2. L'incipit è la parte più difficile (1/2)

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Dopo aver mangiato il gelato al gusto di Bubblegum, Flaminia corse a casa. Non pensò nemmeno di far visita alla nonna, era troppo eccitata per tutto quello che era successo e continuava a giocherellare con il chip di Hope nella sua borsa.

La casa in cui viveva con i suoi genitori era la villa più grande dell'intero quartiere, che era in sé la parte più ricca dell'intera Romanzia. Al centro del quartiere c'era una piazza rotonda con la scultura di un grande libro di marmo: si diceva che tutti gli autori di bestseller fossero entrati nella fontana che circondava il libro e l'avessero toccato prima di scrivere il loro grande romanzo. Flaminia aveva fatto il bagno lì almeno venti volte e sfregato un angolo della pagina destra del libro al punto da lucidarlo. Che dire, era paranoica.

Flaminia si diresse verso il retro della villa, dato che sul cancello di fronte si radunava sempre una folla di persone che suonavano con insistenza il campanello per chiedere di fare un'intervista ai suoi genitori e altre cose di quel genere. La gente era affamata di notizie, quando si parlava di persone famose, e mamma e papà erano gli scrittori più celebrati di tutta Romanzia. Essere loro figlia le creava molta pressione: tutti si aspettavano grandi cose da lei, ma per fortuna Flaminia non era ancora nessuno, quindi aveva ancora il lusso di poter camminare in giro senza venire riconosciuta o, ancora peggio, senza persone che le chiedessero insistentemente di leggere il loro libro.

C'erano i più disperati, i Non-Pubblicati, che avevano trasformato in un'arte il molestare gli scrittori pubblicati con le loro richieste. Erano considerati alla stregua di mendicanti, e se ne andavano sempre in giro col loro manoscritto sotto braccio, cercando di infilarlo nella borsa di qualcuno. Flaminia aveva perso il conto di quanti libri i suoi genitori avevano buttato nell'inceneritore... metaforicamente parlando, dato che venivano tutti messi su dei Chip. Per leggerli bastava premere un bottone sul Chip finale, e questo avrebbe generato un ologramma dal quale era possibile leggere il prodotto.

Quando un Non-Pubblicato veniva denunciato più volte per molestie, veniva esiliato da Romanzia. Flaminia non aveva idea di cosa succedesse a chi finiva al di fuori delle mura, sapeva solo che là fuori il mondo era orribile. Non c'era posto migliore di Romanzia, le dicevano sempre mamma e papà. E se lei non voleva finire là fuori, se non voleva finire fra i Non-Pubblicati, doveva darsi una mossa a scrivere il suo romanzo.

Flaminia estrasse un badge e lo passò sul lettore accanto all'alto cancello in metallo, una lastra lucida e liscia, l'unico accesso fra le mura della villa.

Il cancello si scostò di lato quanto bastava per farla entrare e Flaminia sgusciò all'interno. Il giardino della villa era un piccolo parco: al centro di esso c'era una fontana sulla quale erano raffigurati mamma e papà, la prima con indosso dei vestiti da avventuriera, come la sua Destiny, e il secondo con degli occhiali da intellettuale e una lunga pergamena nella mano destra.

Flaminia osservò il posto vuoto davanti a loro e sorrise. Un giorno sarebbe stata anche lei su quel piedistallo e la gente l'avrebbe supplicata per avere un autografo. Sperava che i Non-Pubblicati l'avrebbero lasciata in pace: non le era mai piaciuto quando ne incontravano uno durante le loro uscite di famiglia. Un po' le facevano pena, con i loro occhi arrossati e l'aria smunta. "Il mio libro è interessante! Vi prego, datemi una possibilità!", dicevano, ma nessuno li ascoltava. Di solito papà aveva sempre le parole giuste per allontanarli, molto comprensive, come ad esempio: "Il tuo libro non segue le correnti letterarie, mi spiace, ma hai sprecato la tua occasione" oppure "Se solo avessi scritto in modo più intelligente!". Le sue osservazioni erano corrette, eppure a volte i Non-Pubblicati le prendevano molto male. C'erano stati persino quelli che avevano tentato di rovesciare la loro limousine, e in quei momenti Flaminia aveva avuto molta paura. Poi erano arrivati i Poliziotti dei Cartacei e li avevano sistemati per bene quei cialtroni, ma Flaminia non sarebbe mai riuscita a dimenticare del tutto lo sguardo su quelle facce sciupate come la pagina di un vecchio libro dimenticato.

