23.2

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«Non serve che ti dica perché ti ho convocato» dichiarò il principe, sedendosi davanti alla scrivania del suo studio privato.

Therar, di fronte a lui, lo stava fissando, constatando che Arthis stava evasivamente evitando di guardarlo negli occhi. Di Gineris, appurò la spia, non c'era traccia.

Con un nervoso cenno della mano, il principe lo invitò a prendere posto su una delle sedie poste frontalmente alla scrivania in legno massiccio che, al centro dell'ambiente, costituiva il fulcro della stanza.

«Sarei stato sorpreso del contrario» considerò Therar, condiscendendo alla proposta del principe e sedendosi.

«Infatti!» esclamò Arthis, visibilmente in imbarazzo, mentre si passava una mano tra i corti capelli bruni. «Io...» Sospirò. «Beh, innanzitutto penso che tu possa comprendere il mio sconcerto!»

«Senza dubbio».

A guardarlo in quel modo, sembrava un'anima in pena e Therar dovette trattenere un sorriso divertito. Se, fino ad allora, il futuro della sua carriera era incerto a causa della sua maledetta bravata, in quel momento fu sicuro che Arthis non lo avrebbe licenziato.

Il principe si alzò di nuovo dalla sua poltrona, incerto su quali parole utilizzare. «Per quanto riguarda mia sorella Pheanie... so benissimo che non è così sprovveduta come a volte penso che sia...» disse con una smorfia. «Ma mi avevi fatto una promessa...»

«Lo so e me ne dispiaccio per non averla mantenuta» si accinse a scusarsi Therar. «Posso rimediare...»

«Spezzando il cuore di mia sorella?» lo interruppe il principe, voltandosi finalmente a guardarlo con gli occhi verdi ridotti a due fessure.

Therar scosse il capo alzando un sopracciglio. «Se questo servisse a non perdere la vostra fiducia» affermò poi, con sicurezza.

Arthis guardò il soffitto, poi tornò con gli occhi fissi su di lui. «Non ti chiederò di fare un tale torto a Pheanie!» esclamò.

«Grazie».

«Ma sono costretto ad ammonirti» aggiunse il principe, iniziando a passeggiare avanti e indietro, leggermente più rilassato di quando Therar era entrato nella stanza. «Se le fai del male non sarò comprensivo come lo sono ora, Therar!» lo ammonì in tono fermo, benché la spia sapesse che, in fondo, il principe non era poi così arrabbiato per ciò che era successo. Non più, quantomeno.

«Tutto chiaro, mio signore!»

●●●

Pheanie inspirò profondamente, assaporando l'intensità del momento.

Era la prima volta da mesi che vedeva Therar incredibilmente ben disposto nei suoi confronti ed ora, lì accanto a lei, sembrava assorto nei suoi pensieri mentre fissava il soffitto della sua camera da letto con aria serena.

Con un dito, la ragazza si arricciò uno dei suoi selvaggi boccoli scuri, guardando il giovane di sottecchi e sorridendo compiaciuta. «Sono felice» ammise Pheanie guardandolo dritto negli occhi, così scuri da non vederne la fine.

Therar annuì, destandosi dalle sue riflessioni e ricambiando con un timido sorriso. «Anche io» convenne passandosi una mano tra i capelli bruni.

Lei si girò sul fianco, così da avere la completa visuale su di lui. Il clima era piuttosto caldo e, a quell'ora della notte, dalle finestre aperte delle sue stanze, entrava un vento umido che minacciava l'arrivo di un temporale. Le pesanti tende oscillavano all'aria e i lumini sfarfallavano appena, creando uno strano gioco di luci.

Arthis sapeva di loro e, nonostante la notizia la mettesse un po' sulle spine, in effetti, Pheanie era felice che il principe lo sapesse. Poteva non condividere la sua scelta, ma Arthis non era uno stupido e avrebbe capito che, in fin dei conti, quella relazione avrebbe reso di gran lunga più felice la sorella di un qualsiasi matrimonio combinato.

«Come vanno le cose al fronte?» domandò la ragazza guardando il profilo della figura di Therar.

Il giovane sembrò pensarci, poi scosse la testa. «A dire il vero ci sono dei problemi, ma li stiamo risolvendo...» mormorò riflessivo senza distogliere lo sguardo dal soffitto intarsiato.

Pheanie si appoggiò alla sua spalla, incuriosita dalla vita al fronte. In più, aveva promesso ad un'amica che avrebbe parlato con lui a proposito della sua situazione singolare. Perciò indagò, incapace di contenersi oltre: «E Dazira?»

«Sta abbastanza bene».

La principessa si morse il labbro inferiore. «Mi ha scritto qualche lettera negli ultimi tempi» ammise con un accenno di sorriso.

In risposta, il ragazzo annuì. «Lo so» disse voltandosi verso di lei. Con tutta probabilità, il ragazzo vedeva recapitare a Dazira diverse lettere... tra le quali, le sue.

«Ha problemi con gli altri soldati?» chiese Pheanie facendo passare la sua mano sul petto di lui.

Therar sprofondò di nuovo in una silenziosa meditazione. «No» rispose semplicemente, considerando la vita della ragazza all'accampamento. Poi dovette tornargli alla mente qualcosa, perché la sua espressione mutò severamente. «È la solita mocciosa!» accusò con una smorfia.

«Perché dici questo?»

Therar scosse il capo con un'espressione di stizza. «Piange ancora per quell'idiota dello stalliere. Uccide persone e piange per un ragazzino che non vede da anni...» commentò con una nota acida nella voce.

In quel momento, un forte soffio di vento fece rabbrividire la ragazza, provocandole la pelle d'oca in tutto il corpo.

«Non dimenticarti che è pur sempre un essere umano» gli ricordò la principessa, soffocando un sorriso per la considerazione di Therar. «Non essere troppo duro con lei!»

Il ragazzo sbuffò seccato. «È un guerriero» constatò voltandosi ad osservare Pheanie con i suoi occhi neri. «Smettila di guardarla come se fosse una semplice donna!» l'ammonì contrariato.

«Ma lei è una donna».

Di nuovo, calò il silenzio. «È una bambina» la corresse lui. E, per un secondo, Pheanie notò un guizzo in quello sguardo e non fu certa che il ragazzo credesse realmente a ciò che stava dicendo. Aveva come l'impressione che Therar si stesse convincendo che in realtà Dazira non fosse una ragazza in età da marito, e anche piuttosto avvenente.

Ma Pheanie aveva ilsospetto che quella giovane donna avesse fatto breccia nel suo cuore più diquanto lui fosse disposto ad ammettere.    

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