Capitolo 8 - Vacanze di Natale (Parte 5)

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Francis uscì dalla porta vetrata della cucina. Nonostante il pallido sole del primo pomeriggio, l'aria pungente lo spinse  stringersi nel giubbotto.
Mosse qualche passo sulle piastrelle del patio fino al tavolo in legno e prese posto sulla panca.
Tirò fuori un pacchetto di Chesterfield blu e, dopo averne accesa una, lo reinfilò in tasca, continuando a tenerlo stretto nella mano sinistra che cercava riparo dal freddo.

Prese un profondo tiro, godendo del caldo fumo che scorreva graffiandogli la gola fino a inondare i polmoni.
Puntò gli occhi socchiusi qualche metro avanti a sé, sui due che si stavano letteralmente prendendo a pugni in mezzo al prato. Li aveva visti dalla finestra della camera e, quando preoccupato aveva chiesto se ci fosse qualche problema, suo fratello gli aveva semplicemente risposto che si stavano sgranchendo un po' per smaltire tutto ciò che avevano mangiato quei giorni; come se fosse una cosa del tutto normale prendersi a calci in faccia alle tre di pomeriggio. Almeno avevano avuto il buonsenso di mettersi nel giardino sul retro, se fossero stati dalla parte della strada, di sicuro qualche passante avrebbe già chiamato i Carabinieri.

Lo sguardo si soffermò sulle natiche della ragazza, che, strizzate in quegli aderenti pantaloni sportivi grigi, continuavano a tendersi e contrarsi a ogni fulmineo scatto delle gambe.
Doveva ammetterlo, Daniel aveva davvero buon gusto, peccato solo che gli mancassero le palle per concretizzare.

Schiuse le labbra e il denso fumo bianco gli risalì lungo il viso, provocandogli una calda carezza sulla pelle. Per qualche secondo gli offuscò la visuale, proprio mentre quelle gambe tornite si abbattevano in rapida successione prima sul fianco e poi al volto dell'avversario, che parò incassando i colpi sugli avambracci e fece per passare al contrattacco, ma un terzo improvviso calcio lo sorprese poco sopra il ginocchio.
Evidentemente, le palle che mancavano a Danny le aveva tutte lei. Fin troppo.

Ridacchiò e strinse la sigaretta tra le labbra incurvate, prendendo un altro tiro.

Il fratello gliel'aveva detto che Eve era particolare, ma non avrebbe mai pensato fino a quel punto.
Per un istante, il giorno prima, gli splendidi occhi di quella ragazza l'avevano come terrorizzato. Non sapeva nemmeno spiegarsi quella fuggevole sensazione di panico, ma era certo che fossero state proprio quelle iridi a scatenarla.

Osservò Daniel passare all'attacco.
Non se ne intendeva molto di arti marziali, da bambino aveva praticato il kendo assieme al fratello, nella palestra del nonno, ma poi, al contrario del minore, lui aveva mollato. Non serviva però essere degli esperti per capire quanto fosse alto il livello del giovane. In quei mesi in America era migliorato in modo sorprendente.
Non aveva dubbi che quanto dicesse riguardo al fatto che lì non faceva altro che studiare e allenarsi corrispondesse al vero. Nonostante la rapidità di movimento dell'avversaria, era riuscito a mettere a segno qualche colpo e la stava incalzando.

Un rumore improvviso lo fece trasalire.
Lo sguardo saettò sullo smartphone appoggiato sul tavolo, che poco dopo vibrò di nuovo ed emise una seconda singola nota acuta.
Lo sollevò, agitandolo verso i due, «Danny, messaggio!»

Il giovane stava continuando a sferzarla di colpi, costringendola sulla difensiva.
Eve continuò paziente a parare, in attesa del momento propizio.

Finalmente accadde, l'avversario ruppe quella serie ed esitò per un singolo istante.

Passò al contrattacco con un pugno verso il fianco scoperto.
Capì troppo tardi l'errore che aveva appena commesso. Era una trappola.
Daniel le afferrò il polso e la tirò a sé, respinse con l'avambraccio un suo secondo disperato pugno e la fece ruotare su se stessa, fino a premerle la schiena contro di sé per bloccarle il collo nell'incavo del gomito.
La sentì emettere un lieve ringhio, mentre anche i loro respiri affannati sembravano combattersi con ritmici colpi che riverberavano tra i loro corpi.
Le sussurrò all'orecchio con un ghigno vittorioso: «Presa.»
Il giovane sentì chiamare e si voltò d'istinto verso il fratello, che agitava il cellulare nella sua direzione. Sorrise. Era da un po' che aspettava quel messaggio.
«Arriv-»

Eve sentì la presa allentarsi e sfruttò quell'istante per liberarsi scivolando verso il basso, poi ruotò fulminea per affondargli un pugno nel fianco.