Era solo colpa dei Non-Pubblicati se si erano cacciati in quella brutta situazione. Come diceva papà, avrebbero potuto scrivere in modo più intelligente! Nessuno aveva mai detto che scrivere fosse facile. E quelli lì credevano persino che si potesse scrivere di cose che ti interessavano! Ma non era questo il punto di scrivere. Il punto era entrare nella Società degli Scrittori, la parte attiva di Romanzia, fatta da quelli che erano arrivati in cima sudando e comprando i giusti Chip-personaggio e Chip-trama, senza cedere a stupidi impulsi. Scrivere quello che l'autore aveva a cuore! Ridicolo.

«Tesoro, il modo per avere successo è scrivere quello che la gente ama, ricordatelo sempre» le ripeteva la mamma ogni mattina a colazione... quando non era in giro per un'intervista o un meeting, ovviamente.

«Amore, tieni presente che il mondo è una pagina bianca. Devi solo saperci scrivere quello che serve. Tutto qui» le raccomandava il papà la sera prima di metterla a dormire... quando non era in giro coi suoi amici intellettuali a parlare di cose molto intelligenti e di correnti letterarie e di cos'era in voga e cosa no

«Certo, mamma» e «certo, papà» rispondeva Flaminia, sorridendogli. «Vedrete, scriverò una gran bella storia.»

La ragazzina strinse il Chip di Hope al petto e trasse un profondo sospiro. Da quel momento il mondo le avrebbe sorriso.

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La villa era una struttura in stile romano con delle colonne doriche decorate da personaggi importanti che stringevano libri mastri nelle mani. Oltre il colonnato c'era un'ampia porta automatica che scorreva di lato quando qualcuno si avvicinava.

Flaminia entrò nel salone principale, dal cui soffitto pendeva un sofisticato lampadario di vetro, e salì una delle gradinate che si aprivano a semicerchio dal centro della stanza. I suoi piedi non fecero il minimo rumore a contatto con il drappo rosso che ricopriva il pavimento.

«Mamma? Papà?» chiamò Flaminia.

Nessuno rispose. Non erano a casa.

La ragazzina trasse un profondo sospiro e si diresse verso la sua camera. In fondo era meglio che non fossero a casa. Per scrivere si aveva bisogno di solitudine e spazio per riflettere.

La stanza di Flaminia era molto piccola se paragonata alle altre. Aveva una sagoma circolare; i mobili si adattavano al perimetro curvilineo della stanza, come nel caso del letto dalla testiera bianco latte, dell'armadio a forma di libro – se si tirava il segnalibro, si aprivano le ante del mobile – e dello scrittoio con computer incorporato.

Flaminia gettò la borsa sul letto e si diresse verso il computer con in mano il Chip-trama e il Chip-personaggio. Premette un tasto sulla scrivania bianca e un pannello emerse dalla plastica. Su di esso comparve uno smile sorridente.

«Benvenuta, Flaminia» disse la voce del computer. «E' tempo di scrivere! Manca solo un mese alla cerimonia di pubblicazione del tuo Romanzo-Debutto! Manca un mese al tuo compleanno!»

Flaminia fece una smorfia. Avrebbe dovuto essere contenta che il computer le preparasse delle frasi motivazionali – papà l'aveva impostato in quel modo – eppure alle volte provava l'intenso desiderio di dargli un pugno.

Flaminia premette un dito sullo schermo. Lo sfondo del suo computer era rallegrato dal disegno di un libro dotato di manine che le facevano ciao.

La ragazzina aprì il Programma-Generatore e inserì i Chip nello slot apposito. Scomparvero nella plastica. Lo schermo venne attraversato da tre puntini: stava caricando.

