2 A CORTE...

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Il vestito era, come al solito, troppo ingombrante per il suo corpo minuto. La gonna sembrava un'immensa tenda ametista e il bustino era così stretto da farla apparire come uno spillo infilzato in un gomitolo di lana.

Pheanie non capiva perché balia Belisa si ostinasse a farle indossare abiti tanto scomodi e voluminosi se tutto – persino salire le scale – diventava un'impresa impossibile.

L'unica soluzione logica che Pheanie aveva trovato alla motivazione per cui fosse costretta ad indossare gonne così ampie da faticare a passare attraverso le porte era che, probabilmente, le domestiche volevano compensare la sua altezza pressoché minima con una circonferenza che difficilmente qualcuno avrebbe potuto non notare.

A pensarci, non riusciva a trovare altre spiegazioni plausibili: sua sorella minore Edilla, che era di gran lunga più alta di lei, non era certo costretta ad infilarsi quelle maledette tende!

Pheanie scacciò quel pensiero e, dopo essersi guardata intorno in maniera da accertarsi che nessuno la vedesse, alzò leggermente la gonna in modo tale da poter accelerare il passo lungo il corridoio in pietra marmorea.

Il tacchettio delle sue scarpe vistose risuonava nell'ambiente mentre la principessa si dirigeva decisa verso lo studio di suo fratello Arthis.

Erano mesi che non la convocava: l'ultima volta le aveva chiesto di tenersi lontana dalle questioni che non la competevano, quando lei gli aveva fatto notare che la nuova donna al suo servizio pareva più interessata a lui che agli affari di corte.

Forse l'aveva chiamata per scusarsi. Ma Pheanie negò con la testa a quell'idea. Qualcosa le diceva che quella ragazza era ancora alle sue dipendenze e, con tutta probabilità, l'avrebbe trovata accanto a lui nel suo studio.

Pheanie sospirò davanti alla pesante porta in legno massiccio alla quale facevano la guardia due uomini in armatura. Poi bussò.

Quando entrò nella stanza dall'arredamento spartano e l'illuminazione minima, la prima cosa che vide, fu proprio la testa bionda della ragazza. Ma non era seduta di fianco a suo fratello, era seduta di fronte.

All'improvviso, però, un'altra persona catturò la sua attenzione e il cuore le balzò in gola mentre le sue guance si imporporavano. Pheanie abbassò la testa per non farsi notare da Arthis: se l'avesse saputo, di certo il principe non avrebbe reagito bene.

Therar si voltò verso di lei e la ragazza riconobbe i suoi occhi profondi che la scrutavano mentre lei avanzava verso la scrivania dietro alla quale sedeva Arthis.

Era bello, come sempre. Il suo volto dai tratti marcati non era armonico e la lunga cicatrice che gli solcava il sopracciglio e parte del viso lo rendeva asimmetrico... ma, nonostante ciò, nella sua imperfezione Therar riusciva ad essere a suo modo attraente. Almeno, lo era per Pheanie.

I capelli scuri erano arruffati e gli ricadevano in parte sulla fronte e la sua barba incolta gli copriva la mandibola ben delineata, rendendola appena più armonica.

«Ciao, Pheanie» la salutò Arthis con un cenno della mano invitandola a sedersi davanti a lui e di fianco alla bionda. «Ho voluto chiamarti perché è appena giunto Therar da Forte Maggiore e porta notizie di qualcuno che sappiamo essere nelle tue grazie... Ho pensato che potesse interessarti!»

Pheanie annuì sorridente, ancora preda dell'emozione, e lo ringraziò con un cenno del capo, mentre scostava l'abito per riuscire a sedersi.

Therar guardò uno ad uno i suoi interlocutori e si schiarì la voce. «Forte Maggiore è stato assaltato ancora una volta, come voi tutti sapete...» affermò passandosi una mano tra i capelli scompigliati. «Con tutta probabilità, sarebbe stata l'ultima, perché i loasiani erano davvero molto numerosi, ma Dazira è riuscita a ribaltare completamente la situazione. Il forte è ancora nelle mani di Sartesia, principe Arthis!»

«Bene. Ottimo lavoro, sia a te che a Dazira!» esclamò il principe con un'espressione soddisfatta. «Sapete quanto fossi scettico nell'istruire la ragazza, visto la sua potenziale pericolosità...» continuò, ma fu subito interrotto da Therar: «Posso assicurare che non è un pericolo per il vostro esercito, altezza!»

Arthis, a quelle parole, si sistemò meglio sulla poltrona, al di là della sua scrivania in legno massiccio che troneggiava nel piccolo studio quasi del tutto privo di ogni ornamento nell'arredamento. «Proprio di questo ti volevo parlare» disse il principe in tono nervoso. «Al momento, come ben sai, siete stati mandati a Forte Maggiore per arginare un'ipotetica perdita di controllo... Ma le reali necessità le abbiamo al fronte in prossimità al fiume che passa per Loas. È il punto maggiormente critico, al momento. Spesso i loasiani sfondano le prime linee e riescono a sconfinare all'interno dei territori di Sartesia!» spiegò il ragazzo passandosi una mano sulle guance sbarbate. Arthis era giovane. Forse, troppo giovane per il ruolo che ricopriva poiché era appena alla soglia dei ventotto, ma gestiva le responsabilità con una tale maturità da farlo apparire molto più vecchio di quello che era.

«Non possiamo permetterci di affrontare la guerra alle porte del regno di Forterra, perciò dobbiamo circoscrivere immediatamente questo avanzamento!»

