1. Al Supermercato dei Personaggi

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Era una giornata piovosa e fredda quando Flaminia raggiunse il rinomato Supermercato dei Personaggi. Si trattava di un grande magazzino in periferia dove una fila di scrittori si radunava ogni mattina. I più pazzi decidevano anche di passare la notte accampati davanti al supermercato, avvolti nei loro sacchi a pelo, in attesa dell'apertura delle porte. Quest'ultimo scenario si verificava in particolare quando al supermercato arrivava un nuovo personaggio. Se c'era un'idea di successo tutti si precipitavano al suo seguito e compravano le versioni più economiche e semplificate di quella stessa idea. Si doveva pur campare in un modo o nell'altro, e nella città di Flaminia funzionava così.

Ma lei era diversa. Non voleva andare al Supermercato dei Personaggi solo per campare, lei voleva scrivere e aveva fiducia nelle sue capacità! Solo che ancora non sapeva di cosa volesse scrivere, e questo era un problema.

C'è tutto il tempo per rifletterci, concluse Flaminia.

Scosse la testa e riprese a camminare, facendosi largo nella solita calca che si formava all'ingresso del supermercato.

Meglio riflettere su qualcosa di più allegro, come ad esempio il personaggio che sarebbe andata a comprare. Tutto ciò che desiderava era una protagonista bella, di quelle affascinanti di cui aveva letto in tanti libri; doveva essere perfetta e avere tutte le buone qualità che si addicevano a una protagonista, essere qualcuno in cui le persone avrebbero adorato immedesimarsi. Per questo Flaminia si diresse subito verso il reparto "Personaggi Popolari": lì erano racchiuse le figure che andavano di più nei sondaggi, le più amate, che tutte desideravano essere.

Nonostante il supermercato fosse ampio quanto una città, le strade erano costantemente affollate. La gente con indosso le solite tute appiccicose colpiva i vicini per riuscire a entrare nei reparti giusti.

Flaminia prese un gettone di ferro con un numero e si mise in coda, in attesa del proprio turno. Passò la giornata a ricevere delle occhiate pietose e a ignorare la gente che sogghignava.

«Che fai qui, ragazzina? Hai perso il ciuccio?» le sussurrò una donna in fila, dandole una spallata mentre le passava accanto. Quell'urto fece cadere il gettone a Flaminia e la donna lo raccolse.

«Ridammelo, è mio!» gridò Flaminia, saltando per raggiungerlo.

La donna si fece una risata e lo lasciò cadere a terra, prima di tornare a pensare ai propri affari.

Flaminia da quel momento tenne ben stretto il gettone, persino quando era a pochi metri dalla cassa. Quando arrivò finalmente il suo turno, erano le cinque del pomeriggio. Per fortuna si era portata dietro uno zaino con la merenda, altrimenti in quella calca avrebbe finito per morire di fame e sete.

La cassa d'entrata era una scrivania lucida, sopraelevata rispetto alla fila di persone che attendevano di entrare nella parte centrale del supermercato. Da essa si sporse un uomo con indosso una tuta attillata blu scuro; doveva avere all'incirca cinquant'anni, ma sembrava molto più vecchio, e aveva una serie di tripli menti che tremolavano al minimo movimento. Chissà quand'era stata l'ultima volta in cui si era alzato dalla sua sedia regolabile.

«Gettone?» le chiese, mentre si guardava attorno. Sembrava stesse cercando i genitori di Flaminia.

«Eccolo» rispose lei. Fece un salto e glielo posò sulla scrivania.

L'uomo lo osservò a lungo, mentre si grattava i tripli menti.

«Posso entrare?»

«Certo, certo» farfugliò l'uomo. «Ma dove sono i tuoi genitori?»

«Sono abbastanza grande da andarmene in giro da sola. Non sono affari tuoi» sbottò Flaminia, fulminandolo con lo sguardo.

L'uomo emise un singulto e premette il bottone che apriva le porte del supermercato. Flaminia passò oltre senza dargli il tempo di riflettere e trasse un sospiro di sollievo.

Lì c'era meno gente e si poteva respirare. L'aria era satura di profumo per ambienti; dal soffitto in metallo, attraversato da neon, pendevano cartelloni pubblicitari e indicazioni.

Flaminia aggrottò le sopracciglia ed esaminò attentamente i tabelloni.

