22 SORPRESE A CORTE

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Cosa cavolo sto facendo?

Therar cavalcava veloce lungo l'ampio sentiero tra le immense distese di campi coltivati ove stavano lavorando i contadini forterresi.

Il suo era un gioco pericoloso e forse era arrivato il momento di lasciar perdere. Ma non poteva permetterselo. Aveva ancora una missione da compiere e non poteva tradire gli ordini superiori.

Dazira era una ragazzina. Un'ingenua ragazzina.

Therar spronò il cavallo ad andare più veloce. Voleva giungere alla corte di re Gohr prima di sera per poter ripartire quanto prima in direzione del campo di battaglia, ove aveva lasciato Dazira. Quella ragazzina aveva ancora bisogno di lui, per quanto egli avrebbe preferito starle il più lontano possibile.

Anche se Therar stava iniziando a considerare che forse i ruoli ben presto si sarebbero invertiti.

Ma cacciò immediatamente quel pensiero.

●●●

Non riusciva a dormire. Il calore all'interno della stanza iniziava ad essere soffocante e preannunciava l'imminente arrivo dell'estate.

Pheanie si alzò dal letto scacciando il nervosismo e guardò fuori dalla finestra. Era notte fonda. La luce argentea della luna illuminava i profili della boscaglia che circondava il castello e delle figure in armatura che, come ogni notte, facevano la ronda intorno al palazzo.

La ragazza aprì le vetrate e lasciò che l'aria fresca della sera carica degli acuti odori del bosco di pini entrasse nella sua camera da letto, inspirando a pieni polmoni.

In quel momento, si calmò un poco. Sentiva che aveva bisogno di uscire, ma, di certo, non si sarebbe mai potuta permettere di girovagare per il cortile da sola in piena notte... in quanto principessa, non sarebbe mai e poi mai passata inosservata.

Le venne, allora, un'idea: sarebbe salita fino alla torre nord, da cui si vedeva il mare nel cui percorso per raggiungerla sarebbe stato difficile trovare uomini di guardia. Quelle stanze erano, infatti, parte di un'ala poco frequentata del castello in quel periodo: erano le stanze degli ospiti, ma, considerato il difficile momento di guerra, in quei giorni non vi erano invitati a palazzo.

Afferrata la vestaglia da camera, Pheanie la indossò e facendo bene attenzione a non farsi vedere, percorse lo stesso tratto che aveva attraversato durante le sue notturne escursioni in biblioteca alla ricerca del libro per aiutare Dazira. Vi erano, infatti, più passaggi segreti che conducevano alle sue stanze evitando di passare per la porta principale davanti alla quale stavano di guardia due sentinelle. Gli stessi passaggi che utilizzava Therar per andare da lei quando si trovava a palazzo. Era da quel momento, infatti, che Pheanie aveva scoperto la loro esistenza e, incuriosita, aveva iniziato a percorrerli per scoprire dove convogliavano. Alcuni di essi erano vicoli chiusi, altri portavano alle stanze più impensabili, come quella dell'infermeria o l'armeria.

Pheanie svoltò a metà del corridoio, avviandosi verso le scale che l'avrebbero condotta in cima alla torre. Le rampe erano piuttosto ampie e i gradini bassi, condizione che avrebbe reso facile salire le gradinate anche ad una donna vestita in abito da sera. D'altronde non erano poche le dame che, ogni anno, passavano proprio per quei gradini come ospiti ella corte.

Mano a mano che saliva le scale, le si presentarono di fronte le porte di due camere da letto, l'una sopra l'altra. Ma Pheanie procedette per giungere all'ultima, quella dalla quale si poteva godere della migliore vista dall'alto sul mare.

La ragazza spinse la porta in legno finemente decorato e, dinnanzi a lei, si aprì una grande sala al centro della quale c'era un tappeto ornato con fili di metalli pregiati che si incastravano in mezzo al tessuto.

Attraversato l'ambiente che ospitava un bel camino dalla cornice di marmo rosso, vi era una stanza più piccola, con un grande letto a baldacchino e un balcone grande quanto una persona, almeno il doppio di quello che Pheanie ospitava in camera sua.

In quel momento, la ragazza s'impietrì.

