34- Le ceneri

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Sulla spiaggia tira un vento freddissimo. Stringo al petto l'urna di Marta, come se potesse volare via con me.

«Loro lo hanno scritto nel testamento?» domanda Valerio a voce alta per via del forte rumore dell'aria e delle onde. «Non hanno scritto un testamento, sono morti in un incidente a meno di quarant'anni. Zia Laura sapeva che volevano essere cremati ma non dove volessero essere sparsi. Ma La ha ragione» dice Giacomo con l'urna di Alessio tra le braccia.

Sono uguali. Entrambe argentate con alcuni motivi blu qua e là che le rendono allegre, come lo erano Marta e Alessio. «Forse dovremmo dire qualcosa» dico io, una volta arrivata sulla punta degli scogli. Da lontano guardo il punto in cui io e Giacomo abbiamo fatto il nostro castello, e poi quello dove Marta era seduta a guardarci. «In quel castello ci avrei voluto vivere, con te» confida Giacomo. «L'acqua nel canale era la parte migliore» ridacchio io. «Vai tu a prendere l'acqua perché sei più piccola» imita la sua voce da bambino facendomi ridere a crepapelle, sotto lo sguardo confuso di Valerio.

«Diciamo qualcosa?» ripeto. Io e Giacomo ci teniamo la mano, gli faccio cenno di andare per primo.

«A sei anni mai avrei pensato di perdere tutta la mia famiglia, o quasi.» Mi lancia un'occhiata, «Eppure è successo. Siete morti mentre io svenivo tra le braccia di Lara. Siete morti in un giorno estivo in cui tutto sembrava straordinario. Dovevamo andare a una festa a cui ci saremmo divertiti insieme, come una famiglia. Di quel giorno ricordo ogni dettaglio, non riesco a scordarne nemmeno una piccola parte e vorrei farlo, proverei meno dolore al pensiero della vostra assenza. Ricordo che la mamma aveva un costume nero con dei fiocchi sui fianchi. Il pezzo di sotto aveva una macchiolina a destra, rovinato con la candeggina. Ricordo che quello di papà era un pantaloncino blu elettrico e lui aveva detto che lo faceva sentire più giovane, un bambino. Ricordo le risate che ci siamo fatti quel giorno facendo la lotta in acqua. Una normale giornata al mare in famiglia che doveva concludersi nel modo migliore possibile, come da programma. Invece non è successo. Ricordo le urla prima dell'impatto e ricordo che l'auto era bianca e veloce. Troppo veloce per far sopravvivere tutti. Ricordo anche che la mamma, entrati in auto, ci aveva rimproverati di mettere le cinture. Se non l'avesse fatto ora saremmo morti, probabilmente. Invece era una madre premurosa, forse la migliore, che mi avrebbe supportato nel mio primo amore, nelle prime delusioni, nello studio e nel resto. Papà mi avrebbe aiutato con la matematica perché era un genio e saremmo andati a pescare insieme, come mi prometteva da bambino. Nulla di tutto ciò è successo, mi siete stati portati via troppo in fretta. So che quel giorno avete provato a salvarci. So che avreste fatto molto di più se fosse stato possibile. Perché eravate dei bravi genitori, non solo per me, ma anche per La. Mi piacerebbe sapere come sareste stati durante le elementari, come mi avreste aiutato a superare l'adolescenza, oppure come avreste reagito alla mia prima sbronza o alle mie cazzate. So che sareste stati bravi. Non so se voglio la conferma da Agnese perché mi piace pensare che foste le persone migliori sulla faccia della Terra. Per ora mi basta pensare che sareste stati dei genitori fantastici, non voglio rovinare le mie convinzioni. Vi voglio bene, per sempre.»

Lancia un po' della polvere contenuta nell'urna di Alessio e la osserva volare via, verso il mare e il cielo. Lontana da noi ma al contempo vicina. Loro avrebbero voluto questo. Ce le scambiamo in modo che lui possa gettare anche quelle di Marta, «Ce n'è ancora un po' dentro. Fai tu» mi invita.

