Ora sai il mio nome

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-Ti sei fatta offrire il pranzo? -

-No, J. Mi sono dimenticata di pagarlo. E non era un pranzo, era un panino. -

-Cambia qualcosa? -

Sbuffai. Intollerabile la sua insistenza nell'aver ragione, in quel periodo.

-Grazie per aver accompagnato a casa Mattia - dissi, tentando di sviare.

-Prego, ma io e Bianca pensavamo di autoinvitarci a cena...-

Non mi preoccupò la loro permanenza, mangiavamo spesso insieme. Ma il tono con cui mi fece quella rivelazione era un pesante indizio per qualcosa di diverso.

-Che succede J? -

Vidi il suo sguardo velarsi di lacrime e tristezza.

-Oddio...- dissi, e iniziai a preoccuparmi seriamente.

-No, no tesoro non è così grave, tranquilla. In questi giorno non ho voluto assillarti con le mie scaramucce, hai ben altro a cui pensare.-

Capii. Ci ero passata anche io.

-Problemi con Ricky? - domandai.

-Già. Litighiamo spesso, e alla fine della discussione non ricordo più nemmeno come è iniziata, e perchè. Ci vediamo poco, e quel poco lo trascorriamo dedicandoci frasi al vetriolo. -

Le cinsi le spalle. Non era la prima crisi che affrontavano J e Ricky, ma ogni volta diventava più difficile tenere insieme i pezzi.

-Mi dispiace tesoro. Potete restare anche a dormire se volete. -

-Ci penserò. Ma ti conviene vuotare il sacco sul tuo sexy chirurgo, o ti tartasserò fino a notte per sapere tutto di lui. -

-Non ho mai detto che è sexy. -

-Deve esserlo per forza. -

-Troppe puntate di Grey's anatomy? -

-Perchè? Tu no? -

Scossi la testa, divertita.

-Non so nulla di lui, J. E' abbottonato, pieno di sé, orgoglio soportatore sano di una forma grave di egocentrismo. Si rivolge agli esseri umani come farebbe un addestratore di cani al suo esemplare più indisciplinato. Penso che nasconda una certa dose di umanità sotto la sua coperta di arroganza, o forse si preoccupa della salute delle madri solo per pareggiare il suo karma e allineare i suoi chakra. -

-O magari per portarsele a letto -

Scoppiai davvero a ridere. Mi sembrava un'idea ridicola. L'onnipotente chirurgo pediatrico era probabilmente immune a qualunque pulsione sessuale, almeno sul suo luogo di lavoro.

-Impossibile. Non si è nemmeno interessato di scoprire come mi chiamo. Di solito mentre visita Lucas si rivolge esclusivamente a lui. Mi parla il minimo indispensabile, e quando lo fa mi guarda ancora meno. Ad ogni modo ha un portamento inflessibile e un comportamento militare. Niente, e sottolineo niente, in lui, fa pensare che consideri un qualunque essere umano adulto degno della sua attenzione. -

J mi dedicò uno sguardo compassionevole.

-Guarda, mi hai proprio convinta. Hai descritto perfettamente il maschio alpha totalmente disinteressato...-

-Esatto! -

-Non si spiega quindi come mai questo invincibile capobranco votato esclusivamente alla salvezza dei bambini abbia condiviso un panino con te. Davvero poco virile da parte sua. -

Mi si prosciugò la lingua.

***

Nei giorni seguenti Lucas venne gradualmente liberato da flebo e catetere alimentare, ormai non più necessario grazie all'introduzione del cibo. Poteva camminare lungo il corridoio del reparto, anche se non lo faceva volentieri, e io potevo lavarlo e cambiarlo liberamente. L'apparato intestinale aveva ripreso la sua attività, e mio figlio venne definitivamente dimesso dopo 21 giorni di degenza complessiva. I miei contatti con il primario, dopo quell'incontro nel parcheggio, tornarono distaccati anche se cordiali, e gli lasciai pagate un paio di colazioni al bar per sdebitarmi di quel famoso sandwich senza dovergliene parlare apertamente.

Provavo un misto di paura, gioia e vergognosa nostalgia nel chiudere il trolley e nel verificare di aver svuotato la camera d'ospedale. Se c'era qualcosa di buono che potevo portarmi a casa da quell'orribile vicenda, erano le numerose ore di gioco e relax che negli ultimi giorni di ricovero avevo trascorso con Lucas. Mio figlio aveva superato da poco l'età dei dinosauri e si era recentemente gettato a capofitto nell'età bellica. Avevamo disegnato insieme interi arsenali militari e un catalogo interessante di carriarmati tedeschi e americani. Gli avevo acquistato una confezione gigante di pennarelli, e tutte le tonalità di verde erano ormai scariche. In attesa del foglio delle dimissioni, Lucas fece un disegno tutto per me: ci disegnò tutti e quattro su una spiaggia. I bambini erano chiaramente coscienti della separazione tra me e Ale, ma era avvenuto tutto in modo estremamente civile e in totale accordo. Mattia aveva sofferto molto inizialmente, ma a distanza di due anni sembrava aver ritrovato la pace. I bambini trascorrevano di norma una settimana da me e una da Ale, ma capitava di decidere diversamente e non erano mai scaturiti litigi o problemi in merito. Avevamo fatto del nostro meglio per gestire il risultato del peggio che ci eravamo fatti.