«Hm» sussurrò. Li indicò uno a uno con l'indice. «Vediamo, vediamo, vediamo... fantascienza, fantasy, trama già pronta, scriviamo noi il tuo romanzo... paghi uno prendi tre... triangolo amoroso in offerta... cos'altro c'è? Oh, distopico con storia d'amore, fantasy romantico...»

Flaminia stava cominciando a inoltrarsi fra le sottocategorie di ogni genere letterario disponibile, nonostante sapesse già cosa cercare.

Flaminia si trovava in un punto particolare della sua vita: aveva tredici anni, ed era il momento che cominciasse a scrivere il suo primo romanzo. Era un momento molto importante nella vita di chiunque all'interno della società di Romanzia, il debutto in società che avrebbe determinato il tenore della vita dello scrittore: se avesse avuto grande successo il mondo intero gli avrebbe sorriso, e se fosse stato un fiasco... beh, Flaminia preferiva non pensarci.

Nonostante le orribili prospettive che un fallimento avrebbe comportato, si sentiva fiduciosa. Flaminia proveniva da una famiglia di scrittori affermati, i più importanti di tutta Romanzia, e aveva il bestseller nel sangue. Sia mamma che papà avevano scritto delle opere incredibili che gli avevano valso il sempiterno ricordo negli annali della società, ed erano state entrambe il loro debutto.

Se Flaminia chiudeva gli occhi, riusciva a rievocare a memoria l'incipit di ogni romanzo dei suoi genitori. Come dimenticare capolavori come "L'arte del postmodernfreghismo", scritto da suo padre, e "La storia di Destiny Von Fitzghilmarten – Avventure di una principessa distopica e ribelle", scritto da sua madre! Erano state le opere con cui si erano guadagnati il loro posto nella società, ed era dipeso tutto da come avevano mescolato gli ingredienti forniti da un Supermercato dei Personaggi qualunque, proprio come quello dove si trovava Flaminia in quel momento. Il successo era alla portata di mano per chiunque, bastava essere capace di afferrarlo.

Flaminia non sarebbe stata da meno, avrebbe scritto qualcosa che sarebbe entrato negli annali e portato avanti la tradizione di famiglia. Avrebbe creato un successo!

Flaminia però non amava scrivere saggi e nemmeno avventure di principesse distopiche e ribelli. Certo, adorava leggere quel genere di cose, ma sapeva che l'epoca di quei libri era ormai andata: la sua generazione adorava le storie d'amore, il back-to-basic, quindi lei avrebbe scritto proprio di quello.

Ed eccolo, finalmente, il reparto Romanzi Rosa, con tutte le sue sotto sezioni e le correnti letterarie. C'erano diversi pacchetti disponibili, tra cui il famoso "triangolo amoroso package", il "prendi due boys per tre" e il "protagonista con passato tragico e gatto morto".

C'erano molte opzioni fra cui scegliere, tutte invitanti. Flaminia però riteneva che qualunque Chip-trama avesse deciso di prendere sarebbe stato inutile senza dei buoni personaggi. Erano loro che spingevano i lettori ad affezionarsi alla storia, erano loro il motore di ogni cosa: se a qualcuno non importava dei personaggi, perché si sarebbe dovuto leggere un libro intero sulle loro vicende?

Flaminia dunque afferrò il Chip-trama più economico che trovò e si diresse verso la sezione personaggi. Mamma e papà per quanto ricchi si erano rifiutati di darle un budget ampio per il suo romanzo di debutto. Ritenevano che dovesse farcela con le sue forze. Solo la nonna le aveva dato qualche moneta per permettersi un extra o due, o almeno così aveva sperato. Infatti, non appena Flaminia vide i prezzi esorbitanti dei personaggi, si rese conto che non se li sarebbe mai potuti permettere.

Mamma era stata l'iniziatrice di un intero filone letterario, e tutti i personaggi che assomigliavano alla protagonista del suo romanzo andavano sotto il nome di "Destiny 2.0", "2.1" e così via. Ma persino la Destiny più brutta ed economica, quella con i capelli che anziché sembrare biondi erano gialli e il sorriso più finto di quello di una bambola, andava ben oltre la disponibilità di Flaminia.

