(Marco) Il bisogno di sentirla

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E arrivò, dopo una mezz'ora, quando mancava poco più di un'ora alla mezzanotte. Come accaduto l'ultima volta che avevo aperto la porta trovandola sul pianerottolo, l'accolsi in un abbraccio. La sua presenza era un sollievo. Non sapevo ancora dare un nome al peso che Maia rendeva più sopportabile con la sua vicinanza: mi accontentavo di sentire certe corde del mio animo rilassarsi dopo anni di tensioni. Maia era la mia ora d'aria.

- Una settimana, doc- mi disse sollevando il mento e appoggiandolo la mio petto, ma senza liberarsi dalle mie braccia. - Ti sei fatto proprio desiderare!-

La baciai sulla fronte, poi sulla tempia, poi sulla guancia. Liberai le sue spalle per prenderle il viso tra le mani e baciarla sulle labbra. La baciai ancora e ancora.

Mi sorrise, forse rassicurata dalla mia accoglienza.

Aveva dubitato di me, in quei giorni? Aveva temuto che la stessi allontanando?

Forse lo avevo fatto. In quel momento compresi non solo quanto mi fosse mancata, ma anche la misura in cui lo avevo negato a me stesso. Una misura davvero vasta. E inutile. Perché ora che era lì non sarei più riuscito a negare il mio bisogno di condividere i miei spazi e i miei tempi con lei.

- Il mio divano reclama la tua presenza - le dissi. Mi chiusi la porta alle spalle e mi presi qualche attimo per studiarla. Indossava una felpa decisamente troppo grande per lei e un paio di leggins scuri. Il suo viso mi parve più rosato del solito, le guance meno scavate. Maia si stava riprendendo, finalmente, dal ricovero di Lucas. Aveva con sé uno zainetto di Star Wars. Lo guardai con curiosità, senza farle la domanda a voce alta. Lei arrossì, ma non abbassò lo sguardo.

- Ho portato... - si interruppe, forse presa dall'ansia. Non ne avevamo parlato per telefono, e ora vedevo in Maia farsi largo il dubbio. Decisi di spazzarlo via.

- Dimmi che hai portato l'occorrente per dormire da me. -

Il sorriso che costrinse il dubbio a una rapidissima ritirata illuminò la sua espressione e la mia serata. Anzi, fece di più. Illuminò l'intera settimana trascorsa senza di lei.

- Sì - rispose.

Mi avvicinai e presi lo zainetto.

- Star Wars? -

- Regalo dello scorso compleanno di Mattia. Ma non sono una fan. E' solo il primo che ho trovato. Non dirlo a mio figlio, ne è parecchio geloso. -

Le sorrisi, e la invitai ad accomodarsi sul divano mentre io portavo di sopra il suo zainetto.

Quando tornai al piano di sotto la trovai seduta a gambe incrociate sul divano. Si era sfilata le scarpe e stava studiando l'etichetta della birra che avevo abbandonato sul tavolino.

- Ormai è calda -le dissi. - Te ne prendo un'altra. -

- No, non la bevo. Vieni qui. -

Abbassai le luci, le allungai la coperta che si avvolse intorno alle gambe e mi accomodai accanto a Maia. Appoggiai i piedi sul tavolino, e trovai la pace non appena lei appoggiò le sue gambe sulle mie e la testa sulla mia spalla.

Accesi la Tv, sintonizzandola direttamente su Scrubs.

Era tutto perfetto. Sentivo che per lei era lo stesso.

Ancora una volta, Maia si addormentò prima di me. Spensi la tv e rimasi ad ascoltare il suo respiro regolare, accarezzandole i capelli. Era quella, la pace. Non avvertivo nessuna tensione. Potevo chiudere gli occhi senza che nessuna immagine disturbasse quel nero così profondo e vuoto, che non nascondeva né mostri né trappole.

