XVIII. IL RITO

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Fu la sera che scoprii che Adam era scomparso. Mi ero allontanata per preparare qualcosa da mangiare. Gli avevo detto di stare bravo, di non muoversi e invece... perché succedeva sempre qualcosa?

Il cuore aumentò il battito. Non quella sera. Non tra tutte proprio quella. Lo cercai ovunque, nonostante sapessi che non era in casa. Perché ero sicura che avesse seguito Lotte. E io sapevo che mia cugina aveva deciso di partecipare al rito.

-Julien, bada a Rose

-Non vorrai andare là fuori- mi venne vicino.

-Qualcuno deve farlo- gli appoggiai le mani sulle spalle.

-Nessuno farà del male ad Adam- ma era solo il suo disperato tentativo di trattenermi.

-Io devo andare- sussurrai.

Julien si rattristò, poi annuì. –Torna

Dopo un breve indugio lo trassi a me e gli stampai un enorme bacio sulla fronte. Julien si aggrappò a me. Io lo strinsi. Era come se lo avessi tenuto in pancia nove mesi, compresi. Julien era mio figlio. –Certo che torno, ma mentre non ci sono bada a Rose- gli ricordai.

-Certo, ma tu stai attenta-

-Non ti preoccupare- sciolsi l'abbraccio, mi voltai e mi diressi verso la notte scura.

Fui accolta dal vento. Un vento gelido e tagliente, che feriva la pelle e graffiava l'anima. Ero abbastanza certa che Adam fosse uscito per cercare Lotte. La cosa m'innervosì. Non comprendevo il legame tra di loro. Non capivo perché Lotte s'impegnasse tanto per portarmelo via. O forse sì, un po' lo capivo. Il nostro rapporto era sempre stato così, dopotutto.

Le strade erano deserte. Dove poteva essere gli abitanti dell'isola? E soprattutto dov'era Adam?

Beh, avrei dovuto andare dov'era Lotte. Lei voleva seguire il rito.

Afferrai la gonna e l'alzai per correre più veloce.

Non sapevo dove si sarebbe svolta per cui andai avanti e indietro per l'isola, il cuore che raschiava nel petto.

Fui fortunata. Vidi una figura bassa che andava verso la spiaggia. Un peso, che non sapevo di avere, mi si sollevò dallo stomaco. Mi lanciai in avanti e afferrai Adam per un braccio. –Ma ti rendi conto che mi hai spaventata?- gemetti.

Mio figlio si voltò verso di me. Era pallido, le guance madide di sudore.  Mi vidi riflessa nei suoi occhi vitrei.

-Adesso ce ne torniamo a casa-

-Non puoi lasciarla- protestò. -È dentro la grotta- indicò un ammasso di rocce tra gli scogli. Si vedeva un'apertura buia. Una voragine tanto nera da risucchiare il respiro.

Lotte era adulta, sapeva a cosa andava incontro. Adam mi tirò.

-Non possiamo lasciarla così- gemette.

Sospirai. -Tu resta... - come potevo lasciarlo lì? Guardai la grotta, Adam, di nuovo la grotta, ripensai a Lotte, mia cugina, amica e nemica. Dovevo scegliere. -Dammi la mano e non lasciarla, hai capito? Non lasciarla qualsiasi cosa succeda-

Adam sgranò gli occhi e annuì. La paura gli annuvolò lo sguardo e ci vidi qualcosa di suo padre. Uno scorcio sull'uomo che un giorno mio figlio sarebbe stato. Lo stomaco mi si capovolse. Era una sciocchezza, un'illusione, eppure...

-Andiamo- lo portai con me dentro la grotta.

C'era tanto buio che era difficile camminare senza rischiare d'inciampare. Allungai la mano libera e provai a cercare un supporto. La parete era viscida. Provai una fitta di dolore. Trasalii. Probabilmente mi ero tagliata.

-Laggiù- sussurrò Adam.

Feci scorrere lo sguardo. Luci. C'erano delle tenui luci sul fondo della grotta. Avanzammo. Un passo dopo l'altro. Il cuore mi batteva all'impazzata. Sul fondo della gotta c'era qualcosa che si muoveva. Persone. Molte persone. Provai nausea, attesa, inquietudine. Erano tutti in maschera, tranne una ragazza dalla carnagione olivastra, che svettava come una stella in quel buio soffocante. Lotte. La gola mi si strinse. Era tra le braccia di un uomo e lo baciava. Sbattei le palpebre, socchiusi gli occhi, misi a fuoco. Mille immagini mi scossero. Ricordai tutte le volte in cui mia cugina era stata ammirata, in cui aveva attratto lo sguardo maschile, in cui era stata amata. Fu solo il gemito di Adam a riportarmi alla realtà.

-Cosa sta succedendo?

-Andiamo- lo trascinai via. Non erano cose che doveva vedere un bambino.

Non parlammo. Io volevo solo allontanarmi il più possibile. Rifugiarmi a casa mi rese felice. Fu un sollievo fisico, nonostante fosse un'illusione. Non c'era possibilità di fuga da quel luogo.

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