Danny incassò con un lamento, e si piegò in avanti, scoccandole d'istinto un'occhiataccia, «Ahia, Eve, Ma che cavolo? Stavo parlando con mio fratello!»

«Avevi il fianco scoperto.»

«E grazie al cazzo!»

Gli fece un sorrisetto ironico, «Regola numero uno, Ray: mai abbassare la guardia.»

Rimasero immobili a scrutarsi in cagnesco, poi il cellulare tra le mani di Francis emise un altro squillo, attirando l'attenzione di Daniel. Il giovane però non si lasciò distrarre. Iniziò a camminare all'indietro, in direzione del patio, mentre continuava a tenere il suo sguardo di sfida fisso in quello della ragazza.

Appena raggiunse il fratello, che stava sghignazzando alla vista di quella scena, gli prese il telefono di mano.
Si appoggiò allo schienale della panca, proprio accanto a lui, e abbassò gli occhi sul display per leggere i messaggi, tutti provenienti dallo stesso contatto.

«L'hai fatta incazzare, eh?!»

«Nah, non è incazzata» replicò senza distogliere l'attenzione da ciò che stava facendo.
Iniziò a scrivere la risposta, ma il versetto sarcastico di Francis lo distrasse.
Gli scoccò una rapida occhiata maliziosa di sottecchi, poi inviò il messaggio e una volta spento lo schermo fece un cenno del capo verso la collega, «Guardala. Lo vedi quel sorrisetto infame? Vuol dire che si sta divertendo. Credimi, se si incazza te ne accorgi, e a quel punto l'unica cosa che puoi fare è iniziare a correre più veloce puoi... sempre se non resti paralizzato dal terrore...»

«Proprio come con mamma!»

Danny rimase un'istante interdetto, poi scoppiò a ridere assieme all'altro, «Praticamente!»
Tentò di ricomporsi per riuscire a parlare di nuovo: «Ecco... ti ricordi quando mamma ha scoperto che fumavi?»

«Se me lo ricordo? Quello non me lo scordo più! Mi parte la tachicardia solo a pensarci! Guarda, mi sta già venendo la pelle d'oca!» Francis esibì il dorso della mano, poi prese un altro rapido tiro solo per soffiare il fumo in faccia al fratello, che ancora stava sghignazzando.

«Bene, allora prendi mamma a quel livello di incazzatura e insegnale il taekwondo... più qualche altra arte marziale assortita... ed ecco che hai ottenuto una versione mediamente arrabbiata di Eve!»

«Che hai da dire su di me?» La voce accigliata della ragazza li raggiunse.
Era rimasta ad aspettare in mezzo al prato a braccia conserte. Non riusciva a capire cosa quei due si stessero dicendo di così divertente da spingerli a ridere a quel modo, ma aveva distintamente sentito il proprio nome.

Daniel trasalì. Appena incrociò il suo sguardo indagatore, ma tutt'altro che pericoloso, però, tornò a rilassarsi. «Niente!» le rispose con un sorriso innocente, poi venne distratto da un messaggio in arrivo.

«Comunque sei migliorato, fratellino!» Un'amichevole sberla lo centrò sulla schiena.

Incassò senza nemmeno distogliere gli occhi dal cellulare, «In cosa?»

«Nel combattimento...»

«Oh, sì, quello sì!» Ridacchiò, «Con lei o migliori o le prendi!»
L'ennesimo squillo gli risuonò tra le dita, «Cheppalle 'sti messaggi... Faccio prima a telefonare! Scusami un attimo, Fra.»
Fece partire la chiamata e portò il dispositivo all'orecchio.

Eve li raggiunse proprio mentre lui si allontanava per parlare al telefono, «Allora? L'allenamento è già finito?»

«Sei instancabile, eh?» Francis le scoccò una provocante occhiata e portò ciò che restava della sigaretta tra le labbra, per godersi l'ultimo tiro con lo sguardo fisso in quelle magnifiche iridi.
Danny aveva davvero buon gusto, era innegabile.
Socchiuse le palpebre mentre il calore del fumo gli inondava il petto.
Notò un lampo perturbare quell'azzurro.
Le ragazze gli dicevano sempre che l'espressione che assumeva mentre fumava era irresistibile. Ormai aveva imparato a riconoscere l'istante in cui faceva effetto, il lieve cambio nei lineamenti di chi gli stava di fronte.
Il sorrisetto che increspava le labbra di Eve però era diverso, anche se altrettanto invitante. Pareva a tutti gli effetti sfidarlo.

