10 LA PRINCIPESSA EDILLA

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Tutta la corte, a Forterra, era in subbuglio.

Si era diffusa la notizia e l'occorrente si sarebbe dovuto preparare in fretta, con tutte le imprecazioni del caso da parte di balia Belisa.

Le sarte erano state messe all'opera per la creazione delle migliori opere di sartoria tra le quali Edilla avrebbe scelto il suo abito da sposa.

Ai pasticceri del regno erano state commissionate le torte che sarebbero poi state mandate a Sacromolo, ove sarebbe stato celebrato il matrimonio dal momento che si trattava della patria del fortunato sposo: nientemeno che il principe ereditario del regno.

Gohr era stato così felice della proposta che aveva deciso di accelerare i tempi e tutto si sarebbe concluso al più presto con quelle che sarebbero state le nozze più lussuose e memorabili del secolo.

Nessuno avrebbe badato a spese, per l'occasione.

D'altronde, Edilla era la figlia preferita di Gohr e il re da anni aspettava l'occasione giusta per maritarla con qualcuno da cui avrebbe tratto profitto.

In quei giorni, nonostante la guerra in corso, non si parlava d'altro e persino Arthis era stato costretto ad occuparsi dei preparativi per far arrivare in tutta sicurezza la famiglia reale a Sacromolo.

Gohr aveva stabilito che si sarebbero trasferiti tutti sull'isola per quel giorno così importante per il regno. Tranne lui. Gohr non lasciava mai il castello nel timore di un attentato alla sua vita, soprattutto dopo aver saputo dell'accaduto durante l'ultima spedizione diplomatica del figlio.

La dichiarazione del padre, infatti, non aveva sorpreso Arthis.

In fin dei conti, sarebbe stato meglio così. Per qualche giorno persino lui avrebbe potuto rilassarsi e distrarsi dai problemi di corte. Forse.

●●●

Pheanie entrò nell'ambiente buio e freddo, con in mano una candela che aveva sottratto di nascosto ad una donna di corte.

Il tacchettio delle sue scarpe riecheggiava sul pavimento di marmo e tra le immense arcate della biblioteca. Era una stanza meravigliosa, benché l'oscurità delle ore notturne non le rendesse giustizia.

Nelle ultime notti, la principessa si era recata più volte in biblioteca senza mai farsi scoprire. Oramai aveva memorizzato gli orari delle ronde e sapeva con esattezza quando era il momento di uscire dalle proprie stanze e quale fosse il percorso da seguire senza incappare in qualcuno a cui avrebbe dovuto rispondere alle domande.

Dopo lo spaesamento iniziale, Pheanie aveva iniziato ad esaminare, notte dopo notte, tutti i settori della biblioteca in cui avrebbe potuto potenzialmente trovare ciò che stava cercando.

A passo spedito, la principessa si avviò verso il fondo dell'ambiente, senza indugio diretta verso gli angoli che ancora non aveva controllato lasciando dietro di sé la sua ombra e l'eco dei suoi passi.

La sezione "storia dei regni" si apriva con un'immensa vastità di scaffali alti almeno due metri sui quali Pheanie avrebbe dovuto quasi arrampicarsi anche solo per leggere i titoli.

I libri sembravano essere tra i più antichi dell'intera biblioteca e le stesse mensole tarlate dovevano trovarsi lì da secoli.

Il corridoio tra le immense file di tomi era piuttosto ampio, ma l'imponenza delle pareti formate dalle copertine usurate – per lo più fatte di cuoio – dava un senso di claustrofobia.

Era già stata in quella parte della biblioteca, ma, l'ultima volta, forse anche grazie alla luce naturale del mattino, non le era parsa così sinistra.

Fino ad allora, nelle sue ricerche notturne, Pheanie aveva cercato di evitare quella sezione proprio a causa di quell'ambiente che, messo in comparazione con il resto della biblioteca, appariva così soffocante. Ma, qualcosa, quella sera, le diceva che non sarebbe uscita da lì a mani vuote.

In quell'istante le tornò alla mente un episodio: aveva più o meno tredici anni e Ladon le aveva chiesto di recuperare un libro proprio tra quegli scaffali. Arthis, che aveva udito la richiesta, era sfrecciato davanti a lei facendola quasi cadere e si era messo a correre all'impazzata per trovare il libro per primo.

Era iniziata, così, una sorta di sfida tra lei e il fratello... fino a che Pheanie non aveva più visto né udito il ragazzino.