«Non posso comprare nessuno di questi personaggi!» piagnucolò la ragazzina, battendo un piede a terra. «Perché non mi avete dato qualche soldo in più? E' tutta colpa vostra!»

Flaminia lasciò scorrere lo sguardo sui prezzi e cominciò a batterle il cuore sempre più forte.

Duemila unità, cinquemila unità... undicimila! Da quando i personaggi erano diventati così costosi? Volevano impedire a chi aveva poco budget di scrivere una storia valida?

Flaminia si sedette ai piedi di uno scaffale e si circondò le ginocchia con le braccia. Le bruciavano gli occhi, e le si offuscò la vista. La gente le passava davanti come se fosse stata un soprammobile, e la cosa la faceva sentire ancor peggio.

Non avrebbe mai scritto il suo romanzo. Non avrebbe mai potuto avere un debutto coi fiocchi, come avevano sperato mamma e papà, e sarebbe finita a fare la commessa in un negozio di pantofole.

Flaminia si diede della lagna, ma questo non riuscì a tirarla su di morale. Come avrebbe fatto a tornare a casa senza nemmeno un Chip-trama e tre Chip-personaggio? Quelli erano gli elementi base per cominciare una storia. Senza di loro non c'era un bel niente. Il computer in cui avrebbe inserito i chip non sarebbe stato in grado di generare nessuna storia. Un Programma-Generatore non era niente senza gli elementi giusti.

Flaminia deglutì a fatica e si alzò. Restare in quel supermercato l'avrebbe solo abbattuta di più, e decise di andare dalla nonna. Lei era più gentile di mamma e papà, l'avrebbe aiutata in qualche modo.

Flaminia trascinò i piedi e svoltò l'angolo. Si sfregò gli occhi con le mani per scacciare le lacrime e si fermò per soffiarsi il naso. Fu allora che lo vide.

Il banco offerte.

Non seppe cosa la spinse ad avvicinarsi. Sapeva che lì buttavano il peggio del peggio, gli scarti di fabbrica. Eppure il mondo doveva aver deciso di sorriderle, perché nel cestone delle offerte c'era nientepopodimeno che una "Hope 5.3".

Flaminia raccolse il Chip-personaggio con mani tremanti e occhi sgranati. Era una schedina di metallo luccicante, racchiusa in una scatola di plastica trasparente. Sull'angolo destro della confezione era racchiusa una miniatura del personaggio, con le descrizioni delle sue caratteristiche: Hope era alta, naturalmente bella nonostante dicesse a tutti di essere brutta, con penetranti occhi azzurro cielo che parlavano di passati tormentati e amori infranti e dei bellissimi capelli... neri? Hm, strano. Di solito le Hope erano bionde.

Forse in quel momento un campanello d'allarme sarebbe dovuto suonare nel cervello di Flaminia, ma la ragazzina era talmente contenta, talmente incredula di aver trovato una vera Hope che non ci pensò neanche.

«Dev'essere finita qui per errore. "Hope 5.3" è uno dei personaggi più richiesti della stagione!» sussurrò Flaminia, con un sorriso sconvolto.

Si guardò alle spalle, sperando che nessuno l'avesse vista frugare nel cestone – non si sarebbe sorpresa se qualcuno avesse cercato di rubarle quel personaggio – e si mise Hope nella borsetta. Riprese a ravanare nel cestone e raccolse un Chip-trama di Romanzo Rosa-Base. Per quanto riguardava i personaggi maschili non c'era bisogno di preoccuparsi, li davano come accessorio nel Chip di Hope.

Flaminia si diresse saltellando verso la cassa d'uscita e porse al cassiere il suo braccialetto contente le unità, misura di pagamento di Romanzia. L'uomo le scalò il prezzo di Hope e del Chip-trama dal braccialetto e Flaminia si affrettò a uscire dal supermercato.

Doveva andare dalla nonna, subito, e farle vedere cos'aveva comprato.

Diede un'occhiata al braccialetto e controllò quante unità erano rimaste. Sorrise. C'era anche il budget per un gelato.

Flaminia pensò che quello fosse il giorno più fortunato della sua vita, e si diresse alla bottega di Ronald il Gelataio.

Ah, se solo avesse controllato meglio il retro della confezione di "Hope 5.3", forse non sarebbe stata così ottimista. Ma questo è uno spoiler, quindi cercate di non farci troppo caso.

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