(Marco) Macedonia di cuccioli

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Christian, letteralmente, mi impediva di restare in ospedale oltre l'orario del turno, salvo la presenza di un'emergenza. Ma i bambini di tutto il mondo si erano messi d'accordo tra di loro per scoppiare di salute. Neanche una cazzo di peritonite notturna si era palesata in quei due giorni, e i malati oncologici di Christian avevano evidentemente trovato il modo di sopravvivere con una banalissima chemioterapia. Niente masse da asportare, Cristo.

Alle cinque del pomeriggio Christian veniva nel mio ufficio e mi portava a casa. Sbuffavo, imprecavo, mi lamentavo ma, a conti fatti, gli permettevo di prendemi metaforicamente a calci in culo e verificare che stessi effetivamente annegando nella mia solitaria autocommiserazione tra le mura di casa. Poi, già che c'era, si assicurava che annegassi anche il fegato in qualche superalcolico che buttavo giù volentieri, sperando di annoiarmi meno. Invece l'etanolo del cazzo faceva emergere getti di amarezza e frustrazione.

« Non funzionerà » ribadii per la terza volta, o forse la quarta, chi lo sa. Non contavo più né i bicchieri né le mie insostenibili lamentele.

« Jennyfer dice di sì. E sai come la penso sul contraddirla. »

Sentivo lo stomaco implorare pietà. Il fegato si era arreso già da un po'. Il dannato cervello, invece, si ostinava a mantenere una certa funzionalità.

« Dovrei smettere di bere, smettere di darti ascolto. E soprattutto dovrei uscire e trovare una nuova Sharon con cui affogare il suo ricordo e andare avanti in cerca di un Nobel. »

Chritian favorì dalla mia bottiglia, senza passare per il bicchiere. Avevamo raggiunto livelli decisamente bassi di igiene e decoro, in casa mia.

« Sì, hai proprio ragione. È andata alla grande l'ultima volta che hai fatto così. »

« Vaffanculo. Almeno lavoravo davvero. »

« Non facevi che lamentarti. »

« Solo con te. »

« Perchè con me ogni tanto ti ricordi di essere sincero. »

« Vaffanculo di nuovo. »

Christian incassò senza grossi problemi. Anzi, se non ricordo male ruttò.

« Jennyfer dice che domani sera dovresti metterti lo stesso completo che avevi alla cena di beneficenza dell'anno scorso. »

« Jennyfer ha rotto i coglioni. Vuole dirmi anche quando farmi le seghe? »

« Non fornirle nuove idee. Fidati. »

Mio malgrado, sorrisi.

« Che cosa mangia la tua J domani alla cena di gala? Insalata di pulcini? Frittura di orsetti del cuore? »

Christian rise, me lo ricordo bene, perché mi parve una risata davvero divertita.

« Macedonia di cuccioli, credo. »

« Siamo stronzi a parlare così di lei. Lo sai, vero? »

« Che cazzo dici? Jennyfer è una wonder woman. Se ci sentisse ci strapperebbe le orecchie a morsi. Ma non prima di aver riso con noi delle nostre battute. »

Sentii una lacrima scendere lungo una guancia. L'ultima volta che ne avevo versato una era stato alla notizia della morte di Michela. Me l'aveva asciugata Maia.

« Sto di merda, Christian. »

Mi guardò. Mi diede una pacca sulla spalla. Mi allungò la bottiglia.

« Sì, vedo. Era ora. »

Sentii scendere un'altra lacrima.

« Sono qui per questo. Per verificare che tu stia davvero di merda, perché Jennyfer vuole la certezza che meriti il perdono di Maia. Questa la versione ufficile. Quella ufficiosa, è che nessuno dei due vuole che tu sia solo mentre stai di merda, perché non abbiamo dubbi sul fatto che meriti di essere felice con lei. »

Tracannai dalla bottiglia, e non ricordo neanche cosa. Ma ricordo la risposta che diedi a Christian.

« Grazie. »

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