Era strano, per me, non dover occupare la mente con qualche cartella clinica in cerca di diagnosi, o qualche manuale in cerca di idee per affrontare casi complessi. Era strano poter avere la mente sgombra senza sentire lo stomaco contrarsi.

È così, dunque, che ci si sente quando non ci sono fantasmi da cui scappare. O quando si è certi di averli affrontati e sconfitti.

Non avevo affrontato i miei fantasmi. Ma in quei giorni avevo preso in considerazione l'idea di farlo.

Tanto era bastato a far sì che quella sera non mi seguissero nei nostri silenzi.

Era una pausa, una tregua. Sarebbero tornati, ma non quella sera. Lo sapevo, e mi crogiolai in quella certezza.

Non smisi di accarezzare i capelli di Maia nemmeno quando la sentii svegliarsi. Si stropicciò gli occhi con una mano.

Con la stessa mano prese la mia, e la baciò.

- Hai un tocco bellissimo, doc. Quante potenzialità in queste mani - commentò, guidandomi poi le dita sotto la sua felpa.

Maia aveva la pelle calda e liscia. Trovai il suo seno non grande ma ancora pieno e alto e lì indugiai a lungo, compiacendomi della reazione del suo corpo.

Poi si mise a sedere, sfilandosi la felpa. Le luci erano soffuse in sala e le ombre che disegnavano le sue curve sul corpo fecero di lei una visione irresistibile. La presi per i fianchi e la feci sedere su di me, facendo incontrare di nuovo, dopo sette giorni di astinenza, le nostre lingue.

Fu un bacio lungo e profondo. Divenne bramoso solo quando sentii la mano di Maia strofinarsi sulla mia erezione. Le strinsi capelli e se avessi potuto l'avrei divorata.

Staccò la sua bocca dalla mia e mi sfilò la maglietta. Il contatto del suo seno nudo sul mio torace mi accese ancora di più. Mi fu evidente che sarebbe stato impossibile per entrambi interrompere qualunque contatto per andare di sopra, quindi la feci sdraiare sul divano, sfilandole leggins e slip contemporaneamente.

Mi guardava spogliarla mordendosi il labbro inferiore ed è su di lui che mi fiondai con la bocca non appena fu nuda.

Glielo morsi delicatamente mentre mi facevo largo con la mano tra le sue cosce.

La sentii inarcarsi sotto di me e liberai le sue labbra dai miei denti; le invasi la bocca con la lingua e fui accolto con piacere.

E fu il piacere che inseguii senza fatica su quel divano. Avevo voglia di Maia e soddisfai la mia voglia senza soffermarmi oltre sui preliminari: mi spogliai e fui dentro di lei in pochi secondi. Scivolare nel suo corpo era un atto semplice e liberatorio: non appena affondai del tutto non trattenni un ruggito di soddisfazione. Anzi, non trattenni più nulla, e aumentai il ritmo del mio atto potendo solo sperare che Maia mantenesse il mio stesso passo, perché non mi fu possibile né fermarmi né rallentare.

Raggiunsi il mio orgasmo in un'ondata violenta e ne fui così travolto da non aver tempo e prontezza per capire se lo stesso fosse accaduto a Maia. Le crollai addosso e le sue braccia mi avvolsero in un abbraccio di affetto e riconoscenza che sentii di non meritare. In quel momento avrei voluto poterla incorporare dentro di me, farmi scaldare dalla sua contagiosa predisposizione a sorridere alla vita in ogni momento delle mie giornate.

- Dimmi che stai bene, Maia - le sussurrai, consapevole di averle offerto una scopata egoista, per quanto soddisfacente. Non era questo che volevo per lei, anche se non potevo negare di averlo voluto per me, da anni e con qualunque donna fosse transitata tra le mie braccia o tra le mie gambe dopo (e durante) Michela.

- Certo che sto bene. Non capisco perché tu debba dubitarne. -

Mi alzai sui gomiti per vedere il suo sguardo lucido e il suo sorriso malizioso. Sorrisi anche io e le posai un bacio sulle labbra.