Therar intuì immediatamente dove il principe volesse arrivare. «Devo far trasferire Dazira nell'accampamento?»

Per qualche istante, calò il silenzio. Arthis meditava incerto sul da farsi e Pheanie riconobbe l'insicurezza nella sua espressione.

«Ti lascio carta bianca in merito, per il momento... Mi fido del fatto che prenderai la decisione più opportuna. Se credi che per ora sia necessario tenerla nel forte per una possibile reclusione, allora, non farla uscire da lì» rispose il principe guardando Therar dritto negli occhi. «È però giusto che tu sappia che la situazione è sempre più critica giorno dopo giorno...»

«Se è quello che serve, l'accompagnerò personalmente al campo militare!»

Ad Arthis piacque così tanto la risposta del ragazzo che, per un secondo, parve rilassarsi. «Molto bene!» dichiarò annuendo. «Ah, un'altra cosa... devo chiederti di tenerti il più possibile fuori dal conflitto, Therar... Non posso permettermi di perdere un uomo fidato in mezzo ad una battaglia in territorio alleato! Ci sono soldati e cavalieri per questo!» concluse infine giocherellando con le dita sul tavolo.

Pheanie fece una smorfia. La ragazza sapeva bene che era compito di Arthis fare scelte difficili, ma, a volte, la naturalezza con cui parlava di coloro che giornalmente venivano sacrificati per gli interessi dei sovrani la metteva a disagio.

La bionda dovette accorgersene, perché rispose al suo sguardo con una nota di astio nell'espressione. Espressione che male si congegnava con quel viso dai lineamenti tanto delicati e innocenti.

Non c'era che dire: la ragazza era di una bellezza paragonabile a quella di Edilla!

Il suo corpo alto e slanciato, ma assai più definito di quello della principessa. I capelli lunghi e mossi le ricadevano in boccoli dorati sulle spalle e la sua pelle di porcellana, che ben si accompagnava ai sui grandi occhi grigi, la faceva sembrare una bambola.

Maledettamente perfetta.

Arthis la stava guardando. Therar la stava guardando. Certo, come potevano non guardarla? Era bellissima... bellissima, come lei non sarebbe stata mai.

Pheanie si ritrovò a fare i conti con la propria gelosia e si chiese se non fosse proprio quel sentimento a provocare una tale avversione nei suoi riguardi.

No, era qualcosa di più... quell'altezzoso modo che aveva di guardarla, di atteggiarsi, di girare intorno a principe ereditario civettando come un'emerita oca.

In quel momento, la ragazza si alzò. «Se permettete, mio signore...»

Arthis asserì con un sorriso tendente all'ebetismo. Almeno, era ciò che Pheanie vedeva. «Ma certo, Gineris».

Gineris. Era quello il nome dell'oca bionda.

«Continua a non piacermi, Arthis!» sbottò la principessa non appena la ragazza fu uscita dalla stanza e la porta fu chiusa.

«Continuo a ripeterti che non è competenza tua scegliere gli informatori di corte!»

«Certo che no! È tua!» convenne Pheanie in tono convinto, ma con un tono più alto e una veemenza maggiore rispetto a come avrebbe voluto proferirsi. «Ma dovresti affidarti al tuo cervello e non... a qualcos'altro...»

Il principe sbarrò gli occhi, palesemente imbarazzato. Non era da lei reagire in modo così diretto. «Pheanie! Basta così! Ricordati qual è il tuo posto, principessa!» replicò stizzito. Pheanie aveva esagerato. D'altronde, lei aveva appena insinuato che non sapesse fare ciò per cui era nato: governare. Probabilmente, l'avesse sentita suo padre, sarebbe stata punita per la sua irriverenza. 

«Piuttosto, tu, Therar... cosa ne pensi...» continuò Arthis ignorando apertamente la sorella, mentre cercava un'opinione, probabilmente, sul fatto che avesse assunto una nuova spia a corte.

Ma Pheanie, ancora una volta, non fu in grado di trattenersi e anticipò il ragazzo che, divertito, assisteva alla scena. «Cosa ne pensa? Ma se la bionda non ha nemmeno parlato? Cosa ne pensa di cosa? Del suo prosperoso davanzale?»

Okay, forse era la gelosia a parlare. E, forse, avrebbe dovuto essere più attenta ai toni che stava usando. Ma, la ragazza proprio non ce la faceva a sentir tessere da Therar le lodi per le lunghe gambe di Gineris.

«Pheanie, un'altra parola e ti caccio!»

«A dire il vero, l'avevo già incontrata...» li interruppe Therar, ancora con il sorriso a fior di labbra. «È una mia vecchia conoscenza» ammise in tono neutrale.

Una saettata. Dritta al petto. Lui la conosceva... perché? Perché quella maledetta gelosia stava ruggendo così forte? Tra le due, era lei la principessa, si ripeté la ragazza.

Ma Pheanie sapeva che quella non era altro che una magra consolazione: a Therar non importava nulla del suo rango sociale. E non era suo. Poteva fare quello che voleva.

In quel momento, bussarono alla porta, interrompendo i suoi pensieri.

Arthis si alzò in piedi. «Molto bene, avremo modo di parlarne, Therar... ma, a questo punto, devo farti una domanda: posso fidarmi?» domandò il principe aggrottando la fronte per cercare di carpire quante più informazioni possibili prima di far aprire la porta. «Non prenderà il tuo posto e ho visto che il suo mestiere sa farlo bene, ma è a corte solo da pochi mesi...»

«È furba... ma è innocua, a quanto ne so».

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