8.2

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Mancava poco più di un giorno al rientro al castello e la luna era piena in cielo e illuminava i contorni argentei della foresta.

Arthis, dopo l'episodio successo all'andata della spedizione, vicino ad i confini con Loas, si aggirava per l'improvvisato accampamento sempre scortato da almeno due uomini.

Forse, in fin dei conti, suo padre aveva ragione. Più gli anni passavano e più il principe diventava prezioso per il regno di Forterra e questo faceva di lui un boccone prelibato per i nemici della corona. Non era più il caso di essere incauti.

Arthis si sedette su un masso di proporzioni considerevoli e meditò sul risultato dell'intera spedizione: tutto sommato, era stata positiva.

Re Bodem aveva accettato di far attraversare il suo regno agli uomini di Forterra e Sartesia per dare un aiuto a Sacromolo e questo era più di quanto il principe non sperasse di ottenere da lui. Considerati gli accordi precedenti.

Arthis calciò un ramo di fronte al masso che volò a circa un metro dai suoi piedi. Il principe sbuffò e sollevò lo sguardo e fu allora che si accorse che, lontana dai soldati, in mezzo alla foresta, alla luce di una fiaccola era seduta Gineris con le gambe incrociate e il capo chino su un quaderno, con una penna tra le mani. Chissà cosa diavolo scriveva...

Aveva un debito con quella ragazza e non l'aveva ancora ringraziata. Decise che l'avrebbe fatto in quel momento, quasi senza rendersene conto.

Il principe si alzò in piedi e ordinò alle guardie – che obbedirono non senza una certa titubanza – di non seguirlo, poi si avviò verso la direzione della ragazza che, con i capelli sciolti, sembrava non essersi accorta di lui. Ma Arthis credeva che la sua fosse solo finzione; anzi, ne era certo. E, a conferma di ciò, c'era la freccia mancata che, senza i sensi acuti di Gineris, gli avrebbe perforato l'armatura.

Arthis sospirò un po' teso. Era incredibile il modo in cui quella ragazza dal volto angelico e gli aurei capelli sciolti fosse in grado di mettergli addosso un tale senso d'inquietudine.

Il principe, giunto a qualche metro da lei, si schiarì la voce e fece per dire qualcosa, ma lei lo anticipò: «Bella nottata, vero? Piuttosto calda, data la stagione...» commentò Gineris senza sollevare gli occhi da quello che, sbirciando, Arthis capì essere un diario.

«Già» convenne lui annuendo con il capo. Poi si voltò e fece per andarsene, ma, dopo un secondo d'incertezza, tornò sui suoi passi, con un certo imbarazzo. «Sono venuto per ringraziarti» disse.

A quel punto, Gineris sollevò lo sguardo mostrando i suoi occhi vitrei al riflesso della luna. «Ho fatto solo il mio dovere».

«Beh» asserì Arthis con palese insicurezza, non sapendo bene cosa rispondere. «Sei stata brava!» esclamò guardandola fissa in volto.

«Grazie, allora».

Quella ragazza era impassibile. Di un cortese distaccamento da apparire quasi inumana. Anche quando sorrideva, pur apparendo sincera, qualcosa in lei metteva in luce una compostezza fuori dal comune.

Per tutti i diavoli! Io sono il principe!, si ripeté Arthis cercando qualcosa da aggiungere per non concludere la conversazione. «Gineris» la chiamò, ottenendo di nuovo la sua attenzione. «ti va di fare una passeggiata?» domandò mentre una certa agitazione gli percorreva il corpo e faceva nascere in lui una folle voglia di correre.

Come poteva sentirsi così? Tutto questo non era nient'altro che una pazzia!

La ragazza lo guardò strabuzzando gli occhi, allibita e, per un momento, la sua maschera di porcellana parve cedere. Ma fu solo un secondo. «Non mi sembra il caso, principe Arthis...» rispose con gentilezza la ragazza mentre rimarcava a parole il suo titolo e un timido sorriso le si dipingeva sul volto. «La gente potrebbe pensare che ci sia qualcosa di intimo tra di noi!» aggiunse poi.

Sì. Lei aveva perfettamente ragione. E Arthis lo sapeva. Ma qualcosa, dentro di lui, gli diceva che, in fin dei conti, non avrebbe avuto una grande importanza: quanti re avevano amanti tra le donne di corte? Nessuno avrebbe pensato male di lui e, di certo, non avrebbero pensato male di lei!

«E ritieni che ci possa essere qualcosa di sbagliato?» chiese il principe fingendo di non capire.

«Come vostra consigliera, lo scoraggerei...»

«E come donna?» incalzò il ragazzo, speranzoso.

Lei, in risposta, scosse il capo nell'evidente tentativo di trovare parole adeguate. «A maggior ragione, mio principe!» esclamò con affettazione.

Una tale convinzione che fece breccia nella spessa corteccia di Arthis scovando un certo risentimento. «Ah! Mi trovi così ripugnante?» domandò freddamente, cercando di non dare a vedere nei modi quanto il rifiuto l'avesse offeso. Ma il ragazzo non era mai stato bravo a nascondere i propri stati d'animo.

«Il problema non siete voi, ma io...» dichiarò Gineris sollevandosi in piedi e serrando il quaderno rivestito in cuoio su cui aveva scritto fino a poco prima.

Il problema era lei? Che scusa era mai questa? Gineris era perfetta... come poteva essere un problema? Cosa diavolo si stava inventando, ora? Pensava di poterlo prendere in giro? «E perché mai saresti tu il problema?» chiese il principe in tono seccato.

La ragazza sembrò essere sul punto di dire qualcosa, poi se lo rimangiò e scosse la testa con un accenno di sorriso sulle labbra. «Credetemi, signore, non è una grande idea invaghirsi di me».

Arthis stava per replicare, ma Gineris abbassò il capo in segno di congedo. «Ora, vogliate scusarmi...»

E se ne andò, lasciando il principe ereditario completamente disorientato a chiedersi cosa cavolo fosse successo.

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