- Lo sai che quando ti alzerai imbratteremo il divano con il tuo prodigioso liquido seminale, vero? -

- Cercheremo di rimandare quel momento il più possibile, allora - le risposi. Le baciai il collo. Mi resi conto che da lì a massimo dieci minuti sarei stato pronto a fare di nuovo l'amore con lei.

- Oh, doc, dovresti sapere che rimandare i problemi non è come risolverli. -

- Non mi preoccupo del divano. -

- E di cosa ti preoccupi? -

Le posai ancora qualche bacio sull'incavo del collo.

- Di solito non mi preoccupo affatto. - Non avevo voglia di uscire da lei. Nè di allontanare il mio corpo dal suo. La distanza massima che potevo sopportare in quel momento era quella che mi consentiva di guardarla negli occhi.

- Quindi stai bene anche tu? - mi chiese, non del tutto convinta.

Le infilai un braccio sotto la schiena e la sollevai. Feci perno sull'altro braccio e riuscii a mettermi a sedere senza che il nostro magico incastro si sciogliesse. Maia era a cavalcioni su di me e mi studiava con un misto di preoccupazione e accondiscendenza. Sembrava uno sguardo materno. Forse, era solo amore.

- In realtà quando sono con te mi preoccupo un po'. -

Sentii le sue mani circondarmi il viso. Vidi un'ombra scendere sul suo sguardo e mi dispiacque esserne la causa.

- Non è l'effetto che vorrei farti - mi confessò.

- Chiaramente, non è l'unico effetto che mi fai. -

Sospirò, le sue mani che perdevano calore. Cominciava ad avere freddo.

- Perché la mia presenza ti fa preoccupare? -

- Non è la tua presenza, Maia. Tu non c'entri. Sono io. Io che di solito non mi preoccupo di quello che può accadere alle persone che non fanno parte della categoria "pazienti". Non vorrei spezzarti, Maia. Davvero, non vorrei mai. -

Mi sorrise, rassicurante. Ancora una volta, mi parve un atteggiamento materno.

- Tu non puoi spezzarmi, Marco. E' già passato un altro, prima di te, a spezzarmi il cuore. E io l'ho ricostruito. Non per questo ora è più fragile di prima. E non credere di essere dotato di un cuore più resistente del mio. La fragilità di una donna non si misura con il numero di lacrime che versa. La sua forza può però essere misurata sulla base di quelle che si è asciugata da sola, tornando ogni volta a sorridere. Non puoi spezzarmi, Marco. Ok? -

Dolcemente, le avvolsi le spalle con le mie braccia. Non mi preoccupai di stringere troppo, avevo bisogno di sentirla.

La tenni tutta per me ancora qualche istante. La lasciai andare quando sentii il mio liquido seminale imbrattare il divano, proprio come aveva predetto Maia. Lei abbassò lo sguardo avvertendo lo stesso calore bagnarle le cosce.

- Spero che il tuo divano sia sfoderabile, doc - mi disse, sorridendo e arricciando il naso divertita.

Mi metteva di buonumore vederla sorridere.

- Come ti dicevo, il divano non mi preoccupa. Ne compro uno nuovo, se la vedo male. -

- Capitalista! - mi accusò, puntandomi il dito sul petto. Poi fu lei a invadermi la bocca con la lingua. Il desiderio si riaccese in un lampo. Il mio fedele soldato, da poco a riposo tra le mie gambe, tornò senza sforzo sull'attenti.

- Imbrattiamo anche il letto, Maia - proposi, ma fu poi lei a prendermi per un braccio e a portarmi di sopra.

SPAZIO AUTRICE

Oh... Un po' di sesso fa sempre bene al fisico e all'umore.
Ma qua si parla di fantasmi e ombre che seguono Marco dal passato.
Siete almeno un pochino curiosi da sapere cos'ha combinato quest'uomo con la sua precedente famiglia?
Spero di non avervi annoiato con gli orgasmi di questi disgraziati.

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