XVII. RICERCHE

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Il giorno seguente mi recai in biblioteca. Ogni cosa era avvolta dal buio. Nella casa non era ancora tornata la corrente e Lotte aveva tirato tutte le tende. Non avevo protestato. Non volevo certo che qualcuno sbirciasse dentro. Ci eravamo messe subito alla ricerca di materiale interessante. Julien si era offerto di darci una mano.

-Guarda qua- mia cugina voltò il pesante libro che stava sfogliando. -Che ne pensi?

Il mio sguardo cadde subito sull'immagine di una donna dai capelli rossi, la pelle bianchissima e un abito scuro. Era quella che aveva visto Rose? Ma che pensiero assurdo! Non era possibile.

-Pensi quello che penso io?- tastò Lotte, lo sguardo attento su di me.

-Lo sai che non è possibile-

-Io dico di sì- rispose mia cugina, quindi si voltò verso Rose, che fissava con sguardo curioso Julien.

-No- le sussurrai -non voglio sconvolgerla- riportai lo sguardo sul libro -Morrigan... la dea della guerra... c'è parecchio su di lei-

-Una dea celtica, ma guarda la parte più interessante- appoggiò un dito a metà pagina -la Morrigan si unisce a Dagda a Samhain... e indovina quand'è-

-La notte tra il 31 ottobre e il primo novembre- mi sentii quasi mancare -domani notte-

-Proprio così, è un rito di fertilità-

Mi sforzai di mettere insieme tutti quei frammenti d'informazioni. Era possibile che ci trovassimo davvero in mezzo a un guaio tanto grande?

-Vuoi sapere cosa penso?- domandò Lotte.

-Me lo dirai comunque-

-Certo che te lo dirò comunque- sbuffò, gli occhi rivolti al soffitto decorato -ci sarà una festa il 31... una festa decisamente poco adatta ai bambini, per cui sarà meglio che tu e loro restiate chiusi in camera-

-Io e loro... tu dove vorresti andare?- ma già lo sapevo, perché conoscevo bene Lotte. La conoscevo più di quanto conoscessi me stessa.

-Io... devo andare-

-Cosa?-

Lotte mi prese per il braccio, le unghie che si conficcavano nella carne, e mi avvicinò a sé il più possibile, poi posò le sue labbra contro il mio orecchio. Non voleva farsi sentire e io sapevo perché.

-No, non puoi... - gemetti, il cuore in gola.

-Questa potrebbe essere l'ultima possibilità-

Restai in silenzio. Sì, aveva ragione lei. Io avevo tre figli, quattro se consideravo anche Julien. Lotte invece aveva perso Roby. Aveva il diritto di avere un altro figlio.

-Voi però dovete rimanere qua- disse Lotte -non voglio che vi succeda qualcosa-

Mi sfuggì un sorriso. -E io non voglio che succeda a te... la scelta potrebbe non essere giusta-

-Esistono scelte giuste al mondo?-

-Penso di no-

Lotte mi sorrise. -Brava la mia Viola, ormai sei cresciuta-



Quella notte restammo nei letti uniti, Rose aggrappata a me. Io e Lotte non dormimmo. Furono il vento e le urla a tenerci sveglie. Rimpiansi i tempi in cui, da bambina, avevo paura dei fantasmi. Magari si fosse trattato solo di quello. No, era molto peggio. In quell'isola stava succedendo qualcosa che non riuscivo a spiegarmi. Il mattino dopo, quando mi alzai, ero stanca e preoccupata, il batticuore che mi faceva impazzire.

-Viola, dobbiamo andarcene- mi disse subito Lotte, senza preamboli, senza neppure un indugio. Certo, lei era impulsiva, diretta, adattabile.

-Dall'isola?-

-Sì, dall'isola-

Riflettei su quelle parole. Andarmene dall'isola, fuggire... sì, era la cosa migliore. -Hai cambiato idea?

Lotte contrasse le labbra. Erano pallide, in contrasto con la sua carnagione olivastra. Era meglio non contraddirla.

-Subito- decisi -ce ne andiamo subito-

Lo sguardo di Lotte brillò. -Prendiamo i bambini-

Mi resi conto che non parlava di Margaret. Non aveva nessuna intenzione di portarla con noi. Mi sentii rassicurata... e poi compresi che non potevamo farlo. Certo, Margaret era insopportabile, mi odiava, forse non avrebbe indugiato un solo istante prima di gettarmi da un dirupo... ma io non ero lei, non potevo lasciarla su quell'isola insieme alla figlia.

-Non mi piace quell'espressione- borbottò Lotte.

-Dobbiamo portare Margaret e Gwen con noi-

Lotte alzò gli occhi verdi al soffitto. -Lei per te non lo farebbe-

-E allora? Noi siamo migliori di lei-

-O più stupide... ci risolviamo un bel problema lasciandola qua-

-Lotte!- perché doveva essere così?

-Va bene, mi arrendo-

-Vai tu da lei, non mi ascolterà mai-

-No, devi prenderti le tue responsabilità, sei tu che la vuoi- mi rimproverò.

-Va bene, lo farò-

Margaret mi accolse male. -Che vuoi?-

Le spiegai tutto, mantenendo un tono calmo. -Vieni con noi- conclusi.

-Io non credo a queste sciocchezze- rispose lei. Era gelida e per un attimo non mi parve impossibile che Herman l'avesse sposata, erano entrambi glaciali. A ben guardare era più adatta di me per lui.

-Fai come vuoi- dissi. Perché gliel'avevo chiesto? Aveva ragione Lotte.


Ci dirigemmo verso il porto. Adam era agitato, continuava a sfuggirmi. Lotte lo prese in braccio, come se non pesasse nulla. Provai una fitta d'invidia. Era mio figlio, avrei dovuto tenerlo io in braccio. Purtroppo sapevo di non essere abbastanza forte.

Ero certa che presto tutto sarebbe andato per il meglio. Ci saremmo imbarcate, saremmo fuggite, saremmo andate lontano. Ogni cosa sarebbe andata bene.

Lotte imprecò.

Alzai la testa e il mondo mi di sgretolò intorno.

Non c'erano più navi. Neppure una. Mi sentii mancare. Non era possibile. Mi aggrappai a Lotte.

-Dove sono tutte?- chiesi piano.

Mia cugina non rispose. All'inizio pensai che stesse elaborando una soluzione, ma più tardi compresi che era terrorizzata, proprio come me. Non sapeva dov'erano le navi e non sapeva cosa fare.

-Da qui non possiamo andarcene- disse infine, dando forma al mio pensiero.

-Non possiamo restare- sussurrai. Rose si era messa a piangere. I suoi singhiozzi mi spezzavano il cuore. -Deve esserci una barca, qualsiasi cosa-

-Non c'è nulla, lo vedi anche tu... siamo prigionieri-

-Non può finire così-

-Torniamo indietro- decise Lotte -ci barrichiamo in biblioteca, capiamo cosa sta succedendo-

Non mi diede neppure il tempo di rispondere, si voltò e si diresse nuovamente verso casa. Io la seguii. Come sempre.

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