Ale stava arrivando con la sua macchina da casa, mentre la mia era parcheggiata chissà dove dal giorno prima. Mentre Lucas terminava il suo disegno per me, iniziai ad agitarmi al pensiero delle parole pungenti che il mio ex marito mi avrebbe dedicato se non mi fossi fatta venire in mente le coordinate del parcheggio.

-Salve. - La voce che interruppe i miei fastidiosi pensieri era quella di Mancini. Entrò nella camera con il suo solito passo sicuro. - Il foglio di dimissioni è pronto. Allegato ad esso troverà anche le date dei futuri follow up di Lucas e le indicazioni da tenere per i prossimi giorni.-

Mi alzai dalla sedia di metallo in dotazione alla camera e presi dalle mani del primario i fogli che mi stava porgendo.

Niente fede.

-Grazie di tutto, dottor Mancini. -

Lui mi rivolse un sorriso veloce, poi abbassò lo sguardo su Lucas, ancora intento a colorare di azzurro una striscia di cielo.

-Ehi, tesoro, mi presteresti uno dei tuoi colori? -

-Sì. Va bene verde militare? -

-Quello che vuoi tu. -

Lucas scelse attentamente il verde più militare che trovò nel suo astuccio delle meraviglie.

-E' il mio preferito! - disse al medico, allungandoglielo.

-Wow, grazie! - commentò il medico.

Dalla tasca del camice estrasse un blocchetto di post it. Scribacchiò qualcosa sul primo e me lo porse.

-Tenga mamma, è il mio numero di cellulare. Potrà usarlo in caso di dubbi o emergenze. Le sono chiari i sintomi per i quali Lucas va portato immediatamente al pronto soccorso? -

-Sì - risposi, sicura, mentre appoggiavo sul tavolino il foglio di dimissioni e prendevo l'appunto con il suo numero. Non guardai il post it, ma per la prima volta tentai di agganciare lo sguardo di quell'uomo. Lo trovai. Il primario poteva vantare due belle iridi tra il grigio e l'azzurro: di norma erano sostanzialmente glaciali, ma in quell' occasione mi parvero appena più calde, più scure. O forse mi piacque illudermi di aver appena scalfito il muro invalicabile che Mancini ergeva tra il suo interesse e il resto dell'umanità.

-Ottimo, allora mi avverta nel caso si rendesse necessario portare Lucas in ospedale, voglio accertarmi che nulla venga sottovalutato in pronto soccorso. Ma può contattarmi anche se qualcuna delle indicazioni che le ho appena consegnato non le fosse chiara, o se il bambino presentasse sintomi inusuali ma non così acuti da portarlo qui. -

-Non sarà lei a fare le medicazioni a Lucas? - volli sapere.

-Non credo, anche se non posso escluderlo. Ma le garantisco che Lucas sarà comunque medicato e visitato solo dai colleghi del mio reparto, compresi coloro che hanno presenziato con me in sala operatoria. -

-Ottimo, allora sarà in ottime mani, posso stare tranquilla. -

-Assolutamente sì, glielo garantisco. -

Per qualche inspiegabile motivo avrei voluto prolungare il più possibile quel momento di commiato. Ma J aveva ragione, non ero io il suo pubblico, non ero io a poter gonfiare il già smisurato ego di quell'uomo. Aveva fatto il suo ennesimo capolavoro, e io ero stata poco più di una comparsa in quello spettacolo. Non avrei saputo dire, all'epoca, il motivo per cui la cosa mi lasciasse quel senso di incompiuto.

-Posso darti una cosa? - s'intromise la voce nuovamente squillante di Lucas. Guardava Mancini con adorazione: aveva compreso il ruolo che quel medico aveva ricoperto nella sua guarigione.

-Certo! - rispose Mancini, restituendo il pennarello al bambino.

Lucas sistemò il verde nell'astuccio e sfilò un foglio colorato dalla cartellina dei disegni che avevamo fatto in quei giorni. Gliene consegnò uno che non avevo mai visto, e che probabilmente aveva creato durante una delle permanenze di Ale. Vidi di sfuggita un leone magrissimo con una coda grossa quanto una zampa, una criniera che sembrava una margherita marrone e un insieme di parole colorate in cima, subito sotto la striscia azzurra che rappresentava il cielo.

-L'ho fatto per te, perchè sei stato molto bravo a curarmi. -

Mi pizzicarono gli occhi: Lucas non era solito a grandi gesti generosi di riconoscenza.

-Lo sai, Lucas, questo è il più bello che ho mai visto. Lo metterò nel mio ufficio, appeso al muro, così potrò vederlo ogni giorno che trascorro qui. -

Mio figlio sfoggiò un bel sorriso, e tornò a concentrarsi sull'opera ancora incompiuta cui stava lavorando da mezz'ora.

Mancini spostò lo sguardo nuovamente su di me.

-Lo sa, dottore, che io ho dovuto attendere anni prima di avere uno di quelli da parte di mio figlio? - ironizzai, per scacciare la commozione.

-I vantaggi del mio mestiere - si schernì. - A presto signora... -

-Non sono più una signora, dottore. Ma se dovesse rivedermi, potrà chiamarmi per nome. Mi chiamo Maia. -

SPAZIO AUTRICE

Ecco, il piccolo Lucas viene dimesso, Marco impara il nome di Maia, lei ha il suo numero di cellulare...
In che modo le loro strade si incroceranno di nuovo?
Speriamo non a causa della salute di Lucas ❤️
E per rispondere a Maia: sì, troppe puntate di Grey's anatomy

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