«Vuoi forse dare il cambio a tuo fratello? Non mi dispiacerebbe darti qualche calcio nel culo, sai, Francis. Se non sbaglio ho un conto in sospeso con te.»

Sollevò un sopracciglio, divertito da quella provocazione.
Schiuse le labbra per permettere al fumo bianco di sfilargli lentamente davanti al volto, senza interrompere il contatto visivo.
«No, grazie, è Danny lo sportivo della famiglia. Io preferisco un altro tipo di attività fisica.» Ammiccò con un sorrisetto furbo, «Che guarda caso è l'unica che voi due alla CIA non praticate.»

Daniel aveva d'istinto preso a zigzagare per il patio mentre parlava al cellulare, ma appena aveva notato gli altri intenti a scrutarsi immobili, aveva smesso di dare attenzione alla telefonata, per concentrarsi sulla loro conversazione.
All'ultima affermazione di Francis si precipitò a interromperli.
Prima che Eve potesse ribattere, sfrecciò tra i due in maniera apparentemente involontaria, avendo cura di assestare una sberla sul coppino del fratello, «Allenamento finito! Tutti in casa!»

Si allontanò di qualche passo e si girò giusto in tempo per vederlo massaggiarsi il collo ridacchiando, per poi sporsi sul tavolo per portare a sé il posacenere e spegnerci dentro il mozzicone.
La ragazza invece recuperò la giacca buttata sulla panca e si versò un bicchiere d'acqua dalla brocca.

Soddisfatto, tornò a concentrarsi sulla telefonata, ricominciando a zigzagare nel giardino.

Eve si sedette sul tavolo, a distanza di sicurezza da Francis, con il bicchiere stretto tra le dita. Senza accorgersene finì per incantarsi a seguire i caotici movimenti del collega, che come al solito accompagnava le proprie parole con concitati gesti della mano libera. Vederlo al telefono la divertiva sempre, ci faceva i chilometri con quell'affare all'orecchio.

«Quindi, com'è lavorare alla CIA?»

Si scosse. Diede un altro sorso d'acqua e rispose senza neanche girarsi: «Niente di che. Tanto allenamento, tanto studio, rotture di coglioni.»

«E per il resto? Missioni, indagini? Che ne so... le classiche cose che fa la CIA nei film.»

«Nulla di cui siamo autorizzati a parlare.»

Francis scosse il capo ed emise un sonoro sospiro, «Ok, senti, Eve, parlerò chiaro, tanto è inutile che continuo a girarci attorno. I miei sono preoccupati per ciò che Danny fa o che potrebbe fare lì. Notoriamente quello alla CIA non è un lavoro tranquillo, o almeno così traspare dai film... È ovvio che le sue attività spaziano da ciò che si vede in tv a semplice lavoro d'ufficio, però il fatto che lui a questa domanda stia sempre sul vago e cambi discorso li fa preoccupare ancora di più.»
Scoccò una cruda occhiata alla ragazza, che aveva preso a fissarlo.
«Prima mi sembrava di guardare un vero incontro di arti marziali. Lo avete detto voi stessi che lì non fate altro che allenarvi, e dubito che sia solo un hobby. Quindi, se puntate così tanto nel combattimento, immagino che il vostro lavoro non consista nello stare tutto il giorno alla scrivania a rintracciare telefonate, giusto?»
Lei non rispose, rimase immobile, sostenendo il suo sguardo.
«Quindi, cosa diavolo fate alla CIA e quanto è pericoloso?»

Eve continuò a specchiarsi in quelle iridi nere.
Non poteva biasimarli, al termine di ogni periodo di ferie vedevano il figlio, il fratello, andarsene dall'altra parte del mondo, senza avere la certezza che sarebbe tornato.
Conosceva bene quella sensazione.
Se avessero saputo in cosa consisteva davvero il suo lavoro, non l'avrebbero mai più fatto ripartire, e quella probabilmente sarebbe stata la cosa migliore per lui.