E si era ritrovata lì, in quell'esatto punto. In mezzo al silenzio della biblioteca, con i brividi a fior di pelle.

«Arthis?» aveva chiamato, prima titubante, poi sempre più forte. Ma non aveva udito risposta.

Anche Ladon sembrava scomparso – probabilmente era rimasto alla sua scrivania – e, per un istante, Pheanie si era bloccata tra quelle immense pareti senza sapere cosa fare e dove andare.

Poi, dopo un attimo di sconcerto, si era ricordata che era lì per un motivo ed aveva iniziato a cercare quel dannato libro.

"Gli animali dei tempi lontani" s'intitolava il tomo. Pheanie si avvicinò allo scaffale. Il libro era ancora lì, quasi come se il tempo non fosse passato. Alla principessa sfuggì un sorriso.

Quel giorno si era arrampicata fino alla quinta mensola per riuscire ad afferrarlo e, proprio in quel momento, aveva percepito un peso sulle sue spalle e, d'istinto, si era voltata facendo così cadere a terra ciò che Arthis, divertito, le aveva poggiato addosso.

Poi si era resa conto di cosa fosse: una gigantesca pantegana che giaceva al suolo con il ventre rivolto perso l'alto. Suo fratello, accanto a lei, si teneva la pancia ridendo sguaiatamente.

A Pheanie era sfuggito un urlo così forte che Ladon era corso da loro preoccupato, salvo poi mettere Arthis in punizione per la bravata.

Nei ricordi Pheanie, da piccolo, Arthis era costantemente in punizione. Era un vero diavolo.

L'Arthis di adesso, ben impettito nella livrea, non sembrava somigliare minimamente all'Arthis di allora. E Pheanie non era del tutto sicura che il cambiamento fosse positivo.

Certo, mai e poi mai avrebbe voluto sentire nuovamente su di sé il corpo di animali morti (ancora rabbrividiva al pensiero), ma erano troppi anni che non vedeva suo fratello ridere in quel modo. Il peso delle responsabilità l'aveva cambiato e l'aveva reso più razionale, ma meno spontaneo.

Ma c'era poco da rimpiangere. D'altronde, era diventata così anche lei.

Pheanie scosse la testa e, in quel momento, si accorse di un particolare che prima non aveva notato: proprio accanto a "Gli animali di tempi lontani", c'era un libro che, rispetto agli altri, era stato posizionato al contrario.

Quella piccola disattenzione che non pareva avere nulla di così incredibile stranì la ragazza al punto che iniziò a porsi delle domande.

Era possibile che Pustos, così puntiglioso, avesse riposto un libro in quel modo?

E se non fosse stato Pustos?

Già. Perché era proprio a questo che Pheanie stava pensando: qualcosa le suggeriva che fosse stato Ladon a riporlo così, benché non fosse un dettaglio da aspettarsi nemmeno da Ladon.

Ladon era il tipo di uomo che non faceva mai nulla per caso. Soprattutto nella sua biblioteca.

Forse era stato messo in quel modo perché qualcuno lo notasse. Qualcuno che fosse andato apposta a cercare qualcosa. Perché nessuno l'avrebbe notato, in caso contrario.

E se non fosse stato un caso il fatto che proprio di fianco ci fosse il libro che era stato protagonista dei ricordi di Pheanie?

Forse la ragazza si stava solamente raccontando una storia. Ma era un'opzione che Pheanie, che aveva conosciuto Ladon da vicino, non poteva escludere.

La ragazza afferrò il tomo che, a differenza di quelli vicini, non era coperto di polvere. Segno che era stato sfogliato da poco.

"Cronache del re Bruto" s'intitolava.

Stava per aprirlo quando la principessa udì dei singulti e, istintivamente, rimise il libro nella mensola.

Pheanie sentì un brivido percorrerle la schiena e, cercando di non fare rumore, seguì i singhiozzi in lontananza che parevano provenire da qualche parte tra gli scaffali di geografia della biblioteca.

Fu allora che, appena dopo le pile di atlanti, Pheanie si accorse di una figura femminile accovacciata a terra, con la testa tra le mani e i capelli che le ricadevano in avanti.

«Edilla!» esclamò Pheanie avvicinandosi.

La sorella era ricurva su sé stessa nella sua camicia da notte color cipria.

«Lasciami sola!» singhiozzò la ragazza sollevando il capo quel tanto che bastò a Pheanie per rendersi conto che tra le mani stringeva una corda. E, immediatamente, capì cosa sua sorella stesse per fare.