Prendo un respiro profondo. «Quando vi ho visti con gli occhi chiusi credevo vi foste addormentati. Ero una bambina innocente che non capiva molto.Nel momento in cui ho visto quel vetro conficcato nel cuore di Marta, ho pensato che non fosse poi così grave. Invece l'ha uccisa. Le ha perforato quel grande cuore che aveva. Era una persona straordinaria, questo lo ricordo. Di quel giorno ricordo anche il gusto del gelato, e non perché io l'abbia mangiato ancora nel corso degli anni, ma perché riesco a sentire l'odore della salsedine e della crema solare al cocco di Marta. Sento i bambini giocare come me e Giacomo e le mamme chiacchierare in riva al mare. Sento tutto di quel giorno. Quel maledetto giorno. Quando ho guardato Alessio volevo saltare davanti per svegliarlo, era accasciato sul volante e volevo che si svegliasse per rassicurarmi. Ma non potevo perché il tettuccio era schiacciato e perché non dovevo lasciare Giacomo. Marta ha parlato. E ti ho fatto una promessa, una promessa che manterrò in eterno. Nonostante la distanza ho intenzione di proteggerlo. Terrò fede ad ogni tua parola» concludo. «Anche se lo amo lo proteggerò, nonostante lui mi stia spezzando il cuore» sussurro infine senza essere sentita da nessuno per via del forte vento. Solo Marta e Alessio mi sentono, le mie parole sparse tra l'immensità del mare. Butto prima le ceneri di Alessio e poi quelle di Marta in acqua, guardandole disperse nel mondo.

Io e Giacomo ci abbracciamo tenendo tra noi due le urne, come se Marta e Alessio potessero essere fisicamente presenti in questo abbraccio, come succedeva prima dell'incidente.

«Sono felici adesso» sorride Giacomo allontanandosi. Sono felici perché sono rimasti nel luogo in cui è presente il loro ultimo ricordo: l'ultima giornata con il figlio. Guardo Giacomo, la sua somiglianza con i genitori, soprattutto con la madre, fa in modo che vivano ancora. Nella sua eterocromia rivedo Marta.

Gli prendo il viso e vengo assalita dalla voglia di baciarlo. I nostri occhi sono fusi tra loro. Vorrei che le sue labbra toccassero le mie senza mai separarsene, ma so anche che è sbagliato. Poco fa ha ammesso che Miriam, nonostante tutto, gli piace, e io non credo alle parole di Valerio. Accarezzo la guancia di Giacomo e lui chiude gli occhi al contatto. «Ti prego, tienili aperti» lo supplico, come quella volta sul palazzo, la sera prima della mia partenza. Lui lo fa. Spalanca gli occhi nuovamente. L'azzurro e il marrone mi fissano con dolcezza. Sono lucidi per il freddo e per l'emozione.

Mi posa una mano fredda sul collo. Le dita lunghe e affusolate percorrono lentamente la pelle scoperta, come per studiarne ogni caratteristica scovabile al tatto.

«Forse dovremmo andare» suggerisco. Annuisce e fa un passo indietro, ancora con il braccio teso verso di me. Lo fa ricadere lungo i fianchi, ma non smettiamo di guardarci. «Cristo, vorrei anch'io una cosa così» borbotta Valerio. Io capisco le sue parole, però non penso che Giacomo lo faccia.

Distolgo lo sguardo per prima portandolo su Valerio, «Ho fame e tra quattro ore ho un aereo, andiamo» li incito. Ce ne andiamo tutti abbracciati. Io al centro con le braccia posate sulle loro spalle, troppo alte per me. Valerio tiene con la mano sinistra l'urna di Alessio e Giacomo quella di Marta con la destra. Ora possiamo portarle al cimitero e farle mettere nelle loro tombe personali, cosa che avremmo dovuto fare dodici anni fa.

Se qualcuno ci vedesse da lontano penserebbe che siamo solo tre ragazzi che sono venuti a passare una giornata d'inverno al mare. Sembriamo tutto ciò che non siamo.

Spazio autrice
Capitolo decisamente commovente e non ho molto da dire.

Spero abbiate gradito questo aggiornamento notturno... vi lascio e ci vediamo al prossimo capitolo♥️

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