XI. L'ARRIVO

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Herman giunse un paio di giorni dopo. Il suo arrivo mi trovò emozionata e terrorizzata. Tremavo, nessun abito mi stava bene, gli occhi mi bruciavano per le lacrime che non potevo versare. Albert fraintese, non capì, ignorò.

-Dovresti riposare di più- mi sussurrò, le braccia che correvano a stringermi.

-Quando torneremo ci sarà tempo per riposare- gli risposi, il cuore che mi schizzava in gola, la fronte contro la sua spalla. In cosa mi ero cacciata?

Herman arrivò una sera. Albert andò a prenderlo al porto, io restai in casa, a preparare la cena. Lotte mi aiutò.

-Devi essere nervosa- tagliò una carota, ma il suo sguardo era su di me. Penetrante come sempre. Un monito.

-Attenta a non tagliarti- la ripresi.

Lotte sospirò. -Sarei affascinante perfino senza un dito, potrei farmene fare uno d'oro, che ne dici? E poi sarebbe tanto da eroina tragica, potrei inventare di averlo perso in un modo molto tragico, magari salvando un bambino- arricciò il naso -non so, devo pensarci-

La porta si spalancò soffocando le fantasie di Lotte. Trasalii, la pentola mi cadde di mano, mi voltai. Herman mi fissava, una mano sulla maniglia, il viso inespressivo, gli occhi grigi come i laghi d'inverno. La pentola si schiantò e l'acqua bollente rotolò sul pavimento, come un'inondazione. Gemetti, non mi mossi, le gambe rigide come quelle di una statua. Herman lasciò cadere il braccio al suo fianco. Se ne stava fermo, una statua di marmo. Lui fissava me, io fissavo lui. Ed era come essere abbracciati, come sentire nuovamente la sua bocca su di me, come se tutto ciò che provavamo fosse possibile. Come se il mondo ci sorridesse.

-Hai allagato la cucina- si lamentò Lotte. Fu lei che si chinò per pulire. Io la ignorai. Lui la ignorò. Il mondo perse la sua consistenza. C'eravamo solo noi due. Era folle, ma questo ci bastava.

-Quel grembiule ti sta molto bene- mormorò Herman. Fu in quel momento che mi resi conto che ero vestita male. Non in modo adatto a riceverlo. Avvampai e abbassai lo sguardo.

-Ti aspettavo più tardi- ammisi -sono in disordine e... -

Lui balzò avanti, incurante che gli stivali affondassero nell'acqua sparsa. -Tu sei sempre perfetta- mi spinse una ciocca di capelli via dal viso. Il suo tocco mi bruciò la pelle. Mi sentii mancare e mi aggrappai al bordo della cucina. -Non potevo aspettare- sussurrò vicino al mio viso. I suoi occhi occupavano tutto il mio spazio visivo, il mio mondo.

-Nemmeno un paio d'ore?- ansimai.

-Nemmeno un istante in più- qualcosa mi sfiorò le anche. Le sue mani che si agganciavano alle mie ossa. Sussultai e posai le mie contro il suo petto. L'idea era di allontanarlo. Le dita però la pensarono diversamente. Si strinsero intorno alla sua giacca. Rimanemmo così. Tanto vicini che l'aria quasi non poteva passare. Tanto vicino che avrei potuto baciarlo. Non lì. Non con mio marito che sarebbe potuto entrare da un momento all'altro. Non riuscivo però a staccarmi da lui. Ero intorpidita, fatta di vapore, inconsistente.

-Violett- gemette lui.

Io mi schiacciai contro la cucina. Nel farlo però lo tirarsi verso di me. Aderì contro il mio petto. -Herman- mormorai e il suo nome fu un'esplosione nella mia bocca. Mi abbandonai contro di lui. Era...

Qualcosa di gelato mi finì addosso. Trasalii, i capelli appiccicati al viso. Herman mi lasciò. Oltre la sua spalla vidi mia cugina, una pentola gocciolante in mano.

-Scusate, mi è caduta l'acqua- rise Lotte, gli occhi luccicanti di malizia.

Avrei dovuto ringraziarla, ma non lo feci. Se avessi parlato mi sarebbe uscito dalle labbra solo il nome di Herman. Tacqui.

-Ci vediamo dopo- borbottò lui.

-Ehm, sì, a dopo- mi sentivo mancare.

Herman indugiò. Non voleva uscire. Non poteva restare. Era il fulcro di tutta la nostra la nostra storia.

-Aria, vatti ad asciugare, Romeo- Lotte posò la pentola e incrociò le braccia -qui abbiamo già abbastanza problemi senza un cascamorto che vuole ciò che non dovrebbe avere-

-Lotte!- la ripresi.

-Sono sincera-

-Se non fosti una donna, Charlotte, ti avrei già sfidata a duello- sbottò Herman, l'accento tedesco più marcato del solito.

-Io sono disposta ad accettare anche come donna- sollevò i pugni e li chiuse.

Herman sbuffò, si voltò, se ne andò. Mia cugina scoppiò a ridere e lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi.

-Lo sai che è ridicolo?-

-Lo dici solo perché lo am... perché lui... -

-Non riesci neppure a dirlo- percepii compassione nella sua voce -tu lo ami e questo ti fa stare male, se lui ti amasse per davvero dovrebbe capirlo e sparire per sempre dalla tua vita, non metterti di fronte a una scelta che non puoi fare-

-Non mi sta mettendo di fronte a nessuna scelta-

-La sua sola presenza ti costringe-

Lotte aveva ragione, ma non potevo darle la soddisfazione di assecondarla. Sarebbe stata la fine.

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