E quella vista la raggelò.

«Edilla... cosa... perché?» domandò Pheanie con lo sguardo severo e lo sconcerto nella voce.

La ragazza scosse la testa osservandola con un certo disgusto negli occhi arrossati dal pianto. «Tu più di chiunque altro dovresti sapere cosa si prova!»

Il matrimonio. Edilla si trovava davvero in quello stato per un matrimonio? Impossibile. Lei era nata per questo, era sempre stata quella a cui non erano mai pesate le imposizioni, le lezioni di ballo e di bon-ton.

Eppure, Pheanie iniziò a chiedersi se avesse mai realmente conosciuto sua sorella. «Mi dispiace» le disse addolcendo l'espressione. Poi si accovacciò davanti a lei ed indicò la corda con la quale Edilla aveva improvvisato un cappio. «Ma questa non è la soluzione!»

«Magari puoi chiedere alla tua amica di far fuori anche il mio, di sposo!» commentò acidamente la principessa con una smorfia. Lei sapeva che Pheanie non avrebbe voluto sposare lord Tisdale. Tutti lo sapevano. Ma nessuno avrebbe mai messo in discussione il fatto che Edilla fosse felice di sposare un principe.

«Pensavo...»

«Pensavi che mi stesse bene! Che fossi felice! Pensavi che fossi perfetta!» la interruppe Edilla alzandosi in piedi mentre il tono le si alzava parola dopo parola. «Già... lo pensano tutti!» sbraitò digrignando i denti con rabbia. «Ma io sono stanca di essere ciò che le persone vogliono che sia!»

«Edilla...»

«Mi hanno cresciuta in attesa di questo momento, insegnandomi esattamente come avrei dovuto comportarmi, cosa avrei dovuto fare per soddisfare il nobile che avrei sposato... Sapevo che prima o poi sarebbe dovuto succedere, solo...» poi si bloccò, mentre le lacrime le salivano agli occhi.

Pheanie sapeva con esattezza ciò che quella ragazza stava provando.

«Solo non ora» concluse in tono comprensivo. Poi sospirò ed accennò un sorriso di conforto. «Magari non sarà così male come pensi!» esclamò dopo qualche secondo di silenzio, sforzandosi di infondere speranza nell'animo della sorella, benché sapesse quanto quel tentativo fosse misero.

«Tu l'hai mai visto?» le chiese Edilla asciugandosi le lacrime mentre si lasciava scivolare a terra poggiando la schiena su uno scaffale.

Pheanie scosse il capo in segno di diniego. «No» ammise.

«Beh, neanche io!» sbottò la ragazza passandosi una mano tra i capelli. «So soltanto che ha dieci anni più di me e che suona il dulcimer! Cosa diavolo potremo mai avere in comune?»

«Tu suoni il clavicembalo... magari fate un concerto!»

A quelle parole, per quanto potesse sembrare ridicolo, risero entrambe, smorzando un poco la tensione.

Poi, con un'espressione un po' più dolce, Edilla dipinse sul suo volto un sorriso amaro. «Ma quello che mi spaventa di più... beh...» balbettò guardando di sottecchi la sorella, quasi fosse incerta se ammettere completamente ciò che stava provando. «Ho paura di quello che pretenderà» affermò.

E Pheanie capì all'istante. «Sai benissimo cosa pretenderà da te... e non puoi tirarti indietro, Edilla» le ricordò, pur sapendo che, forse, la sorella avrebbe voluto udire una risposta diversa.

«Lo so. Non c'è bisogno che tu me lo ripeta. Farò quello che devo» rispose, infatti, aspramente.

«Forse non sarà così sgradevole come pensi».

Edilla sbuffò e guardò dritta davanti a sé. «Non puoi saperlo» dichiarò mentre le mani le si chiudevano a pugno.

Per qualche istante, nella biblioteca, calò di nuovo il silenzio.

Edilla non lo sapeva. Nessuno sapeva di Therar.

Ma Pheanie sapeva esattamente ciò che si poteva provare.

La ventenne portò di nuovo lo sguardo verso gli occhi pensierosi di Pheanie e la ragazza vide il dubbio nello sguardo di Edilla. «Perché quella faccia?» domandò la più giovane mentre a poco a poco leggeva tra le righe degli occhi ambrati di Pheanie. «Vuoi dire che...»

«Sai tenere un segreto?»

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