo mai vivere serenamente."

"E invece sì", li interruppi alzandomi in piedi e prendendo in mano la situazione, "io so dove questo può essere possibile!"

Nota dell'autrice: Ebbene sì, Aleksej vuole salvare la sua famiglia andando contro l'Impero e l'Imperatore stesso che ha sempre servito. Ma dove sarà questo luogo misterioso in cui li vuole portare? Riuscirà a salvarli da morte certa? Lo vedremo in seguito.

Come sempre un commento e una stellina mi farebbero piacere! Auguro a tutti di passare belle giornate e di essere felici sempre. Baci.

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