Quei tre puntini nel romanzo della sua vita furono i più angoscianti di sempre. Non le era mai sembrato che il tempo potesse dilatarsi a quel modo.

Flaminia si stava mangiando le unghie e si lasciò sfuggire un verso di gioia quando il Chip di Hope venne accettato dal computer. Poco dopo anche il Chip-trama venne inserito nel programma. Un libretto rosa in bicicletta comparve nella schermata, accompagnato da un fumetto che recitava "sto creando la trama" e poco dopo "sto inserendo i personaggi". L'ultimo messaggio fu "romanzo generato", e Flaminia andò subito a vedere com'era il documento di arrivo.

Ebbe un attimo di confusione, quando vide che il titolo del romanzo era glitchato, scritto nel carattere Webdings, composto solo da simboli.

«Forse c'è stato un errore» mormorò.

Aprì il documento per controllare.

Ed eccolo, l'incipit. L'incipit del suo romanzo! Ancora non riusciva a crederci.

Gli occhi di Flaminia corsero a leggere il primo paragrafo:

Mi svegliai al trillo della sveglia. Guardai l'ora e feci una smorfia. Già le sette e mezza! Ero in ritardo e dovevo ancora piastrarmi i capelli. Non che io ne avessi bisogno Dio se ne avevo bisogno, i miei capelli erano biondi neri e lisci più crespi di un cespuglio.

«Okay, non è male» disse Flaminia, con una risatina. «Okay. Ma cosa sono queste parole tagliate?»

Beh, non erano un problema. Le avrebbe sistemate lei. Per il resto andava molto bene, non c'era nemmeno un errore grammaticale. Flaminia proseguì nella lettura.

Mi alzai e mi guardai allo specchio. Feci una smorfia. Non mi piacevo per niente Ero troppo bella per questo mondo, e gli altri mi trattavano male per questo. Soprattutto Caleb, il mio compagno di banco. Io sapevo che c'era dell'altro in lui, eppure lui continuava a trattarmi male era uno str**** di classe A, di quelli cui riesce naturale, però avevo un debole per lui e... COSA? Un debole per lui? Ma perché dovrei avere un debole per questo tizio? No, no, no. Questa trama non mi piace. Non voglio innamorarmi di questo Caleb. Non sembra un tipo per cui ne valga la pena. Vorrei... aspetta, facciamo che mi innamoro di quel tizio nel secondo banco che sta leggendo un libro interessante. Anzi, no. Facciamo che io entro in quel libro lì. Non voglio questa storia! Non ho intenzione di fermarmi in un liceo per tutta la mia vita e avere Caleb e Kyle che si battono per conquistarmi. Voglio andare a saccheggiare una nave ai Caraibi nel milleseicento, voglio tenere una pipa in bocca e risolvere un omicidio, voglio andare nella Terra delle Fate e tenere una spada di marzapane in mano! Cambia Chip-trama, per favore. Ce ne sarà qualcuno di carino, no? O sono tutti come questo?

Il testo si interrompeva bruscamente dopo quella domanda. Il cursore lampeggiava poco sotto.

Flaminia dovette rileggere il paragrafo più volte per metabolizzare quello che c'era scritto. Doveva esserci un errore. Forse il Generatore non aveva incorporato come si doveva trama e personaggi. Già, doveva essere così.

La ragazzina premette il pulsante di refresh più volte, senza che succedesse niente. Alla fine uscì dal documento e lo trascinò col cursore verso il cestino.

Lo lasciò nella cartella degli oggetti da eliminare.

Una finestra si aprì al centro dello schermo.

Che stai facendo?

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N/A: scusate per le parole in grassetto, nel documento originale quelle in corsivo sono tagliate e sono le parole che una "vera" Hope direbbe. Allora vi spiego: corsivo = Hope secondo i canoni; grassetto = parole della nostra Hope. Purtroppo nella formattazione di Wattpad il "tagliato" non viene accettato.

P.S. Ho dovuto dividere il capitolo in due parti perché era di 2700 parole e non voglio disintegrarvi :)

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