Ci aveva provato a farlo smettere, a convincere John ad affidargli altre mansioni, a non lavorare più con lei, la spietata e senza cuore "killer dei killer", ma era stato inutile. D'altronde quella era la vita che si era scelto, non l'avrebbe mai convinto a mollare, non aveva il diritto di scegliere per lui. Da che pulpito, poi, poteva permettersi di fare la moralista? Proprio lei, che in quel mare di sangue e violenza l'aveva trascinato, anche se in buona fede. Quando aveva suggerito a Graham di assumerlo, non avrebbe mai immaginato che le cose sarebbero andate così.

Maledetto John!

Si lasciò sfuggire un lieve sospiro.
Distolse lo sguardo da quegli occhi a mandorla che, più che accusarla, sembravano implorarle una risposta in grado di rassicurarlo e di fugare i suoi peggiori sospetti, e lo puntò sul giovane sorridente che continuava a zigzagare per il giardino.
Non riusciva a togliersi dalla mente la sua espressione affranta, i giorni subito dopo la prima missione, quando la notte si svegliava per gli incubi di quel massacro con le lacrime agli occhi.

Chiuse le palpebre e abbassò il capo.
«Francis, non posso dirti in cosa consiste il nostro lavoro e, anche se potessi, non starebbe a me farlo. È una sua scelta, e di sicuro non mi metterò tra lui e la sua famiglia. Vi sono grata per avermi accolta qui, e grazie per avermi lasciato la tua camera, ma non sono corruttibile, mi spiace.»
Prese un lungo respiro, mentre fissava il pavimento.
«Posso però assicurarti che qualunque cosa accadrà farò tutto ciò che è in mio potere per impedire che tuo fratello si metta seriamente in pericolo e che gli succeda qualcosa di male. In qualunque ambito, lavoro o situazione; dentro e fuori la CIA.»
Scosse il capo, «Proprio come ho sempre cercato di fare.»
Sospirò e incrociò di nuovo quelle profonde iridi nere sempre più cupe.
«Mi rendo conto che non è molto, ma è tutto ciò che ho da offrire.»

«Ehi!» Daniel li raggiunse con un enorme sorriso sul volto, che si spense appena vide le espressioni serie dei due, immobili a fissarsi in silenzio.
«Perché quelle facce? Fra, non l'avrai toccata di nuovo, vero?» Scoccò al fratello una finta occhiata severa.

Quello si limitò ad alzarsi in piedi senza nemmeno guardarlo, «No, tranquillo, ho imparato la lezione.»
S'incamminò verso la porta.
«Ora è meglio se torno a studiare.»

«Va bene. Tanto ora rientriamo anche noi, che inizia a essere freschino.» Poi si rivolse allegro alla ragazza, «Eve, stasera andiamo a mangiare la pizza con Andrea!»

«Chi?»

«Dai, il mio amico, te ne avevo parlat-»

«Quello che si scopava la sua ex!» Francis era fermo con la mano sulla maniglia e un sorrisetto di scherno sulle labbra.

Eve ruotò il busto per guardarlo incredula, «Davvero? Ma scherzi?»
In risposta ottenne un cenno di assenso accompagnato da un ghigno malizioso.
Si voltò di nuovo verso il compagno, «E perché usciamo con quello che ti ha fottuto la ragazza?»

Daniel sbuffò roteando gli occhi, «Te l'ho detto, perché è mio-»

«Oh, ho capito!» Lo interruppe scoccandogli uno sguardo maligno, «Io lo tengo fermo e tu lo pesti?»

Francis scoppiò in un'irrefrenabile risata.

Il fratello fulminò con gli occhi sia lui che la collega, senza successo. «No, Eve, ricordi che ti avevo detto che-»

«Che si scopava la tua ragazza, certo! Quindi tu lo tieni fermo mentre io lo-»

«No! L'ho perdonato!»

Lo fissò seria, con un misto di delusione e disappunto, «Ah, già... che coglione!»
Alla vista dello sguardo sempre più seccato di Danny, la ragazza non riuscì più a trattenersi e si unì al coro di risate del maggiore.

«Vabbè, tanto è inutile cercare di spiegarti queste cose... Fra, vuoi venire anche tu con noi?»

«No, grazie, ho già impegni per stasera. Anche se ammetto che mi dispiacerebbe perdermi altre scenette come questa.»
Finalmente Francis attraversò la porta vetrata. Poco prima di richiuderla, però, scoccò al fratello l'ennesima occhiata sarcastica, «Attento solo a non farti fottere di nuovo, eh!» Fece un lieve cenno verso Eve, poi si voltò sghignazzando e scomparve in cucina.



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