Proprio lì, di fronte a quel balcone, in quella stessa stanza, c'era una persona. Un ragazzo vestito in abiti scuri, con i capelli appena più lunghi del solito che ondeggiavano al soffio della brezza che giungeva dalla finestra aperta. Stava guardando fuori, ma Pheanie era certa che l'avesse sentita entrare.

«Non sapevo fossi tornato» constatò la ragazza affiancando Therar e guardando in direzione della baia, accennando appena un'occhiata di sottecchi nella sua direzione.

Per qualche secondo, calò il silenzio. «Sono tornato» dichiarò lui, poi.

«Questo lo vedo» disse incerta la ragazza, mentre il dispiacere le colmava il cuore. Lui non era andato da lei. «Quando sei arrivato?»

Therar sospirò profondamente e si voltò a guardarla. I suoi occhi erano pozzi neri, tanto che pareva impossibile distinguere l'iride dalla pupilla. «Questa sera» ammise con la sua voce profonda e un po' roca mentre le leggeva dentro tutto il tormento che tempestava in lei.

«Perché non mi hai cercata?»

Il ragazzo tornò a guardare il paesaggio che si apriva sotto di loro, evitando il confronto. «Sapevo dov'eri» affermò soltanto.

Pheanie non credeva alle sue orecchie. «Sul serio? È tutto ciò che hai da dire?» Stava lontano per mesi e, incrociatala per sbaglio, non si degnava nemmeno di trovare una maledettissima scusa che avrebbe avuto il potere di farla stare un po' meglio?

Cosa sono io per lui?

Silenzio. Un silenzio così assordante che la principessa dovette cacciare le lacrime che minacciavano di scenderle. L'ultima cosa che voleva era fargli pena, in quel momento.

«Quanto rimarrai a palazzo?» domandò in tono risentito, mentre l'amarezza le pervadeva il corpo.

Lui dovette accorgersi del suo stato d'animo, perché tornò a fissarla negli occhi, mettendola ancor più in imbarazzo. «Un paio di giorni».

«Perché mi stai evitando?» chiese lei a bruciapelo. Doveva mettere un punto, anche se lei stessa dubitava che ne sarebbe stata capace. Anche perché, in cuor suo, lei sapeva quali fossero i suoi sentimenti verso di lui... ed erano quelli a spaventarla più di qualsiasi altra cosa.

«Non ti sto evitando, Pheanie» mormorò il ragazzo avvicinandosi un poco e prendendole il mento tra le mani. «Ho pensieri per la testa, cose da fare. Lo sai».

«No, non lo so».

«A maggior ragione, allora, non hai il diritto di mettermi sotto accusa» replicò Therar aggrottando la fronte mentre lei sprofondava in quello sguardo illeggibile nel tentativo di cogliere cosa le stesse nascondendo.

La principessa scosse il capo. «Sei scostante, ultimamente» gli fece notare con la voce che le tremava, quasi temesse di allontanarlo ancor di più.

Timore motivato, dal momento che il ragazzo prese le distanze di nuovo, sbuffando innervosito. «Perché tutto deve essere un problema?» esclamò alzando la voce.

Perché tu non ti apri con me. Perché nascondi qualcosa a me, a tutti. Perché non sono sicura che condividiamo lo stesso sentimento. «Una donna lo sente quando il proprio uomo è confuso» affermò Pheanie con la voce spezzata.

«Io non sono di nessuno!»

Perfetto. Un'altra pugnalata al cuore. Ma, in fondo, Pheanie considerò che se le stava cercando. Che Therar non le aveva mai promesso niente. Che, forse, aveva fatto tutto da sola.

«Non voglio litigare» mormorò la ragazza guardando il pavimento mentre il suo cuore si animava in un subbuglio di emozioni e la voglia di piangere le saliva in gola.

«Bene, siamo in due» sentenziò Therar passandosi una mano tra i capelli scuri. «Devo andare» aggiunse, poi, il ragazzo, in tono più dolce, baciandole teneramente la fronte. «Ci vediamo dopo».

Infine sparì dalla stanza, lasciandola libera di sfogare le proprie lacrime nella solitudine della notte, mentre il mare regalava uno spettacolo oscuro alla luce della luna.

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